Benvenuti ai genitori...e ai bambini!
lunedì 16 giugno 2025
L'astronave perfetta, storia di amicizia e cooperazione
sabato 14 giugno 2025
Favola terzo episodio. Il cavaliere Enea e la scoperta della regola d’oro.
Ecco la continuazione dell'esperienza di Enea
che diventerà cavaliere solo se avrà saputo fare le scelte giuste.
Dedico questa favola a Willy barbaramente ucciso
mentre voleva difendere un amico e portare la pace.
Willy ora è un vero cavaliere.
fonte: Città Nuova Settembre favola di Annamaria Gatti
illustrazione di Eleonora Moretti
Il castello degli apprendisti cavalieri era una severa dimora, poca luce e rumori sinistri popolavano le stanze “Avete
paura del buio? Avete paura delle novità?” chiedeva il Grande Maestro.
“No” rispondevano gli apprendisti “noi sappiamo cavarcela
bene. Andiamo finalmente a cacciare draghi?”
“Nulla del genere, la
prossima prova sarà liberare dalla torre il gran
borbottone.”
I giovani si guardarono e scoppiarono in una sonora risata. Il Maestro li lasciò ridere, poi aggiunse: “Vedrete, non
è un tipo piacevole, buona fortuna!”
Un ululato acutissimo proveniente
dalle scale della torre li fece rabbrividire. Dopo un veloce “pari o dispari” stabilirono
l’ordine dei tentativi. “Parto!” disse il primo un po’ titubante “sarò
velocissimo”. Infatti velocissimo… ritornò contrariato: “Beh pensateci voi, è
così brontolone che non lo sopporto. E poi ho il cuore in gola: c’erano ombre
strane lungo la scala!”
Si sentirono ruggiti raccapriccianti e tutti si guardarono
preoccupati. Comunque, anche il secondo tornò solo: “E’ insopportabile! E’ un maleducato,
non gli va bene niente!”
Il terzo si fece coraggio, salì guardingo ed entrò. Gli promise mari e monti, poi lo prese in giro pesantemente
e iniziò anche a minacciarlo se non fosse partito con lui. Il borbottone si
accucciò in un angolo e, spaventato, non si mosse più. Anche il giovane tornò
giù tremante di paura e di rabbia.
Era il turno di Enea. Strana prova: sembrava un giochetto e
invece…
Entrò nella cella della torre. Borbottone, un omino ossuto, vestito elegantemente, ma sgradevole a
vedersi, stava lamentandosi: “Nessuno mi capisce, mi chiudono qui perché brontolo
sempre, questa torre è una prigione! Voglio
tornare a casa, giocherò con i nipotini anche se mi tireranno la barba,
prometto, non brontolerò più…”
Enea era sempre là seduto ad ascoltare.
L’omino lo guardò. Enea lo guardò.
L’omino gli sorrise.
Enea gli sorrise.
“Sei venuto a liberarmi?” gli chiese.
“Beh, se vuoi sì. Se io fossi nei tuoi panni, mi farebbe
piacere che qualcuno mi ascoltasse e mi capisse.”
“Amico, hai fatto con
me quello che vorresti fosse fatto a te, quindi hai superato la prova. Ora
vengo.”
La scala era ripida, ma il Borbottone la scese in fretta fino
a sbattere contro il barbone del Gran Maestro.
“Ullallah! Ecco trovato il cavaliere che ha scoperto la
regola d’oro.” Esclamò il Maestro, osservando curioso il borbottone.
“Me ne vado Maestro, hai trovato il tuo apprendista in gamba.
Io torno a casa e… venite a trovarmi ragazzi ma non bevete tutto il mio sidro e
non mangiatemi tutto il cinghiale e poi non lasciate le armi sparse nel cortile
e poi… e poi…”
“Sì, sì signore… abbiamo capito!” urlarono in coro tutti. Che
razza di brontolone, questo borbottone!
E anche gli altri giovanotti impararono che è meglio fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te.
pubblicato da Annamaria Gatti
Fine scuola 2, pagelle, voti e dintorni, per esempio Nicola Govoni.
Il fenomeno Nicola Govoni, classe 1993, è tutto da studiare e da accogliere con cuore libero.
Ci farebbe e ci fa benissimo.
Bocciato e umiliato, ha cercato la sua strada e l'ha trovata alla grande. Per chi non lo conoscesse:
"...dopo un'adolescenza difficile e una bocciatura nel 2013 parte per un'esperienza di volontariato nel'orfanotrofio Dayavu Boy’s Home nel Tamil Nadu dopo aver conseguito il diploma di maturità classica ... Decide poi di fermarsi in India per continuare l'attività di volontariato e proseguire gli studi iscrivendosi a un corso di laurea in giornalismo alla Symbiosis International University di Pune. Nel 2017 autopubblica l'e-book "Bianco come Dio" in cui racconta la sua esperienza di volontariato. Il libro diventa un piccolo caso editoriale, vendendo circa diecimila copie e attirando l'interesse della casa editrice Rizzoli che ne acquista i diritti per la pubblicazione. Il ricavato delle vendite viene utilizzato per la realizzazione di una biblioteca nell'orfanotrofio..." (Wikipedia recita)
Così inizia una vita tutta in salita, nel senso lettrale del termine e costellata di grandi passi che lo portano a lavorare in Palestina e nel più grande campo profughi d'Europa e a fondare con Giulia Cicoli e sarah Ruzek l'associazione STILL I RISE, ad aprire scuole per ragazzi e ragazze profughi. Costruisce una nuova scuola in Turchia presso il confine con la Sira con il ricavato della vendita del suo secondo libro di successo "Se fosse tuo figlio"
Nel 2020 vince la prima edizione del premio Premio CIDU per i Diritti Umani assegnato dal Ministero degli Esteri. A Nairobi in Kenia segue la realizzazione della prima International School, nata con l'obiettivo di fornire istruzione di alto livello gratuitamente per i ragazzi più poveri permettendogli di ottenere il titolo di Baccellierato internazionale.
Successivamente nel libro fotografico "Attraverso i nostri occhi. Vivere da bambini in un campo profughi" racconta la sua esperienza a Samo. A Bogotà apre la seconda scuola internazionale e nel 2023 pubblica il romanzo giallo "Altrove" per la casa editrice Still I Rise, appena fondata. Rizzoli pubblica nel 2024 il saggio "Un mondo possibile".
Nicola Govoni, fuori/classe nella nostra scuola, riceve il Premio Internazionale per la Leadership e la Benevolenza Joaquín Navarro-Valls per le sue azioni a favore di persone bisognose.
Meno male talvolta la scuola sbaglia, e alla grande. ma possiamo imparare sempre dagli errori e questa è la nostra forza. Quante analoghe storie da raccontare!
Allora riconfermiamo che allearci con i nostri ragazzi è la strada vincente comunque!
pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto AGI
venerdì 13 giugno 2025
Fine scuola, pagelle, voti e dintorni, per esempio Sinner...
Ogni anno mi fermo, alla fine del periodo scolastico, sui risultati, promozioni e bocciature, stroncature di bambini e ragazzi e implicitamente delle famiglie e dei docenti. E faccio qualche riflessione ad hoc, sempre pensando a tutti loro con simpatia e condividendo fatiche e gioie.
Concludo sempre che comunque le bocciature non hanno (quasi) mai rovinato nessuno, non sono quelle che determineranno il futuro di ciascuno. Anzi! E che la ricerca della meraviglia e dei talenti presenti in ciascuno dei ragazzi e delle ragazze, avrebbe portato "in alto" tutti. E non è semplicismo o ingenuità. Ma non è lo scopo di questo post approfondire tutta la casistica e gli aspetti specifici di tale problematica.
Cosa c'entra Sinner, il grande tennista? (...la grande persona)
In qualunque modo si sia concluso questo anno scolastico, con le sue incongruenze, con i successi e i doni umani e culturali portati o evasi, non ho potuto fare a meno di pensare a lui, sconfitto a Parigi. E di come abbia portato questa sconfitta con onore e maturità rara, in un tempo come il nostro, tanto da separare il risultato dalla qualità delle relazioni, per esempio, col vincitore della lunga, pesantissima tenzone con racchetta e pallina.
Di cosa hanno bisogno quindi i nostri ragazzi e le nostre ragazze alle prese con un insuccesso scolastico? Comunque di alleati, per capire, riprendersi, ripescare talenti e forze, che ci sono senz'altro, se qualcuno li aiuta a vederli.
E allora mettiamo in luce i tanti Sinner che incontriamo sulla nostra strada della vita, di chi sa riconoscere, si rialza, si riprende e non si scoraggia. Ma soprattutto sa rispettare e non sopraffare.
E' un appello a genitori e insengnati. Coltiviamo alleanza, speranza e fiducia. Facciamo tutta la nostra parte, dove siamo e possiamo. Raccoglieremo frutti, a dispetto di questi tempi di meschinità, superficialità e venti di guerra e di atrocità.
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto da Avvenire
mercoledì 11 giugno 2025
Giornata mondiale del gioco. Maria Rita Parsi spiega.
Dal sito https://www.interris.it/ a cura di Lorenzo Cipolla pubblico una riflessione che sottolinea l'importanza del gioco per il bambino. E il pensiero va a tutti i bambini, a quelli defraudati, invisibili, e soprattutto a quelli che "giocano" fra macerie e violenze.
"L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli.
Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto.
Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa.
Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa.
Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.
“Un bambino che ha potuto giocare sarà un adulto sereno”. (M.R Parsi)
La psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi ama ripetere questa espressione del padre della neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea.
Il gioco libero come la corsa in un prato o secondo le regole, è una sperimentazione funzionale allo sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine perché consente loro di alimentare l’immaginazione, di conoscere il mondo e trovare soluzioni, di entrare in contatto con la realtà e le altre persone, di scoprire dove finiscono i confini delle proprie esigenze e cominciano i bisogni altrui, di fare scelta da cui emergono il loro carattere e la loro personalità.
“Si cresce
giocando”, spiega a Interris.it l’esperta, presidente della Fondazione
Movimento Bambino Onlus, in precedenza membro del Comitato Onu per i diritti
del fanciullo e già componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza. Un processo delicato, ancora di più oggi che parliamo di nativi
digitali e di intelligenza artificiale, in cui le figure adulte di riferimento
continuano ad avere un ruolo decisivo.
Prova generale
Le prime esperienze di vita modellano il cervello dei bambini, con l’attivazione dei lobi prefrontali che permette di sviluppare competenze nel raggiungimento degli obiettivi e nella relazione con quello che lo circonda. “Una ‘prova generale’ della vita”, continua Parsi, che consiste nel toccare i primi giocattoli, come bambole e macchinine – “gli oggetti transizionali” –, disegnare, muoversi e correre in un prato, suonare strumenti musicali, indossare costumi e mimare scenette.
L’esperta illustra come il gioco sia anche la modalità di incontro e apertura alla conoscenza reciproca nei bambini. “Quando giocano con gli altri emergono i loro modi di stare nei rapporti, imparano a collaborare e come a manifestare le proprie opposizioni”. Inoltre, in base alle loro scelto durante il gioco “possiamo vedere le loro tendenze di carattere e di personalità”.
Secondo le regole
Ogni gioco ha le sue regole e a queste bisogna attenersi per
rispetto altrui che per il corretto svolgimento. “Dopo una prima fase di gioco
libero, in cui si sperimenta, man mano che si cresce si devono accettare delle
regole” – continua la psicologa – “C’è chi lo fa, chi no, chi le trasgredisce
per imporne di proprie, chi accoglie i suggerimenti e chi oltre a seguirle
cerca di farle rispettare agli altri”. Sottolinea Parsi: “Bollea definiva
questo momento come l’arrivo della ‘legge del padre’”.
Tecnologia e ozio creativo
Il gioco è immaginazione e creatività che impegnano anche
materialmente i cinque sensi, la tecnologia apre però le porte digitali del
mondo virtuale, che è intangibile. L’esperta non criminalizza devices e
piattaforme ma sottolinea l’importanza dell’educazione per evitare che questi
strumenti causino dipendenza. “L’utilizzo del cellulare limita l’immaginazione,
sono contraria che venga messo in mano ai bambini prima degli 8-9 anni, e anche
in quel caso con modalità molto controllate”, dichiara. “I ragazzini di oggi
sono nativi digitali e un uso virtuoso di questi prodotti può dare buoni
risultati, ma nel virtuale corpo, mente e immaginario non sono integrati e
anche il gioco e il rapporto con gli altri partecipanti è solitario, senza
incontro”. Non bisogna neppure esporre i minori a continue attività e ripetute
sollecitazioni, per la crescita è importante anche il cosiddetto ozio creativo.
“Il tempo in cui non si fa niente se non stare a contatto con sé stessi e le
proprie idee, per trasformarne qualcuna in realtà”, evidenzia l’esperta.
Insieme nel gioco
Nessun manuale insegna come diventare ed essere dei buoni genitori, ma l’esperienza diretta può essere accompagnata, se non preceduta, da un approccio consapevole. “Il dono più grande che gli adulti possono fare ai propri figli nel loro percorso di crescita è quello di avere loro per primi dei punti di riferimento, informare e formarsi su questi temi”, sostiene Parsi, “e conoscere sé stessi, non avere la presunzione di imitare o rovesciare quello che hanno fatto a loro i volta i loro genitori”. Così quando si gioca insieme l’adulto non deve dimenticare qual è il suo ruolo nel rapporto genitore-figlio. “Non bisogna fare le stesse cose del bambino, imitarlo, ma mettersi dentro al gioco insieme”.
Il bambino interiore
Nonostante il diritto al gioco sia riconosciuto all’articolo
31 della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza, ci sono tanti contesti dov’è violato e negato. Come la
guerra. “Un ulteriore delitto commesso dagli adulti, perché colpisce la loro
vita, la loro psiche, e li menoma di una serie di esperienze che li
renderebbero capaci di essere più flessibili e rispettosi dei bisogni altrui,
capaci di tracciare i confini delle proprie esigenze”, dichiara l’esperta.
“Quel bambino diventa un adulto il cui bambino interiore rimane ‘murato dentro’
perché non ho potuto vivere la propria età”. Una valutazione che riprende un
pensiero della professoressa Parsi raccolto dalla casa editrice Lucarini
nell’agenda della Fondazione Movimento Bambino, che recita così: “L’infanzia è
attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. Se l’infanzia di un
bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o
mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. Ma
dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. Aspetta
che l’infanzia sia magica, bella e santa. Bisogna illuminare l’infanzia per
farlo crescere”.
pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto: disabilynews.com
martedì 3 giugno 2025
Favola secondo episodio. Saper chiedere aiuto, anche questo è diventare saggi!
I giovani dovevano solo liberare il villaggio Felix dal virus DIVOC 91 che uccideva i bambini.
Ma il compito era apparso arduo: chi era partito corazzato e con la spada, chi con la lancia, qualcuno con una terribile balestra… ma tutti erano tornati malconci, perchè il mostriciattolo era invisibile… e affamato di cuori buoni.
Enea si ritirò nelle stanze della torre a est e nel silenzio, pensando e ripensando, con calma, cercò la soluzione: CHIEDERE AIUTO ALLA PERSONA GIUSTA.
Arrivato finalmente al castello di Fortebraccio dopo un viaggio faticoso, annunciò: “Sono Enea, giungo a chiedere aiuto al vostro sapiente”.
Enea lottò con un orso e una gigantesca anaconda. Entrò nella grotta delle pietre accecanti e delle stalagmiti velenose, sconfisse le terrificanti volpi volanti, ma alla fine trovò tutto ciò che serviva. E la pozione fu preparata.
Quindi tornò nel suo regno e arrivò a Felix, dove subito andò dalle bambine e dai bambini, che presero la pozione-medicina e ascoltarono le sue avventure a bocca aperta.
“Quale è stata l’avventura più difficile?” gli chiese una bambina affascinata.
gatti54@yahoo.it
lunedì 2 giugno 2025
No, a 13 o 14 anni non si è pronti per “fidanzarsi”
Pubblico il chiaro contributo di Daniele Novara. (Avvenire, 30 maggio 2025)
Con la tragica morte di Martina Carbonaro, abbiamo probabilmente toccato uno dei punti più bassi nella spettacolarizzazione del dolore, della crudeltà e dell’inconsapevolezza esistenziale. Un livello che lascia davvero senza fiato.
C’è da chiedersi: che bisogno c’è? Possiamo ancora parlare di informazione o siamo ormai nel regno dello spettacolo, dove per qualche clic in più si è disposti a provocare danni profondi e duraturi, superando quella “linea rossa” che separa il dovere di cronaca dal voyeurismo. Una soglia oltre la quale la tragedia viene teatralizzata, in un racconto che parla non all’intelligenza delle persone, ma ai loro strati più arcaici e primitivi.
Non pretendo che la cultura mediatica abbia una funzione educativa o pedagogica, ma da sempre il giornalismo ha seguito dei canoni etici. Ricordo, ad esempio, il caso dei lanciatori di pietre dai cavalcavia, atti che causarono persino delle vittime. In quel contesto, i media compresero il rischio di emulazione e interruppero la spettacolarizzazione degli eventi. Il fenomeno si spense.
Oggi, invece, sembra che il clamore sia diventato l’unica
bussola. Un vortice di interviste, ricostruzioni, insistenze su familiari delle
vittime e degli autori di reato. Un tourbillon interminabile che finisce per impedire,
salvo rare eccezioni, una vera riflessione, perché le ragioni si perdono nel
mondo del disadattamento e dell’immaturità.
Da pedagogista, mi interrogo anche su un’altra questione: ha
senso parlare di fidanzamenti a 13 o 14 anni? Che significato può avere una
relazione esclusiva, totalizzante, in un’età in cui il cervello non è ancora
strutturato per gestire la complessità relazionale? Non si tratta forse, sotto
mentite spoglie, di un ritorno a un passato in cui le ragazze venivano
“consegnate” a un fidanzato con prospettive di matrimonio precoce?
Questi legami precoci, carichi di gelosia e dipendenza, non
sono sostenibili per adolescenti che non possiedono ancora la maturità
necessaria per gestire l’intensità emotiva di una relazione. Le famiglie dovrebbero
evitare di sostenere o legittimare queste “coppie” che mimano i modelli adulti
senza averne i prerequisiti cognitivi ed emotivi. È un tema di sviluppo
neurocelebrale, non di morale.
Come ribadisco anche nel mio libro "Mollami", ciò che è
prioritario in questa fase della vita è la socialità. Stare nel gruppo, vivere
la compagnia, fare esperienze allargate: lo sport, il gioco, la solidarietà, lo
studio, la scoperta.
L’adolescenza è il tempo dell’apertura, non della chiusura
nella dimensione esclusiva e prematura di una “vita di coppia” che non può che
risultare disfunzionale. Serve una cultura che sostenga l’adolescenza e ne
valorizzi le opportunità.