Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

martedì 27 aprile 2010

CHI HA INVENTATO LE MAMME? (Mimma 4 anni)

















FESTA DELLA MAMMA

(...MA ATTENTI ALLA CONCLUSIONE)

Mamma, un silenzio di tenerezza, una festa, una ricchezza, dolori, fatiche, rinunce, battaglie, assenze e coraggio. Per questa festa della mamma, che festa sia, ma delle madri, di tutte le madri, quelle che ce la fanno e quelle che fremono, scoraggiate.
                  

                     Dal bel volumetto PASSAPAROLA (tutti da non perdere!!!)

di Giovanna Pieroni
"madre mamma"
Ed. Città Nuova, Roma, marzo 2010.


"Con la nascita di suo figlio una donna nasce madre. Nasce una famiglia, una nuova generazione, una società. L'amore è l'ingrediente principale per nutrire la persona che viene al mondo e continuare a generarla lungo tutta la vita. Psichicamente, affettivamente, spiritualmente, con la propria cura e dedizione, senza possessività, affinchè possa a sua volta trasmettere l'amore che riceve. Questo è contribuire materialmente e spiritualmente allo sviluppo dell'umanità.
La natura insegna alla madre ad amare, ma oggi sono tante le difficoltà e i condizionamenti posti dalla società. che rendono impegnativo e complesso
Avvolta dalla cultura attuale che premia idee di efficienza e di progresso, una mamma può sentirsi inadeguata, sola, poco gratificata e non compresa fino in fondo, sebbene la donazione nella maternità, sia essa naturale, adottiva o spirituale, sia ciò che la realizza ed esprime la dimensione più profonda della persona.
Dai miei figli ho imparato a conoscere me stessa, a prendere la vita con pazienza e responsabilità, che le difficoltà e i fallimenti possono essere occasioni per migliorarsi, che il dolore come la gioia è parte della vita. Infine che non siamo solo noi a condurre il gioco.
Nessuno è perfetto e anche le madri fanno tanti errori.
Per la mia maternità, è stato importante scoprire la fiducia nell'amore che si concretizza nella vita personale e familiare attraverso l'accoglienza, la fiducia, il perdono, a partire dal rapporto con il papà.


Pubblicato da Annamaria
Gatti

gatti54@yahoo.it
foto di Simone Micheli - CIAI

sabato 24 aprile 2010

IN PUNTA DI PIEDI












Jolanda Restano, brava curatrice di Filastrocche.it, mi fa conoscere questa citazione, grande nella sua essenzialità...
Dite: è faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.

Janusz Korczak

foto di Benjamin Tannure
pubblicato da Annamaria

lunedì 19 aprile 2010

IL FIGLIO PREFERITO












...Mi imbatto in una piccola parabola persiana, che mi riporta anche agli ultimi avvenimenti della cronaca.
Un giorno fu chiesto ad un uomo sapiente : 
“Hai molti figli: qual è il tuo preferito?”
Rispose: “Il figlio che preferisco è il più piccolo finché non è cresciuto;
è quello assente finché non ritorna;
è quello malato finché non guarisce;
è quello in prigione finché non è liberato;
è quello afflitto e infelice finché non è consolato.”
Nel ruolo educativo si esplica la realtà quotidiana. Quante volte abbiamo letto, commentato, concluso che l’educazione e l’ambiente in cui vivono i nostri bambini determina la qualità della loro vita futura?
Quante volte abbiamo constatato che proprio la cura dei bambini qualifica una società, il suo progresso?
Ancora non c’è altra via di scampo: è nella capacità di amare, di avere cura, di testimoniare coerentemente la fede nella vita, che costruiamo il futuro della nostra società, dei nostri figli.
Dunque alla domanda di quale figlio potremmo dire di preferire, davvero sentiamo di dover fare questo atto di estrema coerenza: è colui che in quel preciso momento ha la necessità del nostro impegno, della nostra attenzione più qualificata, del nostro tempo strappato magari al giusto riposo, della nostra fatica e della nostra attesa, del nostro perdono, della nostra pazienza e comprensione, del nostro umile consiglio, della nostra testimonianza forse scomoda e contro corrente, dei nostri coraggiosi NO…
Ma non solo: è un figlio non nostro talvolta!
E’ un figlio di questa umanità sofferente che ci coinvolge e così ci sentiamo un po’ genitori di chi sta soffrendo e che diventa un po’ “il preferito” perché comunque portatore di valori indispensabili perché questa globalizzazione viva un cammino nella giustizia.
E in quali atti si sono tradotti questi sentimenti di paternità globale?
Forse con anche maggiore consapevolezza, in momenti di grande attenzione al mondo dei bambini, degli adolescenti e dei giovani che gridano dialogo e ascolto, non quello lontano e ideale, ma il nostro, quello della quotidianità, che ci impegna fino allo stremo o che ci sfiora appena.

Da: www.educare.it
Pubblicato da Annamaria
foto di Giovanni

venerdì 16 aprile 2010

A PROPOSITO DI PRIMI MILLE GIORNI DI VITA: UNA FAVOLA PER CHI DEVE ARRIVARE E PER CHI STA ASPETTANDO



Angioletto e bimbomio

di Annamaria Gatti
Fonte:
Città nuova
Erano lì tutti in fila ordinati e pazienti, nel cortile interno del Paradiso. Erano i giovani angeli custodi. Beh, non tutti erano tranquilli, c'era sempre qualcuno un po' irrequieto che tentava di far sorridere gli altri, tanto per ingannare l'attesa. E tutti loro erano ansiosi di essere assegnati al loro compito sulla terra. Quale? Fare l'angelo custode, appunto! Per questo erano andati alla scuola celeste. Bisogna sapere che non tutti gli angeli possono diventare custodi. Ci vuole pazienza, studio, impegno. Bisogna superare l'esame finale e l'Arcangelo Gabriele è anche piuttosto esigente! Ma Angioletto era stato promosso con lode: sarebbe stato inviato presto sulla terra, per un bambino speciale, il suo bambino. Era in stato d'attesa da tempo, ormai, ma non osava raccontare la sua preoccupazione a nessuno: sarebbe stato un pessimo esempio per gli angeli nuovi.
"Chissà quando mi chiameranno!" sbottò una mattina di luglio.
"Se sei ancora qui - gli sussurrò l'Arcangelo Gabriele -... è perché ho intenzione di affidarti un incarico speciale. C'è una persona che mi sta molto a cuore. Ecco, ora puoi andare da lei e... buon lavoro!"
E gli allungò le coordinate per raggiungerla, che è come dire le indicazioni stradali per arrivare a casa... A casa? Quale casa? Sulle coordinate celesti non c'era una casa specifica, c'era solo scritto che il bambino sarebbe nato otto mesi dopo, che per il momento doveva curare la sua serena crescita nei desideri di mamma e papà. Buona questa! Come se fosse facile!.
Angioletto aveva studiato che il suo protetto avrebbe vissuto per alcuni mesi in un luogo speciale e che perciò sarebbe stato prima un bimbo vero e bello nella pancia della mamma. E lì ce n'erano cose da imparare!
"Bene - concluse deciso Angioletto -, cominciamo il lavoro". Intanto non sapeva proprio come chiamarlo. "Ciao, chissà che nome ti daranno" gli sorrise.
Un piccolo sussulto e il bimbo sorrise così, fluttuando.
"Finalmente sei arrivato" gli disse il bimbo.
"Ti chiamerò Bimbomio. Ti piace?"
"Sì, mi piace proprio, non mi pare che abbiano già trovato un accordo per un nome per me, ma so che mi aspettano tanto."
"Sei un bimbomio fortunato."
Bimbomio fece una nuotatina e riprese a succhiarsi il pollice.
Dunque lui era la sua vita prossima futura, considerò Angioletto, lui il bimbo da condurre per mano, da difendere dal male, da sorreggere sempre, anche quando, cresciuto, avrebbe dovuto accettare di stare nell'ombra di una preghiera frettolosa la sera: Angelo di Dio che sei il mio custode...
"Sai che sono il tuo angelo custode?"
" Oh, sì, l'ho sempre saputo. Dio mi ha accarezzato e mi ha fatto conoscere il suo bene... Mi ha detto che non sarò mai solo e che oltre a Lui e a mamma e papà, ci sarai anche tu ad aiutarmi a nascere e poi... mi difenderai dai pericoli, dagli errori, dal male insomma... là fuori dev'essere bello, ma deve essere anche complicato!"
Angioletto pensò a tutti gli interventi d'urgenza che avrebbe dovuto operare: sapeva di essere ben preparato e con lode!
"Non vedo l'ora di farmi abbracciare da mamma e papà: riconosco già le loro voci, sai, soprattutto le loro risate. La mamma ha una voce dolcissima, papà deve essere un tipo divertente: giocheremo insieme un sacco, vedrai!"
Appunto.... Angioletto pensò che Bimbomio aveva già imparato molte cose. Diede una rapida occhiata all'angelo custode dei due genitori e li vide provati, ma in buone condizioni. Bimbomio promette bene, i suoi genitori mi sembrano persone responsabili... pensò, poi aggiunse rivolto ai due custodi: "Ehi, voi due... ci metteremo d'accordo, vero? Questo Bimbomio dovrà crescere benone." Ci voleva un minimo di collaborazione! I due angioloni sorrisero bonari e ammirati: i giovani angeli custodi erano tipetti decisi e con le idee chiare! E ringraziarono Dio per quella nuova vita, che avrebbe impegnato di più anche loro, ma avrebbe loro portato molta, molta gioia! Solo allora si accorsero che i loro protetti, mamma e papà di Bimbomio, stavano scegliendo il nome del loro bambino: ecco, questo era un affare delicato, tutto loro! Francesco? Che sia meglio Andrea, o forse Luca... E se fosse una bambina? Solo Angioletto sorrideva divertito, fece l'occhiolino a Bimbomio che smise di succhiare e si fece anche lui una bebèrisatina.


(Il protagonista di questa favola poi fu chiamato Matteo. Auguri a Matteo e a tutti gli altri bambini del mondo!)

martedì 13 aprile 2010

I PRIMI MILLE GIORNI DI VITA 2

"HO UN BAMBINO DI POCHI MESI, COME IMPOSTARE AL MEGLIO LA RELAZIONE CON LUI?"
ACCOGLIERE IL BAMBINO: LA RELAZIONE, L’AMBIENTE, L’EDUCAZIONE NEI PRIMI MILLE GIORNI DI VITA
Nel bambino piccolo sono i bisogni ad essere poco chiari.
...Piange, cosa avrà? Devo lasciarlo nel lettino o prenderlo in braccio?
La relazione tra genitori e figli è più ricca e feconda quando i genitori accettano di lasciarsi guidare da quello che via via scoprono dei loro bambini. Ciò è possibile se i genitori si predispongono interiormente ad apprendere dal bambino e dalle situazioni, senza troppe attese preconcette. Nella prima età della vita, dalla nascita ai tre anni, è vitale accettare il bimbo così com’è, cercando solo di conoscerlo e adeguando a lui le forme di accudimento.
Un esempio classico è il sonno: ci sono bimbi che dormono meno di altri e viceversa sono più desiderosi di un contatto fisico: sono i bimbi ad alta domanda di contenimento affettivo ed è del tutto inutile sperare che diventino diversi da quello che sono. Meglio rispondere col contatto e il tempo per loro: sperimenteranno un amore grande che ne asseconda le inclinazioni e ne potenzia la sensazione di sicurezza.
Da zero a tre anni un bambino evolve velocemente e passa da un’ esperienza del mondo prevalentemente visiva, uditiva e tattile ad una capacità motoria che lo mette in grado di esplorare da solo. Logicamente l’accompagnamento amorevole del genitore cambia scopi e funzioni, e si fa strada la possibilità di scegliere se potenziare le capacità di autonomia oppure farsi prendere la mano dalla protezione .
Il nuovo compito, quando il bimbo ha terminato il primo anno di vita, è di essere maestri del proprio figlio e quindi insegnare, lodare e incoraggiare, dire di no, essere di esempio.
Anche questo compito viene meglio assolto in presenza di un pre-requisito interiore del genitore, che è la riflessione (il contrario dell’impulsività).
Riflettendo, il babbo e la mamma usano modi comprensibili al bambino .
Ne scaturisce la comunicazione che associa il gesto al linguaggio, la richiesta alla partecipazione attiva del genitore, la disciplina alla calma, il rimprovero alla brevità.
Sono questi i modi che forniscono le regole di comportamento, impossibili altrimenti finché il bambino non ha ancora la maturità cerebrale per acquisirle da solo.
Dire “chiudiamo piano la porta “ è diverso da dire “chiudi piano!”
Dire “ mettiamo a dormire le macchinine” è diverso da dire “metti a posto i giochi”,
Molte azioni , se mostrate, danno nel bambino un effetto imitativo :parlare a bassa voce, condividere i pasti, aspettare il proprio turno… e premiano il genitore che riesce ad essere di esempio al figlio.
Non dimentichiamo che le capacità di empatia sono precoci, perché iscritte nella biologia del cervello, e in grado di sostenere forme di cooperazione e condivisione adeguate all’età. Molti si stupiscono vedendo un bimbo di diciotto mesi che chiede una piccola scopa per pulire il pavimento. In realtà non c’è nulla di più naturale per il bambino: è strano invece che, pur osservando questo, gli adulti non riescano quasi mai ad assegnare ai bimbi piccoli compiti utili in casa. Sarebbe un’azione educativa che aiuta a insegnare l’altruismo e sviluppa la comprensione per gli altri.
L’educazione plasma il cervello e la personalità: anche questa affermazione dovrebbe aiutare i genitori a non sottovalutare il proprio ruolo nello sviluppo dell’apprendimento e dell’intelligenza.
Un ruolo che potemmo dire di espansione dei significati, per dare al piccolo il senso di cosa vive. Espansione delle prime parole del bambino, espansione delle domande, espansione delle emozioni immaginate in un personaggio. Il genitore espande parlando, leggendo un libro o spiegando un fatto…anche in questi esempi il posto fondamentale spetta alla relazione. Una relazione di qualità, che facilita la relazione col mondo.

Pubblicato da Maddalena Petrillo Triggiano
drtriggiano@tin.it
foto di Sara

domenica 11 aprile 2010

Urgente! Entro il 14 aprile un aiuto per la programmazione della tv di qualità

Ricevo da Isa e altri amici educatori e giro a voi, amici del blog, una proposta per tentare di salvare le programmazioni TV per i bambini.

Il testo che segue contiene gli elementi fondamentali ai quali possono essere sensibili i dirigenti Rai che devono decidere in merito e può essere opportunamente rielaborato o personalizzato.
"Si segnala l'indignazione per la cancellazione dei programmi Trebisonda, Melevisione, E' Domenica Papà, Il Giornale del Fantabosco e tutta la produzione che Rai Tre e Mussi Bollini per più di 10 anni hanno fatto.
Una produzione che, in un panorama televisivo dove viene proposto di tutto e di più ai nostri studenti e figli, era l'unica tv garanzia, davanti alla quale i ragazzi imparavano qualcosa e godevano di un intrattenimento sano.
Chiediamo a gran voce che i programmi cancellati da Rai Tre vengano riproposti sui canali digitali Rai GULP e YOYO da subito, anche se è vergognoso che 8 regioni fino al 2012 non avranno più la tv dei ragazzi , se non in spazi molto limitati la mattina su RAIDUE . "
  • Gli indirizzi a cui spedire la mail sono:
a.marano@rai.it vneice direttore gerale
sassano@rai.it direttore dello staff del direttore generale
n.claudio@rai.it staff del presidente
pubblicato da Annamaria
foto Melevisione

A GENITORI ED EDUCATORI ECCO UN CONTRIBUTO IMPORTANTE!


Scompare la tv dei ragazzi
09-03-2010 di Gianni Di Bari
Fonte: Città nuova

La Rai ha deciso la cancellazione di programmi come “La Melevisione” e “Trebisonda”.

Televisione

 La “Città laggiù” ha deciso di sfrattare il Fantabosco di Raitre, di mandarlo nel mondo di “Chissàddove”, sul digitale terrestre. E non si tratta di un maleficio della strega Varana, di un raggiro di Vermio, di una trappola maldestra di Lupo Lucio. No. È una decisione della Rai, che rimasta l’unica ad assicurare una programmazione di alto livello solo per i ragazzi, ha pensato bene di farla sparire dalla tv generalista e darla invece in pasto ai decoder. Tradotto, potrebbe voler dire lo smantellamento di programmi come La Melevisione, Trebisonda, il Gt ragazzi.
Accade perché il servizio pubblico, anche su questo, sembra voler inseguire la concorrenza con la sua filosofia del “massimo risultato, minimo sforzo”. È più facile mandare in onda cartoni animati che costano meno, fanno ascolti e vendono meglio gli spazi pubblicitari.
Investire cervelli, professionalità, tempo, risorse, centri di produzione per i nostri figli, è sembrato alla Rai un inutile spreco, quando l’Auditel inesorabilmente, da anni, sentenzia che quei programmi non fanno più ascolti, anche per la concorrenza delle reti tematiche sul satellite.
Ora, è anche vero che si potrebbero ridurre i cachet di qualche famoso spedito sull’isola, o di qualche conduttore sopravvalutato. A parte questo, significa forse che i bambini non sono un target, che le loro scelte non interessano più i signori della televisione? Tutto il contrario. Ed è questo il grande paradosso di tutta la vicenda.
Mai come oggi chi decide i palinsesti deve fare i conti con i più piccoli. Il telecomando lo hanno in mano loro, e non c’è programma che sia capace di passare la prova ascolti senza accattivarsi la simpatia del minispettore. È per questo che si moltiplicano i programmi di prima serata in cui i piccoli danzano, cantano, recitano scimmiottando i più grandi. E anche le trasmissioni per adulti li cercano, provano a catturarne l’attenzione: un esempio per tutti, Striscia la notizia, tra i più seguiti dai bambini, che soddisfa i grandi con le veline e la satira, e i piccoli con il Gabibbo, il cucciolo in studio, gli inviati vestiti come supereroi, le scenografie e la grafica in stile fumetto. Per i genitori poco male, i figli si bevono invece così, assieme alle atmosfere giocose, anche volgarità, parolacce, pesanti doppi sensi.
C’è un motivo. I programmi cercano i bambini, perché sempre più spesso, con i nonni al seguito, sono proprio loro a decidere cosa mettere nel carrello del supermercato. Occorre formarli al consumo, ma pare meglio non fare programmi solo per loro, non conviene.
E così il bimbo potrebbe finire tra le braccia di un’altra baby sitter catodica: Maria De Filippi. «Sono preoccupata di come l’educazione all’affettività sia comunicata ai nostri ragazzi attraverso le rappresentazioni del programma Uomini e donne», dice Maria Mussi Bollini, storica responsabile dei programmi per ragazzi di Raitre. Preoccupazione da condividere se lì dove una volta c’era Milo Cotogno, oggi domina il tronista da calendario.

Pubblicato da Annamaria Gatti







giovedì 8 aprile 2010

I PRIMI MILLE GIORNI DI VITA 1

ACCOGLIERE IL BAMBINO: LA RELAZIONE, L’AMBIENTE, L’EDUCAZIONE NEI PRIMI MILLE GIORNI DI VITA
I BAMBINI VENGONO AL MONDO CON LA MOTIVAZIONE E LA CAPACITA’ PER STABILIRE UN’ IMMEDIATA RELAZIONE SOCIALE (Volkmar et al.1997)

Dagli anni 70 le ricerche intraprese da pediatri e psicologi sulle attività e competenze del neonato e del lattante hanno evidenziato le sue interazioni precoci con il padre e la madre in un dialogo alternato, dove le risposte del bambino (lo sguardo, la postura, i movimenti del viso, i vocalizzi) si alternano ai segnali dello stesso tipo inviati dai genitori.
Numerose conferme sperimentali hanno illuminato questa predisposizione innata del bambino ad essere “attivo nella relazione” e non ricevitore passivo dei messaggi altrui.
Successivamente gli studi di neuroscienze (studi di neurologia, psicologia cognitiva,visualizzazione dell’attività elettrica e metabolica del cervello) si sono evoluti rapidamente confermando le precoci e sviluppate capacità “sociali” del cervello umano.
Fin dalla nascita dunque compare l’intersoggettività, la capacità di relazionarsi costruendo con l’altro emozioni condivise. Il bambino “parla”con gesti e suoni e il genitore “risponde”, spesso imitandolo. Il genitore “parla” e il bambino “risponde”.
Anche padre e madre sono geneticamente predisposti a interagire col neonato adattandosi a lui. Ne è prova il “motherese” , il tipo di linguaggio che spontaneamente i genitori adottano, del tutto adeguato ai bisogni del piccolo di essere cullato da un tono e da un ritmo vocale che lo rassicura e lo rende attento alla relazione con chi usa questa forma di comunicazione.
Nel primo anno di vita il bambino scopre se si può fidare o no del mondo.
E’ il processo di attaccamento, un processo che parte dalla naturale predisposizione genetica alla reciproca accoglienza per sviluppare nel tempo una relazione così forte che per tutta la vita farà sentire sicuri e amati.
Un legame che serve al bimbo per sentirsi protetto e che diventa uno schema interno a cui riferirsi per sempre: “sono amato, dunque valgo, posso farcela”si potrebbe dire…
E’ fondamentale che i genitori mostrino responsività ai bisogni del loro bambino , che siano prevedibili e affidabili, perché è così che in lui si costruisce un modello di sé “competente”. Si parla in questo caso diattaccamento sicuro”.
Se il genitore non rispondesse al bisogno di attaccamento, il bambino ben presto imparerebbe ad inibirlo, non sentendosi accolto e riconosciuto. Se il genitore non fosse sufficientemente costante, e prevedibile, il bambino non potrebbe predirne il comportamento, soffrendo per questo e diventando incapace di capire chi è lui stesso per il genitore.
Questi disturbi del processo di attaccamento esistono (si parla di un attaccamento “evitante”, di un attaccamento “ansioso”) e in clinica si curano, aiutando la relazione a ritornare sana, nutrita di fiducia. Di questo nutrimento il bambino ha estremo bisogno per costruirsi un’identità, il suo IO .
Amare il proprio bambino è dunque aiutarlo a diventare una persona.
E’ il primo compito dei genitori : trattare il bambino con il rispetto dovuto ad una persona diversa da loro.
E’ un ruolo di servizio, non nel senso di un asservimento ai bisogni del bimbo, ma nel senso di offrire le risposte via via che il bambino esprime bisogni o formula domande.
Alcune volte bisogni e domande sono implicite, specie quando il bimbo è meno capace di farsi capire col comportamento e il linguaggio. Certi capricci ad esempio sono domande implicite di aiuto o di rassicurazione. E così certi sguardi di richiesta, un avvicinarsi senza parole,un comportamento scontroso…sono solo alcuni esempi.
Pubblicato da Maddalena Petrillo Triggiano
foto: Andrea Peroni, CIAI

mercoledì 7 aprile 2010

Risposta

Cari amici Emanuela e Walter e tutti voi che ci avete contattato, in questo primo mese di composizione... 
Dai vostri commenti si intuisce come sia appassionante, quanto complesso il “mestiere” del genitore. Questa sfida, questo ruolo... Abbracciato, voluto, incontrato, accolto, sofferto, rifiutato o temuto che sia, in questi giorni così drammaticamente evidente, siamo qui, insieme ad un altro sguardo che ci interroga, ci scruta, fin da quel primo giorno in cui ci sembrava non fosse neppure possibile essere ammessi a collaborare con l'Infinito, perpetuando la vita.
Ve lo ricordate quel primo giorno per ciascuno dei vostri figli?
Quel dono ci sfiora e ci prende tutte le sere di questo cammino.
Lasciamo che l'umanità e l'Infinito ci avvolgano, che ci rassicuri la certezza di non essere soli, se lo vogliamo, anche da questa pagina.

Pubblicato da Annamaria
foto da: GIBI' E DOPPIAW di WALTER KOSTNER

sabato 3 aprile 2010

RESURREZIONE

E' Pasqua. E se i nostri bambini hanno bisogno di punti di luce vivissima e sincera, anche noi , genitori ed educatori, abbiamo sete e fame di fari che illuminino la strada. 
E la luce di Cristo Risorto oggi ci accompagna ancora, sfida e coraggio. Sempre. Come nelle parole di Chiara Lubich:
Un'altra caratteristica del modo di educare di Gesù è quella di intervenire in aiuto dei suoi, concretamente, come quando ha sedato la tempesta sul lago (cf. Lc. 8,24). I genitori, che già naturalmente si prodigano per i loro figli, molto di più potranno fare, e soprattutto molto meglio, se innesteranno sul loro amore l'amore soprannaturale: se ameranno con la carità di Dio, la carità di chi ama per primo, senza aspettarsi nulla. E' un amore questo che non lascia mai indifferenti.

Pubblicato da Annamaria
foto di Giorgio