Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

mercoledì 31 marzo 2021

Genitori oltre la pandemia 2 La bellezza

Ecco un altro appuntamento,  che accompagna i genitori ...oltre la preoccupazione di questo tempo complesso. Il secondo prezioso contributo, a cura della dottoressa Paola Canna, rivisita l'iter già sperimentato il mese scorso: 

  • breve riflessione
  • esperimento
  • commenti, libere condivisioni o domande, a cui risponderemo individualmente.
Buona lettura!





2° step: LA BELLEZZA 
Nella relazione con i propri figli qual è l’ingrediente che più serve per affrontare la vita ?

Guardiamo un attimo alla nostra esperienza di adulti. Quando si incontra un ostacolo nel lavoro, cosa ci permette di non arrenderci e di portare avanti con costanza il progetto a cui teniamo? 

Di fronte alle incertezze e alle preoccupazioni di oggi, cosa ci aiuta a reagire e a cercare nuove possibilità? 

Nel vivere esperienze inaspettate o dolorose, cosa ci fa credere di potercela fare?

C’è un “serbatoio” a cui tutti attingiamo soprattutto quando dobbiamo affrontare situazioni avverse: la fiducia in noi stessi! 

Aver fiducia nelle proprie capacità e risorse, mantenendo uno sguardo positivo su di sé aiuta la persona a non perdere la forza interiore e a investire la carica necessaria per superare gli ostacoli che si presentano.

Lo stesso succede ad un figlio quando si trova di fronte ad esperienze difficili rispetto alla sua età

Incontrare ogni giorno un compagno di classe che lo prende in giro; stare con quel gruppo di amici anche se tendono a non coinvolgerlo; continuare a studiare quella materia nonostante i voti bassi o il professore antipatico; sentirsi ancora importanti anche se non interesso a quel ragazzo o quell’amica non sta più con me ecc... 

I bambini e gli adolescenti, come noi, possono e riescono affrontare il negativo che arriva da fuori tanto più li si aiuta a scoprire le proprie risorse, a guardare a ciò di cui sono capaci, ad attingere cioè alla propria speciale Bellezza che è dentro di loro.

Un figlio cresce bene e può vivere bene nella misura in cui riceve dai genitori uno sguardo positivo su di sé

Quando un padre e una madre continuano a vedere e a credere nella bellezza del proprio figlio danno a lui il nutrimento più ricco di energia che possa esserci per affrontare i tratti più faticosi e ardui della sua vita.

ESPERIMENTO

 Prenditi 15 minuti di tempo per te e cerca un posto tranquillo e isolato dove poterli trascorrere. 

 Apri il tuo taccuino, utilizzato nel primo esperimento (vedi I tappa) e scrivi questa frase: “La bellezza di (nome del figlio) è … ”. 

 Ora pensa a tuo figlio/a e ai suoi comportamenti e individua quelle caratteristiche che viste in chiave positiva possono diventare delle risorse per lui o lei. 

Ad esempio: è costante e motivato in ciò che gli piace; mette in secondo piano gli aspetti negativi di ciò che gli succede; dà spazio all’altro ed è accogliente; ama condividere e fare le cose insieme; ci tiene alla propria immagine e a fare bella figura; è geloso delle proprie cose e le cura; ecc … 

 Alla fine rileggi tutto l’elenco: è la foto più bella di tuo figlio che sempre potrai osservare e ingrandire! Potrete anche condividere la “vostra foto” con l’altro genitore.

                                                                                                             Paola Canna

Al prossimo appuntamento! 

Scriveteci  su questo post sezione commenti....

        ...  o  su i seguenti indirizzi per condivisioni, domande o commenti:

drssa.paolacanna@gmail.com

gatti54@yahoo.it

instagram:     @the_life_therapy   

                      @infanzia.icare

FB Annamaria Gatti

pubblicato da Annamaria Gatti

foto di Sara Canna

martedì 30 marzo 2021

ODISSEA di David Conati e Company in streaming per una DAD avvincente

 

O.D.I.S.S.E.A. e dintorni  spettacolo in streaming


                                       
    
Quasi una  recensione di Annamaria Gatti

Premessa

Metti una studentessa annoiata e stanca, uno studente scoraggiato per non poter essere a scuola in presenza, aggiungi un docente sfinito dalla DAD e senza risorse e un altro  appassionato della sua professione,  alla ricerca di stimolanti esperienze che le zone rosse o arancioni in pandemia hanno azzerato o quasi… Amalgama altri ingredienti  che colorano il tempo del lockdown e avrai uno spicchio di pubblico che ha letteralmente “affollato” in web uno dei numerosi appuntamenti  degli spettacoli in diretta del trio dell’O.D.I.S.S.E.A. - Ovunque Dovessi Imbarcarti Stai Sempre Estremamente Attento, Mela Music Edizioni (e scopro che sta raggiungendo  le 200 000   presenze con laboratori, spettacoli e incontri con l’autore).

Detta così la faccenda sarà anche poco chiara,  anche se dà l’idea agli addetti ai lavori, quindi procediamo con ordine.  Innanzitutto è  necessario premettere che questo è uno degli spettacoli proposti alle scuole, uno dei tanti che accompagnano opere e laboratori ormai di grande interesse e di successo nelle scuole e di cui è autore David Conati (un curriculum d’eccellenza: https://www.davidconati.com/)

                                    Le ragioni di un successo

La chiusura delle scuole e il lockdown in genere hanno spento molte iniziative che fanno invece vivere la cultura e le scuole ne hanno fatto subito le spese. Il libro ODISSEA di David Conati, diventato uno spettacolo teatrale molto apprezzato in tutto lo stivale italiano, si sarebbe fermato,  se non avesse incontrato un team di tutto rispetto, sostenuto e motivato   dallo scrittore-musicista-cantante, anima  e componente resiliente della produzione.

A lui si affiancano dal vivo  Gianluca Passarelli, designato dagli studenti  la star dell’illustrazione (ma quanto è bravo!) che contribuisce alla diretta anche con gustose voci fuori campo e il simpatico  musicista Giordano Bruno Tedeschi, che si trasforma abilmente in attore semiserio dello spettacolo,  suonando strumenti che suscitano la curiosità dei ragazzi. A loro si aggiunge l’attività di produzione e diffusione di  Cikale Operose,  al lavoro  in un tempo decisamente ostico.

A sentire l’autore l’intuizione e la volontà di resilienza appunto  hanno permesso il piccolo miracolo di poter trasmettere in qualità gli spettacoli  quando ha trasformato  casa sua in un vero laboratorio di regia, con strumentazioni  di alta prestazione e spazi fluidi, contesi con i cinque figli,  a far da corollario. Il risultato è una bella presentazione dove i tre protagonisti si alternano e si integrano con una piacevole armonia. E la collaborazione si respira. Anche nella regia di Elisa Cordioli compagna di vita e d'arte di Conati.

 

La tenacia è stata premiata

O.D.I.S.S.E.A. - Ovunque Dovessi Imbarcarti Stai Sempre Estremamente Attento ha riscosso ancora  il successo meritato e gli studenti si sono cimentati  volentieri con questa versione comico teatrale a distanza (SCTAD ndr). Anche i commenti  dei docenti sono entusiasti e non è che la proposta non sia incentrata su finalità didattiche, tutt’altro! E vorrei dare a questo aggettivo la connotazione più vera, perché insegnare è un mestiere meraviglioso. Ma cosa significa insegnare? 

Don Milani rispondeva: “Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola…” 

Ecco trasferire l’omerico lavoro negli sguardi dei ragazzi sorridendo,  ma senza abbandonare l’intento didattico- educativo,  a questo autore viene naturale: ad una grande attenzione al ragazzo, che nello streaming ha prassi particolari, ma che dal vivo risente questa vocazione innata, si aggiunge una ferrea preparazione culturale, retaggio di molti anni di lavoro e di studio. E di fatiche e impegno, conferma Conati, alle domande dei ragazzi. Che sappia stare bene con i ragazzi e i bambini, motivandoli e valorizzandoli con pazienza e attenzione genuina questo è risaputo o è una piacevole scoperta e per questo ritorna più volte nelle realtà scolastiche che lo invitano.

Io francamente mi sono divertita moltissimo:  trovo sempre originali e accattivanti le intuizioni di questo autore, la comicità sempre incalzante e pertinente. Ulisse, Polifemo, Circe o i Proci, gli dei invischiati mostrano lati insospettabili,  con commistioni moderne inverosimili.  Saper giocare con le parole è un dono, ma con questa creatività riesce a dare a un testo impegnativo una lettura nuova,  che incontra le emozioni dei ragazzi e rende un contenuto vissuto pesantemente (quanti hanno amato l’Odissea in prima media?) un momento di piacevole scoperta, attuale e simpatico quanto basta. E le neuroscienze ci stanno aiutando a scegliere, quando ci confermano  quanto le emozioni positive accompagnino un apprendimento efficace.



Per rendersi conto dello stile della proposta è proprio necessario far capolino fra le informazioni di cui abbonda il sito e poi non perdere la straordinaria opportunità di fare un viaggio con i propri allievi, un viaggio documentato e scrupolosamente ligio all’opera e al tempo. Con qualche deviazione che coinvolge con simpatia e benevolenza l’attenzione e l’apprendimento.

Allora buon divertimento!

https://www.davidconati.com/scuole/spettacoli-in-circuito-per-le-scuole/272-odissea-ovunque-dovessi-imbarcarti-stai-sempre-estremamente-attento


mercoledì 24 marzo 2021

L'assenza del modello educativo maschile, una consulenza di Ezio Aceti


Il dottor Ezio Aceti risponde a una domanda molto frequente e pubblica in questi giorni la risposta sulla pagina on line della rivista Città Nuova.  Un contributo che può essere utile a molti genitori.

La scuola è chiusa , mio figlio di 9 anni è in didattica a distanza. Passa tanto tempo sui videogiochi e, anche se possiamo uscire per fare una passeggiata, da qualche tempo si rifiuta di farlo: preferisce il suo mondo virtuale. Come possiamo aiutarlo?

Questa domanda contiene alcuni aspetti che meritano di essere analizzati con il cuore aperto e disponibile a “mettersi in discussione”.

Gli aspetti sono :

  1. il problema inerente il timore della dipendenza dai videogame;
  2. il problema inerente il ritiro sociale;
  3. il problema della didattica a distanza.

Prima di iniziare a suggerire alcuni comportamenti corretti, forse è bene ricordare alcuni punti di partenza e cioè:

  • non succede mai che nell’educazione uno abbia ragione e l’altro torto, ma entrambi hanno ragioni e torti;
  • l’educazione è un processo che comporta il cambiamento di tutte le persone coinvolte.

La prima considerazione che mi sembra importante, e che mi è capitata spesso durante la mia attività di psicologo infantile, è legata al fatto che la domanda è posta quasi sicuramente da una mamma e riguarda il proprio figlio maschio. Vi garantisco che non è un caso!

Sono infatti soprattutto i bambini maschi (con qualche eccezione delle femmine) che faticano a staccarsi dai videogame, che faticano a stare attenti in classe, a “seguire le regole”. Provate a sentire le insegnanti della scuola dell’infanzia e concorderanno su quanto detto.

Perché? Semplicemente perché non hanno modelli educativi maschili con modalità relazionali da adulti verso i quali identificarsi. A parte i papà o qualche allenatore maschio, tutto il resto dell’educare è costituito da educatrici femmine (come le mamme e le insegnanti). Ecco perché la maggior parte dei ragazzi maschi oggi fa fatica a crescere e rimangono immaturi, ancora alle prese con comportamenti infantili.

Se pensiamo alle dipendenze da videogame, alla irrequietezza scolastica, alla violenze dei bulli, alla violenza dei grandi (come la tragedia dei femminicidi), possiamo constatare che al fondo c’è una realtà ben chiara: persone che hanno una intelligenza nella norma, ma una capacità di contenere le emozioni e loro stessi ancora infantile, insomma persone immature, incapaci di accettare e stare nella realtà, con le sue norme e regole sociali.

La richiesta della domanda presenta di fondo la stessa problematica: come aiutare il figlio a diventare grande, a cavarsela da sé, a essere maturo?

Quindi chiediamoci : come aiutare i bambini (soprattutto maschi) a diventare adulti consapevoli, in grado di rispettare loro stessi e gli altri?

Sono quattro, a mio avviso, le azioni da mettere in campo:

  1. la mamma e le figure femminili, se possono, dovrebbero sparire (sì, proprio sparire) o, detto in termini psicologici, cambiare e considerare figli e bambini come “altro da sé”, cioè come persone a loro affidate. Ciò comporta sostituire il metodo relazionale, tipico dei bambini piccoli («dimmi cosa hai fatto a scuola», «dimmi cosa fai adesso», etc…), con quello dei grandi («se vuoi raccontarmi come è andata mi farebbe piacere»). Questo perchè il metodo dei grandi comporta l’attesa , il contratto , l’accordo;
  2. cambiare molte dinamiche scolastiche. La scuola non è delle maestre e soprattutto i bambini debbono fare riferimento a loro stessi, devono prendere in mano il loro lavoro, la loro scuola. Perché la pulizia delle aule deve essere fatta dalla bidella? Perché i colloqui con i genitori devono svolgersi alle quattro del pomeriggio? É da folli inoltre avere insegnanti che decidono loro quando i bambini devono farsi interrogare. Quanto sarebbe bello dire: la classe è nostra e ce la puliamo noi; ai colloqui venite voi con i vostri genitori (possibilmente alle 8 di sera) perché riguarda voi; stabilite voi a turno chi vuole farsi interrogare. Insomma una scuola dove al centro c’è l’autonomia dei ragazzi che va incrementata e sviluppata, e non il rendere conto alle insegnanti o ai genitori;
  1. contrattualizzare tutto, come si fa fra persone grandi, dal tempo di utilizzo dei videogame allo studio. Nel contratto ciascuno dice ciò che pensa e dopo la discussione si arriva ad un accordo. Solo dopo l’accordo i genitori e gli educatori possono aiutare il figlio a rispettarlo: se ad esempio abbiamo concordato un’ora di videogame, al termine dell’ora si spegne il computer, tollerando che il bambino protesti;
  1. Il sostegno deve sempre essere messo in campo, cioè sostenere il diventare grande del bambino. Ad esempio con la mancia settimanale, che gli va data non perché è stato bravo, ma perchè è un suo diritto e spazio di libertà dove lui si gioca il futuro. Soprattutto sostenere ogni comportamento corretto e non ricordare sempre gli errori.

Vorrei concludere dicendo che l’assenza del maschio riguarda tutto ciò che caratterizza l’autonomia, la norma, la regola, l’autorevolezza, il diventare grandi. I nostri bambini sono abbandonati, sì, dico abbandonati, a un’educazione poco rispettosa delle capacità presenti in loro.

Mi ricordo che avevo 18 anni, frequentavo l’università di Padova e allora il professore di psicologia infantile citava spesso una frase di Freud, che allora mi sembrava esagerata, ma che per me oggi è più che mai attuale: «Solo un padre che strappa il figlio alla madre lo salva».

Strappare significa far comprendere al bambino che la madre che gli ha donato la vita e la sicurezza, che è sicuramente la persona più importante, non è sua e che lui se la deve cavare perchè ha tutti gli strumenti per farcela.

 https://www.cittanuova.it/esperto/2021/3/22/lassenza-del-modello-educativo-maschile/


Pubblicato da Annamria Gatti

Foto da Città Nuova

martedì 23 marzo 2021

Cosa vuoi fare... di grande?


Condivido questo articolo illuminante di Alessandro D'Avenia (Corriere della Sera, 22 marzo) 
Cambiare una preposizione semplice dà a tutto il suo significato. E sostiene in questi giorni per nulla luminosi. C'è già tutta la grandezza nei nostri bambini e ragazzi, a noi coltivarla, concimarla darle la possibilità di farsi conoscere e di fiorire. 

E... aprite le scuole! Non scuole catene di montaggio, ma botteghe, botteghe di vita vera!

... Senza storie l’uomo non scopre di che pasta è fatto e non trova quindi la propria storia. L’ho imparato da Dante (voglio celebrare così il giorno a lui dedicato: il 25 marzo), che ha descritto in pochi versi l’essenza del rapporto tra maestro e discepolo. Nel XV canto dell’Inferno (parentesi umanissima nel luogo senza speranza), Brunetto Latini, politico, poeta, filosofo di cui Dante aveva ascoltato lezioni e con cui aveva spesso conversato, riconosce il discepolo e ne afferra la veste, gridandogli: «Qual meraviglia!». Il rapporto maestro-discepolo comincia da qui: il primo prova stupore di fronte alla novità (unicità) del secondo, e così Brunetto chiama Dante «figliuol mio» e gli chiede di conversare un po’, camminando insieme. Maestro e discepolo sono due che esplorano la vita e il primo è chiamato, guardandolo bene, a dire all’altro che cosa vede, perché il secondo da solo non riesce ancora a vedersi: «Se tu segui tua stella/ non puoi fallire a glorioso porto/ se ben m’accorsi ne la vita bella». Così Brunetto indica la costellazione dei Gemelli, generosa in doni intellettuali e segno di Dante, o semplicemente il suo destino, perché un maestro sa che ogni uomo ha un porto glorioso.

L’aggettivo «glorioso», in Dante sinonimo dell’azione divina nella realtà, non indica la fama ma l’impegno di Dio per il compimento di ogni creatura, il completo venire alla luce della sua unicità, le cui potenzialità sono già presenti ma da attualizzare, e questo è affidato agli altri uomini. L’uomo fiorisce solo attraverso la cura: è l’unico essere vivente che viene educato e non semplicemente addestrato. Per questo invece di chiedere ai bambini che cosa vuoi fare «da» grande, dovremmo domandare che cosa vuoi fare «di» grande, perché la grandezza dell’umano non è qualcosa che si raggiunge per età o successo, ma è già tutta lì. Si tratta di portarla a compimento e i maestri esistono per aiutare a farlo: dare luce e dare alla luce. Brunetto infatti si rammarica: 

«s’io non fossi morto, 

vedendo il cielo a te così benigno,

dato t’avrei a l’opera conforto». 

Il maestro dà «conforto», cioè protegge e dà forza a qualcosa che c’è già, è un giardiniere che conosce l’essenza del seme, ne rispetta le stagioni e offre le cure specifiche. Dante risponde infatti come un figlio grato di quanto ha ricevuto: nella 

«mente m’è fitta, e or m’accora, 

la cara e buona imagine paterna 

di voi quando nel mondo ad ora ad ora 

m’insegnavate come l’uomo s’etterna». 

Il maestro segnala al discepolo come «eternarsi», cioè diventare chi, solo lui, può diventare: il modo unico in cui realizza l’umano. L’eredità dei maestri sono infatti le vite «eterne» (uniche) dei discepoli. Per questo noi ricordiamo i maestri (Gabriella, Aldo, Mario, Pino i miei...) che ci hanno guardato in modo unico, ci hanno fatto «sentire grandi» (si diventa ciò che si vede in anticipo negli occhi di chi ci educa), ridimensionando la nostra paura di non essere abbastanza o all’altezza, oggi evidente nella forma dell’ansia, prodotta dalla cultura della perfezione (anziché del compimento) e della prestazione (anziché della presenza). Attraverso un libro, uno sguardo, una chiacchierata... un maestro segnala al discepolo come diventare eterno, cioè come «vivere», e non gli permette di accontentarsi di «vivacchiare». Nel sistema scolastico odierno farlo è difficile, per questo dovremmo trasformare la scuola-catena-di-montaggio in scuola-bottega: l’umano non è mai in serie, è sempre un pezzo unico.

Troppi ragazzi, dopo 13 anni di scuola, sono persi sulla scelta futura e quindi in balia dei copioni dominanti, quelli a cui ci si aggrappa quando si sa poco o nulla di se stessi. Per ognuno invece c’è un porto glorioso e la scuola è il tempo di scoprirlo sulla mappa del desiderio (infanzia e adolescenza hanno questo fine e non quello di trovar lavoro), invece spesso i ragazzi escono da scuola sapendo poco di tutto e nulla di sé, esito del divorzio tra istruzione (il cui fine è la cultura) e educazione (il cui fine è la libertà). Se ciò che imparo non serve a conoscermi e diventare più autonomo (unico) sono al circo (addestramento e ripetizione), se invece mi fa crescere in libertà, sono a scuola (scoperta e coraggio). Che cosa vuoi fare di grande non significa inseguire miraggi di fama, ma aiutare l’altro a riconoscere la sua grandezza, anche nei limiti, come la rosa nel seme. Dice un proverbio: «Il diavolo non puzza di merda, ma ti fa dubitare che la rosa profumi». Un maestro, al contrario del diavolo, ti racconta il profumo, mentre concima il seme. Anche con il letame.

pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto da greenme.it

Sam e Pen, un libro per trovare parole per dirlo

 

SAM E PEN
LORENZA FARINA
VALENTINA MALGARISE
Ed. Paoline, 2021

                                                           Recensione di Annamaria Gatti

Un formato gradevole e di pregio. Due sguardi intensi dalla bella copertina. 
Sono quelli di due bambini, fratello e sorellina, che imparano la vita attraverso una complicità che attraversa le scoperte, le iniziazioni e il dolore che diventa catarsi.

Ancora una volta Lorenza Farina abbraccia il mondo bambino che diventa difficile e talvolta drammatico,  se si incontra con la sofferenza. E bisogna trovare modo di tirala fuori perchè il dolore non resti sopito e faccia più male.

Samuele e Penelope, Sam  e Pen, appunto, sanno che le paure hanno un nome che mette i brividi. Il Succhiasangue passa e sfiora le loro giornate, anche nella sfida massima di un tuffo nel torrente proibito. La sua ombra veleggia minacciosa anche sulle giornate in ospedale del fratello che Pen attende a casa,  in via di guarigione. E ritornerà Sam, ritornerà dopo che anche Pen avrà trovato il coraggio del tuffo proibito, per dare un senso alla ribellione e al timore. 

Le illustrazioni narrano complici il cammino dei due bambini, che si ritrovano in un abbraccio, un abbraccio salutare, e "grande" ormai, per chi ha scavalcato il muro della consapevolezza e della complicità.
Un omaggio al dono dell'amicizia solidale fra fratelli, alla resilienza di chi affronta il cammino impervio della malattia, alla natura che accompagna e consola. 
Un' occasione per affinare le emozioni e l'empatia dei bambini.

sabato 20 marzo 2021

Amicizia a primavera una favola per te





RICCIO LINO, SVEGLIATI!   E’ PRIMAVERA

di Annamaria Gatti

Illustrazione di Eleonora Moretti

Fonte: Città Nuova,  Aprile 2018

Riccio Lino aveva dormito a lungo, ma era giunto ormai  il tempo del risveglio e nella boscaglia Rossino, il pettirosso, svolazzando qua e là,  si chiedeva: “Quando potrò salutare il mio amico Lino?”
“Non è ancora il tempo” pensava  Lino, “devo ancora dormire.” Si sa i ricci non amano la compagnia di nessuno, ma i due erano diventati amici durante la precedente estate e si erano salutati in autunno, con la promessa di ritrovarsi in primavera.

Pur nascosto nella sua tana, il riccio poteva sentire il movimento là fuori, ma gli occhietti non si aprivano e neppure le zampe erano disposte a mettersi in moto, proprio come succede agli scolari, e non solo, il lunedì mattina.  

“Svegliati,  stai dormendo dal mese di ottobre! Ora aprile  è arrivato!” gli aveva ritmato Rossino. I pettirossi cantano soprattutto nelle ore serali e notturne e i ricci preferiscono cercare il cibo all’imbrunire. “Dai Lino,” aveva incoraggiato Rossino,  “vieni a vedere il tramonto, una magnificenza!”

Poi qualcosa era accaduto: un canto aveva invaso il bosco, era arrivato fin dentro la tana e Lino aveva scosso gli aculei. Le foglie secche e il muschio, che lo avevano avvolto durante i  mesi freddi,  erano stati rimossi.
“Deve essere proprio Rossino che canta,” aveva sussurrato  Lino, “quindi sarà primavera ormai, mi sta chiamando… arrivo… forse… tra poco sono lì!”

Uscito, il riccio aveva annusato l’aria attorno: tutto sapeva di nuovo e di questo era certo, aveva l’olfatto più capace del bosco. “Chissà perché mi sorridono le foglie nuove e i fili d’erba…”
“Perché è arrivata,” aveva risposto entusiasta il pettirosso, “tutto è splendente, guarda!”
Anche il cielo non era più lo stesso, le pennellate di arancione  e rosa li avevano incantati: era ora di ricominciare ad essere amici. Le corse veloci nel sottobosco e i  forti aculei da difesa di Lino avrebbero incontrato la festa  dei voli e dei gorgheggi di Rossino, per scoprire come era bello vivere insieme, pur così diversi.

venerdì 19 marzo 2021

Che papà mi serve?

 


Non mi serve 

un papà superman

un papà infallibile

un papà eroe

un papà giudice

un papà vincente

un papà ricco

un papà bellissimo

un papà che pensa solo a se stesso.

Non mi serve un papà di successo.


Mi serve 

un papà presente

un papà che mi ami tanto tanto 

un papà che me lo dica

un papà sincero

un papà che se sbaglia chiede scusa

un papà comprensivo

un papà compassionevole

un papà che mi abbracci

un papà che mi rassicuri

un papà che mi racconti

un papà che mi insegni a diventare grande

un papà che abbia fiducia in me

un papà che sappia essere forte di dentro

un papà che rispetti gli altri e mi insegni la solidarietà

un papà che ami e rispetti e sorregga sempre 

la mia mamma.


pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it


martedì 16 marzo 2021

Noi non siamo il loro futuro?

 




Sono stata davvero colpita da una frase scritta da una quindicenne in un elaborato in questi giorni, in cui le scuole sono state chiuse e riportata durante un webinar di formazione per psicologi con i dati del disagio adolescenziale sott'occhio:

"DITE CHE NOI SIAMO IL VOSTRO FUTURO, 

MA VOI NON DIMOSTRATE DI ESSERE  IL NOSTRO"

Non poter frequentare, non avere la possibilità di un minimo di normalità di relazioni e condivisioni sta provando ulteriormente  i bambini e i giovani, che pure le mascherine e tutte le indicazioni le hanno seguite, definiti i nostri supereroi.

Difficile pensare alla DAD come risorsa. E' un ripiego, non sempre ben strutturato, in cui la relazione spesso viene ignorata, nonostante i richiami, gli appelli e le segnalazioni e l'impegno di molti insegnanti.

La chiusura di nidi e scuole dell'infanzia poi lasciano sbigottiti tutti coloro che ci lavorano e soprattutto le famiglie su cui pesano ancora fardelli pesanti. Intanto ricordiamo che anche  i nostri medici e i nostri infermieri, che continuano a essere i nostri eroi, sono genitori.

"DITE CHE NOI SIAMO IL VOSTRO FUTURO,

 MA VOI NON DIMOSTRATE DI ESSERE  IL NOSTRO"

Si poteva fare meglio, si poteva curare la scuola ad accogliere e a gestire meglio questo tempo. Andavano presi provvedimenti giusti  e programmati quegli interventi che avrebbero permesso ai bambini e ai ragazzi di avere la scuola in presenza. 

Chiediamo si faccia il possibile per non ritornare in questa situazione di sofferenza. 

Più che il nostro futuro, sono  il nostro e il loro presente. Concordo

pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto da Città Nuova 

mercoledì 10 marzo 2021

E ALLA FINE ENEA DIVENTA CAVALIERE - Ultimo episodio


MA CHI E' QUESTO BRUTTO CEFFO? 
E COSA FA ENEA LI' DIETRO CON GLI ALTRI APPRENDISTI CAVALIERI?
(E qui si vede carissimi ragazzi, come Enea finalmente diventerà cavaliere!  
I misteri si sono svelati, quasi tutti... QUASI!)


              Autore Annamaria Gatti                                    Illustrazione di Eleonora Moretti

                                                 Città Nuova, marzo 2021

(Versione completa dell'ultimo episodio. Adattamento nella versione sul periodico)

I giorni scorrevano fra allenamenti, sfide e incarichi,  a volte molto particolari, in attesa della designazione a cavalieri del re.  I quattro avevano davvero imparato a stare insieme e a collaborare: chi poteva dire se qualcuno di loro  eccelleva in tutto? Chi era molto abile nelle armi, come Marillo, era diventato molto saggio. Chi aveva grandi progetti e abile a cavalcare, come Giangiacomo, era diventato generoso. Chi era sapiente e agile nei tornei,  come Norberto, era diventato anche  socievole e collaborativo. Enea era molto apprezzato da tutti come buon amico, sincero e uomo di grande coraggio, affidabile e giusto, capace di redimere le liti fra di loro e di trovare la soluzione giusta.

 “Quanto tempo dovremo ancora attendere prima di esser nominati cavalieri?” chiese Marillo ai suoi tre compagni.

“Presto il Gran Maestro ci dirà chi ha superato le prove” lo rassicurò Norberto.

Giangiacomo precisò: “Enea certamente è stato il più capace… Noi tre abbiamo fatto parecchi errori!”

“Abbiamo affrontato prove stravaganti, che ci hanno fatto molto pensare, abbiamo imparato insieme a distinguere il bene dal male” aveva aggiunto Enea.

 Poi un giorno il Gran Maestro li convocò nella sala del trono e proclamò: “E’ giunto il momento di dirvi chi verrà nominato  cavaliere di Re Riccardo!”

All’improvviso però tutto si oscurò, le torce  si spensero, aggredite da una folata gelida, che imperversò per alcuni momenti, che parvero interminabili a tutti i presenti.

“E ti pareva che le cose potessero andare lisce almeno una volta…” borbottò Giangiacomo.

Certo che no, mio sprovveduto cavaliere!” urlò un vocione da togliere il fiato. Poi aggiunse:  “Le cose non vanno mai lisce se re Riccardo si arricchisce di cavalieri in gamba, fedeli, sinceri e puahhh! onesti.”

“Ecco mancavi tu, brutto ceffo!” commentò allarmato il Gran Maestro.

Il brutto ceffo pareva uno sgorbio di nano:  gobbo, con un naso enorme e con una voce gracchiante e profonda, sproporzionata alle sue dimensioni. Suscitava una certa inquietudine vederlo in mezzo a quel buio,  illuminato dalla sua spadina incandescente, perché non si poteva prevedere cosa avrebbe potuto combinare.

“Riaccendi le torce” ordinò il Maestro. Ma Il ceffo continuò a roteare per la sala reale  distruggendo quel che trovava nel suo vagare. Poi puntò lo sguardo feroce su Norberto e Marillo. E sghignazzò  minaccioso. Stava per aggredirli.

“ Come ti chiami?” chiese Enea, con l’intento di distrarlo.

“Il mio nome è Sconosciuto, ma a voi non interessa” bonfonchiò. “Interessa solo che io non  vi permetterò di diventare cavalieri. Non supererete l’ultima decisiva prova! AH AH AH”.

“E sarebbe?” chiese deciso Norberto.

“Trovare il modo per farmi  tornare quel che ero: un cavaliere di valore! Per un accidente mi sono cacciato in un maleficio che mi ha tolto tutto:  l’onore e i talenti. E anche il mio vero nome. Ma non troverete la forza di combattermi e neppure una pozione magica.”

Mentre il ceffo ridacchiava saltellando qua e là, i quattro giovani si accordarono sul da farsi. Non servirono molte parole, avevano capito: era uno che aveva scelto male e stava pagando il suo errore.

“Hai fatto un grande errore, Sconosciuto” considerò Norberto.

“Beh sì, lo so. E cosa volete dire con questo?” gracchiò il nano.

“Diciamo che TI PERDONIAMO” scandirono insieme i giovani, alzando le loro quattro spade unite al cielo. Il Gran Maestro con un sospiro si fece attento: stava accadendo quel che era giusto! Presto avrebbe lasciato i suoi apprendisti. E questo gli dispiaceva un po’.

Le torce si riaccesero, il nano stramazzò a terra, come accade sempre quando un personaggio si trasforma: al suo posto si svegliava ora un cavaliere, in abiti preziosi, la spadina era diventata spada degna di un re. Nulla faceva ricordare il brutto ceffo di pochi istanti prima. Lo sguardo era limpido, il viso sorridente e il portamento deciso e gentile.

“Grazie cavalieri, mi avete liberato dal maleficio, ora sono tornato quel che ero” ammise stanco ma sollevato il giovane. “Nessuno aveva pensato a perdonarmi e nessuno aveva pensato che solo così avrei riacquistato tutto, anche  il mio nome. Siete stati geniali.”

Squilli di trombe invasero la sala del trono e il Gran Maestro annunciò l’arrivo del re che, entrato, si guardò attorno e capì cosa era accaduto. Il cavaliere gli corse incontro e si inginocchiò, in segno di rispetto.

“Sono molto lieto di rivederti cavalier  Carlo di Montelungo. Finalmente potrai tornare al tuo compito di difesa dei deboli, ma lo farai ora in compagnia di questi nuovi quattro cavalieri,  che meritano la nostra fiducia. Hanno faticato e imparato molto, ma sanno che  non si finisce mai di apprendere.

Si voltò verso il Gran Maestro con un cenno di gratitudine e lo invitò vicino ai suoi giovani: aveva fatto un buon lavoro, come sempre!

Stese lo scettro su di loro e li investì del titolo di CAVALIERI DEL REGNO:

“Enea di Roccabruna, Norberto di Normandia, Marillo della Marca, Giangiacomo di Val di Sole,  vi nomino miei cavalieri, con il compito di mettere in pratica tutto ciò che avete imparato,  da ultimo che conviene scegliere sempre il bene e saper perdonare.”

E così si conclude questa storia del giovane Enea, diventato cavaliere. La sua vita sarà molto intensa e lunga, sarà un cavaliere molto amato soprattutto da tanti giovani che da lui impareranno molto.

“Ehi tu dove vai?” chiedevano ai giovani allievi.

“Vado a diventare cavaliere alla guida di Enea il Saggio”

“Ah beh… allora avanti e buona fortuna!”

 Eh sì perché re Riccardo proprio ad Enea affiderà i suoi cavalieri per tanti tanti anni.


venerdì 5 marzo 2021

Dopo la pandemia. Rigenerare la società con le relazioni

 

DOPO LA PANDEMIA 
RIGENERARE LA SOCIETA' CON LE RELAZIONI

Pierpaolo Donati
Giulio Paspero
Città Nuova Editrice, Roma 2021

Recensione di Annamaria Gatti

<Dalle relazioni dipendono la vita, la malattia e anche la morte. Possiamo quindi parlare di una "epifania" della relazionalità: le relazioni si sono "rivelate" senza che sia stato possibile osservarle direttamente. Tutti hanno dovuto prendere atto che ci sono, ma chi le può vedere? Il virus le ha rivelate...> (Dopo la Pandemia, pag.10) 

Un sociologo e un teologo uniscono competenza e forze per leggere questa realtà (quasi) nuova e inquietante: cosa succederà dopo la pandemia, quando potremo dire che l'abbiamo superata, come la prova più dura di questi anni?
In molti se lo chiedono da mesi. I due autori cercano e danno risposte che sono riflessioni, indicazioni, o autorevoli informazioni,  desunte dalla ricerca e dagli studi fatti, sul peso che questo ingombrante, quanto invisibile nemico, continua a costituire per la nostra società. Elaborano queste riflessioni con estrema cura e in modalità "profonda ricerca", e ciò è gradito al lettore, anche perchè di superficiali e ritriti contenuti siamo stanchi.

Ne usciamo provati ma migliori o  provati e peggiori? La scelta è sempre della persona, della famiglia,  del gruppo, del cittadino... Continueremo a rincorrere i miti imposti da consumismo e moda o, stanchi di essere ingannati, cercheremo il meglio, ANCHE E SOPRATTUTTO PER I NOSTRI FIGLI?
Ecco che tornano i temi di "Genitori oltre la pandemia", cari al nostro blog INFANZIA, che sta curando proposte per i genitori che desiderano un confronto, con supporto, in questo tempo pandemico.

Quindi torniamo al serio lavoro di Donati e Maspero; avevamo perso l'orientamento, pensavamo che la vita fosse una faccenda privata e invece scopriamo, e ce lo dimostrano ampiamente gli autori, che tutto è relazione, che la relazione è ossigeno alla vita.

E partendo da questa dimostrazione come una cascata impetuosa, non possiamo più ignorare la valenza di tale considerazione nei vari aspetti della vita. Tutto questo  fa nascere nostalgia, dolore, rimpianto, depressione o determinazione nel ricercare forme di aiuto o di auto-aiuto per rimettere le relazioni sociali al centro, perchè siano portatrici di bene e di buone prassi di vita per adulti, bambini, ragazzi, anziani.

Durante, dopo la pandemia e sempre.

Per esempio, penso alla didattica a distanza: quale differenza fa già oggi un approccio che metta al primo posto l'attenzione alle relazioni? 
Massima differenza e soprattutto massima resa, emotiva, didattica, pedagogica e personale per alunni, studenti e docenti! Ma quanta fatica...
E gli autori responsabilmente declinano i tempi del ruolo educativo e creativo delle relazioni, del distanziamento fisico e sociale, della digitalizzazione e le sue conseguenze, per approfondire nella seconda parte il passaggio dal deserto della pandemia alla rigenerazione della società .

Il libro indica una possibile strada per uscire dalla pandemia diversi, migliori: organizzare la nostra vita familiare e sociale con un approccio profondo della vita come espressione di relazione. Prescindere da questa visione preclude la possibilità di una vita buona e vera per tutti. 


pubblicato da Annamaria Gatti