Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

mercoledì 28 dicembre 2022

Favola - DONI A SAPERLI VEDERE 2: MONGOLFIERA




di Annamaria Gatti                       illustrazione di Eleonora Moretti 

Fonte: Città Nuova, Gennaio 2023



La principessa Lucia solcava il cielo sulle amiche nuvole, alla ricerca di compagni di gioco:

 avrebbe davvero incontrato altre  bambine e altri bambini in quel viaggio straordinario?

Immersa nel suoi pensieri  si guardava attorno ammirata. Il cielo era limpido e un vento

 buono si divertiva a spingerla di qui e di là, ma di bambini  non ne vedeva proprio!

Quando ad un tratto ecco una ventata scuote la nuvola-poltrona di Lucia e fa tremare tutto.

FSSSSSSSCCCCCCC…

“Aggrappati a me” la invita la nuvola “non avere paura, succede sempre quando passa un

 aereo o… OPS! UNA MONGOLFIERA!???”

La nuvola è in subbuglio, è la prima volta che le capita un incontro così speciale. “Uahu,

 che bella!” esclama.

Un grandissimo pallone variopinto sta salendo su…su, nel cielo, ed ora si ferma  proprio

 accanto a Lucia, che guarda giù e, dentro al cesto, sotto la grande palla gonfia di aria, vede

 un bambino.

“Ciao, io sono Carlo e questo è il mio pallone aerostatico.”

“Io sono Lucia e tu voli con il tuo strano… aerocosa?”

“Si dice aerostatico…” precisa la mongolfiera.

“Sarà strano il mio pallone, ma più bizzarro è vedere che voli su una nuvola!” sorride Carlo,

 poi aggiunge “scusami,  devo far funzionare il bruciatore, perché entrino aria calda e gas

 nella mia mongolfiera e farmi così trasportare dal vento.”

“Il vento ti ha portato qui, allora…”

“Sì e non capisco come, visto che avrebbe dovuto soffiare a ovest.”

Si scuote  il vento birichino e spiega: “Volevi trovare un compagno di viaggio? Ecco Carlo,

 hai trovato Lucia che cercava un amico.”

I due bambini sono increduli: nuvole e vento parlano quindi! E li hanno fatti incontrare per

 fare amicizia.

“Ma tu chi sei,  maestrale, bora o tramontana?” chiede curioso Carlo, che sapeva molte cose

 dei venti.

“Chiamami brezza, vengo dal mare.”

“Lucia,  salta nella mia navicella, porterò  te e Carlo a fare un giretto, finché la brezza ci

 accompagna” sussurra la mongolfiera.

Carlo osserva: “Lo sapevo che in due è più divertente!”

“Ciao nuvola, ci vediamo presto” promette Lucia, “chissà cosa scoprirò in questo viaggio.”

“Quante sorprese ti aspettano principessa Lucia” aggiunge la nuvola.

OHHHHHHHH! Partiamo!” 

E la mongolfiera riprende il suo viaggio sospinta dal vento. 

martedì 20 dicembre 2022

Il Natale di Tobia, bambino quasi cattivo, Una tenera storia per chi si sente fuori posto

 Dedico questa storia ad Angela e a  tutte le nonne 


Nel presepe Gesù Maria e Giuseppe accolgono con amore tutti, 
soprattutto  i bambini che credono di essere "cattivi"
Una storia amata  
di Annamaria Gatti 
fonte: Città Nuova


TOBIA

“Tobia, riporta le pecore! Sei sempre con la testa fra le nuvole, ma a cosa pensi?” grida il vecchio Elia. “Arrivo, nonno. Non si può proprio vivere in pace!”. Infastidito, Tobia raduna le pecore del gregge del nonno e si avvia verso il villaggio poco lontano. 

A Betlemme è quasi buio e Tobia rientra a casa, pronto per l’ennesima sgridata quotidiana. “Sei una vera disperazione. Oggi è venuta Ruth e mi ha detto che le hai rubato un cesto”. 

La mamma di Tobia piange e il bambino la guarda, poi strizza gli occhi, perché vorrebbe cancellare tutto quel dolore sul volto della sua mamma. E sente un nodo alla gola. Si siede per terra, in un angolo, dietro la macina. “Vai via! Meriteresti una bastonata, ma non c’è più tuo padre a darti la giusta lezione. Io non so più cosa fare!”  Il bambino sente che il nodo alla gola si stringe sempre di più; esce di casa e, sconsolato, va a sedersi vicino al pozzo. 

“Tobia” lo chiama Sara, una delle bambine del villaggio, “cosa fai qui?” gli chiede mentre depone per terra un otre. Poi, raccogliendo con un gesto veloce l’ampia tunica azzurra, si accovaccia vicino a lui. “Non mi riesce proprio di far bene niente. Appena progetto una marachella,  mi accorgo che l’ho già combinata, prima di poterci pensare un po’, prima di capire cosa potrebbe accadere dopo. Mi manca il tempo per riflettere e così tutti quelli del villaggio mi cacciano, perché pensano che sono un porta guai. “Lo vedi? Tu... tu sei l’unica che mi si avvicina” sospira Tobia con le lacrime agli occhi. 

Sara sa che un bambino si vergogna nel farsi vedere a piangere, così aggiunge: “Però qualche volta le combini grosse, sai? Eppure io so che non sei cattivo. Per esempio oggi hai rubato il cesto di Ruth perché ne aveva bisogno la vecchia Ester, vero?” 

“Come lo sai?” 

“Me lo ha detto Ester: stamattina non sapeva come portare al mercato i pani” Ma poi ha detto che un ragazzetto l’aveva aiutata, e quello eri tu”. Tobia sorride un po’ e si pulisce il naso gocciolante con la manica. Poi pensa che davvero in fondo al cuore non sente cattiveria ma solo, qualche volta, un po’ di paura, un vuoto, un buco nero nero, che deve riempire subito con qualcosa. Perché? E perché ogni volta che vede una fonte luminosa, gli sembra che quel buco si dissolva nel nulla? 

IL BAMBINO SUL POGGIO

"Storie, storie” pensa a voce alta Tobia”.  “Quali storie?”, chiede sorpresa Sara. 

“La storia della luce”. “Ah, vero, tu che insegui sempre una luce. L’altra notte eri tu che camminavi verso la stalla, vero? Ci sei stato?” 

“No, mi sono fermato a metà strada, ad osservare quel rudere, la stalla, voglio dire. Era una magnificenza,  piena di luce!”

“E il Bambino? Non l’hai visto allora? Oh, che peccato! Il suo nome è Gesù. È così tenero ed è così bella la sua mamma!” sospira Sara. "Vieni, andiamo a visitarlo. Guarda, ci sono dei pastori che tornano dalla stalla, sul poggio”. “No, non vengo”. “Perché no?” chiede incredula Sara. “Il Bambino è buono, il nonno dice che da grande sarà un re.  È il più buono di tutti. Quando mi vede, se non mi caccia lui, mi cacceranno suo padre o sua madre””. 

Sara ha un moto di insofferenza. “Fai come vuoi, sei il solito testardo e stai diventando insopportabile anche per me”. La bambina ha ormai perso la pazienza, si alza di scatto, getta sui piedi del pastorello una manciata di terra, si ricopre il capo con il mantellino, afferra nervosamente l’otre e se ne va. La si sente brontolare ancora quando Tobia osserva le prime stelle accendersi nel cielo e si augura che Sara torni. 

In breve l’imbrunire si trasforma in notte e neppure la mamma lo richiama in casa. Tobia sa che dovrà riportare il cesto rubato e chiedere perdono, anche alla mamma. Sta per alzarsi, quando Ruth, la vicina derubata, gli va incontro con aria minacciosa. Tobia immagina già quel che dirà e quel che farà, perciò si alza di scatto come una saetta ed è già lontano, perché considera l’idea che Ruth è troppo pesante e non avrà la forza di inseguirlo. 

Il cielo è uno scintillio e come una morbida coltre ripara il poggio su cui il Bambinello riposa. “Avrà freddo” commenta a voce alta Tobia. Il nonno aveva raccontato che un asino e un bue scaldavano la stalla. Più che una stalla era un rifugio. Però proprio lì, il giorno prima erano arrivate addirittura delle persone importanti, su cavalcature bardate a festa. “Forse sono principi” aveva detto il nonno. Tobia li aveva visti e li aveva inseguiti di nascosto, quasi fino al poggio. Uno era di colore e uno molto vecchio. Aveva anche sentito uno di loro dire, con uno strano accento straniero: "Gaspare, ecco là, credo proprio che là sia il Messia che cercavamo”. Chissà cosa voleva dire. Il Messia sì, lo attendeva anche il nonno, ma Tobia non aveva osato chiedere di più. Erano cose da grandi! 

UNA LUCE PER TOBIA 

Tra un pensiero e l’altro Tobia non si accorge di aver camminato fino alla stalla, dove ora solo una debole fiammella toglie il luogo dalla morsa del buio. Il pastorello sbircia attraverso un’asse sconnessa. Accidenti, il bue è proprio lì davanti e Tobia non vede proprio un bel niente! 

Si sporge ad una finestrella, poco più di una fessura e vede. Vede quello che gli riempie il cuore di tenerezza, perché nella penombra della stalla distingue chiaramente un papà e una mamma, chini su un fagottino bianco, e poi lo sguardo del Bambino su di lui. È uno sguardo luminoso e intenso. 

Vorrebbe scappare ma, davanti a quegli occhi, le gambe sono pesanti e non si muovono; i piedi sembrano incollati per terra. Sulle mani sente cadere delle gocce tiepide: sono lacrime.  Tobia sta piangendo. 

Si volta anche la mamma del Bambino. “Oh! Come assomiglia alla mia mamma!” pensa Tobia. Poi guarda il papà e sente per un attimo mancargli il respiro: se papà fosse lì, potrebbe proteggerlo, aiutarlo, difenderlo, come fa il papà del Bambino, che ha uno sguardo buono e forte e che adesso gli fa un cenno, per invitarlo ad avvicinarsi. 

Anche la mamma dice: “Entra, entra Tobia. Gesù ti stava aspettando”. Tobia è un po’ sorpreso. “Io non posso, forse sono un po’ cattivo”. Ma, senza accorgersene, Tobia si ritrova inginocchiato accanto al Bimbo, mentre la madre asciuga le lacrime del pastorello. 

Qualcuno sta anche accarezzandogli i capelli ricci ed arruffati. È il papà di Gesù; forse vuole proteggere anche Tobia che intanto si chiede dove sia finito il suo buco nero, quello che dava tanto dispiacere al suo cuore di bambino: non c’è più, Tobia sente anche le manine di Gesù sulla fronte, che forse tracciano un segno. La stanchezza lo prende e dolcemente, sulla paglia, accanto a Gesù, Tobia trova la sua giusta luce, mentre pensa che, da quel momento, la mamma non piangerà più per lui.


giovedì 1 dicembre 2022

Umiliazione e vita vissuta in una scuola: la garbata decisa risposta al ministro Valditara

 

L'imbarazzante lessico del ministro Valditara ha suscitato molte reazioni nel mondo educativo pedagogico e psicologico, ma soprattutto pare abbia generato nelle scuole (spero in tutte, o almeno dove vi sono insegnanti responsabili e appassionati)  un dialogo importante,  anche fra gli studenti, che potrebbe portare a dare un colore nuovo e una ricerca profonda sullo stile educativo corretto, che nulla certo a che vedere con l'umiliazione del ministeriale riferimento. 

Dal sito delle edizioni  la meridiana, ecco il contributo della docente Lucia Suriano* che risponde al ministro con la narrazione di cosa accade nella sua scuola. Alla parola risponde la vita.

https://www.edizionilameridiana.it/umiliazione-nell-educazione-lettera-aperta-al-ministro-valditara/

Caro ministro Valditara,

è una settimana speciale per la classe che seguo da tre anni: è la settimana delle giornate di sospensione dalle attività didattiche di cinque studentesse che una decina di giorni fa si sono rese protagoniste di gravi comportamenti scorretti in un’ora di lezione.

Il provvedimento disciplinare, come da regolamento di istituto, è la logica conseguenza di azioni che le alunne hanno riconosciuto come comportamenti pericolosi e scorretti durante una lunga e approfondita riflessione avvenuta in classe e con le rispettive famiglie.

Ogni provvedimento disciplinare deve avere finalità educativa, così il consiglio di classe per questa occasione ha stabilito – seguendo il principio di gradualità – che ciascuna delle ragazze dovesse trascorrere un giorno di sospensione dalle attività didattiche in presenza, approfittando dello stop per realizzare un lavoro extra scolastico da presentare all’intera classe al rientro con la finalità di insegnare qualcosa di nuovo a tutti, insegnanti inclusi. 

Questa giornata comminata come sanzione avrebbe potuto trasformarsi in una semplice giornata di vacanza autorizzata. Invece le alunne protagoniste, accompagnate da scuola e famiglia, sono state messe nella condizione di riabilitarsi agli occhi degli altri compagni, delle famiglie, dei docenti, ma soprattutto agli occhi di loro stesse.

Una piccola esperienza di “riparazione del danno” nella quale gli adulti, insegnanti e genitori, hanno realizzato concretamente il principio di alleanza scuola-famiglia, rendendo possibile il processo di crescita di cinque ragazzine che hanno commesso degli errori.

Umiliazione nell'educazione

Mentre nella mia esperienza concreta di scuola accade questo, nella stessa settimana è balzata agli onori della cronaca la Sua affermazione, in qualità di Ministro dell’Istruzione e del Merito, circa il valore dei “lavori socialmente utili” ma soprattutto del “valore educativo dell’esperienza dell’umiliazione”.

Venerdì, ultimo giorno di questa settimana tutta in salita, subito dopo aver assistito alla realizzazione del terzo dei “lavori” prodotti dalle studentesse, ho chiesto alla classe di guardare insieme il video in cui il Ministro esalta il valore dell’umiliazione. Ho lasciato ascoltare il discorso senza introdurlo e senza commentarlo. Parlava di loro ed è giusto che i ragazzi esprimano le proprie opinioni circa ciò che riguarda la loro vita, mi sono detta.

 

Inizialmente i ragazzi e le ragazze erano molto incuriositi e positivamente colpiti dalle parole del Ministro, poi, quando hanno ascoltato il passaggio sull’umiliazione, hanno iniziato ad avere reazioni.

 

«Prof, ma è uno scherzo?»

 

«Chi è questo che sta parlando e dice queste cose?»

 

Li ho calmati e ho chiesto loro di provare a dare ordine alle idee e riflessioni che questo discorso aveva generato. Ha preso la parola una delle ragazze più vivaci, nonché protagonista dell’azione che ha determinato il provvedimento disciplinare.

T. con estrema lucidità mi ha detto: «Se lei e il consiglio di classe ci aveste umiliato, io dopo la sospensione non solo avrei rifatto quello per cui ho ricevuto la sospensione, ma le garantisco che, ferita, avrei fatto molto peggio, forse cento volte di più. Invece voi professori non avete fatto questo, ci avete messo nelle condizioni di capire che avevamo esagerato e non avete mai offeso la nostra dignità di persone, anzi ci avete consentito di fare una cosa bella per noi e gli altri, sentendoci così importanti nonostante l’errore.» 

Io credo che la riflessione di cui si è fatta portavoce T. sia una meravigliosa testimonianza di quanto la parola “umiliazione” debba essere lontana dai processi educativi anche e soprattutto da quelli più complessi, poiché di solito i comportamenti aggressivi, dirompenti, lesivi e pericolosi si originano proprio in contesti umilianti.

Dunque l’umiliazione non può essere una soluzione a ciò che essa stessa genera. Non può esserlo e non lo è.

 Caro ministro Valditara, la prego di perdonarci se con umiltà, ma profonda convinzione, le diciamo che su questo tema dovrà rivedere la sua posizione, riparando il danno provocato e la certa “bocciatura” da parte dell’intero mondo scolastico che lei stesso dirige. 

Lucia Suriano

*Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di primo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Per edizioni la meridiana è autrice di Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice (2016) e Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti (2020).

Pubblica Gatti Annamaria

ill. di Charlie Mackesy

martedì 29 novembre 2022

Una storia di Natale quasi vera, verissima dedicata ai preadolescenti

 


AVVENTURA ASPETTANDO NATALE

            racconto di annamaria gatti

Tre ragazzi, grandi amici,  si perdono in modo inspiegabile.  Però qualcosa di misterioso accadrà e troveranno un  rifugio presso una famigliola. Il padre  si chiama Giuseppe e la madre Maria.

Primo step

“Ehi ragazzi, ma dove cavolo andiamo?” aveva chiesto annoiato Willy Bells, il solito piantagrane e piuttosto pigro, inforcando la sua fiammante mountain bike.

“Eddai! Sempre il solito che non si fida!” aveva apostrofato Harry Smith. “Non vedi? Stiamo andando su per la collina.”

“Non sono orbo” replicò Willy Bells, ma per nulla stizzito. Ad Harry Smith si poteva perdonare tutto: aveva la casa più attrezzata del mondo per giochi e ospitalità, un campo da baseball dietro casa, un garage pieno di mille attrezzi e pezzi con cui creare qualcosa. Questo e soprattutto un buon carattere,  gli valeva la simpatia di molti.

“Dai Willy,” aveva spiegato Frank West, un tipo pratico e che metteva a posto subito i bulletti di turno, anche se era permaloso come un riccio. “ Ti ricordi il cucciolo che abbiamo trovato nel fosso? Stiamo andando a controllare come sta, con i suoi nuovi padroni. Vieni anche tu? Stanno in qualche parte qui in mezzo ai boschi.”

Ah sì, lo ricordo, era proprio un bel cucciolo,  chissà da dove era sbucato fuori. Vengo anch’io, sì.” Confermò Willy Bells seguendo gli amici che sfrecciavano senza fatica anche in salita. Non era tardi, ma già il sole stava tramontando, in quelle giornate di inizio inverno, alle soglie del Natale, con un emozionante spettacolo rosso e dorato, che li obbligò a fermarsi per ammirarlo nel suo splendore.                      

Secondo step.

Poi il sole lasciò il posto all’imbrunire, mentre i ragazzi stavano percorrendo l’ennesimo sentiero sterrato. Del casolare però nemmeno l’ombra.

“Abbiamo fatto male i calcoli di orario e di orientamento, gente!” aveva commentato  Frank West.

“Qui si fa buio e abbiamo sbagliato strada vero? Insomma, ci siamo persi?” chiese quasi  piagnucolando Willy Bells.

“Dai ragazzi, ho quel che serve per vederci meglio…” disse Harry Smith tirando fuori la grossa pila dallo zainetto tuttofare, da cui non si separava mai.  “Certo la casa doveva essere proprio in questa zona, non so come abbiamo fatto a sbagliare sentiero. Capita. Anzi non dovrebbe succedere, ma ora bisogna pur che ci arrangiamo no?”

“Qui attorno è tutto buio, non si vede nessuna casa. Nessuno di noi ha un cell per chiamare qualcuno.” Avvertì Willy Bells preoccupato.

Ma preoccupati erano tutti e tre certamente. Sulla collina i boschi erano invitanti nel pomeriggio assolato, ma ora erano coperti di mistero e di freddo, che si faceva sentire soprattutto attraverso i loro modernissimi jeans bucherellati.

Poi un rumore lieve, ma ritmato.

“Sentito il fruscio?” chiese Frank West. “Qualcuno o qualcosa si avvicina. Fermi tutti!” Trattennero il fiato, poi la “cosa” si dileguò precipitosamente nella boscaglia buia, senza potersi far riconoscere. “Sarà una lepre. Qui è pieno di lepri” concluse  Harry Smith, ma non ne era certo per niente.

Willy Bells sussultò quando, con un grido rauco, qualcosa si levò dalla macchia e volò basso vicino a lui. “Tranquillo era un fagiano… mi pare…forse” bisbigliò Frank West.

E adesso cosa faranno i tre tipi in bicicletta nella sera buia, con una fioca luna, sorta pallida e tremolante fra il blu,  a guardare quel che stava capitando?

                                        

Terzo step .

Qui si fa notte… infatti ormai i tre si ritrovarono a  prendere una decisione: cercare un riparo per la notte, che non si presentava tiepida di certo.

Tre ragazzi, con bici al seguito, si stagliavano fra le ombre di una notte però speciale, quasi alla vigilia dell’attesa di un Bambino. Un Bambino,  Signore del mondo.  Quell’anno il Natale che si stava preparando era però molto particolare: un’epidemia stava tracciando giorni complessi, di prudenze e chiusure, forse senza poter condividere con i propri cari la festa, che era  da sempre festa dei cuori e degli affetti.                         

“Guarda cosa ci capita, ragazzi che facciamo? Ci giochiamo le vacanze di Natale così nel bosco? Qui ripari non se ne vedono” osservò sfiduciato Frank, “la tua pila, Harry, non so come ci possa aiutare.”

Harry Smith non rispose, era muto, con lo sguardo rivolto in lontananza, verso un punto preciso da dove proveniva un piccolo fascio di luce.

“Ehi, guardate, forse la casa che cerchiamo è là!” esultò Willy Bells, mettendosi le ali ai piedi e trascinando la sua mountain bike piuttosto provata dall’avventura, visto il fango raccolto.

I tre si concentrarono seriamente e, già pregustando il successo e la possibilità di avvisare le famiglie, si avviarono convinti verso quel barlume di luce,  superando notevoli ostacoli, dati dai cespugli e dai rovi che li separavano dalla luce. Ma cosa c’era laggiù, in fondo al bosco?

  

Quarto step

In cima alla collina, a cielo terso, coronata dalle cime dietro di lei stava una casa, anzi forse una baitina, una capanna.

“Ragazzi non è il casolare dove è stato ospitato il cucciolo” spiegò Frank West.

“Vero, ma lì qualcuno ci sarà e ci ospiterà per la  notte” aggiunse Harry Smith.

“Spero abbiano un cellulare, così  avviso il papà. Sarà in pena e mi buscherò un bel castigo” chiarì dispiaciuto Willy Bells.

Il pensiero corse ai genitori in pena e tutti ebbero qualche momento di silenzio carico di apprensione e desiderio. “Mi verrà a cercare Toby, il mio cagnolone…” pensò Harry Smith.

                                             

Arrivarono vicini alla casetta. Dal camino un fumo leggero rassicurava i ragazzi che un po’ di calore lo avrebbero trovato.

Bussarono. Nessuno rispose. Harry Smith per primo spinse l’uscio e rimase come impietrito e immobile.   “Dai entra no? Ma guard………..” Ma anche a Frank West e a Willy Bells le parole morirono in gola alla vista di una donna che teneva un neonato fra le braccia. Un uomo barbuto, dallo sguardo sereno, stava sistemando la paglia per terra per riposarsi e stava curando il fuoco nel camino. Per primo si alzò e andò loro incontro. “Salve ragazzi, vi aspettavamo. Avete bisogno di scaldarvi? Vi siete persi vero?”

Nessuno riuscì ad annuire. Davanti a loro stavano Giuseppe, Maria e il Bimbo Gesù. C’era l’asino e c’era il bue. Era un presepe. Vivente.



 

Quinto step                                                    

Gesù era lì, piccino e li guardava. E sorrideva.    

E dentro a quel sorriso e a quelle braccine tese verso Willy  c’erano tutte le preoccupazioni di Willy  Bells, il suo timore per la matematica, per il prof di storia, per la partita andata male, per il litigio con suo cugino e tutto quel che aveva nel cuore.

E dentro a quel sorriso e a quelle braccine tese verso Frank c’erano la delusione che provava per l’amico che lo avevano ingannato, la paura del covid, degli esami che doveva fare, del compito in classe che era andato male.

E dentro a quel sorriso e a quelle braccine tese verso Harry c’era tutta la sua vita,  le sue rabbie,  le antipatie e la fatica di scegliere il bene sempre. Gesù si portava tutto nel cuore di bambino, perché anche lui era stato un bambino e un ragazzo e sapeva tutte queste cose.

“Dormite ora, domani mattina ritroverete la strada verso casa” li rassicurò Giuseppe.

“Certo, non vi preoccupate” aveva detto Maria, “qui siete al sicuro, lasciate tutti i vostri pensieri al mio Bambino. Ci penserà Lui ad aiutarvi.”                

Si addormentarono subito per la stanchezza.

Poi sentirono delle voci concitate e un cane che abbaiava disperatamente. Una voce di donna diceva:

“Toby abbaia come un forsennato, vediamo qui dentro. Questa casupola non l’avevo mai vista! Guardiamo qui dentro!”

I tre ragazzi si svegliarono ben bene quando una massa nera e calda si tuffò su di loro e con un gran lavoro lavò a leccate i loro visi, decisamente stravolti dal lungo sonno ristoratore.

Toby li aveva ritrovati.

“Harry! Willy! Frank! Che meraviglia siete qui e siete sani e salvi! Oh che gioia!” Era la mamma di Harry che aveva abbracciato tutti e tre, poi entrarono correndo tutti gli altri genitori.

“Vi abbiamo cercato tutta la notte…”                                                                                 

“Tranquilli ci hanno ospitato loro…” stava dicendo Harry voltandosi verso il camino…

Ma non c’era nessuno. Giuseppe, Maria e il Bambino non c’erano più.

Neppure l’asino e il bue.

Eppure nel camino c’era la cenere.

Willy, Harry, e Frank si guardarono in silenzio. Uno sguardo di intesa diceva: e chi lo dice adesso che Gesù ci ha salvato stanotte?

“Chi loro? Qui non c’è nessuno” chiedevano.

“Erano Giuseppe, Maria e Gesù. Davvero.”

In un angolo la paglia fresca era un segno tangibile: lì avevano incontrato Gesù Bambino e a Lui avevano dato tutti i loro pensieri difficili.

“Mamma, tu lo credi vero?”

“Sì, tutto è possibile a Dio”.

E Toby fece un gran balzo di gioia e lasciò ancora una leccatona di festa  sul naso di Harry.

                                                                                                    NONNANNA


E IL CUCCIOLO CHE FINE AVEVA FATTO? 

Secondo te? 

E Toby fece un gran balzo di gioia e lasciò ancora una leccatona di festa  sul naso di Harry...

fino a quando fu distratto da un guaito: "Ehi guardate" aveva osservato Willy "il cuccioletto che avevamo trovato! Sarà fuggito..."

Era un batuffolo marrone, con due occhi vispissimi, che rotolò fra i tre con aria supplichevole.

"Teniamolo noi ragazzi" propose Harry. "Un mese ciascuno, vi va?"

"Ok, una vera trovata, un regalo di Natale!"

I genitori si guardarono complici e finalmente rilassati. Buon Natale a tutti!


pubblicata da Annamaria Gatti 

foto da Nativity film

        dreamstime

        

                                                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 27 novembre 2022

Favola - DONI A SAPERLI VEDERE 1: NUVOLE



Fonte Città Nuova novembre 2022

 NUVOLE

di Annamaria Gatti                                   illustrazione di Eleonora Moretti

C’era una volta una piccola principessa che si chiamava Lucia e  viveva in un castello. Il castello era bellissimo sì, con tante torri merlate, ma lei era triste.

Perché la principessa Lucia era triste? Indovinate…

Perché era sempre sola e invece avrebbe voluto giocare con altri bambini e altre bambine. Dalla finestra della sua camera spaziosa e ricca di giocattoli poteva solo vedere il cielo azzurro e ricco di nuvole.

Anche quel giorno lo guardava intensamente, le nuvole se ne accorsero e capirono.

“Ciao principessa Lucia, come sei triste oggi!” osservò una nuvola ricciolina, un cirro che vagava in compagnia di altre sorelle.

“Vorrei giocare con qualcuno, voi potete farlo con il vento e potete vedere la terra” replicò Lucia che si sorprese e pensava:  come era successo che potesse capire il linguaggio delle nuvole?

“I bambini possono fare molte cose, per esempio possono parlare con le nuvole” spiegò un’altra nuvola che sembrava una torta alla panna, tanto era gonfia e tonda.

“Perché?” chiese Lucia, che avrebbe tanto voluto tuffarsi in quel mare candido.

“Perché hanno il cuore buono” sentì rispondere dall’alto. Guardò su e vide una nuvola scendere e avvicinarsi alla finestra: sembrava un prato disteso.

“Vieni, ti portiamo noi a vedere quanto è bella la terra da quassù. Non temere siamo leggere, ma forti, puoi camminare sul mio manto.”

“ E puoi sederti qui. Ho preparato per te una soffice poltroncina” ammise la nuvola tonda che sembrava un cumulo di cotone o di zucchero filato. Con un salto la bimba salì, prima fece una corsa e poi si tuffò in tutto quel bianco.  E guardò giù! Gli occhi le brillavano. Era così emozionante stare in braccio alle nuvole.

Ma… dov’erano gli altri bambini?

“Fidati di noi, quel che desideri accadrà” sussurrò la nuvola ricciolina.

Lucia era proprio curiosa: avrebbe davvero incontrato altre  bambine in quel viaggio straordinario?

giovedì 24 novembre 2022

Quando la rabbia del figlio trasforma la mamma in ...una quercia.



Risultati immagini per immagini quercia

La mamma di Paolino era così rattristata per essersi fatta prendere dall'esplosione di rabbia verso il figlio!

La mamma allora ne parla con l'amica Laura, esperta nel supporto genitoriale,  che l'ascolta per molto tempo, con attenzione, ma poi mamma si blocca e  pensa a quando andrà a riprendere Paolino a scuola.  E lui farà la solita tiritera e lei sente già un nodo alla gola.  Laura se ne accorge. Aspetta un po',  poi rievoca  una immagine.

"Sai l'immagine della quercia? Soffiano i venti, arrivano temporali e grandinate, ma poi risplende il sole che  gioca fra  i suoi  rami.  Gli uccellini cantano e la rallegrano,  la brezza l'accarezza e l'abbraccia, mentre lei guarda il mare che le manda spruzzi di gioia. Lei sta sempre lì, fedele e forte, non si piega, non si ritira, non si dà colpe di quel che accade al tempo meteorologico... "

 Mamma ama molto  il mare e il pensiero vola... Incontra anche una burrasca e si scuote...

"Sai l'immagine della quercia?" riprende Laura. "Ecco tu sei una quercia. Il tuo bambino è  il tempo meteorologico. 

Soffia come il vento, esplode come i temporali e le grandinate, splende e ti ama all'impossibile ed è  come il sole che gioca fra  i suoi  rami, fra le tue braccia. 

Come gli uccellini canta e ti rallegra, come  la brezza ti accarezza e ti abbraccia mentre tu guardi il mare,   il futuro per lui che immagini pieno  di  spruzzi di gioia.

Non hai sbagliato nulla con tuo figlio.

Lui è  un bambino.  Che esplode o accarezza.

Tu sei la sua quercia  che accoglie il bello e il suo cattivo tempo.

Ma resta lì." 

Laura si ferma, mentre mamma ascolta le sue emozioni. Una valanga che sta per acquietarsi. Forse.

"Ma resta lì..." prosegue Laura.

"Non si accascia, freme e si piega un po'. Anche se soffre sa che lei starà    ferma,  con tutta la forza di cui è  capace, aggrappandosi alle radici.  Un po' fiera un po' provata.

Sai che  se lui, tuo figlio,  trova la quercia, sua madre,  fissa, salda, , allora gli passerà  il temporale e la rabbia.

Se vede che la mamma soffre e si ferisce,  il temporale  faticherà  a passare, perché  si sentirà  colpevole.

I temporali e   gli scoppi di ira nei bambini solitamente  sono fisiologici."

 La mamma di Paolino alza ora occhi  fiduciosi  verso il cielo, fuori... mentre l'amica prosegue: 

"Lui è un bambino libero, capace di esprimersi e lui è così perchè la madre ha lavorato bene. E' stata brava e lui esprime il positivo e il negativo a 360°.  E sarà  una bella persona.

Bene che  esprima il dolore... Deve essere guidato a tirarlo fuori in sicurezza per  sè e per gli altri.

Se la quercia regge le emozioni,  allora lui sarà  aiutato. E gli passeranno gli scoppi di ira.

Se la mamma  sdrammatizza e non si dà colpe e accetta quel  che è  fisiologico,  lui la troverà autorevole e ferma e si fermerà anche lui,  pian piano,  si autoregola in sicurezza."

Ma come le querce hanno bisogno di cure, così anche mamma-quercia userà compassione e premura verso di sè, attesa e comprensione. E anche noi... una carezza gliela mandiamo!

 pubblicato da Annamaria Gatti

Foto: da Tuttogreen


giovedì 17 novembre 2022

Uffabaruffa in due opere d'arte!

 


Ebbene, dopo varie comparse in alcuni libri scolastici, ultimamente per Rizzoli, (ragazzi di quinta siete avvisati!) eccola qui!

Riconoscete il personaggio? 





Il castello di sabbia c'è, 

la borsaportatuttoquelcheserve pure, bacchetta scopa magica, attrezzi per fare castelli di sabbia, Uffabaruffa fata si fa compagnia con una contaminazione, non dal secondo libro "Uffabaruffa colpisce ancora", ma dalle avventure di "Nik e la banda del levriero" altro libro per bambini, insomma... una vera sorpresa!

Il mio compleanno è stato allietato da un dono tenerissimo che da Cortina è giunto per emozionarmi. Uffabaruffa, grazie a un'idea di Cristina, mi ha avvolto con due opere d'arte  di Serenella Lombardi che nelle sue "LE FIABE NEL CASSETTO" rivisita le favole con composizioni di grande maestria e soprattutto "cuore". 

Un motto apre la sua pagina http://www.lefiabenelcassetto.it/

"PER QUANTO TU POSSA ESSERE RAZIONALE 

CI SARA'  SEMPRE UNA FAVOLA 

ALLA QUALE  FINIRAI PER  CREDERE"


                                          




lunedì 7 novembre 2022

UN PUGNO DI SEMI splendido messaggio di inclusione

 


di Lorenza Farina

illustrazioni di Lucia Ricciardi

Edizioni Paoline, 2022

Recensione di Annamaria Gatti 

Fonte:  Città Nuova novembre 2022


E’ accaduto ancora. L’autrice Lorenza Farina ha incrociato una mano fatata, quella di Lucia Ricciardi e il sogno si è realizzato. Un albo illustrato di pregio. E di questi tempi, davvero duri,  perle come questi libri, luccicano di una luce vivida e consolante.

La scrittrice narra ai bambini questa volta di diversità e di inclusione, di fuga e di accoglienza.  Temi sempre più sentiti nella quotidianità, pressanti anzi. I bambini si fanno molte domande e sanno già molte delle risposte, ma le incertezze e la gravità di questi tempi li segnano e hanno bisogno che gli adulti glieli rendano leggibili, chiariscano e diano loro le coordinate su cui riprendere il respiro, gli abbracci e i sorrisi e i giochi.

Il protagonista di “Un pugno di semi”  è Nabil, giunto nel nuovo Paese con in tasca i semi di acacia, dono del nonno. In questi semi si nasconde un mandato e il desiderio di non scordare colori, sguardi e voci, con il sogno di superare la paura e lo scoraggiamento e di ricominciare insieme ad altri suoni e ad altre tonalità. Ci riuscirà perché, grazie a quei semi, non avrà smarrito le radici della sua esistenza e saprà superare il dolore e la delusione, ricostruendo relazioni d’amicizia.

Le intuizioni dell’autrice sono forti e coinvolgono il piccolo lettore, trascinandolo in pagine che l’illustratrice commenta con sensibilità poetica e talento: il verde degli alberi, presente e predominante, sembra portare fortuna a Nabil e al suo ritrovato amico, complici poi due denti caduti, come di prassi nella dentatura di un settenne, e un pallone, che permette di dimostrare abilità insospettate nel mettere in rete i goal.

E ha fatto centro anche Nabil, ma lo fanno anche tutti i bambini e gli adulti che sanno vivere di empatia, una risorsa umana che permette di superare barriere e pregiudizi. E anche la violenza della guerra.

giovedì 27 ottobre 2022

Sei pronto, sei pronta... per una nuova favola?


 

Ecco l'illustrazione di Eleonora Moretti! 

...perchè è bello attendere e chiedersi: cosa racconta?

Cosa succederà?

Di chi si parla? 

Ci saranno animali o persone?

E ci sarà una pagina colorata?

... E chi me la leggerà?

Siete tipi curiosi?

Sarete premiati...

Scrivetemi 

firmato:

Annamaria Gatti che pubblica

gatti54@yahoo.it


martedì 25 ottobre 2022

Educazione, scuola, merito e dintorni e libro CUORE: ancora una volta Luigino Bruni apre scenari profondi

Avvenire del 22 ottobre ci propone un nuovo appuntamento con Luigino Bruni 

che ci emoziona ancora con i suoi editoriali. 

Questo è l'ottavo per la serie  RADICI DI FUTURO, non perderei l'occasione di leggermi i 7 precedenti. 

Attenzione! Se avete amato/odiato CUORE di De Amicis la prospettiva in questo editoriale è assolutamente una sorpresa.


LA MEDAGLIA DI UN ALTRO MERITO 

Il libro Cuore è un libro sulla scuola, e quindi non è un libro sul merito. La scuola, tutta la scuola, non è stata mai fondata sul merito. Se la guardiamo da lontano e in superficie, vediamo i voti, qualche bocciatura, e pensiamo che la scuola somigli alle imprese: i voti come i salari, il profitto scolastico come l’avanzamento di carriera. Ma questa è una visione troppo distante e quindi sbagliata della scuola (e delle imprese). L’ideologia meritocratica che sta cercando con successo di occupare anche la scuola si basa sul dogma che i talenti siano meriti e quindi chi ha più talento deve essere premiato di più. Ma tutti sappiamo che questo dogma è un imbroglio, o quantomeno è illusione, per la società e ancor più per la scuola. Perché i talenti sono doni, e le nostre performance nella vita dipendono dai talenti-doni ricevuti, molto poco dai meriti (perché anche la mia capacità di impegno è dono). Quale merito per essere nato intelligente, ricco, persino buono? Per questa ragione la scuola si è ispirata a valori non solo diversi da quelli della meritocrazia ma opposti.

La scuola di tutti e per tutti è stata pensata e voluta per ridurre le diseguaglianze sociali e naturali che la meritocrazia, cioè l’ideologia del merito, invece aumenta. Tutti i bambini e le bambine vanno e devono andare a scuola, non solo i meritevoli. Tutti devono essere messi nelle condizioni di poter fiorire e raggiungere la loro eccellenza, non solo i più meritevoli. Tutti hanno diritto a cura, stima, riconoscimento, ammirazione, dignità anche se non hanno molti meriti o se ne hanno meno degli altri. Inoltre, la scuola è un meraviglioso giardino con fiori di talenti diversi: «Precossi, ti do la medaglia. Nessuno è più degno di te nel portarla. Non la do soltanto alla tua intelligenza e al tuo buon volere, la do al tuo cuore, al tuo coraggio, al tuo carattere di bravo e di buon figliolo. Non è vero – soggiunse voltandosi verso la classe – che egli la merita anche per questo? Sì, sì, risposero tutti a una voce». Precossi era figlio di un fabbro che beveva e ogni tanto lo picchiava. Ma anche lui ebbe la sua medaglia.

Non era la medaglia di Derossi, il primo della classe. Era la medaglia di una scuola diversa. Dopo De Amicis è arrivata Maria Montessori che ha eliminato i voti, e quindi don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana. La democrazia è stata una moltiplicazione delle medaglie di Precossi, che oggi si chiamano inclusione scolastica e insegnanti di sostegno; perché abbiamo imparato che nella vita dei bambini non ci sono solo i meriti: c’è la vita. Il giorno in cui qualcuno ci convincerà che anche la scuola deve essere fondata sulla meritocrazia inizieremo a dare medaglie tutte uguali e sempre agli stessi alunni, faremo classi e scuole speciali per i demeritevoli, le diseguaglianze esploderanno e la democrazia avrà finalmente ceduto il passo alla meritocrazia, che è il principale tentativo di legittimazione etica della diseguaglianza.

In Cuore si parla molto anche di lavoro. In quell’Italia lavoravano i poveri. Nei campi, nelle officine, nelle fabbriche non c’erano i ricchi, gli avvocati e i professori. Cuore ha donato parole molto buone sul lavoro degli operai e degli artigiani. Così scrive suo padre a Enrico: «Quando tu sarai all’Università o al Liceo, andrai a trovare i tuoi compagni di classe nelle botteghe o nelle officine… ; disprezza le differenze di fortuna e di classe, sulle quali i vili soltanto regolano i sentimenti e la cortesia». La neonata Italia stava provando a prendere sul serio quel principio di fraternità, caro anche a Mazzini, e sperava che le persone appartenenti a classi sociali diverse potessero imparare a scuola a sentirsi fratelli e cittadini prima delle molte diversità.

Il muratorino. È figlio di un muratore, uno dei compagni più amati da Enrico – che invece era di famiglia benestante. Un giorno lo invita a casa: «Il muratorino è venuto oggi, tutto vestito di roba smessa da suo padre, ancora bianca di calcina e di gesso». Cuore ci mostra spesso il muratorino nel suo gesto caratteristico e più simpatico: era un fenomeno a fare il “muso di lepre”, una risorsa relazionale che usa ogni tanto per trasformare un rimprovero severo del maestro in un sorriso corale. Parlando e giocando, il muratorino «mi disse della sua famiglia: stanno in una soffitta, suo padre è alle scuole serali a imparar a leggere, sua madre è biellese». La descrizione della scuola serale degli operai è tra le pagine più belle: stavano «a bocca aperta a sentire la lezione». In quegli uomini affamati di sapere ho rivisto i ragazzi incontrati nelle scuole dell’Africa e dell’Asia, con la stessa fame di sapere e di una vita migliore. Fanno poi merenda insieme, sul sofà: «Quando ci alzammo, mio padre non volle che ripulissi la spalliera che il muratorino aveva macchiata di bianco con la sua giacchetta». De Amicis conclude l’episodio con un brano di una lettera del papà di Enrico, dove troviamo parole sul lavoro tra le più belle della nostra letteratura: «Lo sai, figliolo, perché non volli che ripulissi il sofà? Perché ripulirlo era quasi fargli un rimprovero d’averlo insudiciato. … E quello che si fa lavorando non è sudiciume, è polvere, è calce, è vernice, è tutto quello che vuoi; ma non sudiciume. Il lavoro non insudicia: non dir mai di un operaio che vien dal lavoro: è sporco». C’erano anche queste pagine nell’anima collettiva degli italiani che li fecero capaci di scrivere decenni dopo: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» (Articolo 1).

I poveri. È un’altra lettera scritta dal papà a Enrico: «Non abituarti a passare indifferente davanti alla miseria che tende la mano». Noi invece ci siamo perfettamente abituati alla miseria del mondo; poi abbiamo capito che questa nostra indifferenza è diventata una nuova grande povertà del nostro tempo che ci impedisce di soffrire per la povertà degli altri per atrofia dell’anima. Non soffriamo più per la miseria perché ci siamo immiseriti moralmente noi.

Poi, come un arcobaleno inatteso, dentro queste parole sui poveri troviamo parole che mi hanno trafitto l’anima e l’intelligenza per la loro bellezza e verità: «I poveri amano l’elemosina dei ragazzi perché non li umilia, e perché i ragazzi che hanno bisogno di tutti, somigliano a loro». Questa frase è un distillato di un mare di sapienza. Quelle poche volte che un bambino o un ragazzo riesce ad avvicinare e a incontrare una persona in povertà – evento sempre più raro, perché la separazione dei ragazzi dalle povertà è uno dei tratti del nostro tempo impoverito che pensa che immunizzare i figli dalle povertà della vita sia per loro una ricchezza –, quegli incroci di sguardi è tra gli spettacoli più mirabili. Si crea una meravigliosa improbabile fraternità. I bambini, le bambine, i fanciulli e qualche volta i giovani non distinguono gli adulti tra ricchi e poveri: per loro sono tutti “uomini”. Certo, vedono le differenze nell’apparire, ma è come se non le vedessero, perché vedono l’anima. Quindi non provano quel senso sbagliato di compassione che umilia il compatito. Dall’altra parte, il “povero” (non amo usare la parola “povero” in modo generico) sa che il bambino è povero come lui – «hanno bisogno di tutti» – e così sperimenta con lui una vera uguaglianza. Nella mia infanzia sono stato amato da molti poveri, che mi hanno arricchito con la loro povertà, senza l’intenzione di volermi amare, semplicemente essendo quello che erano. E anche io ho amato loro con la mia infanzia e fanciullezza naturalmente fraterna e assolutamente sincera. Allora è vero che solo i bambini possono dare o fare qualcosa per i poveri senza umiliarli, insieme a quegli adulti che hanno lottato tutta la vita per salvare qualche dimensione della loro infanzia - da adulto mi è molto difficile stare da fratello accanto a un “povero”, ma quando accade è bello come nei miei giorni di fanciullo: «L’elemosina di un adulto è un atto di carità; ma quella di un fanciullo è insieme un atto di carità e una carezza: capisci?». Sì, lo capiamo.

L’officina. Precossi, un altro compagno, è figlio di un fabbro che suo figlio riuscì a redimere da una vita sbagliata grazie alla sua medaglia. Il ragazzo «studiava la lezione» sopra una «torricella di mattoni, col libro sulle ginocchia». Il padre invece lavorava: «Alzò un grosso martello e cominciò a picchiare una spranga, spingendo la parte rovente ora di qua ora di là tra una punta dell’incudine e il mezzo». E intanto «il suo figliolo ci guardava, con una certa aria altera, come per dire: “Vedete come lavora mio padre!”».

L’orgoglio per il lavoro dei genitori è come il pane buono dei bambini e dei ragazzi. La stima per il mondo e per gli adulti inizia stimando nostro padre mentre lavora – che i genitori lavorino è importante anche per la stima dei nostri ragazzi: i figli sanno anche che il papà e la mamma sono buoni e bravi anche se non lavorano, ma è compito di una buona società mettere ogni persona nelle condizioni di poter lavorare anche perché i figli possano dire con aria altera: “Vedete come lavora mio padre!”. I figli e le figlie sono orgogliosi per ogni tipo di lavoro dei genitori. Neanche qui distinguono i lavori che la società considera prestigiosi da quelli più umili, perché è la bellezza dei loro genitori a far belli i lavori che fanno – per i bambini i genitori sono la cosa più bella del mondo. Ecco perché forse non c’è dolore più grande di quello che prova un bambino quando sente umiliare il lavoro dei suoi genitori. È una profanazione nel cuore. La meritocrazia è anche una fabbrica di umiliazione di molti lavoratori e dei loro figli.

Da grandi, e al momento opportuno, i bambini capiranno che non tutti i lavori sono uguali, non tutti sono degni, non tutti sono pagati in modo giusto. Ma da bambini devono solo poter dire alteri: “Vedete come lavora mio padre!”.

l.bruni@lumsa.it


pubblicato da Annamaria Gatti

illustrazioni: studenti.it - antichi libri online


lunedì 24 ottobre 2022

Appello: traghettarli oltre questo tempo (con un aiuto)

 



Come sta l'infanzia e l'adolescenza oggi? 
Non bene, secondo variabili molto articolate. 
Bambini e ragazzi in sofferenza e i loro genitori, chiedono consapevolezza e onestà politica e sociale. 

I tavoli politici sul tema,  in cui sono stati ascoltati consulenti autorevoli, con tanto di ricerche e dati inequivocabili, hanno restituito una ben chiara visione dello stato delle cose: bambini e adolescenti soffrono. 
E il disagio va letto, riconosciuto e aiutato con prassi virtuose e urgenti.

Confidiamo in proposte seriamente orientate a supporti psicologici alle famiglie, ai loro bambini e ai ragazzi,  anche in termini preventivi. 
E' l'ora di dimostrare una attenzione seria e grave ai giovani che stanno soffrendo più di tutti dell'assenza di relazioni, di scuola, di lavoro, di occupazioni, di sport, di musica, di scambi, di viaggi, di manifestazioni vitali. Assenze supportate da impegno e testimonianza tenace dalle famiglie, con le loro fragilità.  
E' il tempo di dare un aiuto generoso con il supporto psicologico facilmente fruibile e capace di individuare il bisogno anche nel non detto. 
Occorre liberare le forze capaci di professionisti dediti e appassionati all'età evolutiva, che si affianchino a famiglie e insegnanti.

La domanda è chiara. Attendiamo tutti dai  Ministri preposti una risposta autorevole e piena. 
Poi sappiamo che i nostri ragazzi e i nostri bambini sono capaci di grandi riprese e hanno insite grandi possibilità, ma nostra è la responsabilità e il dovere di ascoltarli e di accompagnarli.



pubblicato da Annamaria Gatti
foto di MG

lunedì 17 ottobre 2022

Recensione briosa... fra un'Arancia e uno Spaccamondo. Un libro firmato Guido Quarzo

 

                                            Recensione di Annamaria Gatti                                                          


                                                                Guido Quarzo

                                                                        L’Arancia

                                                           Illustrazioni di Cecco Mariniello

                                                             Editrice Città Nuova

L’amato scrittore Guido Quarzo è ospite della collana I nuovi colori del mondo dell’Editrice Città Nuova con un intrigante libretto illustrato, “L’Arancia” e la lettera maiuscola del nome comune del frutto la dice lunga sul ruolo che un’apparentemente innocua arancia si prende in questo racconto.

Certo, è un libro per bambine e bambini… ma che sa parlare anche al cuore di un adulto, che bambino in fondo non ha mai rinunciato ad esserlo. Incuriosisce la protagonista, che senza proferir parola,  conduce tutta la narrazione. Si fa bella, la più bella, per poi rotolar via deludendo chi la possedeva, cioè un improbabile zio e uno spassoso nipote. Ritornerà a loro, solo dopo aver accompagnato un generoso e romantico pastore, dopo aver volato nel becco di un merlo ladruncolo e sbadato, fino al colpo magistrale della storia. 

Lei, l’aranciapiùbelladelmondo, precipita proprio sulla zucca del generale Spaccamondo, che protesta, costretto ad ascoltare  gli apprezzamenti dei suoi soldati e ad  immaginare marmellate, insalate e torte e spremute di nonne, fidanzate, sorelle  e mogli lontane.

E brava la nostra Arancia, dal colore vivo e dalle flessuose foglie verdi!  Nessuno più vuol fare la guerra, ora che la nostalgia di affetti e cose buone ha ridato il coraggio, quello vero! ai soldati di Spaccamondo. Se ne tornano infatti tutti a casa,  i coraggiosi disertori della pazzia della guerra.

Purtroppo anche questi sono i  tempi  per richiamare l’attenzione, sbiadita per qualcuno, che la follia bellica può essere capita vivendo la bellezza di ciò che ci circonda. Ed è importante che lo facciano scrittori e artisti di ogni espressione d’incanto.

Le illustrazioni dell’artista pluripremiato Cecco Mariniello sono generose e divertenti, l’impaginazione gradevole e, per scelta editoriale, anche questa nuova pubblicazione gode della cura grafica per l’agevolazione alla lettura. Una scelta di qualità e di attenzione al lettore bambino, qualsiasi siano le sue abilità di lettura e gli scogli che deve superare per godersi un buon libro. Ma anche una risposta al desiderio di leggiadria che ci spinge a sfogliare un altro libro.

Comunque nei prossimi giorni, gustare un’arancia non sarà più la stessa cosa…

Ma ascoltate cosa ci dice l'autore, che, fortunato lui,  registra in un posto incantevole...

https://www.facebook.com/inuovicoloridelmondo/videos/1877911079215281


pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it