Ci sono momenti nella vita
in cui restare diventa impossibile.
Non perché manchi il coraggio,
ma perché la realtà cambia le regole.
Qualcosa si incrina.
Qualcosa minaccia.
E la vita chiede una cosa sola:
muoviti.
Il Vangelo di oggi non racconta una nascita serena.
Racconta un passaggio.
Un bambino portato via di notte.
Una famiglia in fuga.
Il futuro che diventa incerto.
E qui c’è una verità essenziale:
il Natale non è una scena ferma.
Il Natale cammina.
Dio non nasce quando tutto è a posto,
ma mentre la vita è instabile.
Non nasce per toglierci il rischio,
ma per starci dentro.
Giuseppe non discute con il sogno.
Non chiede spiegazioni.
Non pretende garanzie.
Fa una cosa più difficile:
si alza.
Alzarsi significa accettare
che ciò che eri non basta più.
Che ciò che avevi costruito
non ti protegge.
Che la sicurezza non è un luogo,
ma una relazione con ciò che è vivo.
Quante volte anche noi
siamo chiamati ad alzarci così.
Da un’idea di noi stessi.
Da una relazione.
Da una fase che non regge più.
E spesso lo viviamo come un fallimento.
Ma forse è solo un passaggio.
Il Vangelo parla di fuga,
ma non di vergogna.
Parla di Egitto,
ma non di punizione.
L’Egitto è il luogo dove si sopravvive,
dove si resiste,
dove si protegge ciò che è fragile.
Tutti abbiamo un Egitto.
Un tempo o un luogo
in cui non stiamo bene,
ma stiamo abbastanza
per non perdere tutto.
Accettarlo non è debolezza.
È sapienza.
Poi arriva il ritorno.
Ma non come ce lo aspettiamo.
Si torna a Nazaret.
Un luogo piccolo.
Semplice.
Vero.
Forse anche per noi tornare
non significa tornare come prima,
ma tornare più veri.
Meno armati.
Più umani.
Questo Vangelo non promette protezione assoluta.
Promette presenza sufficiente.
E forse il messaggio più profondo è questo:
non tutto ciò che ti sposta ti distrugge.
A volte ti salva.
Se oggi ti senti in fuga,
o in un luogo che non hai scelto,
non giudicarti.
Chiediti piuttosto:
che cosa sto custodendo?
Perché il Natale è questo:
una luce che non ci ferma,
ma ci accompagna.
Una presenza che ci insegna
a proteggere ciò che è fragile
mentre continuiamo a vivere.
E la tua Nazaret esiste.
È il luogo semplice
in cui puoi smettere di resistere
e ricominciare a vivere.
Don Stanislao Esposito
pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
Foto: La fuga in Egitto da Pontificio Collegio Leoniano
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