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mercoledì 11 giugno 2025

Giornata mondiale del gioco. Maria Rita Parsi spiega.

 


Dal sito https://www.interris.it/ a cura di Lorenzo Cipolla pubblico una riflessione che sottolinea l'importanza del gioco per il bambino. E il pensiero va a tutti i bambini, a quelli defraudati, invisibili, e soprattutto a quelli che "giocano" fra macerie e violenze. 

"L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. 

Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. 

Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. 

Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. 

Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.

“Un bambino che ha potuto giocare sarà un adulto sereno”. (M.R Parsi)

La psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi ama ripetere questa espressione del padre della neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea. 

Il gioco libero come la corsa in un prato o secondo le regole, è una sperimentazione funzionale allo sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine perché consente loro di alimentare l’immaginazione, di conoscere il mondo e trovare soluzioni, di entrare in contatto con la realtà e le altre persone, di scoprire dove finiscono i confini delle proprie esigenze e cominciano i bisogni altrui, di fare scelta da cui emergono il loro carattere e la loro personalità. 

“Si cresce giocando”, spiega a Interris.it l’esperta, presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus, in precedenza membro del Comitato Onu per i diritti del fanciullo e già componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Un processo delicato, ancora di più oggi che parliamo di nativi digitali e di intelligenza artificiale, in cui le figure adulte di riferimento continuano ad avere un ruolo decisivo.

Prova generale 

Le prime esperienze di vita modellano il cervello dei bambini, con l’attivazione dei lobi prefrontali che permette di sviluppare competenze nel raggiungimento degli obiettivi e nella relazione con quello che lo circonda. “Una ‘prova generale’ della vita”, continua Parsi, che consiste nel toccare i primi giocattoli, come bambole e macchinine – “gli oggetti transizionali” –, disegnare, muoversi e correre in un prato, suonare strumenti musicali, indossare costumi e mimare scenette. 

L’esperta illustra come il gioco sia anche la modalità di incontro e apertura alla conoscenza reciproca nei bambini. “Quando giocano con gli altri emergono i loro modi di stare nei rapporti, imparano a collaborare e come a manifestare le proprie opposizioni”. Inoltre, in base alle loro scelto durante il gioco “possiamo vedere le loro tendenze di carattere e di personalità”.

Secondo le regole

Ogni gioco ha le sue regole e a queste bisogna attenersi per rispetto altrui che per il corretto svolgimento. “Dopo una prima fase di gioco libero, in cui si sperimenta, man mano che si cresce si devono accettare delle regole” – continua la psicologa – “C’è chi lo fa, chi no, chi le trasgredisce per imporne di proprie, chi accoglie i suggerimenti e chi oltre a seguirle cerca di farle rispettare agli altri”. Sottolinea Parsi: “Bollea definiva questo momento come l’arrivo della ‘legge del padre’”.

Tecnologia e ozio creativo

Il gioco è immaginazione e creatività che impegnano anche materialmente i cinque sensi, la tecnologia apre però le porte digitali del mondo virtuale, che è intangibile. L’esperta non criminalizza devices e piattaforme ma sottolinea l’importanza dell’educazione per evitare che questi strumenti causino dipendenza. “L’utilizzo del cellulare limita l’immaginazione, sono contraria che venga messo in mano ai bambini prima degli 8-9 anni, e anche in quel caso con modalità molto controllate”, dichiara. “I ragazzini di oggi sono nativi digitali e un uso virtuoso di questi prodotti può dare buoni risultati, ma nel virtuale corpo, mente e immaginario non sono integrati e anche il gioco e il rapporto con gli altri partecipanti è solitario, senza incontro”. Non bisogna neppure esporre i minori a continue attività e ripetute sollecitazioni, per la crescita è importante anche il cosiddetto ozio creativo. “Il tempo in cui non si fa niente se non stare a contatto con sé stessi e le proprie idee, per trasformarne qualcuna in realtà”, evidenzia l’esperta.

Insieme nel gioco

Nessun manuale insegna come diventare ed essere dei buoni genitori, ma l’esperienza diretta può essere accompagnata, se non preceduta, da un approccio consapevole. “Il dono più grande che gli adulti possono fare ai propri figli nel loro percorso di crescita è quello di avere loro per primi dei punti di riferimento, informare e formarsi su questi temi”, sostiene Parsi, “e conoscere sé stessi, non avere la presunzione di imitare o rovesciare quello che hanno fatto a loro i volta i loro genitori”. Così quando si gioca insieme l’adulto non deve dimenticare qual è il suo ruolo nel rapporto genitore-figlio. “Non bisogna fare le stesse cose del bambino, imitarlo, ma mettersi dentro al gioco insieme”.

Il bambino interiore

Nonostante il diritto al gioco sia riconosciuto all’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ci sono tanti contesti dov’è violato e negato. Come la guerra. “Un ulteriore delitto commesso dagli adulti, perché colpisce la loro vita, la loro psiche, e li menoma di una serie di esperienze che li renderebbero capaci di essere più flessibili e rispettosi dei bisogni altrui, capaci di tracciare i confini delle proprie esigenze”, dichiara l’esperta. “Quel bambino diventa un adulto il cui bambino interiore rimane ‘murato dentro’ perché non ho potuto vivere la propria età”. Una valutazione che riprende un pensiero della professoressa Parsi raccolto dalla casa editrice Lucarini nell’agenda della Fondazione Movimento Bambino, che recita così: “L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.


pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto: disabilynews.com

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