Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

mercoledì 31 marzo 2010

"HO BISOGNO DI LUCE, DI PUNTI DI RIFERIMENTO"


Senza regole: come in una stanza buia, insicurezza e angoscia.

Hai condiviso il post precedente, in cui ci si diceva quanto fosse vitale "coltivare" le nostre "pianticelle" fin da subito, perché la fioritura fosse poi adeguata e gioiosa per tutti? Sin dalla nascita ... e anche prima! "Il mio bambino ha 3 anni: devo incominciare ad insegnargli qualche regola di comportamento?" chiede un papà. Diciamo che è già tardi, ma molto si può ancora fare. Con molta decisione e con molto amore. Ma può essere capito anche questo genitore: "Ho voluto che si sentisse libero da imposizioni, mi sembrava di rispettarlo. Io ho sempre fatto i conti con un'educazione autoritaria e soffocante!" Vero, ma forse gli opposti si toccano: di cosa ha davvero bisogno un bambino? Ce lo chiedevamo qualche post fa... E' di questi giorni la pubblicazione di due ricerche americane (Pennsylvania State University): a 9 anni i bambini comandano ai genitori, anzi a 4 anni dettano legge, se si limitano i loro spazi e le loro abitudini e certamente loro, i piccolini, non rispettano le regole. HELP! Non avere regole e punti di riferimento equivale a sperimentare la presenza della persona in una stanza tutta buia, senza spiragli. Prova a chiudere gli occhi per alcuni minuti in un luogo sconosciuto. Buio. E dal buio nasce il terrore. L'idea di abbandono, di inadeguatezza fisica e psicologica. Come nell'esperienza di Pierino. Ne ho conosciuti tanti di questi bambini e ho vissuto con loro la loro pena. Era tutto buio. E Pierino aveva paura, non sapeva dove mettere i piedi. "Non so dove guardare. Che cosa faccio? Dove vado? A che cosa mi appiglio? Qui è buio pesto!" Timidamente prima e poi sempre più deciso aveva urlato il suo disorientamento. Nessuno aveva aperto, nessuno aveva acceso un lume, un bagliore momentaneo magari, che gli avrebbe permesso di capire e di trovare conforto, di vedere una via d'uscita, di sentirsi alla fine....SICURO! 
Ma dov'erano i grandi, quelli che avrebbero dovuto fare luce sul suo cammino? "Ehi, c'è nessuno che mi mostri dove fermarmi e dove camminar? Non c'è nessuno che mi faccia vedere come si fa per avere buoni rapporti con gli altri e come essere contento? 
" Una certa angoscia lo aveva rapito al buon senso di bambino. Non gli restava che piangere. Forse qualcuno lo avrebbe sentito. Fin da piccolo Pierino aveva dovuto lottare contro la sua ...infanzia. "Di chi mi devo fidare" si chiedeva il nostro Pierino "se anche i grandi che mi vogliono bene fanno quello che voglio io e non sanno scegliere neppure loro? Mi danno tutto, ma non quello che mi serve per sentirmi sicuro?" 
In questa stanza buia era finito lui e tanti altri bambini, che cercano attraverso manifestazioni di insicurezza, bassa autostima, falso senso di onnipotenza, disagio e opposizione e talvolta aggressività, di rendere leggibile, palese la loro sofferenza. Piccolo dettaglio. Maria, così chiameremo la nostra bambina, ha deciso che non farà i compiti: troppo faticoso. "Se mi va, li faccio, altrimenti..." Nessun disturbo di apprendimento, nessun' altra problematica apparente, solo un ennesimo richiamo: educatemi, datemi la strada, il riferimento, non lasciatemi sola! Sono confusa. "Ma come!" dicono "lei ha pure tutto quello che desidera!" Già, ma le mancano regole ben motivate, corde a cui appigliarsi per non cadere, esempi, fari che accendano la luce vera nel buio della sua esistenza bambina. Per crescere sicura e fiduciosa. Sbaglieranno questi nostri bambini, ma sapranno riprendersi e ricominciare, se avranno avuto la stella polare a cui rivolgere lo sguardo al momento giusto.

Pubblicato da Annamaria
gatti54@yahoo.it
foto di Giovanni

lunedì 29 marzo 2010

COME QUANDO VIENE PRIMAVERA...I NOSTRI BAMBINI



magnolia da philou500.
Pare “sboccino” all'improvviso, ma è solo apparenza.

Ed ecco a tradimento, scoppia letteralmente la stagione bella. Piogge e freddo ci avevano ingannato. Ora, come trasognata, mi guardo intorno.
Armata di obiettivo questa volta ho immortalato la magnolia: ogni anno fiorisce inaspettatamente e nel giro di pochissimi tramonti si eleva su un manto che par di neve, lasciandomi solo la nostalgia della candida chioma e nel cuore l'impressione di aver perso un'occasione per contemplare.
Domani sarà all'apparenza spoglia, nuova.

E' la natura che sempre e ovunque ci sorprende, anche se sappiamo che zolla, temperatura, aria e acqua hanno lavorato silenziosamente durante i mesi trascorsi, permettendo quindi il miracolo di questi giorni.
Accade ai bucaneve e poi alle violette, alle primule, alla forsizia e alle camelie, come succede ai nostri bambini: pare sboccino all'improvviso, ma è solo apparenza.
Il lavoro è stato lungo e paziente. E più è stato attento e previdente, più i frutti sono buoni e profumati, gradevoli e rigogliosi.
Pare sboccino all'improvviso. Invece più sarà stato attento e tempestivo, autorevole e coerente l'intervento dei genitori e degli educatori in genere, tanto più il nostro bambino sarà sereno e “attrezzato” ad affrontare le innumerevoli primavere del suo lungo cammino.
E' un paziente “mestiere” quello dei genitori, di preparazione, di progettualità, di grande rispetto per colui che già è altro, ma che è stato affidato.
Una vera avventura. Comunque avvincente. Una missione.
E' un prezioso lavorio di cesello dei tempi e delle stagioni, di allerta per affrontare le bufere, che accompagnano la vicenda umana, di tolleranza, di coerenza, di costanza e di fiducia, di umiltà...
Di vero amore, che dona e comprende, che trasfonde coraggio e tenacia, per collaborare affinchè in ogni bambino si possa realizzare quella meraviglia.
Quindi si fa bene a dare, a incoraggiare, ad indicare la strada, a dare valori e punti di riferimento.
Avete ragione: non si improvvisa una primavera!

Pubblicato da Annamaria
foto philou

martedì 23 marzo 2010

E TU CHE TIPO DI EDUCATORE SEI? 3









Vedono e ascoltano anche con il cuore: hanno bisogno di fatti più che di parole.

I bambini hanno occhi speciali e vedono anche quello che non viene mostrato.
Hanno udito finissimo e percepiscono anche ciò che non viene loro comunicato intenzionalmente.
Sono così attenti, che riescono agevolmente nella lettura della realtà, quella profonda, s'intende. Colgono e imparano.
Si può far loro molto male senza rendersene conto, tanto gli adulti sono abituati alla grossolanità e alla volgarità delle proposte di certa nostra società.
Assorbono ed elaborano.
Nella quotidianità, troppi comportamenti superficiali offendono e turbano il mondo infantile, creando in loro spazi vuoti e desideri.
Ma loro, i bambini, credono molto più in quello che vedono, che nella parole e nei lunghi discorsi, di cui è così ricca talvolta la nostra cultura.
Abbiamo tutti notato con quale acuto interesse i bambini osservino il mondo degli adulti!
Fa storia e lezione il comportamento di coloro che amano, a cui sono legati da rapporto di affetto e di cura, genitori, maestri o nonni che siano.
Le parole si disperdono nel turbinio degli eventi di ogni giorno e sono passate al filtro di una sensibilità disarmante: il viaggio verso la scuola, il saluto attento agli insegnanti, il sorriso al fornaio, la cortesia all'anziana sotto casa, la gentilezza al marito, la tenerezza verso la moglie, il giornale intelligente o solo "bello", che si affloscia sul tavolino di casa, la risposta data in aula, il rispetto paziente della fila allo sportello...
"Una delle cose che mi riesce più difficile è il controllo: spesso mi altero, mi arrabbio insomma e le cose mi sfuggono di mano! Faccio fatica poi a ragionare con Pierino e a fargli cogliere l'importanza e la convenienza di sapersi controllare..."
In effetti "l'esposizione ad un modello adeguato" è una risorsa educativa innegabile. E i modelli preferiti nei primi anni di vita, almeno sono i genitori. Sempre loro! Per fortuna. Poi bisogna aiutarli a scegliere. Certo!

pubblicato da Annamaria
gatti54@yahoo.it
foto biaxleon

venerdì 19 marzo 2010

Dalla parte dei bambini











TRE LEONI E UNA BAMBINA

di Annamaria Gatti
Fonte:
www.educare.it

Un paese africano. Qualche tempo fa. Un rapimento.
La rapita è una bambina di quasi dodici anni e piange disperata. Un lamento però sottile e continuo, che si diffonde placido e inquietante d’intorno, come a ricoprire d’angoscia le dune e la notte scintillante.
Sembra una favola dal sapore orientale e invece è una verità tragica, quanto comune a tutte le latitudini.
Ma questi fatti non godono, come invece accade nelle favole, del lieto fine, quello che fa sospirare i bambini e li rassicura che il cavaliere senza macchia e senza paura renderà dolci e sicuri i loro sonni, al riparo degli occhi vigili di mamma e papà.
La bambina continua a lamentarsi, sa che il suo futuro è segnato, forse come quello delle sorelle, ormai cresciute. Nessuno verrà in suo soccorso. E l’infanzia violata vedrà perpetuarsi i macabri rituali di offesa della violenza.
Nessuno arriverà in suo soccorso?
Nessuno, nonostante qualcuno sappia.
Pochi, sono ancora pochi quelli che accorrono, anche nelle nostre foreste di cemento, percorse da giganteschi insetti rombanti…
Ma là, in quel paese africano qualcosa accade. Qualcuno accorre a quel lamento bambino: sono tre leoni.
Hanno sentito il lamento. Forse, osservano gli esperti, è analogo al pianto dei loro cuccioli.
E loro, i re indiscussi, si sono scomodati.
Si sono disposti attorno a lei. Di solito dei leoni si dovrebbe avere paura.
Ma forse esiste qualcuno da temere ancora di più.
I leoni le fanno da scudo di protezione e quando i rapitori tornano a reclamare la loro preda, i leoni la difendono e li costringono alla fuga.
Poi la scortano presso il villaggio.
Possibile che l’uomo sia più insensibile di un leone?
Ci si chiede : è possibile che per istinto il leone difenda un cucciolo in pericolo e nell’animo umano la depravazione e la malvagità abbiano, per alcuni, sopito a tal punto i valori fondamentali, la ragione e l’istinto di sopravvivenza, da diventare carnefici dell’infanzia?
Per quanti bambini ancora non sono rispettati i fondamentali diritti sanciti e sottofirmati?
Non è ancora così capillarmente diffusa la coscienza della difesa del bambino, chiunque esso sia, quello che abita vicino, che vediamo correre sui nostri marciapiedi, entrare nei nostri supermercati, recarsi alle nostre scuole… Non c’è ovunque una coscienza di dover fare quadrato sempre, adulti, giovani, anziani… per difendere i nostri bambini, per spaventare il lupo cattivo (come sempre mi scuso con i lupi), per tessere una ragnatela di rapporti di sostegno, piccoli, ma diffusissimi specchi di verità e di libertà.

martedì 16 marzo 2010

I BAMBINI AMANO LA PACE

Storia vera verissima. Dov'è nata Somaya?
di Annamaria Gatti
Fonte:
Città nuova
E le poetiche e creative illustrazioni sono sempre di Eleonora Moretti,
una vera amica dei bambini!


Fermati… e ascolta.
Voglio raccontarti una storia vera, ma così vera… che ti stupirà persino.
Anche tu avrai sentito le brutte notizie sulla guerra che infuocava due popoli che ancora adesso faticano proprio a convivere: il popolo israeliano e quello palestinese. Forse qualcuno ti potrà spiegare dove vivono e perché combattono fra loro.
Ebbene, come può nascere una storia verissima proprio là, lo sanno solo i bambini! E non interessa che siano palestinesi o israeliani: sono bambini!
Forse anche tu, i tuoi genitori, i tuoi amici o i tuoi insegnanti la pensate così: che tutti i bambini sono uguali perché sentono e hanno gli stessi pensieri nella testa e nel cuore, provano le stesse gioie, desiderano le stesse cose e hanno le stesse paure.
È un po’ la storia di Somaya, bambina appena nata, dove molti invece sono morti e muoiono. O forse è la storia vera, verissima, del suo papà, appena diventato papà Fares.
Fares un po’ di dispiacere ce l’ha nel cuore, perché suo padre è morto, nella striscia di Gaza.
Poi i giorni sono passati e sua moglie Alaa ha partorito nell’ospedale di Gaza, dove arrivavano anche i feriti dalle bombe e dai razzi lanciati da questi adulti che si facevano la guerra l’un contro l’altro. E viceversa.
Era una giornata speciale, proprio perché Somaya aveva deciso che poteva portare un largo sorriso in quell’ospedale terribilmente toccato dalla guerra! E l’orgoglio e la felicità negli occhi di papà Fares si vedono nella foto che ha fatto il giro del mondo. Quella foto è il regalo più bello che una neonata può fare a tutti. E le parole di papà Fares sono una luce nel gran buio della violenza: «Probabilmente la nostra bambina e la pace potrebbero arrivare insieme!».
Lei con gli occhi neri neri, emerge da una copertina bianca e apre la bocca, forse per succhiare, o forse per dire qualcosa. Qualche parolina… Qualcosa che tutti i bambini direbbero, forse le parole che Dio le ha affidato prima di lasciare il suo nido, perché le ripetesse agli uomini sulla terra.
Secondo te cosa avrebbe potuto raccontare Somaya?
Somaya potrebbe raccontare la storia della sua vita beata, dell’attesa della nascita per vedere il viso bello della mamma e il sorriso del papà. O di quando sentiva i rumori di guerra nella pancia della mamma, o forse del suo desiderio di nascere e vedere subito finire quella violenza, da una parte e dall’altra!
Per poter giocare, fra un annetto finalmente, con gli altri bambini, palestinesi o israeliani che siano! Che diamine, per lei non ci sono certamente differenze!
I bambini sono una grande ricchezza per il nostro mondo, sono un vero tesoro, perché riescono a rendere vero ogni posto dove respirano e sorridono, o piangono. Là dove vivono i bambini nasce sempre un’alba di speranza.
E bisogna crederci. .........

lunedì 15 marzo 2010

E TU CHE TIPO DI EDUCATORE SEI? 2.

Genitore coerente: si può?
PER UN FIGLIO FELICE: EDUCARE ALLA PACE

PER UN FIGLIO FELICE: EDUCARE ALLA PACE

(...io, tu, lei, lui: tutti i momenti della giornata?)
di Annamaria Gatti
Fonte: www.educare.it

Pace, due vocali, due consonanti...
Parola un po’ magica. Desiderio e progetto. E' un Premio Nobel.
Volontà e speranza per noi che apriamo le pagine dei quotidiani e ascoltiamo corrucciati i notiziari ricordandoci quanto ci manchi la pace: guerre in atto, minacciosi tramonti su terre devastate da sempre dagli interessi mondiali, soprusi e attentati, ingiustizie e disarmonie, focolai irrisolti e minacciosi di casa nostra... E, tutti pacifisti convinti, siamo pronti a condannare i politici e gli industriali della morte, ma...
Ma si sa, la pace incomincia da noi, da ciascuno di noi. Ed educare alla pace è uno dei massimi doveri degli adulti di questo tempo, impegno pressante, non solo realizzato da bellissimi progetti, ma innanzitutto vissuto ora per ora con i nostri bambini e i nostri ragazzi, gomito a gomito.
Ecco allora trasformare in scuola di pace ogni momento della giornata: dall’autocontrollo mentre guidiamo nel traffico galeotto, al racconto obiettivo e non guerrafondaio delle vicissitudini della vita lavorativa.
Scuola di pace diventa anche il momento del gioco al parco pubblico quando il bambino, ancora piccolo, impara a condividere il proprio giocattolo o quando viene aiutato a chiedere di giocare con... superando l’innato moto di appropriazione di ciò che attira l’attenzione. O quando un po’ più grandicello gli si insegna a gestire un piccolo conflitto, preludio di altri ben più importanti, con soddisfazione sua e dell’altro, forse un fratellino ingombrante... O addirittura quando impara a perdonare, evento forse non così raro, anche se guardato con sospetto da alcuni genitori, nel timore che la capacità di perdonare possa essere scambiata con debolezza o paura...(... Ma poi escono libri dai titoli intriganti come “Chi perdona vince”)
“Mi perdoni - chiede Marco alla mamma - come ha fatto la fata Turchina con Pinocchio? Ti prometto che non pizzicherò più la sorellina...” e se Marco fa l’esperienza del perdono, saprà a sua volta perdonare. E ricominciare dalla pace. La sua prima di tutto.
Educare alla pace è invitare un figlio a diventare grande nell’accoglienza, anche di chi è diverso per carattere, per sensibilità, lingua o gioco:
“Invita anche lui alla tua festa, perché è bello scoprire le cose buone di tutti... Poi sei più contento anche tu.” osserva un papà.
Ma... c’è un altro “ma” in questa sfida, in questo compito educativo avversato minuto per minuto da una miriade di costellazioni di messaggi contrastanti. Provengono dalla realtà sociale in cui siamo immersi: rapporti violenti e messaggi arroganti e offensivi di TV e videogiochi, arrivismo e competitività dannosi di cui si servono anche le agenzie educative, distrazione e indifferenza, cinismo e derisione anche nelle relazioni familiari...
Allora si pongono scelte decise, scelte di progetto: di cosa ha bisogno mio figlio per vivere sereno, quindi quali abilità devo potenziare in lui per farne un uomo capace di felicità?
... Ha bisogno di essere educato anche alla pace, di vivere la pace dentro e fuori di sé.
Ma... la prima vera educazione è la coerenza dell’adulto, genitore o insegnante che sia. Quella coerenza che si respira, come un nutrimento essenziale, qualche volta come una medicina... Allora è “facile insegnare la pace” perché l’adulto è questo insegnamento vivente, è il progetto e per l’adulto coerente pace significa rispettare l’ambiente, vivere sobriamente, non essere volgari, non sfruttare il più debole, non deridere l’altro, compiere il proprio dovere sempre, rispettare i familiari, essere benevolenti e aperti, saper ascoltare e saper accogliere.
E saper perdonare, perché “chi perdona, vince”.
E Chiara Lubich ancora osservava: "...Ma che tipo di educatore era Gesù? In Gesù, come maestro, emergono alcune caratteristiche importanti. Egli anzitutto dà l'esempio, incarna egli stesso la sua dottrina. Non impone oneri che non porti egli per primo: "Guai a voi - dice - che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!" (Lc. 11,46). Gesù mette in pratica quanto poi chiede agli altri. Guardando a lui si può dedurre che il primo modo d'educare anche per i genitori, non deve essere impegnarsi ad istruire o correggere, ma a vivere con totalità la propria vita cristiana. I genitori devono mettere in pratica essi stessi quanto poi chiedono ai figli..."
Foto di Cristina 63

sabato 13 marzo 2010

E TU CHE TIPO DI EDUCATORE SEI? 1.


Genitore ottimista: conviene?
Un misto di soddisfazione, timore, ansia, dubbio, sicurezza, delusione...alberga nei cuori dei genitori che si guardano dentro e fuori...
Spesso lo fanno in due, talvolta ci si trova soli a fare il punto della situazione educativa familiare.
I più fortunati hanno alla spalle la collaborazione di insegnanti ed educato
Altri sono soletti, ma ben attrezzati, quanto a desiderio di farcela, alcuni ancora possono condividere con altri genitori il cammino.
Quello che li accomuna è la capacità di “vedere il bicchiere mezzo pieno” anziché  il bicchiere mezzo vuoto: insomma la chiave vincente spesso è quella dose di ottimismo.
Esso non si identifica però con la superficialità o con le connotazioni vagamente “americaneggianti” del termine. I risultati della ricerca, che ci conferma l'utilità dell'atteggiamento ottimistico, ci è pervenuta proprio dal continente americano: educatori e genitori positivi e fiduciosi ottengono i migliori risultati nei loro rapporti educativi con i bambini o con i loro allievi!
E' come se i bambini, coscienti dell'attenzione di cui sono oggetto, ricevessero una dose di positività, di fiducia, capace di potenziare e sviluppare le loro abilità, facendo leva sulla loro autostima. E' come se fossero investiti della consapevolezza che non sono “nostri”, ma liberamente accolti e seguiti con l'amore di chi non possiede, ma ha veramente a cuore tutto di loro.
Un buona piattaforma su cui costruire il rapporto con i futuri adolescenti!
E, proprio alla vigilia del ricordo di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, ci viene incontro un passo del suo intervento al Congresso Famiglia- Educazione nel 1987 “Uno solo è il maestro”:

...Le parole dei genitori devono sempre incoraggiare, essere cariche di speranza,
positive, devono manifestare tutta la loro certezza nella ripresa dei propri figli.
Gesù lascia libertà e responsabilità di decisione, come fa quando incontra il giovane ricco (cf. Mt. 19,16 ss). Non si devono mai imporre le proprie idee, ma offrirle con amore, come espressione d'amore. I figli sono prima di tutto figli di Dio e non nostri. Non vanno trattati quindi come proprio possesso, ma come persone a noi affidate.”

pubblicato da Annamaria

giovedì 11 marzo 2010

...tempo di emergenze


Sotto la tenda
di Annamaria Gatti
Fonte: Città nuova
«Non mi dispiace stare con te nella tenda, mamma! Vedi sono allegra, anche se la casa nostra non c’è più».
«Facciamo finta di essere io e te in vacanza, al campeggio, con tanti nostri amici!».
«Mamma, è stato il terremoto a far cadere la nostra casa?».
«Sì, è stato il terremoto, bimba mia».
«Mamma, finirà a settembre il terremoto, vero?».
«Anche prima, anche prima si addormenterà».
«Ma tu non hai più paura, vero mamma?».
«No, ormai non ho più paura. Vedi, io ti abbraccio e non sento più nessuna paura. Tutto è passato».
«Allora, mamma, tienimi sempre stretta e io ti racconterò una storia».
«Tu, bimba mia, mi racconterai una storia?».
«Sì, quella del terremoto con l’influenza. C’era una volta il terremoto che voleva venire qui, da noi, nel nostro paese. Ma quando aprì gli occhi vide tutti i bambini insieme e vicino ai bambini c’erano le loro mamme. E vicino alle mamme stavano tanti papà. E vicino ai papà c’erano tanti amici. E vicino agli amici c’erano tanti altri amici: quelli con i caschi e le divise fosforescenti, quelli con i camici bianchi, quelli con i nasi rossi e il cappello da clown e quelli con le tute e i palloncini colorati... Allora il terremoto si sentì debole debole, starnutì un pochino solo e si accorse di avere la febbre e l’influenza e pensò: “Qui mi conviene andarmene via...”. E decise di cambiare mestiere, che a fare il terremoto si combinano troppi guai.
«Piaciuta la storia, mammina?».
«Oh, sì, bellissima: ora la illustriamo con i pennarelli e poi la raccontiamo agli altri bambini e alle altre mamme della tendopoli».
«Così tutti sanno che possono in fretta ricostruire le case e anche le scuole per noi bambini, con un nuovo parco giochi».
«Sì, e costruiremo un paese davvero sicuro».
«Finalmente!».

mercoledì 10 marzo 2010

SI PUO' SCONFIGGERE LA FRETTA?

"DISINNESCARE" LA CORSA DEL TEMPO.
Soffro quando vedo che il tempo mi trascina e mi impedisce di approfondire il rapporto con i miei figli., di dare loro attenzione, anche nelle piccole cose. Ma tu hai una ricetta per sconfiggere la fretta?”
Bella domanda, direbbe il conduttore...
Mi pare che siamo già a buon punto: quest'amico (pensavate che fosse una mamma?) già soffre perchè si sente alla mercè del tempo: gli appuntamenti, gli orari, i tempi dell'organizzazione familiare, del lavoro e della scuola...
Il tarlo inquietante del dubbio e l'input della ricerca è la prima buona base su cui costruire.
E questo i bambini lo capiscono.
Loro “sanno” quando mamma e papà sono in preda alla fretta e il tempo è divenuto tiranno. E vengono presi da desiderio di combattere contro questo despota che non capiscono e che disturba il loro cammino.
E invece avvertono quando nei loro genitori c'è la ricerca della misura e dell'equilibrio, anche se talvolta con poco successo.
Quindi che si fa? Cambiamo l'ordine degli eventi? La struttura della società? Le buone regole del vivere insieme? Eliminiamo il tempo come struttura della nostra gestione?
O ci diamo una regolata e facciamo tesoro del nostro progetto educativo, riesumandolo come si fa per un vecchio tesoro. Ma anche per questo ci vuole tempo. E allenamento continuo, dicevamo qualche... post fa! (E la voglia di varcare continuativamente la soglia di chi può indicarci il Maestro!)
Allora il tempo per questo ce lo cerchiamo, ce lo regaliamo, come un bene duraturo destinato a fruttificare, oltre ogni misura. Ne parliamo in coppia, in gruppo, troviamo strategie ed escamotage... Ci spendiamo caparbiamente...
...Che non sarà mettersi al servizio dei nostri bambini: nulla di più dannoso e tragico per i figli! (Ne riparliamo più in là, che ne dite?)
Accendiamo la scala dei valori e aspettiamoci sorprese gradite: i nostri bambini hanno “avvertito” la nostra disponibilità a metterci in gioco, il nostro interesse per loro e la voglia di abbandonare la fretta, e ci sentiamo dire:
Beh, adesso però vai, altrimenti farai tardi!”
Il rifornimento affettivo è fatto... e la salutare autonomia godrà di un tempo ragionevolmente lungo.
E quale è la vostra esperienza in proposito?

pubblicato da Annamaria Gatti








venerdì 5 marzo 2010

Attenzione, attesa: una storia vera di adozione vissuta a scuola

UN FRATELLINO DI CUORE
di Annamaria Gatti
Fonte: Città nuova

Francesco, dove sei?. La maestra oggi racconta della nascita della Terra, poi vola nel tempo e tutti si ritrovano a cavallo dei dinosauri.
Francesco è un appassionato di animali preistorici, ma oggi il desiderio di un fratello lo acchiappa così forte che non può resistergli, fino a quando la maestra lo restituisce al presente. Francesco! Dove sei?
Tutti in classe lo guardano. Lui non sa se può proprio dire dov'è, se tutti possono capire perché il suo pensiero è lontano, in una grande città dell'est, dove le strade sono così larghe e i palazzi grigi e gialli, tutti uguali e imponenti e dove le facciate di antichi castelli si specchiano tremolanti nelle acque del fiume lento e maestoso.
È là che vive una sorellina per lui. Il papà e la mamma glielo hanno annunciato proprio ieri: "È tempo di andare a prendere Sonia, una sorellina per me..." aveva spiegato Francesco.
Un fratellino per lei..., aveva corretto la mamma.
Un tirannosauro riporta improvvisamente lo scolaro nel periodo cretaceo. La maestra finge di non aver registrato la momentanea assenza di Francesco dall'ambito storico, anche se in compenso intuisce che diventerà bravissimo nella geografia dell'Europa dell'est.
"Francesco stai viaggiando lontano?"
Ormai la classe è in subbuglio e l'insegnante pensa che è meglio dedicare qualche momento alla comunicazione, perché si è accorta che qualcosa bolle in pentola, ed è meglio che questi bambini possano raccontarsi e dialogare.
Alice infatti spiega: "Maestra, Francesco è distratto perché è contento. Presto arriverà la sorellina che hanno affidato in adozione ai suoi genitori!"
Non tutti in classe però sono convinti che il futuro del compagno sarà poi così roseo...
"Mia sorella è più grande di me e mi prende sempre in giro! Mi fa una rabbia!" si sfoga Anna. "Anche la mia... Si crede chissà chi, perché fa la terza media!" aggiunge Paola stizzita.
"Oh, perché non sapete che cosa succede con il mio fratellino. Una vera lagna - ribatte Valerio -. Se mi difendo quando me le dà, sono guai, dicono: sei il più grande, non puoi risolvere i litigi a botte! Devi essere d'esempio!"
Francesco ascolta assorto sotto la nuvola di capelli biondi.
"Ma almeno voi avete un fratello o una sorella. Io no!"
Tutti lo guardano. Valerio gli mette una mano sulla spalla. Francesco sorride e sospira:
"Speriamo che arrivi presto questa sorellina, si chiama Sonia!"
È allora che Alina fa la sua comunicazione ufficiale alla classe:
"La mia mamma aspetta un altro fratellino...."
Alina sa di aver creato un'attesa importante nel gruppo. Tutti ora guardano lei e Patti chiede: "Allora sei contenta!"
"Non tanto..." confessa Alina con la voce opaca dell'incertezza." Dovrò aiutare la mamma a curarlo."
Senza chiedere la parola, impetuosamente Francesco si alza e, rivolto ad Alina, l'incoraggia:
"Devi essere contenta, avrai un altro fratellino e sei fortunata. Devi essere contenta come lo sono io, che avrò una sorellina. Le insegnerò tutto quello che lei non può sapere, perché è più piccola di me."
Alina lo guarda e, diventata improvvisamente fortunata per i suoi compagni, si convince che la sua situazione può essere letta proprio capovolgendo tutto. E i suoi grandi occhi scuri, che sanno di altopiani asiatici, brillano riconoscenti incontrandosi con quelli azzurrissimi di Francesco.

La maestra nasconde fra le pieghe di quella scoperta, la comparsa dell'uomo sulla Terra: per il momento non ha senso parlare dell' ominide... almeno che anche lui non facesse i conti con qualche fratello invadente e giocherellone!
I giorni trascorrono in compagnia dei primi uomini dediti alla sopravvivenza e alla scoperta del pianeta più complicato che si conosca, fino alla storia, finalmente, e alle strane contemporaneità: anche Francesco non si raccapezza perché mai nella sua regione gli uomini all'epoca dovessero cacciare e vivere sulle palafitte, mentre nella magnifica Babilonia la gente viveva o poteva vedere palazzi splendidi. Gli occhi di Francesco osservano la foto di un bassorilievo con il re Hammurabi, ma poi rincorrono anche oggi pensieri lontani.

Mentre i compagni precedono la maestra e con la fantasia calpestano le lontane sabbie egiziane, salgono misteriosamente sulla punta delle piramidi e affondano nel limo del Nilo, Francesco fa altro e sorride.
"Francesco..." sussurra severamente la maestra.
"Oh... stavo pensando."
"Mi dispiace se non stai attento."
Il bambino non vuole perdere la patente di piccolo storico che ha ricevuto. Perciò fa sparire la mercanzia che si è sparsa sul banco e si predispone al lavoro: ora sto attento, pensa.
Però la maestra incalza:
"Sei felice, vero?"
"Sì."
" Si vede."
"Partiamo domani. Andiamo a prendere la sorellina!"

E l'annunciato evento rimanda nel suo sarcofago splendente il faraone Tutankhamon, perché ormai l'attenzione è concentrata sulla cartina geografica del viaggio di Francesco, che sarà lungo mille chilometri.
Sono trascorsi ancora i giorni.
Emozionati i bambini oggi esplorano un museo. "Peccato non ci sia Francesco, gli sarebbero piaciute queste cose!" dice Beppe.
"Perché non ritorna con Sonia?" chiede qualcuno con il naso spiccicato sulla teca che difende reperti preziosi.
La maestra risponde, tenendo d'occhio Valerio che vorrebbe scoprire proprio cosa c'è dietro una mummia: "Sono ancora là. La sua mamma è davvero preoccupata, perché Francesco sta perdendo molti giorni di scuola; ma adottare un bambino non è una cosetta da poco! Ci sono adempimenti importanti, osservazioni, burocrazia."
"Burroche?" chiede Emy perplessa. Alina intuisce e tenta di spiegare: "È una cosa difficile adottare un bambino, è come diventare fratelli-fratelli: bisogna aspettare. Anch'io sto aspettando". Beppe precisa: "Ma tu sei sorella-sorella, perché la tua mamma deve partorire ." Alina ribatte:
"Anche la mamma di Francesco deve aspettare e fare fatica per un viaggio tanto lungo e poi aspettare là in quella città lontana."
"Alina ha ragione!" concorda Fabio. "Lei è una mamma di cuore e Francesco è il fratellino di cuore di Sonia."

La maestra sorride. Un giorno, quando anche le strategie commerciali dei Fenici non hanno più segreti per i bambini, la maestra invita a mettere via quaderni e libri. Si farà solo scuola di vita oggi. Francesco è emozionato. Sonia no. Si siede accanto a lui e gioca a fare la scuola. Si guarda attorno con gli occhietti vispi e attenti: ecco dove finisce il fratello adottivo quando la lascia da sola a giocare! Le presentazioni sono presto fatte.
I compagni intervistano la mamma e si fanno raccontare l'avventura dell'adozione. Avete scelto voi Sonia? chiedono.
No, altre persone esperte hanno scelto la famiglia giusta per lei, perché potesse trovarsi bene. Per questo hanno voluto conoscerci prima.
"Io penso che voi siete una famiglia eccezionale, perché avete adottato un bambino, che aveva già il suo nome e una lingua sua" dice convinto Paolo. La mamma sorride e commenta sicura: "Tutti i papà e le mamme sono speciali, perché si sforzano di voler bene nel modo migliore ai loro bambini ."
"Anche i fratellini di cuore sono speciali!" conclude convinta Alina.
E questa volta sono gli occhi azzurri di Francesco che incrociano riconoscenti quelli scurissimi di Alina.

gatti 54@yahoo.it