Non aver paura di dare regole ai nostri bambini. E' un pensierino facile da sfiorare. Ma...
Andrea, 5 anni, vive con grande impegno la "regola" che le norme siano dettate da lui, sempre e comunque e ovunque. Lui il re della famiglia, il principe inaffondabile e infallibile.
Ma non lo fa con piacere, in effetti si sente potente e reagisce agli eventi, anche a quelli più banali, cercando di dimostrare sempre che è in grado di fare ciò che vuole. E sta male, senza saperlo raccontare. E' una incombenza dura la sua! Che dura da 5 anni.
Ora che è più grandino poi, e i genitori stupiti si aspetterebbero altro comportamento, se ne è fatta una ragione di vita e non gusta più nulla delle relazioni, delle esperienze, delle scoperte, oscurando pesantemente le abilità logiche, quanto quelle creative. Vivendo un eterno disagio affettivo.
Andrea vive senza gioia. E dà anche segnali inequivocabili urlando, ribellandosi, opponendosi, piangendo... E questo è l'aspetto più angosciante della faccenda, che preoccupa all'inverosimile i genitori. E non solo.
Peraltro è comprensibile il disagio e l'imbarazzo suscitati, in tutte le situazioni nella sua vita di figlio (pure) unico.
Una cosa però ce l'ha detta, chiara: non ci capisco più niente! E si è messo in castigo da solo ieri.
Vero: non sa più perchè deve prendere lui decisioni che non gli competono, non sa perchè tutti si preoccupino di lui in questo modo e nessuno gli dica con decisione e autorevolezza quello che deve fare e come farlo, senza sciorinare fiumi di parole a giustificazione.
Che fatica! fare il bambino senza potersi appoggiare e fidare di un adulto o due che lo rassicurino, lo perdonino e gli permettano di sbagliare indicandogli la via giusta.
Andrea ha paura sì: di stare in questa vita come in una stanza buia, senza sprazzi di luce che lo facciano sentire bambino vero, non onnipotente, fragile magari, ma con l'opportunità di sentirsi bene e vivere esperienze contenute e gratificanti. Di piangere sommessamente perchè finalmente qualcuno ha capito di cosa ha bisogno: ed è una rabbia e un pianto liberatorio.
pubblicato da Annamaria Gatti
ill. di Quino
Una cosa però ce l'ha detta, chiara: non ci capisco più niente! E si è messo in castigo da solo ieri.
Vero: non sa più perchè deve prendere lui decisioni che non gli competono, non sa perchè tutti si preoccupino di lui in questo modo e nessuno gli dica con decisione e autorevolezza quello che deve fare e come farlo, senza sciorinare fiumi di parole a giustificazione.
Che fatica! fare il bambino senza potersi appoggiare e fidare di un adulto o due che lo rassicurino, lo perdonino e gli permettano di sbagliare indicandogli la via giusta.
Andrea ha paura sì: di stare in questa vita come in una stanza buia, senza sprazzi di luce che lo facciano sentire bambino vero, non onnipotente, fragile magari, ma con l'opportunità di sentirsi bene e vivere esperienze contenute e gratificanti. Di piangere sommessamente perchè finalmente qualcuno ha capito di cosa ha bisogno: ed è una rabbia e un pianto liberatorio.
pubblicato da Annamaria Gatti
ill. di Quino
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