Riflettere sulle modalità tecniche della continuazione dell'insegnamento è parziale se non si tiene conto delle implicazioni psicopedagogiche che obbligano gli insegnanti a scelte di qualità, non solo didattiche, ma che valutino il greve momento vissuto dai bambini e dalle loro famiglie.
Dal sito Centro Ermes pubblico un interessante ed efficace intervento della pedagogista e insegnante Annamaria Giarolo, che ringrazio vivamente, coautrice del libro "IO AMO LA SCUOLA, COME INSEGNARE E STARE BENE IN CLASSE" per l'Editrice La meridiana.
La
sospensione delle lezioni in aula, a causa dell’emergenza Covid-19, è stata
affrontata con modalità diverse, a seconda degli istituti delle università e
dei centri di formazione, o meglio, secondo gli orientamenti e le disponibilità
dei dirigenti e del corpo docente.
Il rischio
consiste nell’affrontare il problema della continuità dell’insegnamento in
ordine sparso, con notevoli disparità anche in uno stesso istituto. Il minimo
comun denominatore è comunque l’impiego della Formazione a distanza. Per un chiarimento
ne parliamo con Annamaria Giarolo, pedagogista ed esperta di processi
formativi.
Tanto si sta
facendo in queste settimane per supportare i nostri ragazzi che non possono
frequentare le aule scolastiche e, fin dall’inizio dell’emergenza, si parla di
didattica a distanza. Cosa ne pensi?
Vorrei
precisare, prima di tutto, che non si può pensare a questa modalità senza
effettuare importanti distinzioni:
- A quali fasce
d’età è diretta?
- Quali obiettivi
e quali contenuti?
- È la stessa
cosa che far lezione in classe?
- Come verificare
poi i progressi?
Allora,
cominciamo con le fasce di età.
Lavorare a
scuola con bimbi dell’infanzia, alunni delle primarie, allievi della secondaria
di primo grado e studenti delle superiori richiede programmazioni profondamente
diverse, non solo nei contenuti ma soprattutto nelle modalità.
I bambini
fino ai 10-11 anni hanno bisogno di esperienza e di relazione affettivaoltre
che educativa e, a distanza, è ben difficile sostituire uno sguardo, una mano
sulla spalla, un sorriso, una frase che incoraggia.
Più avanti
con l’età, il sostegno va dato alla motivazione, al significato di
quello che sta capitando e alla necessità di un impegno forte da parte di
tutti. Perché non lavorare allora sul senso di responsabilità che riguarda
ciascuno di noi e far leva quindi su un’organizzazione e gestione del tempo
che sia utile e fruibile anche da compagni, in modo inclusivo, che sono meno fortunati
(con disabilità e/o con problematiche diverse) e cooperare per quella comunità,
anche virtuale, che fa da sfondo a tutte le attività educative, anche quelle a
distanza.
Passando ad
obiettivi e contenuti, quali considerazioni si possono fare?
È funzionale
lavorare solo sui contenuti già previsti nella programmazione annuale? Si
raggiungeranno gli obiettivi di apprendimento programmati? Probabilmente no,
e vale per entrambe le domande.
I contenuti
vanno riportati all’esperienza di questo drammatico momento storico: lavorare su altro sarebbe come
spingere i mulini a vento in senso contrario alla direzione del libeccio o del
maestrale.
E poi, quali
opportunità educative ci sta offrendo questa esperienza, così limitante e così
invadente rispetto alle nostre abitudini? Non possiamo, come educatori, far
finta che non tocchi a noi: siamo tenuti a rimanere agganciati al mondo
reale e soprattutto, abbiamo la possibilità di una fortissima spinta
motivazionale dei nostri alunni rispetto ad un quotidiano che si è stravolto.
Allora,
vanno rivisti gli obiettivi facendo riferimento soprattutto a quelli che
spingono verso l’autonomia e la responsabilizzazione e vanno individuati
contenuti più aderenti all’esperienza e legati ‘al fare’: sistemare,
aiutare, produrre, organizzare, gestire il tempo e lo spazio, prevedere e
progettare attività nel proprio ambiente di vita, far relazioni e proposte di
soluzione alla crisi… Insomma, legame strettissimo con l’attualità nella
quale siamo immersi e riferimenti storico geografici per capire e comprendere
ancor di più l’importanza dell’imparare.
Lezione in
presenza e lezione a distanza. L’aula virtuale va gestita come l’aula reale?
Si tratta di
due situazioni, e quindi di attività, profondamente diverse, ce lo
insegnano anni di studi e ricerca sulla comunicazione, sulla relazione,
sull’ascolto, sull’imparare cooperando. Non possiamo nemmeno immaginare un
mondo talmente virtuale dove i contatti umani non esistano più! Ebbene, la
lezione in presenza può avvalersi di modalità infinite di organizzazione e
gestione del lavoro ma quella a distanza no. Sarebbe un errore madornale
pensare di far lezione a distanza così come si faceva in classe.
Quali sono
le argomentazioni che potresti sviluppare nei confronti di chi ritiene ci sia
una perfetta equivalenza tra le due modalità?
Due
argomentazioni, meglio due obiezioni da opporre a chi pensa di poter
semplicemente trasporre contenuti perché “tanto non cambia nulla”.
1. La prima
è che in classe la modalità di lavoro utilizzata era unicamente frontale,
intendendo con questo la trasmissione di contenuti tra l’insegnante che detiene
il sapere e lo studente che deve farlo proprio, quasi sempre limitandosi a
imparare e ripetere a memoria quanto sentito e/o letto. Se così è va
profondamente rivista anche la didattica in presenza che deve avvalersi
un’ampia gamma di studi, oramai storici, di quanto siano importanti
nell’apprendimento l’esperienza diretta, il lavoro di gruppo, la ricerca, la
creatività …
2. La
seconda è che davanti ad uno schermo non possono passare quegli aspetti
della comunicazione e dell’attenzione sostenuti in presenza: la modalità va
rivista nei tempi e supportata da immagini e stimoli forti, con indicazioni e
sollecitazioni di lavoro tali da mantenere alta la motivazione e dare l’idea
di una partecipazione attiva in modo che non si tratti di una mera trasmissione
di contenuti ma vi sia relazione reciproca e, alla fine, anche il docente
ne esca modificato.
Ed arriva il
momento della verifica degli apprendimenti…
Credo che la
creatività degli insegnanti possa tirar fuori il meglio di sé proprio in fase
di verifica di quanto appreso: i criteri vanno adattati alle modalità di
partecipazione e di lavoro prodotto, inutile dire che è poco efficace al fine
della valutazione proporre schede di verifica da compilare a casa, piuttosto
può essere utile chiedere elaborati, sintesi, disegni, progetti, schemi e mappe
integrati con immagini e prodotti, anche tridimensionali, frutto di un lavoro
personale di rielaborazione. Anche l’apprendimento di un contenuto storico
può essere verificato tramite modalità alternative. Immaginiamo poi quanto si
potrà dar valore all’intero impianto educativo nel momento del ritorno in
classe se si potrà lavorare su elaborati e prodotti individuali, e/o condivisi
in modo virtuale, propri degli alunni.
Quanta
ricchezza di cui avvalersi a scuola! Quando finalmente potremo
riappropriarci di spazi e tempi migliori, di materiali e attrezzi da
condividere, nonché di quegli sguardi, quei sorrisi, quelle mani sulle
spalle che incoraggiano e sostengono tutti noi, non solo gli studenti.
dipinto: Armando Spadini, Bambini che studiano
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