Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

lunedì 16 giugno 2025

L'astronave perfetta, storia di amicizia e cooperazione

 

di Nicoletta Asnicar
illustratrice Chiara Spinelli
I nuovi colori del mondo
Città Nuova Editrice

Recensione di Annamaria Gatti

Libro opportunamente creato con i consueti criteri grafici e accorgimenti che agevolano la lettura, è rivolto ai piccoli lettori, ma racchiude messaggi nascosti, leggibili anche dagli adulti che sanno farsi coinvolgere.

Teo è un bambino decisamente fantasioso, ricco di idee che lo portano a una relazione interessante e lineare con i propri adulti di riferimento. 
Nulla è scontato nella sua vita semplice, tutto è motivo di curiosità, crescita e relazioni. I suoi genitori sono anche troppo presenti nella gestione dei talenti che Teo coltiva con ironia. 

Sono mamma e papà che lo avviano e lo seguono nella realizzazione di una astronave che non gli appartiene come progetto, che è invece di un amico con il quale, in compagnia di una dotata compagna di banco, riuscirà a portare a termine. 

Tutto centrato sulla straodinaria unicità di ciascuno e sulla bellezza della cooperazione fra pari, regala agli adulti del racconto il ruolo di pazienti consulenti.  Il che non è sempre scontato.

Le illustrazioni sono funzionali al testo e ricalcano le figure-bambine che troviamo spesso riprodotte nei disegni infantili, per questo vicine alla loro sensibilità.

Buona lettura quindi a tutti i capitani di astronavi, a tutte le bambine sognatrici con Teo di avventure e di progetti!



sabato 14 giugno 2025

Favola terzo episodio. Il cavaliere Enea e la scoperta della regola d’oro.

 Ecco la continuazione dell'esperienza di Enea 

che diventerà cavaliere solo se avrà saputo fare le scelte giuste. 

Dedico questa favola a Willy barbaramente ucciso 

mentre voleva difendere  un amico e portare la pace.

Willy ora è un vero cavaliere. 

Omicidio Willy, ecco i risultati dell'autopsia “ucciso per i colpi violenti  su diverse parti del corpo” 


fonte:  Città Nuova Settembre   favola di Annamaria Gatti

illustrazione di Eleonora Moretti 

Il castello degli apprendisti cavalieri era una severa  dimora, poca luce e  rumori sinistri popolavano le stanze “Avete paura del buio? Avete paura delle novità?” chiedeva il Grande Maestro.

“No” rispondevano gli apprendisti “noi sappiamo cavarcela bene. Andiamo finalmente a cacciare draghi?”

“Nulla del genere,  la prossima prova sarà liberare dalla torre il gran borbottone.”

I giovani si guardarono e scoppiarono in una sonora risata. Il  Maestro  li lasciò ridere, poi aggiunse: “Vedrete, non è un tipo piacevole, buona fortuna!”

 Un ululato acutissimo proveniente dalle scale della torre li fece rabbrividire.  Dopo un veloce “pari o dispari” stabilirono l’ordine dei tentativi. “Parto!” disse il primo un po’ titubante “sarò velocissimo”. Infatti velocissimo… ritornò contrariato: “Beh pensateci voi, è così brontolone che non lo sopporto. E poi ho il cuore in gola: c’erano ombre strane lungo la scala!”

Si sentirono ruggiti raccapriccianti e tutti si guardarono preoccupati. Comunque, anche il secondo tornò solo: “E’ insopportabile! E’ un maleducato, non gli va bene niente!”

Il terzo si fece coraggio, salì guardingo ed entrò. Gli  promise mari e monti, poi lo prese in giro pesantemente e iniziò anche a minacciarlo se non fosse partito con lui. Il borbottone si accucciò in un angolo e, spaventato, non si mosse più. Anche il giovane tornò giù tremante di paura e di rabbia.

Era il turno di Enea. Strana prova: sembrava un giochetto e invece…

Entrò nella cella della torre. Borbottone,  un omino ossuto,  vestito elegantemente, ma sgradevole a vedersi, stava lamentandosi:  “Nessuno mi  capisce, mi chiudono qui perché brontolo sempre,  questa torre è una prigione! Voglio tornare a casa, giocherò con i nipotini anche se mi tireranno la barba, prometto, non brontolerò più…”

Enea era sempre là seduto ad ascoltare.

L’omino lo guardò. Enea lo guardò.

L’omino  gli sorrise. Enea gli sorrise.

“Sei venuto a liberarmi?” gli chiese.

“Beh, se vuoi sì. Se io fossi nei tuoi panni, mi farebbe piacere che qualcuno mi ascoltasse e mi capisse.”

“Amico,  hai fatto con me quello che vorresti fosse fatto a te, quindi hai superato la prova. Ora vengo.”

La scala era ripida, ma il Borbottone la scese in fretta fino a sbattere contro il barbone del Gran Maestro.

“Ullallah! Ecco trovato il cavaliere che ha scoperto la regola d’oro.” Esclamò il Maestro, osservando curioso il borbottone.

“Me ne vado Maestro, hai trovato il tuo apprendista in gamba. Io torno a casa e… venite a trovarmi ragazzi ma non bevete tutto il mio sidro e non mangiatemi tutto il cinghiale e poi non lasciate le armi sparse nel cortile e poi… e poi…”

“Sì, sì signore… abbiamo capito!” urlarono in coro tutti. Che razza di brontolone, questo borbottone!

 E anche gli altri giovanotti impararono che è meglio fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te.                                      

pubblicato da Annamaria Gatti

illustrazione  A Willy di Kitoshi Kimmo,  da Frosinone Today.

 

 

 

 

 

 

Fine scuola 2, pagelle, voti e dintorni, per esempio Nicola Govoni.

 



Il fenomeno Nicola Govoni, classe 1993, è tutto da studiare e da accogliere con cuore libero. 

Ci farebbe e ci fa  benissimo.

Bocciato e umiliato, ha cercato la sua strada e l'ha trovata alla grande. Per chi non lo conoscesse:  

"...dopo un'adolescenza difficile e una bocciatura nel 2013 parte per un'esperienza di volontariato nel'orfanotrofio Dayavu Boy’s Home nel Tamil Nadu dopo aver conseguito il diploma di maturità classica ...  Decide poi di fermarsi in India per continuare l'attività di volontariato e proseguire gli studi iscrivendosi a un corso di laurea in giornalismo alla Symbiosis International University di Pune. Nel 2017 autopubblica l'e-book "Bianco come Dio" in cui racconta la sua esperienza di volontariato. Il libro diventa un piccolo caso editoriale, vendendo circa diecimila copie e attirando l'interesse della casa editrice Rizzoli che ne acquista i diritti per la pubblicazione. Il ricavato delle vendite viene utilizzato per la realizzazione di una biblioteca nell'orfanotrofio..." (Wikipedia recita)

Così inizia una vita tutta in salita, nel senso lettrale del termine e costellata di grandi passi che lo portano a lavorare in Palestina e  nel più grande campo profughi d'Europa e a fondare con Giulia Cicoli e sarah Ruzek l'associazione  STILL I RISE, ad aprire scuole per ragazzi e ragazze profughi. Costruisce una nuova scuola in Turchia presso il confine con la Sira con il ricavato della vendita del suo secondo libro di successo "Se fosse tuo figlio"  

Nel 2020 vince la prima edizione del premio Premio CIDU per i Diritti Umani assegnato dal Ministero degli Esteri.  A Nairobi in Kenia  segue la realizzazione della prima International School, nata con l'obiettivo di fornire istruzione di alto livello gratuitamente per i ragazzi più poveri permettendogli di ottenere il titolo di Baccellierato internazionale. 

Successivamente nel  libro fotografico "Attraverso i nostri occhi. Vivere da bambini in un campo profughi" racconta la sua esperienza a Samo.  A Bogotà  apre la  seconda scuola internazionale e nel 2023 pubblica il romanzo giallo "Altrove" per la casa editrice Still I Rise, appena fondata.  Rizzoli pubblica nel 2024 il saggio "Un mondo possibile".

Nicola Govoni, fuori/classe nella nostra scuola, riceve il Premio Internazionale per la Leadership e la Benevolenza Joaquín Navarro-Valls per le sue azioni a favore di persone bisognose. 

Meno male talvolta la scuola sbaglia, e alla grande. ma possiamo imparare sempre dagli errori e questa è la nostra forza.  Quante analoghe storie da raccontare!

Allora riconfermiamo che allearci con i nostri ragazzi è la strada vincente comunque!

pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto AGI

 

venerdì 13 giugno 2025

Fine scuola, pagelle, voti e dintorni, per esempio Sinner...

 


Parliamo di fine scuola.

Amiamo la scuola e molto. Ho vissuto nella scuola, fatta di bambini, ragazzi, famiglie, dirigenti e collaboratori e vivo tutt'ora in forme diverse, anni bellissimi (e faticosi, certo!) a cui non rinuncerei per nessun tesoro al mondo.

Ogni anno mi fermo, alla fine del periodo scolastico, sui risultati, promozioni e bocciature,  stroncature di bambini e ragazzi e implicitamente delle famiglie e dei docenti. E faccio qualche riflessione ad hoc, sempre pensando a tutti loro con simpatia e condividendo fatiche e gioie.

Concludo sempre che comunque le bocciature non hanno (quasi) mai rovinato nessuno, non sono quelle che determineranno il futuro di ciascuno. Anzi! E che la ricerca della meraviglia e dei talenti presenti in ciascuno dei ragazzi e delle ragazze, avrebbe portato "in alto" tutti. E non è semplicismo o ingenuità. Ma non è lo scopo di questo post approfondire tutta la casistica e gli aspetti specifici di tale problematica. 

Cosa c'entra Sinner, il grande tennista? (...la grande persona)

In qualunque modo si sia concluso questo anno scolastico, con le sue incongruenze, con i successi e i doni umani e culturali portati o evasi, non ho potuto fare a meno di pensare a lui, sconfitto a Parigi. E di come abbia portato questa sconfitta con onore e maturità rara, in un tempo  come il nostro,  tanto da separare il risultato dalla qualità delle relazioni, per esempio, col vincitore della lunga, pesantissima tenzone con racchetta e pallina. 

Di cosa hanno bisogno quindi i nostri ragazzi e le nostre ragazze alle prese con un insuccesso scolastico? Comunque di alleati, per capire, riprendersi, ripescare talenti e forze, che ci sono senz'altro, se qualcuno li aiuta a vederli. 

E allora mettiamo in luce i tanti Sinner che incontriamo sulla nostra strada della vita, di chi sa riconoscere, si rialza, si riprende e non si scoraggia. Ma soprattutto sa rispettare e non sopraffare. 

E' un appello a genitori e insengnati. Coltiviamo alleanza, speranza e fiducia. Facciamo tutta la nostra parte, dove siamo e possiamo.  Raccoglieremo frutti, a dispetto di questi tempi di meschinità, superficialità e  venti di guerra e di atrocità. 

Pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto da Avvenire



mercoledì 11 giugno 2025

Giornata mondiale del gioco. Maria Rita Parsi spiega.

 


Dal sito https://www.interris.it/ a cura di Lorenzo Cipolla pubblico una riflessione che sottolinea l'importanza del gioco per il bambino. E il pensiero va a tutti i bambini, a quelli defraudati, invisibili, e soprattutto a quelli che "giocano" fra macerie e violenze. 

"L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. 

Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. 

Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. 

Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. 

Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.

“Un bambino che ha potuto giocare sarà un adulto sereno”. (M.R Parsi)

La psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi ama ripetere questa espressione del padre della neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea. 

Il gioco libero come la corsa in un prato o secondo le regole, è una sperimentazione funzionale allo sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine perché consente loro di alimentare l’immaginazione, di conoscere il mondo e trovare soluzioni, di entrare in contatto con la realtà e le altre persone, di scoprire dove finiscono i confini delle proprie esigenze e cominciano i bisogni altrui, di fare scelta da cui emergono il loro carattere e la loro personalità. 

“Si cresce giocando”, spiega a Interris.it l’esperta, presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus, in precedenza membro del Comitato Onu per i diritti del fanciullo e già componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Un processo delicato, ancora di più oggi che parliamo di nativi digitali e di intelligenza artificiale, in cui le figure adulte di riferimento continuano ad avere un ruolo decisivo.

Prova generale 

Le prime esperienze di vita modellano il cervello dei bambini, con l’attivazione dei lobi prefrontali che permette di sviluppare competenze nel raggiungimento degli obiettivi e nella relazione con quello che lo circonda. “Una ‘prova generale’ della vita”, continua Parsi, che consiste nel toccare i primi giocattoli, come bambole e macchinine – “gli oggetti transizionali” –, disegnare, muoversi e correre in un prato, suonare strumenti musicali, indossare costumi e mimare scenette. 

L’esperta illustra come il gioco sia anche la modalità di incontro e apertura alla conoscenza reciproca nei bambini. “Quando giocano con gli altri emergono i loro modi di stare nei rapporti, imparano a collaborare e come a manifestare le proprie opposizioni”. Inoltre, in base alle loro scelto durante il gioco “possiamo vedere le loro tendenze di carattere e di personalità”.

Secondo le regole

Ogni gioco ha le sue regole e a queste bisogna attenersi per rispetto altrui che per il corretto svolgimento. “Dopo una prima fase di gioco libero, in cui si sperimenta, man mano che si cresce si devono accettare delle regole” – continua la psicologa – “C’è chi lo fa, chi no, chi le trasgredisce per imporne di proprie, chi accoglie i suggerimenti e chi oltre a seguirle cerca di farle rispettare agli altri”. Sottolinea Parsi: “Bollea definiva questo momento come l’arrivo della ‘legge del padre’”.

Tecnologia e ozio creativo

Il gioco è immaginazione e creatività che impegnano anche materialmente i cinque sensi, la tecnologia apre però le porte digitali del mondo virtuale, che è intangibile. L’esperta non criminalizza devices e piattaforme ma sottolinea l’importanza dell’educazione per evitare che questi strumenti causino dipendenza. “L’utilizzo del cellulare limita l’immaginazione, sono contraria che venga messo in mano ai bambini prima degli 8-9 anni, e anche in quel caso con modalità molto controllate”, dichiara. “I ragazzini di oggi sono nativi digitali e un uso virtuoso di questi prodotti può dare buoni risultati, ma nel virtuale corpo, mente e immaginario non sono integrati e anche il gioco e il rapporto con gli altri partecipanti è solitario, senza incontro”. Non bisogna neppure esporre i minori a continue attività e ripetute sollecitazioni, per la crescita è importante anche il cosiddetto ozio creativo. “Il tempo in cui non si fa niente se non stare a contatto con sé stessi e le proprie idee, per trasformarne qualcuna in realtà”, evidenzia l’esperta.

Insieme nel gioco

Nessun manuale insegna come diventare ed essere dei buoni genitori, ma l’esperienza diretta può essere accompagnata, se non preceduta, da un approccio consapevole. “Il dono più grande che gli adulti possono fare ai propri figli nel loro percorso di crescita è quello di avere loro per primi dei punti di riferimento, informare e formarsi su questi temi”, sostiene Parsi, “e conoscere sé stessi, non avere la presunzione di imitare o rovesciare quello che hanno fatto a loro i volta i loro genitori”. Così quando si gioca insieme l’adulto non deve dimenticare qual è il suo ruolo nel rapporto genitore-figlio. “Non bisogna fare le stesse cose del bambino, imitarlo, ma mettersi dentro al gioco insieme”.

Il bambino interiore

Nonostante il diritto al gioco sia riconosciuto all’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ci sono tanti contesti dov’è violato e negato. Come la guerra. “Un ulteriore delitto commesso dagli adulti, perché colpisce la loro vita, la loro psiche, e li menoma di una serie di esperienze che li renderebbero capaci di essere più flessibili e rispettosi dei bisogni altrui, capaci di tracciare i confini delle proprie esigenze”, dichiara l’esperta. “Quel bambino diventa un adulto il cui bambino interiore rimane ‘murato dentro’ perché non ho potuto vivere la propria età”. Una valutazione che riprende un pensiero della professoressa Parsi raccolto dalla casa editrice Lucarini nell’agenda della Fondazione Movimento Bambino, che recita così: “L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.


pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto: disabilynews.com

martedì 3 giugno 2025

Favola secondo episodio. Saper chiedere aiuto, anche questo è diventare saggi!


ENEA CHIEDE AIUTO

Forse che sia la cosa più difficile chiedere aiuto? 
La saga del Cavaliere Enea prova a spiegarlo
In un tempo tragico come il nostro, dove vorremmo salvare lo sguardo e il cuore dei nostri bambini,  leggiamo buone storie.
Fonte Città Nuova
Favola di Annamaria Gatti
Illustrazione di Eleonora Moretti

C’era  una volta l’apprendista cavaliere Enea, giovane coraggioso e di gran cuore.
Un giorno il compito dei  futuri cavalieri era un cosetta da nulla: niente draghi o draghetti,  niente mostri o giganti orribili.

 I giovani dovevano  solo liberare il villaggio Felix dal virus DIVOC 91 che uccideva i bambini.
Ora… che volete che sia liberare un villaggio da un virus, per gente abituata a salvare principesse, paesi interi, castelli e regni?

Ma il compito era apparso arduo: chi era partito corazzato e con la spada, chi con la lancia, qualcuno con una terribile balestra… ma tutti erano tornati malconci, perchè il mostriciattolo era invisibile… e affamato di cuori buoni.
“Enea, gli altri non ci sono riusciti e tu cosa pensi di fare?” aveva chiesto il Gran  Maestro Cavaliere.
“Ora ci penso, Maestro,  poi agirò come farebbe un cavaliere.”

Enea si ritirò nelle stanze della torre a est e nel silenzio, pensando e ripensando, con calma, cercò la soluzione: CHIEDERE AIUTO ALLA PERSONA GIUSTA.
 “Gran Maestro, per sconfiggere questo mostro invisibile devo chiedere aiuto al medico cerusico del Regno di Fortebraccio, forse lui potrà indicarmi la soluzione che non trovo.” E partì.

Arrivato finalmente al castello di Fortebraccio dopo un viaggio faticoso, annunciò:  “Sono Enea, giungo a chiedere aiuto al vostro sapiente”.
Il medico arrivò con barbone, cappello stellato e ampio mantello e ascoltò Enea. Poi ordinò:  “Studiamo insieme i miei libroni e troviamo il rimedio a tanto dolore.”  Sul far della sera partirono alla ricerche delle erbe e delle pietre, utili a preparare una pozione di guarigione. Passarono due notti e due giorni nella foresta, senza dormire e senza mangiare.

Enea lottò con un orso e una gigantesca anaconda. Entrò nella grotta delle pietre accecanti e delle stalagmiti velenose, sconfisse le terrificanti volpi volanti, ma alla fine trovò tutto ciò che serviva. E la pozione fu preparata.

Quindi tornò nel suo regno e arrivò a Felix, dove subito andò dalle bambine e  dai bambini,  che presero la pozione-medicina e ascoltarono le sue avventure  a bocca aperta.

“Quale è stata l’avventura più difficile?” gli chiese una bambina affascinata.
“Chiedere aiuto ad altri!” rispose Enea sicuro.
 “Bravo!” osservò il Gran Maestro. “Per essere cavalieri occorre anche saper riconoscere di non poter risolvere tutto e cercare aiuto e poi darsi da fare!”
E questa è un’altra avventura dell’apprendista cavaliere Enea.


pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it


lunedì 2 giugno 2025

No, a 13 o 14 anni non si è pronti per “fidanzarsi”

 

adolescenti foto: l'adolescenza è il tempo dell'apertura, 
non di rapporti esclusivi disfunzionali...

Pubblico il chiaro contributo di Daniele Novara.  (Avvenire, 30 maggio 2025)

Con la tragica morte di Martina Carbonaro, abbiamo probabilmente toccato uno dei punti più bassi nella spettacolarizzazione del dolore, della crudeltà e dell’inconsapevolezza esistenziale. Un livello che lascia davvero senza fiato.

C’è da chiedersi: che bisogno c’è? Possiamo ancora parlare di informazione o siamo ormai nel regno dello spettacolo, dove per qualche clic in più si è disposti a provocare danni profondi e duraturi, superando quella “linea rossa” che separa il dovere di cronaca dal voyeurismo. Una soglia oltre la quale la tragedia viene teatralizzata, in un racconto che parla non all’intelligenza delle persone, ma ai loro strati più arcaici e primitivi.

Non pretendo che la cultura mediatica abbia una funzione educativa o pedagogica, ma da sempre il giornalismo ha seguito dei canoni etici. Ricordo, ad esempio, il caso dei lanciatori di pietre dai cavalcavia, atti che causarono persino delle vittime. In quel contesto, i media compresero il rischio di emulazione e interruppero la spettacolarizzazione degli eventi. Il fenomeno si spense. 

Oggi, invece, sembra che il clamore sia diventato l’unica bussola. Un vortice di interviste, ricostruzioni, insistenze su familiari delle vittime e degli autori di reato. Un tourbillon interminabile che finisce per impedire, salvo rare eccezioni, una vera riflessione, perché le ragioni si perdono nel mondo del disadattamento e dell’immaturità.

Da pedagogista, mi interrogo anche su un’altra questione: ha senso parlare di fidanzamenti a 13 o 14 anni? Che significato può avere una relazione esclusiva, totalizzante, in un’età in cui il cervello non è ancora strutturato per gestire la complessità relazionale? Non si tratta forse, sotto mentite spoglie, di un ritorno a un passato in cui le ragazze venivano “consegnate” a un fidanzato con prospettive di matrimonio precoce?

Questi legami precoci, carichi di gelosia e dipendenza, non sono sostenibili per adolescenti che non possiedono ancora la maturità necessaria per gestire l’intensità emotiva di una relazione. Le famiglie dovrebbero evitare di sostenere o legittimare queste “coppie” che mimano i modelli adulti senza averne i prerequisiti cognitivi ed emotivi. È un tema di sviluppo neurocelebrale, non di morale.

Come ribadisco anche nel mio libro "Mollami", ciò che è prioritario in questa fase della vita è la socialità. Stare nel gruppo, vivere la compagnia, fare esperienze allargate: lo sport, il gioco, la solidarietà, lo studio, la scoperta.

L’adolescenza è il tempo dell’apertura, non della chiusura nella dimensione esclusiva e prematura di una “vita di coppia” che non può che risultare disfunzionale. Serve una cultura che sostenga l’adolescenza e ne valorizzi le opportunità.