Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

giovedì 28 febbraio 2019

INSEGNARE CON GIOIA CONVIENE - Daniela Lucangeli


Marina D'Incerti

Daniela Lucangeli, l’importanza di insegnare con gioia

Fonte:   DONNA MODERNA - 18/2/2019 

Daniela Lucangeli, psicologa, professoressa universitaria, 
esperta di disturbi dell'apprendimento e star dei social 
è seguitissima per la sua idea rivoluzionaria di insegnamento, 
basata sulle emozioni positive

Quante volte Daniela Lucangeli avrà parlato su un palco? Eppure, appena prende il microfono, le trema la voce: «Ho bisogno di coraggio... Come state? Attiviamo i neurotrasmettitori del buonumore: datevi un abbraccio di 30 secondi che parte l’ossitocina». Il pubblico riconosce lo stile empatico-scientifico e scatta l’applauso. La Prof, come tutti la chiamano, tiene in pugno la platea.
La incontro agli Stati Generali della Scuola Digitale di Bergamo, dove presenta una ricerca su potenzialità e rischi delle nuove tecnologie sull’apprendimento. A seguirla, qui come a convegni, lezioni, corsi di aggiornamento, centinaia di educatori e insegnanti. Sempre sorridente, la cadenza cantilenante tipica di Padova, la sua città, Daniela Lucangeli, 52 anni, un figlio di 18 che «per scelta non ho mai aiutato a fare i compiti», è docente universitaria di Psicologia dello sviluppo, esperta di disturbi dell’apprendimento e star dei social. I video in cui spiega il rapporto tra emozioni e scienze cognitive l’hanno resa un’influencer. «Me lo ha fatto sapere Facebook» dice. «Sono più seguita di Crozza: quanto hanno riso i miei studenti!».
La Prof pubblica video sul suo profilo ogni settimana, anche su YouTube. Illuminanti “I mercoledì della lettura” in cui risponde alle lettere di ragazzini con disturbi dell’apprendimento e disabilità cognitive. Online e dal vivo ha conquistato un pubblico di devoti alla “scienza servizievole”, una divulgazione rigorosa ma accessibile in aiuto dei bambini che a scuola non ce la fanno. Non solo. «Ogni alunno ha diritto di esprimere le sue potenzialità al massimo. La didattica non deve dare a tutti la stessa cosa ma a ciascuno la migliore, in base alle sue possibilità. Un cervello in età evolutiva non può adattarsi a un metodo unico per tutti». Facile essere d’accordo, difficile metterlo in pratica. «Il modello prevalente oggi è ancora: io-insegno-tu-apprendi-io verifico» recita la Prof in una cantilena, refrain quotidiano di tanti studenti. «Il risultato è un apprendimento formale, formalizzato e passivizzante». Lucangeli lo combatte spiegando che non funziona per motivi neurologici, non ideologici: «Le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni. Se imparo con curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria con curiosità e gioia. Se imparo con noia, paura, ansia, si attiva l’allerta. La reazione istintiva della mente è: scappa da qui che ti fa male. La scuola ancora crea questo cortocircuito negativo». La Prof parla di una necessità di cambiamento e innovazione sentita da tanti docenti ma che stenta a imporsi. E, nonostante i modi suadenti, con la categoria è spietata.
«Ho incontrato insegnanti immensi, ma la scuola oggi è in una bolla. Non c’è corrispondenza tra ciò che dice e ciò che fa. Chiede l’accomodamento dei bambini a se stessa, ai programmi, alle burocrazie. Invece vorrei che si accomodasse ai bisogni degli alunni. Vorrei che laddove ce n’è uno che fa fatica, ci fosse un insegnante che lo aiuta, non che lo giudica». Insomma, Prof, vuole la rivoluzione? «Letteralmente: voce del verbo rivolgere. Prendi un calzino e giralo dall’altra parte».
Daniela Lucangeli ha sperimento la rivoluzione su di sé. «A 18 anni ho vinto il concorso per insegnare alle elementari. Il primo giorno in cattedra mi sono trovata davanti 4 alunni con handicap mentale, residuo di una scuola speciale. Sono scappata, loro dietro di me e la bidella dietro di noi». Da allora, ha cambiato molti punti di vista per non fuggire di fronte ai bambini in difficoltà. «Mi sono laureata in Filosofia pensando che la logica aiutasse la mente a organizzarsi. Ma non è così. Poi in Psicologia, ma non è bastato. Allora ho preso un dottorato di Neuroscienze dello sviluppo che ha cambiato completamente il mio approccio. Ho capito che il grande decisore non è la ragione ma la parte emotiva. È l’area più antica del cervello che determina l’apertura o la chiusura agli stimoli».
Convinta che non puoi insegnare ciò di cui non fai esperienza, la Prof usa le “carezze educative” per i aiutare i bambini ma anche per formare i grandi. «La stima che ho di me oggi dipende da quanta autenticità riesco a trasmettere. Ho imparato a non controllarmi troppo quando parlo». Sarà per questo che la voce ancora le trema in pubblico. Le chiedo se, in realtà, non sia una persona timida. Risponde per la prima volta senza sorridermi: «Io sono quel tipo di persona che se la lasci in biblioteca a studiare è felice». Invece la lascio ai suoi docenti-ammiratori. Vogliono portarsi a casa un selfie con la Prof. E, si spera, una scintilla della sua rivoluzione.
pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto Donna moderna

venerdì 22 febbraio 2019

Prefazione di Cesare Cornoldi al libro IO AMO LA SCUOLA, Insegnare, una professione straordinaria

                    Io amo la scuola
Sono di questi giorni le notizie di "insegnanti" che infieriscono su bambini, anche molto piccoli, con umiliazioni, maltrattamenti, indegne azioni di esclusione e di violenza psicologica.
Non è questa la scuola voluta da chi ama  l'uomo e la società in cui vive.  
Non sono degni di essere chiamati maestri coloro che si accaniscono sui bambini.  
Nessun adulto dovrebbe...  eppure ancora l'infanzia è defraudata dei suoi diritti fondamentali.
Che questo accada nelle nostre scuole con una tragica frequenza, ci interroga sull'aiuto che deve essere dato ai docenti, perchè scelgano per vocazione questa professione, riscoprano il valore del loro lavoro prezioso e indispensabile alla società. 
Altrimenti si dedichino ad altro!
         


La prefazione del libro "Io amo la scuola Come insegnare e stare  bene in classe" autrici Annamaria Gatti e Annamaria Giarolo,Ed. La Meridiana, ad opera del prof. Cesare  Cornoldi, sottolinea la difficoltà di una professione complessa, ma anche straordinaria, che richiese responsabilità e rigore, preparazione, creatività ed empatia. 
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Una straordinarietà  che dà senso a chi la esercita con passione. Lo ringraziamo!

"Ho il piacere di presentare questo testo di Annamaria Giarolo e Annamaria Gatti che si presenta davvero accattivante per i temi affrontati e l’impostazione amichevole e pratica. Già dalla considerazione del titolo e dell’Indice sono stato incuriosito dal volume, anche divertito da ritrovare espressioni così frequentemente presenti nelle lamentazioni degli insegnanti stressati:             Non c’è tempo per fare tutto!’, ‘Quest’aula è troppo piccola!’, ‘Non posso parlare e anche ascoltare’, ‘Ma cosa pretendono alunni, colleghi, genitori, dirigenti?’ e così via. 

E’ vero che tutti i lavori sono stressanti, ma è stato ben evidenziato che quelli più logoranti implicano relazioni condizionanti, multiple e concomitanti, aspetti tipici della professione-insegnante, e quindi ben si capisce perché l’insegnante possa avere un grado di affaticamento difficilmente presente in altre professioni.

 Come tuttavia le ricerche di Fraccaroli e altri psicologi del lavoro hanno documentato, l’insegnante italiano non è più scontento del suo lavoro di quanto lo siano altri professionisti. Perché si verifica questa apparente contraddizione? Per l’evidente ragione che linsegnamento è un lavoro potenzialmente ad alta vocazione, appassionante,  arricchente, portatore di elevati valori. Basta dunque ‘salvarsi’ dagli aspetti stressanti dell’insegnamento per scoprirne l’eccezionalità. 

Questo testo aiuta a raggiungere tale obiettivo con un utile inquadramento di dieci problemi tipici dell’insegnante, ciascuno seguito da una serie di consigli utili e di strumenti pratici e quindi da una esemplificazione legata alla realtà scolastica.
La presentazione di questi dieci problemi è così chiara e concreta, affidata ad una evidente lunga esperienza delle autrici, che al lettore, se è insegnante, sembra proprio di trovarsi dentro la Scuola e di tornare a sperimentare momenti di disagio già sperimentati tante volte. 

Anch’io, che pure non sono insegnante ma tuttavia quotidianamente sono impegnato nell’affrontare problemi di scuola e di bambini in difficoltà, mi ci sono ritrovato, potendo apprezzare la vivacità con cui i problemi venivano delineati e la concretezza e l’equilibrio con cui venivano suggerite modalità per superarli. 

Raccomando quindi la lettura di questo testo a tutti coloro che si occupano a vario titolo di scuola, soprattutto se non sono dotati di strumenti più approfonditi, e sono sicuro che dall’uso attento delle informazioni e dei suggerimenti che vi sono contenuti ricaveranno uno stimolo per rafforzare, se già le hanno, o per recuperare, se le hanno temporaneamente perse, le emozioni positive di questa magnifica professione che è l’insegnamento.

                                             Cesare Cornoldi
Professore emerito di  Psicologia,  Università degli Studi di Padova, Presidente Nazionale AIRIPA 


https://www.lameridiana.it/io-amo-la-scuola.html

pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto Erickson

sabato 16 febbraio 2019

Educare al bene relazionale in famiglia 1: come una composizione a sei mani.



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Pubblichiamo un contributo della psicologa e psicoterapeuta Paola Canna, come avvio alla risposta di un quesito postoci da un genitore. Proseguiremo, trattando l'argomento in post successivi, poichè il tema è ampio e articolato. 

 "SONO MAMMA DI UN BAMBINO DI 4 ANNI E HO DEDICATO MOLTO TEMPO A LUI E AI SUOI INTERESSI. SINCERAMENTE SONO PERPLESSA E DELUSA QUANDO VEDO LE SUE REAZIONI VERSO DI ME, PIENE DI PRETESE E DI ORDINI: MI SENTO IL SUO ZERBINO... E SOFFRO PERCHE' IO GLI HO INSEGNATO LA DISPONIBILITA' E LA GENTILEZZA. TEMO DI AVER SBAGLIATO QUALCOSA E MI SENTO FRUSTRATA"

"Oggi in un'epoca individualista, diventa urgente un'educazione dove al centro non ci sia soltanto il bambino, ma la relazione stessa, con entrambe le componenti umane che la caratterizzano".

E poi diciamolo con  Giovanni Bollea  che aveva  intitolato uno dei suoi magistrali libri "Le madri non sbagliano mai"...  Ma capiamo, grazie al contributo psicologico, quale salto qualitativo possiamo fare nel prendere le misure educative più lungimiranti.




LA DOPPIA FRECCIA DELLA RELAZIONE: 
EDUCARE AL "BENE RELAZIONALE"


La relazione che si stabilisce tra un bambino e i propri genitori può essere paragonata a un'opera d'arte:  inedita, unica, originale. Una composizione non a due, ma a quattro (anche a sei) mani!
Essa è una fonte di crescita vitale nella misura in cui il bambino si sente riconosciuto e "visto" nella sua diversità, egli scoprirà se stesso, e lo diventerà.

Occorre guardare al rapporto educativo come a una  freccia a due punte. Se dagli anni Sessanta si è dato molto risalto alla punta che dal genitore va verso il figlio, mediante un ascolto, quasi esclusivo, delle sue esigenze, nell'epoca attuale emerge la necessità di considerare anche l'altra punta della freccia: quella che dal figlio va verso il genitore. Oggi in un'epoca individualista, diventa urgente un'educazione dove al centro non ci sia soltanto il bambino, ma la relazione stessa, con entrambe le componenti umane che la caratterizzano.

Lasciare un modello educativo "unidirezionale" per passare a un'ottica "relazionale" significa che il genitore, in quanto persona,  viene visto - "al pari" del figlio - portatore di esigenze che dovranno essere espresse con più coraggio e consapevolezza. Quando ad  un bambino si farà fare oltre 
all'esperienza di esprimere e di soddisfare i propri bisogni, quella di  riconoscere e rispettare quelli del proprio genitore, allora, il circolo della relazione sarà completo ed esprimerà il suo pieno significato educativo.

La relazione genitore-figlio così intesa diverrà un vero e proprio  laboratorio di "grammatica della relazione" da cui crescerà un frutto speciale: portare nella società il "bene relazionale",  ovvero la capacità d vivere bene insieme!

                                                         dott.ssa Paola Canna

Paola Canna
svolge la professione presso Centro Studi Psicoterapia e Mediazione Famigliare a Padova  e Vicenza
mail: drssa.paolacanna@gmail.com


Pubblicato da Annamaria Gatti
foto cityomnibus










venerdì 8 febbraio 2019

Abbi cura di me. Simone Cristicchi. La vediamo insieme a scuola?

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Sì perchè, dopo gli incresciosi spettacoli di questi giorni nel mondo dei media, credo che i ragazzi si meritino di trascorrere qualche momento di profonda poesia e verità anche con una bellissima canzone. Parole e musica di una solennità e bravura eccezionale, nella miseria di tanti cantanti cosidetti per giovanissimi. Interessante nel web trovare come è nata questa canzone e il significato datole da Cristicchi. Ma sono certa che i ragazzi trovranno significati profondissimi, da condividere  (perchè no?)  con Cristicchi



https://www.youtube.com/watch?v=0o6zza76pDg


Testo:


Adesso chiudi dolcemente gli occhi

E stammi ad ascoltare

Sono solo quattro accordi ed un pugno di parole

Più che perle di saggezza sono sassi di miniera

Che ho scavato a fondo a mani nude in una vita intera

Non cercare un senso a tutto

Perché tutto ha senso

Anche in un chicco di grano si nasconde l'universo

Perché la natura è un libro di parole misteriose

Dove niente è più grande delle piccole cose

È il fiore tra l'asfalto

Lo spettacolo del firmamento

È l'orchestra delle foglie che vibrano al vento

È la legna che brucia che scalda e torna cenere

La vita è l'unico miracolo a cui non puoi non credere

Perché tutto è un miracolo tutto quello che vedi

E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri

Tu allora vivilo adesso

Come se fosse l'ultimo

E dai valore ad ogni singolo attimo

Ti immagini se cominciassimo a volare

Tra le montagne e il mare

Dimmi dove vorresti andare

Abbracciami se avrò paura di cadere

Che siamo in equilibrio

Sulla parola insieme

Abbi cura di me

Abbi cura di me

Il tempo ti cambia fuori, l'amore ti cambia dentro

Basta mettersi al fianco invece di stare al centro

L'amore è l'unica strada, è l'unico motore

È la scintilla divina che custodisci nel cuore

Tu non cercare la felicità semmai proteggila

È solo luce che brilla sull'altra faccia di una lacrima

È una manciata di semi che lasci alle spalle

Come crisalidi che diventeranno farfalle

Ognuno combatte la propria battaglia

Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia

Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso

Perché l'impresa più grande è perdonare se stesso

Attraversa il tuo dolore arrivaci fino in fondo

Anche se sarà pesante

Come sollevare il mondo

E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte

E ti basta solo un passo per andare oltre

Ti immagini se cominciassimo a volare

Tra le montagne e il mare

Dimmi dove vorresti andare



Abbracciami se avrai paura di cadere

Che nonostante tutto

Noi siamo ancora insieme

Abbi cura di me

Qualunque strada sceglierai, amore

Abbi cura di me

Abbi cura di me

Che tutto è così fragile

Adesso apri lentamente gli occhi e stammi vicino

Perché mi trema la voce come se fossi un bambino

Ma fino all'ultimo giorno in cui potrò respirare

Tu stringimi forte

E non lasciarmi andare

Abbi cura di me


Pubblica Annamaria Gatti
foto: Rai San Remo 2019

giovedì 7 febbraio 2019

L'estate dei lupi. Un delicato libro di formazione.



L’ESTATE DEI LUPI
Franca Monticello
Illustrazioni di Manuela Simoncelli

Edizioni La Compagnia del Libro

RECENSIONE di Annamaria Gatti

Una bella storia di amore e di rispetto per la natura e per gli uomini che dentro ci vivono. Qui protagonisti sono i lupi, anzi “il lupo”,  in questo periodo al centro di dispute, per quel suo essere animale scomodo,  se la caccia si fa troppo prossima all’ uomo. 

E l’uomo nel racconto lo uccide e vive con il dubbio di aver fatto la cosa giusta, per l’etica che  scuote anche  la sua  coscienza di "giusto".

La trama è semplice: Giuseppe, pastore in Altopiano, uccide un lupo, per difendere le sue pecore, col pensiero alla famiglia, la moglie e i due figlioletti,  che lo raggiungeranno all’ alpeggio con la fine della scuola. 

Quell’ azione però, descritta in tutta la sua feroce drammaticità, lo renderà inquieto, soprattutto quando, qualche giorno dopo,  scoprirà che i suoi bambini hanno trovato un “cagnolino” abbandonato morente nel bosco, a cui danno il nome di Felch. Subito si rende conto che il bellissimo esemplare di  lupo  che ha ucciso è la madre del lupacchiotto, ma manterrà il segreto, mentre i lupi si fanno  presenti sull’ Altopiano e lo mettono in allarme.

 Il cucciolo di lupo, curato dalla famiglia come un cagnolino abbandonato,  si salva,  si affeziona agli uomini,  ma prevale l’istinto e proverà ad emanciparsi. Nel suo avventuroso  peregrinare  incontrerà,  in una sorta di richiamo atavico, il capo  del branco di lupi,  che terrorizza i mandriani e i pastori. Avrà per un istante, descritto con intensità poetica,   la coscienza di essere in pericolo,  ma anche  di essere un lupo anch’ esso.

Lieto fine, ma denso di rimandi e interrogativi sul ruolo dell’uomo nella gestione del territorio e dei suoi animali e l’eterna domanda: è il lupo a invadere il nostro territorio?

Un romanzo dalle illustrazioni di Manuela Simoncelli inquiete e sfumate, in  bianco e nero, come la solennità della trama, per imparare a rispettare la natura perché chi conosce, ama e impara. E’ evidente l’obiettivo educativo che si snoda fra le pagine ben scritte da Franca Monticello, scrittrice per ragazzi pluripremiata.  

Qui natura e  solidarietà familiare si fondono e si accompagnano alla scoperta di un equilibrio e delle leggi che le sostengono: cura dell’altro, uomo o lupo che sia, legami forti e coerenti intessono la storia e danno ragione all’epilogo...  un po’ a sorpresa.


domenica 3 febbraio 2019

Ti canterò per sempre una ninna nanna anche se non sei nato. Giornata per la vita 2019

Immagine correlataNon una giornata di contestazione, non una giornata di opposizione, ma una giornata oggi , GIORNATA PER LA VITA (dal tema inequivocabile: E' VITA E' FUTURO... scelgo la vita!) di misericordia, di comprensione e di riaffermazione assoluta di quanto la vita sia un dono sempre, sempre!

Ce lo affermano le madri che sono state seguite dai CENTRI AIUTO  alla VITA d' Italia, quell'Italia che non strepita e che non ferisce,  ma accoglie, aiuta, redime, consola, accompagna... Nessuna madre è mai tornata indietro a protestare per essere stata aiutata a crescere il suo bambino in grembo e poi nella vita!

Centri aperti in tutta Italia, basta cercare, basta che anche i medici dicano... informino le loro pazienti disperate, offese, sole... Tanto si fa e si può fare!
Ogni bambino concepito è figlio di tutti , ci ricorda Papa Francesco, tutti noi accompagniamo le madri in attesa. Sono patrimonio della nostra umanità. Abbracciamole, non facciamole sentire sole mai! Lavoriamo con loro e per loro.

Mi piace pensare alle madri che hanno abortito e che sempre soffrono per il loro gesto, con le parole del Papa.

"... parla con lui, canta la ninna nanna al tuo bambino mai nato, lui ti ascolta..."

Il perdono arriva anche così, la salute dell'anima passa attraverso questo canto sommesso, questa carezza di madre.

pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto Tsd Comunicazione

sabato 2 febbraio 2019

Il ruolo del padre nella rabbia di Paolino (sotto la "quercia")

Immagine correlata



Un padre mi racconta dell'importanza di stare vicino al figlioletto.

Non che non lo sapesse, ma le sollecitazioni ad affrontare e "portare" la rabbia dei bambini, gli hanno fatto sperimentare e riflettere quanto fosse vera la frase "un figlio ha bisogno del padre".

Perchè, dice questo papà, è vero che le mamme possono essere "la quercia" (vedi post 22 gennaio) che porta tutto il "tempo - meteo" dei figli senza spaventarsi e restano lì, senza sradicarsi, ma come la mettiamo con i padri? 
"Cosa c'entriamo noi padri con questa similitudine? Cosa facciamo di buono in questo contesto?"
Già.  Il padre fa molto, moltissimo. E' indispensabile e il mondo dell'educazione e della psicologia ce lo stanno ripetendo all'infinito, quando ci parlano di prevenzione delle sofferenze e delle devianze, delle separazioni e dei disagi mentali.

Ripensiamo ai tre centri concentrici.  
In mezzo il bambino. 
Abbracciato dalla madre. 
Il terzo cerchio è il padre. Che abbraccia tutti.
Mancando lui, il suo apporto in presenza e sostegno e condivisione del cammino,  anche gli altri due sono più fragili. 
Non sono convinta che incontri  le sensibilità di tutti questa immagine, ma rende l'idea.
Occorre saper stare  con un figlio per 

  • conoscere  i punti di debolezza
  • conoscere i punti di forza
  • conoscere gusti e interessi, fin da piccino
  • condividere i suoi percorsi
  • condividere le preoccupazioni o le paure
  • apprezzarlo e valorizzarlo
  • fare insieme, fare insieme, fare insieme...
  • voler bene insieme a mamma, sorelle e fratelli 
  • farsi una scorta di autorevolezza da spendere bene  nel lungo periodo
  • aiutarlo a entrare nel mondo competente delle regole necessarie, costi quel che costi in coerenza.... autocontrollo
  • garantirsi un' adolescenza meno problematica
  • ...
Insomma per stare bene tutti occorre trovare il  tempo. 
In quantità e qualità.  

Il padre sopracitato, con molta tenerezza e superando parecchi pregiudizi di forma, conferma:

"Da quando sto di più con mio figlio, anche la sua rabbia si è molto ridimensionata, parliamo insieme e io lo rassicuro. Ma è perchè faccio più cose con lui e così lo vedo più sicuro di sè.

Prima era proprio... in sofferenza, si vedeva che la rabbia era tale perchè non gli riusciva di portarla. I racconti della mamma mi inquietavano, fino a quando mio figlio una sera le  ha detto: mi manca tanto papà.
L'aveva detto finalmente, e io che  pensavo gli bastasse la mamma, non ci pensavo granchè che potesse avere questa sofferenza. Era un segnale!
 Ora gli episodi sono contenuti e li gestisce meglio, anche con la mamma. Che è più rilassata. Si sente più capita e le cose vanno meglio anche fra noi, nella coppia. Non credevo di essere già così importante alla sua età!

E io non voglio perdermi i figli, sono il mio futuro, anche se tutta la nostra vita è cambiata, io non voglio che il "treno famiglia" parta senza di me, voglio esserci..."

Grazie per il contributo!

pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto da:  ioeilmiobambino.it