Benvenuti ai genitori...e ai bambini!
martedì 8 aprile 2025
Amicizia in favola a primavera: Riccio Lino svegliati!
giovedì 3 aprile 2025
Ancora Scuola: Perchè insegno? Un libro per crederci davvero e fare la differenza.
Ancora in difesa della buona scuola: non possiamo non dar voce a chi la scuola la fa ogni giorno e ci crede davvero. Questo libro, a cui sono onorata di aver contribuito e di cui pubblico un cenno introduttivo, anticipa un evento creato con competenza e paziente lungimiranza per i giovani insegnanti, in particolare, una SUMMER SCHOOL di cui racconterò a breve.
Dall'introduzione del prof. Michele De Beni, che ha creduto in questa raccolta di testimonianze di alto profilo e che continua a curare percorsi e inziative affiancandosi a docenti e studenti in formazione per l'insegnamento. Un professionista che crede fortemente nell'impegno a promuovere una scuola migliore e a sostenere progetti che mettono al centro la formazione di docenti appassionati e preparati. Pedagogista-psicoterapeuta. Esperto in Processi formativigià
Professore di Docimologia e di Pedagogia all'Università di Verona, professore
di Programmazione e Valutazione dei processi formativi, Istituto Universitario
Sophia, Loppiano (FI).Coordinatore di ricerca per l’Italia, Progetto
internazionale Co.R.T (Cognitive Research Thinking) diretto da Edward de
Bono.Membro del Centro Studi Interculturali, Università di Verona. Condirettore
della collana "Fondamenti e Percorsi dell'educare" Editrice Città
Nuova.I suoi interessi di ricerca sono rivolti principalmente allo studio dei
processi del pensiero strategico, del comportamento prosociale e delle
dinamiche familiari.
A cosa serve conoscere?
Si comprende, allora, come nonostante i nostri continui richiami all’intelligenza, forse oggi è il tempo di occuparsi anche della saggezza. Perché, se ci si preoccupa di diventare saggi, non è così difficile poi diventare anche intelligenti. Se si comincia invece dal voler essere intelligenti si hanno poche speranze di diventare saggi, perché è facilissimo cadere nella trappola dell’intelligenza.
È questo, in fondo, anche il semplice ma profondo messaggio dei racconti di buone pratiche scolastiche riportate nel libro. In questi ambienti dove si sperimenta un nuovo senso di sé e di reciproca appartenenza, di alta motivazione all’impegno e alla responsabilità, e si punta alla formazione dell’eccellenza morale, gli studenti raggiungono anche straordinari gradi di successo scolastico. Nella sua disarmante semplicità si cerca, allora, di dimostrare, che se si insegna ai ragazzi ad esser “bravi”, si può anche imparare ad esser “grandi”, “nel senso ampio e più autentico del termine, eccellenti nello studio, cittadini partecipi e onesti: un’alta finalità educativa che potremmo sinteticamente racchiudere nella frase “Pensare bene per fare il bene”, sguardo profetico di un’educazione dinamicamente orientata allo sviluppo di un vero ben-essere della persona e della comunità.
Educare, quindi a scuola non solo è possibile ma, nel flusso continuo dei cambiamenti, assume oggi carattere di priorità. “Istruire per educare”: è questo, in fondo, il semplice ma radicale messaggio di buone pratiche scolastiche qui riportate. In ambienti dove si sperimenta un positivo senso di sé e di reciproca appartenenza, e si punta alla formazione di uno spirito critico-costruttivo e di una mente aperta gli studenti raggiungono anche straordinari gradi di successo scolastico. Una “scuola buona”, questa, che ci dice quanto intelligenza e saggezza, studio e pratica dei valori, siano inscindibili.
Come raccomanda il famoso Rapporto UNESCO sull’educazione per il XXI secolo[1], non basta “conoscere” e “fare”, ma occorre saper “essere”. Può accadere anche che a scuola ci si accontenti di qualche idea generale e astratta, magari di un bel “programma” educativo, ma che nella pratica poi non venga applicato. Le teorie possono diventare cattive compagne se ci allontanano dall'esistenza per confinare l’essere umano in categorie astratte. Solo nel cuore dell'umanità di quel bambino, di quel ragazzo, la cui intelligenza tende a fondere parola e vita, teoria e pratica, si può puntare alla verità ed educare alla vera saggezza.
È anche il messaggio più profondo che questo libro vuole indirizzare a quanti dell’istruzione intendono farne palestra di educazione. Occorre, quindi, dare maggior visibilità a queste “buone pratiche”, perché - riconosciamolo - sulla scuola incombe un pessimismo diffuso. Abbiamo difficoltà ad assumerci le nostre responsabilità di adulti. Il merito di questo libro è di aver messo in evidenza la passione e la dedizione, la creatività e l’incessante arte di ricominciare che animano ancora tanti educatori, non semplici competenze da trasmettere e da esercitare, ma fulcro di vita da cui immaginare strade nuove per l’educazione.
[1] J. Delors (a cura di),
Nell'educazione: un tesoro ( rapporto
della Commissione Internazionale all'UNESCO sull'Educazione per il XXI
secolo), Armando, Roma 1997.
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
martedì 1 aprile 2025
La Scuola va amata. Perchè e come? Forte editoriale di Elvira Zaccagnino
Pubblico questo editoriale (di qualche mese fa, ma così attuale!) di grande verità della direttrice de "la meridiana" e la ringraziamo tutti per aver messo in parole l'anelito di tanti. Mie le segnalazioni in grassetto e le sottolineature. Per l'editrice "la meridiana" in anni recenti Annamaria Giarolo ed io abbiamo pubblicato il libro "Io amo la scuola", che tanto racconta di come gli insegnanti possano davvero fare la differenza e vadano aiutati realmente in questa scelta. Non sono tempi facili questi, ma occorre il coraggio di condividere ciò che ci sta a cuore per il benessere delle giovani generazioni e di chi di loro si occupa.
"Ci sono cose che vanno dette e le diciamo"
di Elvira Zaccagnino
"Io amo la scuola"
Forse dovremmo partire da qui, quest’anno. Dal dirci, con
sincerità, che la scuola va innanzi tutto amata. E lavorarci per un intero anno
scolastico tenendo la bussola orientata a questa idea da ripetere come un
mantra, non per convincerci ma per dare un senso a ciò che facciamo.
Perché è la Scuola che va amata, non l’insegnamento, o gli
alunni, o il mestiere del docente. Quelli sono fatica, routine, scartoffie,
riunioni, compiti da correggere, lezioni da preparare, colleghi da sopportare e
supportare, genitori con cui parlare, studenti da incontrare ogni giorno. Tutto
questo rende la scuola pesante, un lavoro e basta: come tutti i lavori, se non
li ami ti alienano. La scuola ti aliena di più.
La Scuola va amata e serve come il pane perché è una istituzione democratica di un Paese civile, presidio educativo in grado di garantire a tutti, nessuno escluso, pari opportunità. I regimi la aboliscono o la vietano alle donne, ad esempio.
Quale scuola va amata?
Una scuola che è alla portata di tutti, che usa la modernità
al servizio del suo compito, come quella che portò il maestro Manzi quando
insegnò a leggere e scrivere a un popolo analfabeta nell’Italia degli anni
sessanta, usando il media allora più popolare.
Una scuola rivoluzionaria perché fa una scelta politica di
parte come quella che fece Lorenzo Milani tenendo in classe la Costituzione e
il dizionario, per non dimenticarci che siamo uguali e che è il numero di
parole che possediamo che ci fanno sudditi o cittadini.
Una scuola capovolta nelle dinamiche di insegnamento e
apprendimento dove gli alunni, le alunne, gli studenti e le studentesse non
sono imbuti da riempire ma talenti da scoprire e accompagnare a fiorire, come
quella che fecero Mario Lodi, Gianni Rodari, Francesco Berto, Emma Castelnuovo,
Maria Montessori, Grazia Honegger Fresco, Gianfranco Zavalloni.
Va amata, anche, la Scuola come valore. Come necessità per
restare umani noi e far innamorare chi è affidato alle nostre cure dell’umanità
di cui siamo parte, perché è ciò che di sacro dimora in noi.
Amiamo una scuola che non educa al futuro, ma all’oggi dal
quale il futuro poi dipende.
Un atto di obiezione
Amare la Scuola oggi, nel nostro Paese, è un atto di
obiezione verso una narrazione che colpevolizza chi insegna, chi impara, verso
le regole, i programmi, gli spazi e i tempi dell’educare e dell’imparare di
ognuno e ognuna. Un atto di obiezione a testa alta verso chi la declassa e la
depriva spogliandola del ruolo politico che l’educare ha. Perché educare è fare
politica.
Non sarà un anno facile: non comincia nel migliore dei modi.
Sarà un anno dove genitori, insegnanti e ragazzi saranno di volta in volta colpevolizzati,
redarguiti, censurati, usati. Per questo è l’anno giusto per un atto d’amore
verso la Scuola. Un amore che libera e non costruisce relazioni tossiche. Che,
anzi, ci salva da queste. Una Scuola che difendiamo e mettiamo in atto perché
sappiamo che è il solo luogo, tempo e spazio dove la relazione può essere
appresa e sperimentata crescendo noi e facendo crescere gli altri.
Se ognuno cresce solo se sognato, quest’anno proviamo a
sognare insieme la Scuola e a farla crescere nel sogno di un Paese che l’ha
gradualmente dismessa e impoverita.
Io amo la scuola: diciamolo a voce alta. Perché l’amore può
cambiare e cambiarci. Farci fare follie e anche rivoluzioni. Non dormire la
notte per trovare soluzioni e palpitare per ogni sguardo che riceviamo.
Io amo la Scuola e parteggio perché ce la faccia. E se ce la fa lei, ce la facciamo tutti. Oggi per il domani.
Elvira Zaccagnino
pubblicato da Annamaria Gatti
sabato 15 marzo 2025
Un'altra favola di Paolina per raccontare la speranza e la bellezza: Paolina primavera
PAOLINA PRIMAVERA
di Annamaria Gatti
Illustrazione di Eleonora Moretti
Fonte: Città Nuova Marzo 2022
dedicata a Sofia
Paolina era stata in letargo nella sua tana e ora si stava svegliando.
“Oh,
che dormita. Chissà cosa farà ora Sandro…” stava pensando, proprio mentre la
voce dell’orsetto l’aveva invitata.
“Paolina
esci, ho una fame! Facciamo colazione?”
L’orsacchiotta
aveva afferrato l’inseparabile peluche orsobimbo e si era precipitata fuori.
Si
era stropicciata gli occhi perché il sole era già alto e splendente.
“Cavolo! Orsobimbo, guarda com’è diventato magro Sandro
e il bosco non è più rosso e giallo come nel mio bel disegno! Ci sono
foglioline nuove sui rami dei larici e l’abete ha gli aghi verde chiaro!”
“Il
bosco è diverso, ma cosa è accaduto?” aveva chiesto Sandro.
“Ops!
Sono inciampata in una zolla fiorita… Sono primule. E ohi, stavo per schiacciare una bellissima farfalla gialla!
”
“Queste
sono margheritine, ma chi ce le ha messe? E le formiche hanno ripreso a fare
lunghe file per procurarsi qualche seme” aveva aggiunto Sandro stupito.
“Dobbiamo
scoprire chi ha fatto queste bellissime cose.” Paolina era decisa e voleva
capire. Intanto si stiracchiava e pensava alla colazione: il pancino suo e di
Sandro brontolavano. Solo orsobimbo era pacifico come sempre, chissà perché.
Fu
allora che un fringuello sfiorò Paolina con un frullio d’ali: “Paolina, ben
svegliata! PISTAAAAAA, devo preparare il nido per i miei piccolini.”
“Oh
bella, ma che succede?” Ma l’uccellino era già volato via.
“Non
vedi orsetta? E’ arrivata la primavera!” aveva spiegato una capinera di
passaggio.
“Prima-cosa?!”era
sbottato Sandro.
“P - R - I - M -A- V -E -R -A, Sandro. Quella
cosa che c’è più luce e calore e…”
“…E
scoiattolo Rossino si risveglia e ricomincia ad arrampicarsi e a borbottare?”
“Ecco
proprio così, ma non so chi combina tutto questo. Vieni, facciamo colazione da
nonno Gianni così chiediamo a lui.”
Si
incamminarono verso la dimora di nonno Gianni e quando furono lì, finalmente il
mistero fu…quasi svelato.
“Cari
orsacchiotti, cara nipotina, è l’amore il responsabile di tutta la primavera.
La natura obbedisce all’amore che l’aiuta a mettere nuovi frutti, foglie e
nuove creature. Non è meraviglioso?”
Aveva
un sguardo birichino e dolce il nonno, da dietro le lenti degli occhiali posati
sul suo nasone di vecchio orso. Quante cose sanno i nonni!
Paolina e Sandro restarono a bocca aperta increduli. Poi orsobimbo partì alla ricerca dell’amore per ringraziarlo di quella bellezza.
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
martedì 11 marzo 2025
L'educazione in pericolo
Le parole sono parole.
Può un pedagogista disinteressarsi di politica? Certamente no, soprattutto quando è in grande pericolo l’educazione, minati i cervelli e le coscienze dei più piccoli.
Ne dà motivo l’umiliazione russo-americana scatenata contro il presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj. Qualsiasi opinione si abbia sulla guerra di resistenza con cui egli difende la libertà del suo popolo, questo disumano uso delle parole porta in sé qualcosa di inquietante.
Per questo, come educatore, sento il dovere di esprimere indignazione per il clima di odio che ci infesta.Le sprezzanti parole rilanciate dai media non possono passare sotto silenzio. I giovani ce ne chiederanno conto.
Ciò che succede oggi è quanto puntualmente precede ogni guerra: parole come proiettili per provocare, intimorire, ridurre al silenzio. Senza entrare nel merito di come oggi si sta “promuovendo” la pace, non si può nascondere il gioco perverso di spartizione delle spoglie ucraine da parte della Casa Bianca e del Cremlino. Indipendentemente da una possibile fine della guerra (dopo la quale però non è facile ora immaginare una vera pace) non possiamo voltare la testa indifferenti di fronte a parole come “bastardino nazista, cane infestato di pulci…pazzo e pericoloso...meglio sopprimerlo in silenzio, senza sofferenza”.
Ma ben altre e più raccapriccianti sono le espressioni usate quotidianamente ad ogni tentativo della vittima di rialzare la testa e chiedere rispetto, umanità, libertà. Quello che sorprende è l’indifferenza di fronte a questa invasione semantica, al significato perverso delle parole.
Non dimentichiamo che la mancanza di rispetto è il primo grande crimine dell’umanità, da cui discendono altri crimini. Discredito, disinformazione, aggressività verbale, facce da combattimento. La guerra è già finita prima ancora di vincerla: parole svendute come bombe sul mercato di una pace azzoppata che cammina con la forza della disperazione. Non sa se sarà vera pace. Non è discutere di geopolitica il compito primario di chi vive ogni giorno tra i giovani. Ma siccome i giovani ci guardano e ci sentono, ognuno che si occupi di educazione (non solo in famiglia e a scuola, ma nel proprio modo di comportarsi) dovrebbe aver a cuore l’uso che si fa delle parole.
Con esse si può dare la vita ma anche decretare la morte: parole come ali, se usate per promuovere; parole come pietre se scagliate per distruggere. Proprio ieri ero all’inaugurazione dell’anno accademico nel mio piccolo ma coraggioso Istituto Universitario Sophia. La lectio magistralis del prof. Fabio Petito, professore di Relazioni internazionali all’Università del Sussex, e gli interventi di altri Relatori hanno più volte sottolineato il ruolo determinante, pur a lungo termine, svolto dall’educazione. L’Educazione all’uso di parole di pace dovrebbe esser il primo obiettivo di un vero leader, di ogni Educatore che in quanto tale è leader agli occhi dei più piccoli. Come hanno fatto i grandi sognatori di un’umanità giusta e fraterna, quali Gandhi, Martin Luther King…o i visionari fondatori di un'Europa Unita come Schumann o De Gasperi…
Parole per comprendere la complessità di contesti e punti di vista diversi, per mediare, sostenere, unire. È compito della famiglia, della scuola, dell'intera comunità percorrere insieme ai giovani sentieri di pace, ogni giorno, esercitati a seguirne le tracce e a ripassarle più volte per segnare la via. Senza comprensione e lunghi esercizi applicativi non si formano abitudini. Se si fa fatica perfino a mantener in ordine la propria stanza, figurarsi la perseveranza che serve per imparare la pace. Come ci si può facilmente abituare al male, allo stesso modo ma con più determinazione prender dimestichezza con il bene. La guerra non è nel nostro retaggio evoluzionistico. Come ci siamo più volte arresi all’inevitabile destino della guerra allo stesso ci possiamo testardamente armare per la pace: sentieri su cui spesso si perdono le tracce, da percorrere e ripercorrere più volte per non perderne la memoria. Per questo occorrerebbe nei telegiornali e nei salotti confrontarci di più del “come" allenarci alla pace.
Educatori, Scuola e Famiglia, ogni forma di aggregazione civile, associazioni giovanili e adulte non possono stare alla finestra mentre, fuori, disinformazione e urla disumane la fan da padroni e occupano le vie. Bisogna con pazienza e lungamente abituarci ad usare parole buone.
La pace avrà il mio volto e le mie mani, le mie parole.
Michele De Beni docente Università Sophia
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
Illustrazione da C. Mackesy "Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo"
sabato 22 febbraio 2025
Vicini a Papa Francesco
Non è facile in questi giorni di martirio nel mondo per la violenza e le guerre che colpiscono tanti popoli, aggiungere una ulteriore grande preoccupazione per la salute di Papa Francesco.
A chi lo ha incontrato e apprezzato, a chi lo ascolta e segue l'evoluzione della sua malattia, resta nel cuore il vivo desiderio di rivederlo presto ristabilito.
Cari auguri Papa Francesco! direbbero i bambini. Ti pensiamo, preghiamo per te e siamo sempre con te che ci vuoi bene.
E la preghiera dei bambini sappiamo vale molto molto di più.
mercoledì 19 febbraio 2025
Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo. Un libro splendido dagli otto ai cento anni
- Dedica alla mamma dolce e gentile - Ecco dove nasce tutto...
- La premessa è un messaggio per il lettore, qualsiasi lettore e sono quattro paginette scritte in corsivo, come tutto il libro, in cui saluta, in cui il talento è essenzialmente umiltà, desiderio di aiutare l'altro a essere sereno, ma anche felice.
- Il libro inizia con un CIAO. Che pare voglia dire: ci sono per te, tu sei lì per me, eccoci, proseguiamo insieme...
- Le prime pagine riaffiorano dalle radici del senso di questo libro: l'incontro vero fra tre animali e un bambino che cerca. Cerca le risposte alle sue domande.
- Qualche volta gliele fanno; "Cosa vuoi fare da grande?" "Essere gentile" disse il bambino. Ecco qui sta tutto.
- Poi il libro prosegue nell'incontro con una volpe, ops scusate la volpe, e il cavallo, forse il maestro. Certo, affascinante guida nella tempesta, nella solitudine, nell'errore, nella vita.
lunedì 17 febbraio 2025
Favola di carnevale anche in Podcast: Chi ha rubato i colori ad Arlecchino?
In questi giorni di grandi tristezze, vogliamo raccogliere tutte le forze per raccontare il bene che c'è, anche Arlecchino ci ha provato e i colori perduti sono tornati. Una favola che già molti conoscono ma ora da ascoltare!
CHI HA RUBATO I COLORI DI ARLECCHINO?
Narrata con garbo e dolcezza da Gabriella Maggiora
di Annamaria Gatti
illustrazione di Eleonora Moretti
Fonte Città Nuova
https://www.cittanuova.it/multimedia/2023/2/16/rubato-colori-arlecchino-ascolta-la-favola-carnevale/
Ecco il testo:
Arlecchino dorme tranquillo nel suo letto, quand’ecco una voce lo sveglia di soprassalto:
“Arlecchino! Dove sei? Svegliati, è l’ora di andare al mercato!”
Arlecchino è proprio assonnato e stanco.
“Voglia di mercato, saltami addosso!” bisbiglia appena. Si veste con calma e poi ha un brivido.
“Brr, fa freddo! Torno a letto.”
E si tuffa nel piumone soffice.
“Arlecchino! Vieni qui aiutami ti prego!”
“Arlecchino! Angiolino ti aspetta per aggiustare la gabbietta del canarino.”
“Arlecchino! La signora Elvira deve sistemare il giardino…”
Ma lui dormicchia…
“Arlecchino… Arlecchino! Sempre di me c’è bisogno? Io oggi sto sotto le coperte.”
Arlecchino si riappisola sotto le coperte, poi apre un occhio e subito dopo l’altro, piano piano, senza fretta. Subito però li richiude spaventato.
“Ma… sono tutto grigio!”
Si guarda nello specchio dell’armadio grande: dov’è finito il suo bel vestito multicolore? Che sia uno scherzo di Carnevale?
Apre la finestra e giù nella strada è già cominciato il Carnevale: le maschere si preparano alla festa e un’occhiata di sole le sollecita già agli scherzi!
“E adesso come faccio?” si dispera Arlecchino. “Non posso certo presentarmi così, con queste pezze grigie. Guarda anche il cappello e la maschera sono grigiastri”
Un pettirosso ha ascoltato il lamento di Arlecchino e impietosito lo rassicura:
“Non ti disperare amico! E’ il grigiore dell’animo che intacca l’abito e l’umore. Dimmi cosa hai combinato stamattina di così strano?”
“Niente, non ho fatto niente. Beh, ho proprio deciso di chiudere il cuore…se proprio lo vuoi sapere!”
“Vedi tu!” sospira il pettirosso.
Arlecchino fa un balzo, non per paura, né per sconforto: riprende possesso del suo cuore, spazza tutto il buio e sorride a se stesso. Poi recita la sua filastrocca:
Arlecchino è a colori
un insieme di tesori
pronto a vivere contento,
della vita ogni momento.
Pronto a dare il suo aiuto,
anche a te ogni minuto,
perché al tristissimo grigiore
preferisce i colori dell’amore.
“Arlecchino! Per favore!”
“Vengo, vengo!”
E avviandosi alla porta, passa davanti allo specchio dell’armadio grande, dove si ferma: i colori stanno ritornando più vivaci di prima, su, su, dalle scarpe al cappello.
Anche lo stomaco riprende a brontolare. Allora, rivolgendosi all’Arlecchino multicolore riflesso nello specchio e prostrandosi in un bell’inchino, decide:
“Prima farò un’abbondante colazione: coi colori mi è tornato l’appetito! La vita e’ proprio bella! ”
“E’ sempre il solito!” fischietta allegro il pettirosso svolazzandogli appresso.
giovedì 13 febbraio 2025
Qua la zampa!... Storia del cucciolo Bach: romanzo per imparare a curare un cucciolo e molte altre cose
Un volume per tutti, bambini/e e ragazze/i, da leggere
autonomamente o da ascoltare da voce narrante. Dagli 8/9 anni in poi, secondo
il proprio amore per la lettura e il mondo dei cuccioli, degli animali...
A quest'opera io ed Elisabetta Basili, sensibile e talentuosa illustratrice di altri miei libri, abbiamo dedicato molta cura.
Doveva essere davvero un bel libro da gustare, per cui appassionarsi e scoprire
cosa significhi accogliere un cucciolo, averne cura e come una presenza così
possa trasformarsi in un dono reciproco di grande impatto per l'esistenza.
Qualcosa che in tantissimi possono condividere per divertirsi, emozionarsi e
farne uno strumento educativo. Una storia vera, semplice, ma anche
straordinaria, come è appunto la vita di ciascuno a saperla vedere e scoprire.
Riporto volentieri l'efficace commento editoriale:
"Bach è un cucciolo intraprendente. Impara molti segreti sulla vita, dopo aver lasciato mamma e fratellini, per essere adottato da Cristina, una bambina che ha imparato come fa bene prendersi cura di un amico a quattro zampe. Il buon cuore e il coraggio faranno scoprire a Bach molti altri amici, fra cui Mino che, grazie all’incontro con il cucciolo e al suo affetto, riuscirà finalmente a parlare.
Un racconto che valorizza l’accoglienza,
la diversità e la cura delle relazioni per superare il disagio, anche con l’aiuto
di un amico a quattro zampe.
Questo racconto accompagna un bambino o una bambina a
scoprire la bellezza della compagnia di un cagnolino, con la sua storia e la
sua scoperta del mondo degli umani, sviluppando l'empatia e responsabilità
verso gli animali, che diventano occasione di buone prassi per guarire, per
ritrovarsi e per relazionarsi. Uno strumento per comprendere attraverso il
racconto quale ruolo può avere la pet terapy."
A questo link tutte le informazioni utili. A presto!
https://www.amazon.it/dp/B0DR35S6Z5?ref_=pe_93986420_774957520
pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
martedì 11 febbraio 2025
Nuova veste editoriale per "DALL'ALTRA PARTE DEL MONDO STORIA DI VERA E TRYSA" Amicizia, musica, amore narrati agli adolescenti
"È stato allora che sono arrivati alcuni amici del
conservatorio che, percepite da lontano certe note musicali, hanno subito
distinto qualcosa di particolare: ascoltare la musica, studiarla, suonarla e
risuonarla, ci rende sensibilissimi e l’udito si fa attento e vibrante."
Vera e Trysa sono due giovani che condividono, tra avventure
e divertimento, una forte passione per la musica ed il violino.
Attorno a loro si muovono amici, innamorati, compagni di
conservatorio, un liutaio straordinario e un personaggio misterioso e
fantastico, ma determinante, soprattutto quando una di loro dovrà andare molto
lontano.
Un romanzo ricco di empatia e umanità, dove i valori della
vera amicizia, dell’amore e del rispetto reciproco resistono oltre le
difficoltà e superano il tempo, lo spazio e la separazione, nella certezza che
ciò che è fatto per amore resta per sempre.
La musica fra queste pagine assume un ruolo fondamentale per raccontare la vita e le emozioni, la resilienza e la bellezza. Un romanzo per chi ama la musica e vuol coinvolgere in questa passione ragazze e ragazzi e che ha trovato calorosa accoglienza presso i giovani.
https://www.amazon.it/Dallaltra-parte-mondo-Storia-Trysa/dp/B0DR2CM9MN
Pane. olio e inclusione
Paolo Limonta, presidente del CIAI e maestro milanese, amatissimo da schiere di bambini, pubblica un commento a una notizia che apre molti interrogativi sulla nostra cura di bambine e bambini, che sono le donne e gli uomini di domani.
La notizia non è nuova, purtroppo: le colpe dei genitori (la mensa scolastica va pagata, certamente!!!) non dovrebbero ricadere così sui loro figli, in una comunità inclusiva, perchè, è chiaro in questi giorni neri per le vicende che ci sommergono, o tendiamo all'inclusione o siamo esclusi tutti.
Occorreva trovare forme di intervento e di prevenzione? Forse gli amministratori le hanno percorse e non hanno trovato alternative? Si legge che il buco è già molto forte per le casse comunali, ed è giusto chiedere agli inadempienti di assolvere al loro compito di genitori. Gli amministratori hanno ragione, ma i bambini... quelli vanno salvaguardati. E confido nell'intelligenza emotiva e nella professionalità degli insegnanti nel sapere trasformare questo incidente in un momento di condivisione educativa. Insieme si può tanto, spesso tutto.
Dunque, scrive oggi Paolo Limonta:
"Leggo che gli eroici amministratori del Comune di Montevarchi hanno costretto le bambine e i bambini, i cui genitori non hanno pagato la quota della mensa, a mangiare esclusivamente pane e olio mentre i loro compagni, seduti al loro fianco, consumavano regolarmente i loro pasti. Non ho sufficienti parole per esprimere il mio profondo disgusto per questi adulti che offendono e umiliano i loro piccoli cittadini senza nemmeno lontanamente immaginare i danni che provocano.Mi auguro che le maestre e i maestri presenti in mensa abbiano provveduto a dividere i pasti (e anche il pane e l’olio) tra tutte le bambine e i bambini presenti. Noi educatori non possiamo e non dobbiamo sottostare alle ingiustizie..."
Pubblicato da Annamaria Gatti
Foto Arezzo notizie
venerdì 7 febbraio 2025
Che bella la diversità! Un albo coloratissimo
L'idea
centrale di questo coloratissimo e originale albo è che un topo, un gatto, un
cane, un lupo, un uomo e una donna che vivono nella paura di essere aggrediti e
annientati proprio in questa sequenza, in effetti hanno scordato l'unica
verità: la differenza è un valore ed è sciocco averne timore.
L'unico
saggio in questo racconto è alla fine un bambino, che riesce a riconoscere la
bellezza di questa diversità ed esclama rivolgendosi a tutti questi
protagonisti di scoperte e paure: CHE MONDO MERAVIGLIOSO, COSI' RICCO DI
CREATURE DIVERSE!"
Non è dato
sapere come abbiano reagito i vari personaggi a questa sorpresa: forse la donna
non sarà scappata vedendo il topolino, forse il cane avrà familiarizzato con il
lupo, che a sua volta avrà guardato all'uomo spaventato con più fiducia, dopo
aver scoperto di averlo solo confuso con un probabile cacciatore...
L'albo
arriva a proposito, in tempi dove la diversità diventa spesso condanna e la
prepotenza sta cavalcando proprio la
paura del diverso per prendersi il potere di fare tragiche scelte in proprio
favore, assolutamente contrarie ai
valori più sacri del rispetto per la vita.
Meno male ci
sono i bambini che, se non plagiati da adulti disorientati e paurosi , sanno riconoscere
la bellezza e provare la felicità che il mondo così vario donerebbe a piene
mani a tutti.
E' il
messaggio di questo un cartonato brillante, caratterizzato da occhi allucinati
dai pregiudizi, tutti tranne uno: lo sguardo di un bambino, che ci pare
invitarci a continuare la storia e ad attualizzarla nella nostra vita.
Pubblicato
da Annamaria Gatti
mercoledì 5 febbraio 2025
Ad amare (per sempre) ci si educa di Ezio Aceti e Stefania Cagliani
martedì 4 febbraio 2025
Crescere come coppia con i propri figli
Non solo i figli
crescono
di Lucia Coco Psicoterapeuta
Fonte: Città Nuova 5 Febbraio 2025
Se la coppia è in salute anche la famiglia sta bene:
l'evoluzione dei rapporti fra i genitori e in relazione ai figli
Raffele Mastromarino, analista transazionale, ha prodotto un
lavoro molto interessante che parte da una premessa fondamentale: si può essere
buoni genitori, ci si può prendere cura dei figli in maniera efficace a
condizione che si sia in grado di prendersi cura di sé stessi. Questo porta la
coppia quindi a chiedersi: in che maniera ci stiamo prendendo cura di noi come
singoli individui e come coppia?
Spesso la cura dei figli travolge i genitori che sono così
proiettati verso i figli da dimenticare sé stessi e la loro relazione. Occorre
quindi un’inversione di tendenza e Mastromarino suggerisce, quindi, ai genitori
un lavoro su sé stessi per ogni fase di sviluppo dei loro figli a partire dallo
stadio dell’esplorazione, poi della prima separazione, quello della
socializzazione, della scolarizzazione e della costruzione delle competenze,
fino a quello dell’adolescenza per approdare, infine, a quello del giovane
adulto.
L’intuizione geniale di R. Mastromarino è stata quella di
esaminare per ogni stadio evolutivo del figlio i bisogni del figlio in quello
stadio, i suoi compiti, ciò che il figlio deve imparare in quello stadio, ma
anche il compito del genitore rispetto a quello stadio (cioè ciò che un
genitore deve trasmettere al figlio a seconda dell’età del figlio) e infine ciò
di cui il genitore stesso ha bisogno per assolvere al compito di prendersi cura
del figlio.
Il primo stadio è quello che va da 0 a 6 mesi ed è lo stadio
dell’esistere. In questo stadio il bisogno del bambino è esistere. Quindi il
compito del genitore riguardo al figlio da 0 a 6 mesi è dare al bambino il
permesso di esistere. Quando si parla di permessi in questo caso si parla di
comportamenti verbali e non verbali che il genitore può avere nei confronti del
figlio per permettergli appunto di esprimere i suoi bisogni.
Nello specifico in questa fase avere il permesso di esistere
significa per il bambino piccolo poter sperimentare di essere accolto così
com’è, nei suoi bisogni di essere nutrito, accudito, toccato, visto.
Specularmente un genitore di un bambino che va da 0 a 6 anni ha bisogno di far
propri gli stessi permessi ad esistere che invia al figlio e quindi di aver
cura anche lui di sé come fa riguardo al figlio in vari modi, per esempio,
curando la propria alimentazione, ristrutturando i propri tempi e modi di riposarsi.
Poi arriva la fase che va dai 6 ai 18 mesi chiamata stadio
dell’esplorazione, in questo stadio i bisogni del figlio sono quelli di
sviluppare la propria consapevolezza nel fare le cose. Quindi il compito di un
genitore riguardo al figlio in questo stadio è dare al figlio il permesso di
fare, di dirgli cioè: va bene che tu vada per il mondo, a esplorare sapendo che
allo stesso tempo qualcuno, quando tu vuoi, si prende cura di te.
Di conseguenza in questo stadio il bisogno del genitore e il
compito verso sé sarà quello di far propri gli stessi “permessi di fare” che si
inviano al figlio. Prendersi cura di un bambino che esplora può essere
veramente stancante; per questo è importante che il genitore periodicamente si
distragga e abbia sostegno: riposandosi, nutrendosi e procurandosi ciò di cui
ha bisogno magari.
Segue lo stadio che va dai 18 mesi – 3 anni o stadio della
prima separazione. È la fase in cui il figlio ha il bisogno di sapere che va
bene spingersi, rischiare, provare, scoprire limiti, dire di “no”, diventare
separati. E di conseguenza il compito dei genitori riguardo al figlio è dargli
il permesso di sperimentare ed esaminare, scoprire i propri limiti, dissentire
e diventare una persona separata da sé. Di conseguenza in questo stadio il bisogno
del genitore e il compito verso sé è quello di far propri gli stessi “permessi
di pensare” che si inviano al figlio.
Poi c’è lo stadio dai 3 – 6 anni o stadio della
socializzazione, dell’identità e dell’immaginazione. Durante questa fase di
sviluppo il bambino ha un particolare interesse all’altro sesso, alla potenza,
e all’impotenza, alla fantasia e alla realtà, alla creazione e alla distruzione,
alla malattia e alla salute.
Quindi il compito dei genitori riguardo ai figli è dare dei
permessi per affermare il proprio potere e la propria identità, per dire che va
bene avere una propria visione del mondo, va bene esplorare chi si è e scoprire
come si è fatti, va bene esprimere in modo diretto quello che si sente. E quali
saranno i bisogni dei genitori e “compiti” verso di sé? Si tratterà di far
propri gli stessi permessi per affermare il proprio potere e la propria identità
che inviano al figlio.
Da 6 a 12 anni a seguire c’è lo stadio della preadolescenza,
della creatività, della costruzione e dell’essere competenti. In questa fase i
bisogni del figlio sono relativi alla strutturazione del tempo, ai contatti e
la pressione del gruppo dei pari, alla definizione della realtà, alla relazione
con l’autorità, all’elaborazione dei giudizi e all’affrontare comportamenti
appropriati.
In questa fase il compito dei genitori riguardo al figlio è
di dare i cosiddetti permessi per la struttura, cioè va bene fare le cose a tuo
modo, va bene pensare prima di far diventare tua una regola, va bene che sia in
disaccordo con me (che esprima pareri contrari), va bene che abbia i tuoi
principi morali.
In questo stadio i bisogni dei genitori e “compiti” verso di
sé sono di far propri gli stessi “permessi per affermare la propria struttura”
che inviano al figlio, risolvendo i problemi di fare le cose a proprio modo
seguendo i propri principi e la propria morale.
Si arriva infine agli ultimi stadi: quello dell’adolescenza
e separazione (12-19 anni). In questa fase si ripetono gli stadi precedenti ad
un livello più sofisticato e si ha il bisogno di decidere che va bene crescere,
essere sessuali ed avere successo.
I compiti dei genitori riguardo ai figli riguarda il dare
permessi di essere sessuali e di separarsi. Cioè: va bene che tu abbia una tua
identità sessuale, che abbia un posto tra gli adulti e che abbia successo. Va
bene che sperimenti e conosca la tua identità. Va bene che tu sia come ti piace
essere. Quando andrai via di casa sarai sempre il benvenuto quando ritornerai.
Ti voglio bene e il mio amore ti seguirà ovunque tu vada.
Rispetto a sé stessi parimenti occorre far propri gli stessi
“permessi di essere persone sessuali e persone separate” che si inviano al
figlio, risolvendo i problemi sessuali e di separazione che vengono stimolati
da un figlio adolescente.
Infine, l’ultimo stadio da 19 anni in su, lo stadio del
giovane adulto e dell’emancipazione. Questa fase permette di maturare
sessualmente e sviluppare tutte le abilità fisiche ed intellettuali e
sperimentare i vari ruoli nella veste di adulto. I compiti dei genitori
riguardo ai figli sono di dare permessi per il riciclo dei diversi stadi e per
l’interdipendenza e i bisogni dei genitori e “compiti” verso di sé sono di far
propri gli stessi “permessi per l’interdipendenza e il riciclo dei diversi
stadi di sviluppo”, risolvendo i problemi che emergono stando in contatto con
un giovane adulto.
I genitori in questo stadio possono fare un’esperienza
importante: quella di ricordare che l’adolescenza per i figli termina con la
rinuncia dei genitori al controllo sulla loro prole comunicando loro: «Non
controlleremo più il vostro comportamento, ora siete padroni di voi stessi. Noi
sappiamo che voi siete indipendenti e che noi siamo separati da voi e sappiamo
prenderci cura di noi stessi. Siete liberi di andare e venire quando volete».