Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

sabato 31 agosto 2024

Bambini e bambine in una prima classe speciale?

 

Da decenni mi occupo di prevenzione, benessere scolastico e in particolare di inclusione. Come insegnante e psicologa ho lavorato per aggiornarmi continuamente e formare docenti, in collaborazione con validi colleghi e dirigenti. 

Dagli anni settanta ho vissuto i cambiamenti e l'evoluzione  della società e della scuola, visti i bisogni emergenti e le  attuazioni di pensiero, di cultura, di pedagogia e di didattica. 
Con tanti colleghi ho condiviso i disagi e le difficoltà dell'insegnamento, ma abbiamo sempre insieme lavorato, studiato i maestri pionieri della buona scuola e della psicopedagogia e verificato quanto sia vincente scegliere bene e lasciarsi conquistare dalla meraviglia quotidiana di bambini e bambine pronti a fiorire e desiderosi di contare per quegli adulti che hanno scelto questa professione.

Sapere che nella bellissima città di Bolzano qualcuno possa aver pensato di creare una classe prima per bambini di famiglie migranti e bambini italiani che non conoscono la lingua tedesca, mi stupisce e mi delude. Le informazioni in merito sono poche, si comprende che si voglia garantire ai bambini di lingua tedesca una migliore possibilità di apprendimento avanzato, senza attendere chi sta imparando il tedesco, che necessita evidentemente di momenti specifici di apprendimento. E cosa si fa per gli altri? Sono stati precedentemente valutati? La classe speciale è proprio l'unico strumento applicabile penalizzando per tutti, di lingua madre tedesca o no,  altri aspetti educativi? 
Esistono studi linguistici in proposito che vale la pena conoscere ed applicare per non temere di abbassare il livello di apprendimento. Esistono inoltre anche scuole che promuovono curricoli ad hoc senza incorrere in formazioni di classi speciali, che tra l'altro non sono ammesse da disposizioni ministeriali (L.118/1971 e L.517/1977), nel rispetto dell'articolo 34 della Costituzione.

Ho fiducia negli insegnanti appassionati della professione e nei dirigenti preparati e autorevoli. E' vero, oggi capitare in una buona scuola è una fortuna, purtroppo. Molto c'è da fare per garantire a tutti i bambini una felice esperienza scolastica. Ma occorre anche segnalare quante buone prassi vengono attuate da insegnanti preparati, responsabili e sensibili.

Sono certa che nell'istituto di Bolzano il collegio docenti abbia formulato una collaudata offerta formativa per tutti e in un'ottica inclusiva e di warm cognition, sapendo appunto che per ben imparare occorre un clima caldo e accogliente, occorre presentarsi ed essere alleati dei bambini e delle bambine a loro affidati per poter far sbocciare i loro talenti e promuovere il loro benessere. Tutti insieme. Utilizzando le buone pratiche ormai diffuse e conosciute. 

Certo le classi separate/speciali non hanno mai aiutato il benessere di tutti, rischiano di  creare  distanza e opposizioni, sono foriere di disagio per entrambi i casi. Ma questo dipende dai docenti e dai dirigenti. Una scelta di questo genere crea confusione e ansia e pare non tener conto dei principi pedagogici e psicologici che dovrebbero aiutare una effettiva crescita intellettuale e socioaffettiva di ogni bambino a scuola. 

Ma soprattutto contrasta con la mente e il cuore delle bambine e dei bambini che si stanno preparando alla prima classe, un momento magico che ha bisogno di accoglienza, di benevolenza, di sentire alleati e vicini i propri insegnanti e i compagni, senza distinzioni così come quelli appena lasciati al Kindergarten (molti di loro forse hanno frequentato una scuola dell'infanzia di lingua tedesca)  o alla scuola dell'infanzia.
 
E' faticoso insegnare in una classe con diversi livelli di apprendimento e quindi diversi bisogni, magari speciali? Sì, decisamente...  ma tutte le classi sono così esigenti. Vince chi (dirigenti, insegnanti, famiglie e istituzioni, amministrazioni e media) crea un solido rapporto di alleanza per gestire la complessità. E' un impegno forte, ma si può costruire così un mondo scolastico sereno e ricco, valorizzando le diversità e mettendo in circolazione semi di solidarietà e di pace, di cui abbiamo tanto bisogno. 

Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it

lunedì 26 agosto 2024

E se venisse nella tua scuola Uffabaruffa?

 

Uffabaruffa piomba sulla spiaggia, scaraventata dalla scopa magica 
dopo l'inquietante incontro con il Gran Consiglio delle Streghe

Facciamo un castello? Ma tu sei una strega?... Perchè non fai la fata?

Inutile ripeterlo: Uffabaruffa a scuola si trova benissimo, così come in tanti altri contesti... ma certo fa di tutto per stare in compagnia dei bambini e di chi con i bambini ci vive ! Per esempio...
L'esperienza della presentazione laboratoriale on line è stata un momento divertente per tutti. Un centinaio gli iscritti (moltissimi insegnanti) con possibilità di rivederla. 
Ci siamo emozionati,  nel rivivere qualche momento della storia, ma soprattutto quando abbiamo seguito dal vivo la matita di Laura Cortini, che ha tracciato e arricchito l'immagine della nostra protagonista "strega ma fata" in diversi contesti.
Ci ha fatto piacere sentir definire post moderni il racconto e  le illustrazioni, nati nel 1996 e ora attualissimi... e forse qualcosa in più. 
Laura ed io siamo grate all'editore per aver voluto arricchire con una appendice di giochi il volume con i tre filoni di proposte:  
  • per conoscere se stessi e accrescere l’autostima,
  • per superare i pregiudizi, accogliere tutti, saper scegliere,
  • per rinforzare empatia e resilienza.

                       
Uffabaruffa non si smentisce mai STA CON I BAMBINI E FA. Non chiacchiera, ma  coinvolge lettrici e lettori nei giochi " per conoscersi e vivere felici" Perchè si può!

E ora auguriamo a Uffabaruffa come sei buffa ancora una lunga vita fra le pareti domestiche, le biblioteche e le scuole!

Già perchè una delle costanti è proprio la presenza nelle scuole, dove Uffabaruffa ha fatto in tanti anni (26!) dalla prima edizione con Città Nuova, premiata e tradotta... e trasformata in musical in Argentina...

E la direttrice Elvira Zaccagnino de "la meridiana"  ha proprio sottolineato questa presenza vincente: 

"Immagino questo libro diventare uno strumento in mano ai docenti attenti. Lo vedo entrare nelle scuole e dare vita a momenti di aggregazione, di comunicazione delle proprie emozioni e delle proprie esperienze. condividendole con gli altri bambini e bambine e insegnanti, un punto assolutamente privilegiato di osservazione e di raccolta di idee e informazioni sugli alunni, nel momento dell'entrata a scuola, dell'inserimento inclusivo e dell'ascolto e della conoscenza reciproca..."


E se venisse davvero Uffabaruffa nella tua scuola? 



sabato 24 agosto 2024

Intervista ad Annamaria Giarolo e Annamaria Gatti. Intorno al libro "Io amo la scuola Come insegnare e stare bene in classe"


Pubblicato da Annamaria Gatti


Con piacere continuo a  riscontrare che molti insegnanti (e non solo) apprezzano il contributo dato da questo libro, apprezzato in Italia in numerose presentazioni, convegni, momenti formativi e  di aggiornamento, anche in corsi on line. (Qualcuno mi ha simpaticamente  confidato che se lo tiene sul comodino per trovare supporto nei momenti difficili!😁)

Ringrazio ancora, attraverso la direttrice Elvira Zaccagnino,  l'editrice La meridiana, che lo ha ospitato nella Collana Partenze, dopo un professionale accurato lavoro di editing, che sempre caratterizza questa realtà editoriale pugliese. 

           Io amo la scuola      Come insegnare e star bene in classe,  
è un lavoro a quattro mani  svolto con  Annamaria Giarolo, che ha ne ha curato la ricca  parte teorico-tecnica.  Io ho collaborato in particolare con l' apporto narrativo, incentrato sulla figura della maestra Laura che racconta la sua esperienza professionale e conclude ogni narrazione con un tuffo in un angolo della sua vita personale, perchè:
  • persone si è sempre e  ovunque e quando insegni ed educhi la tua persona fa la differenza e la qualità delle relazioni e dell'insegnamento. 
Non manca nulla: 
  • la classe, i colleghi, le famiglie, le difficoltà e le buone prassi, gli errori, le soluzioni, le fonti, le criticità sociali, i conflitti e le risorse generazionali,  i dirigenti, la legislazione, le linee guida, metodi e strategie...
  • Un manuale quindi, 10 problemi affrontati e raccontati, 
  • un manuale consultabile agilmente nelle parti teoriche e in quelle esperienziali. 

Per conoscere meglio questo lavoro pubblico le interviste a noi autrici a suo tempo pubblicate dal Centro Ermes di San Bonifacio. Voglio ringraziare Annamaria Giarolo per aver creduto in questa avventura e per avermi invitato a condividerla.

Intervista di Adriano Lubrano ad Annamaria Gatti

Annamaria, perché hai deciso di far interpretare il tuo contributo alla maestra Laura?

Grazie per una  domanda che va al cuore della scelta un po’ insolita e che è stata da noi pensata proprio per favorire il lettore.
Un manuale autorevole potrebbe essere ancora  più convincente se corredato da esperienze, infatti nel mio percorso ho sperimentato quanto la narrazione “prenda” , incontri e solleciti la motivazione e la sensibilità di chi legge a  vari livelli, emotivi e cognitivi. Ecco perché la terza sezione di ogni capitolo racconta la scuola vista dalla maestra Laura.
La scuola è fatta di persone, di bambini e insegnanti… e non solo! E’ una costellazione che compone la vita, un tessuto  ricco di opportunità, di grandi ideali, di difficoltà e  di disagi da superare  tutti insieme. Capacità umane e sociali si fondono con le competenze e danno risultati che devono tendere alla qualità, possibilmente all’ eccellenza.  
Una di queste persone di scuola  è Laura, una maestra qualsiasi, una docente in cui si può rispecchiare qualsiasi insegnante , con le sue difficoltà e soprattutto con la sua ricerca di fare bene, che si incontra e si scontra con la realtà scolastica, spesso difficile. Intorno a lei prima di tutto  i bambini, ma non solo… sono presenti nel racconto anche gli altri insegnanti, perché insegnare lo si fa in team. Sono uomini (sì,  anche uomini in una scuola primaria!) e donne con il loro vissuto, le loro esperienze, la loro competenza, giovani e meno giovani, motivati o meno, convinti o no che questa professione sia davvero coinvolgente.
Indicazioni di lavoro, strategie e soluzioni possibili, riferite ai contenuti  tecnico-teorici,  narrate in questi episodi di vita scolastica, stimolano l’interesse alla consultazione, consolidano la convinzione a maturare le acquisizioni pedagogico-didattiche, condividendole,  studiando e prestando una grandissima attenzione al tesoro portato e comunicato dai bambini e dai ragazzi a scuola.

Quanto c’è della tua esperienza personale nella figura e nelle esperienze di Laura?

Per  ogni tema  mi sono rifatta ad esperienze scolastiche dirette , ho accompagnato Laura nella quotidianità di una professione complessa, che va vissuta superando le difficoltà per stare bene. E se stanno bene i bambini, stanno bene anche gli insegnanti.  Dagli anni settanta ad oggi la scuola ha subito molti cambiamenti e scelte di valore, che ho condiviso con molti colleghi e grazie all’entusiasmo comunicato da grandi maestri, che hanno saputo aprire le menti  a nuovi orizzonti. Il mondo scolastico si è scontrato con problemi sociali e culturali epocali che hanno segnato le innovazioni  ma anche  limitato molte  buone prassi. Non è facile fare scuola oggi. Per questo molto volentieri mi sono affiancata ad Annamaria Giarolo per contribuire, pur con un piccolo strumento, a camminare accanto agli insegnanti , per condividere la fatica e la bellezza di educare insegnando.

Uno dei capitoli del libro è dedicato ai bambini ed ha come titolo uno dei luoghi comuni più ripetuti: “Non ci sono più i bambini di una volta.” Qual è il tuo pensiero, a questo proposito?

I bambini di una volta erano amati o poco rispettati , come accade ora. I bambini hanno bisogni primari che sono sentirsi incontrati, accolti, fare esperienza del  rispetto e dell’amore per la loro crescita, la loro vita.
Questo manuale è per gli insegnanti , ma abbiamo in cuore i genitori, a cui è affidato il compito primario di  promuovere in loro una sana crescita, compito complesso di cui molti sentono il peso e l’impreparazione in una società conflittuale e liquida. Non ci sono più neppure i genitori di una volta, ma incontriamo anche genitori alla ricerca, creativi, aggiornati e per nulla illusi che sia facile, ma coraggiosi!
Ora… E’ un onore lavorare per i bambini e con  i bambini. Ieri come oggi. Ma è necessario conoscere l’infanzia e i processi dell’adolescenza, partendo proprio dalla consapevolezza che possono trovare le risorse in se stessi,  se vengono messi nelle condizioni di trovare fiducia e attenzione.
Abbiamo coscienza che sono il frutto di questa nostra società in evoluzione: possiamo esimerci dal considerare questo aspetto? Possiamo fare scuola come qualche decennio fa?  Possiamo pensare che ragazzi di oggi possano vivere, conoscere, studiare e crescere come quelli di una volta? Lo sanno bene i maestri e i professori  illuminati e anche loro alla ricerca. E dovrebbero essere tutti messi nelle condizioni di formarsi, perchè la lezione frontale non è più efficace oggi, perché l’intelligenza emotiva e quella cognitiva interagiscono strettamente… perché occorre avere strumenti idonei per mettere i bambini e i ragazzi nelle condizioni di imparare con la gioia di farlo e di condividere con i compagni di percorso le scoperte e le difficoltà.


Per concludere: cosa ti aspetti dai lettori di questo manuale?

Spero trovino questa proposta lieve e agevole, pur nella sua complessità e rigorosità.
Io posso consultare questo manuale con modalità differenti ed efficaci.
Posso scegliere il capitolo di interesse ed addentrarmi  indifferentemente fra le tre sezioni dedicate alla problematica, alla pedagogia e didattica o alla sezione applicativa con la narrazione.
Ognuna riporta alle altre due,  in una interazione  facilmente fruibile. Posso iniziare,  per esempio, anche leggendo cosa  accade nella giornata scolastica della maestra Laura e da lì comprendere poi le analisi e i rimandi strategici o legislativi, sintetizzati in schede molto accurate.
Mi aspetto in  qualche insegnante, forse stanco e sfiduciato, si risvegli il desiderio di provare a fare della professione una fonte di gioia e di fiducia nella vita. Mi aspetto che chi ha scelto di insegnare  trovi  in questo piccolo strumento un alleato nel percorso di  docente.


Intervista di Adriano Lubrano ad Annamaria Giarolo

Annamaria, perché hai deciso di scrivere questo libro?
Perché sentivo il bisogno di “smontare” dei luoghi comuni della vita quotidiana a scuola. Luoghi comuni che, spesso, sono di impedimento o di intralcio al buon andamento delle attività. Per questo, ho individuato dieci temi di fondo, cercando di delinearne i rischi ma anche le potenziali opportunità. Per esempio, “Non ci sono più i bambini di una volta” oppure “Il problema sono le famiglie!”: analizzando questi problemi/stereotipi ho proposto delle soluzioni.

Allora, la struttura dei capitoli corrisponde alla tua esperienza?
Certamente, se diamo una scorsa all’indice leggiamo, oltre ai luoghi comuni già citati: Non c’è mai tempo per fare tutto, Quest’aula è troppo piccola!, Non darò mai dieci!, Nel ciclo precedente le cose erano molto diverse, Non ho più l’età… Questi titoli rispecchiano proprio un andamento quotidiano ancorato a vecchi schemi presenti in quelle “lamentazioni degli insegnanti stressati” cui accenna il prof. Cornoldi nella prefazione. L’obiettivo del libro è superarli per trovare modalità nuove e diverse, per una vita in aula (quindi mi riferisco a insegnanti, alunni ma anche ai genitori) improntata al benessere. Più si sta bene, meglio si lavora.

Infatti, il prof. Cesare Cornoldi, nella prefazione al libro, riconosce che si tratta di “dieci problemi tipici dell’insegnante” legati alla realtà scolastica che avete vissuto, lodando poi l’equilibrio e la concretezza della trattazione. A questo proposito, come sei riuscita a svincolarti da esperienze per te coinvolgenti e a mantenere un sostanziale distacco dalla tua esperienza di lavoro?
Per me, l’insegnamento non è una missione (altro luogo comune) ma una professione altamente qualificata perché ha un obiettivo altissimo, formare i cittadini. Questa professione richiede da parte di ogni docente, una sorta di manutenzione continua, fatta di studio, approfondimento, revisione delle proprie modalità di lavoro. Per questo, ho cercato di considerare il mio lavoro da un altro punto di vista, quello della ricerca pedagogica.
Così, i capitoli scritti da Annamaria Gatti sono valsi a sceneggiare e rappresentare in una storia, quella della maestra Laura, i contenuti “da manuale” dei capitoli scritti da te?
Esattamente, sì. Un modo per riportare dentro l’aula l’approfondimento teorico. Il libro è infatti ricco di tabelle e schemi di lavoro. Il lavoro di Annamaria Gatti è servito a far sì che ogni insegnante si possa riconoscere, tramite la figura della maestra Laura, nella propria quotidianità.
Per concludere, cosa, in concreto, vorresti trasferire a chi leggerà Io amo la scuola? Cosa ti aspetti dalla lettura di questo manuale?
Mi auguro un cambiamento, certamente. Vorrei che la scuola fosse una comunità in cui star bene e prendersi cura gli uni degli altri, insegnanti, dirigenti, alunni e famiglie. Una scuola in cui insegnare e apprendere sia un piacere. Mi piacerebbe dare ai colleghi, come afferma il prof. Cornoldi, “lo stimolo per rafforzare, se già le hanno, o per recuperare, se le hanno temporaneamente perse, le emozioni positive di questa magnifica professione che è l’insegnamento”.

lunedì 19 agosto 2024

Scuola: e se mettessimo una panchina per chi si sente solo?

 

LA PANCHINA DEGLI AMICI

Ormai è prossima l'apertura della scuola (mancano una manciata di preziosissimi giorni!) e per questo condivido una semplicissima prassi scolastica, che molti conosceranno e che, fortunatamente, rischia di essere un piccolo segnale, ma di grande attenzione educativa.

Parto dalla narrazione di una mamma (piccole storie) che sui social racconta: 

"Passeggiando nel cortile della scuola di mio figlio, noto una panchina dipinta di rosso vivo. Ho chiesto a mio figlio: "È l'unico posto dove sedersi qui?" Lui ha risposto: "No, quella è la panchina degli amici. Quando qualcuno si sente solo o non ha nessuno con cui giocare, si siede lì e gli altri bambini gli chiedono di giocare." Oh, incredibile! Gli ho poi detto quanto fosse meraviglioso e gli ho chiesto se l'aveva mai usata. Lui ha detto: "Sì. Quando ero nuovo mi sono seduto lì e qualcuno è venuto a chiedermi di giocare. Mi sono sentito felice. E adesso, quando vedo dei bambini seduti lì, chiedo loro di giocare con me. Lo facciamo tutti."

L'obiettivo di far stare bene qualcuno con questo semplice escamotage è sicuramente perseguibile ed è direttamente proporzionale alla convinzione di fattibilità che si giocano gli insegnanti che la propongono. Ancora una volta non sono le parole a ottenere risultati, ma l'esempio, l'accompagnamento e il coinvolgimento degli adulti. Il saper so-stare. 

Per questo certamente occorre non improvvisare, ma scegliere una minuziosa e lungimirante preparazione e per questo provo a formulare possibili "istruzioni per l'uso", per insegnanti positivi ed empatici, certa che loro, i docenti, sono davvero una miniera di prassi interessanti da condividere: 

  1. raccontate con entusiasmo la faccenda nel vostro team, invitando i colleghi che lo desiderano ad appoggiare questa strategia e soprattutto a migliorarla nell' esecuzione e nella presentazione ai bambini.
  2. Scegliete con loro un angolo dell'aula o del cortile scolastico, del laboratorio, della biblioteca...
  3. Attrezzatelo con una panchina o comunque una seduta a misura di bambini.
  4. Chiedete ai bambini cosa potrebbe servire...
  5. Conducete la conversazione verso lo scopo: chi si sente solo (nuovi arrivi, momento difficile, incomprensioni, desiderio di nuovi amici, voglia di raccontarsi, delusioni scolastiche e dintorni...) può sedersi lì e qualcuno lo vedrà e provvederà!
  6. Non dimenticate di fare periodicamente una verifica (con tutta probabilità arriveranno  suggerimenti intriganti da bambine e bambini)
Ed ecco un altro gioco che ha avuto parecchi seguaci: il gioco dell'amico segreto


Buona avventura per questo anno scolastico. 
Non sarà facile ma insieme si può!
anche per noi adulti...
pubblica Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto da  Visit Lake Iseo

giovedì 15 agosto 2024

"Credo" (nei disegni dei bambini) di Simone Cristicchi


Simone Cristicchi ci ha consegnato da tempo un testo bellissimo. Poetico e profondo. Nel video il commento fotografico e musicale.

Lo condivido in questo giorno dedicato a Maria Assunta, che ha reso possibile, con il suo SI', un mondo nuovo attaverso  suo Figlio. A voi tutti amici del blog il piacere di condividere un video semplice e toccante.

...QUANTA BELLEZZA C'E' IN PIU'

DOPO IL TUO PASSAGGIO

SU QUESTA TERRA... 

...CREDO CHE IL PEGGIOR PECCATO SIA

DI NON STUPIRSI PIU' DI NIENTE...

https://www.youtube.com/watch?v=i9wG6mgc3Xc

CREDO

 Credo nello sguardo della Gioconda e nei disegni dei bambini

Nell'odore dei panni stesi e in quello delle mani di mia madre

Credo che quando la barbarie diventa normalità

La tenerezza sia l'unica rivoluzione

 

Credo che la vera gioia sia riuscire a sentirsi parte di un panorama incantevole

Pur non essendo altro che un minuscolo granello di sabbia

Credo che la lingua di Dio sia il silenzio e il suo corpo la natura

 

Credo alla potenza del soffione, quel piccolo fiore selvatico

Che cresce ostinato tra le pieghe dell'asfalto

E anche in mezzo a mille difficoltà riesce comunque a farcela

 

Credo nelle stelle cadenti, quelle che poi si rialzano e vanno avanti

Credo che chi non vive il presente sarà sempre imperfetto

Pure da trapassato, perché la vera sfida è debuttare ogni giorno

Tutto il resto è repertorio

 

Credo che non sia la bellezza che salverà il mondo

Ma siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza

Credo nell'amore sprecato, buttato via

In chi sa donarsi senza chiedere niente in cambio

 

Credo che alla fine del viaggio non ti sarà chiesto chi sei stato

O quanti soldi hai guadagnato, ma quanto amore

Quanta bellezza c'è in più dopo il tuo passaggio su questa terra

Credo che il compito dell'essere umano sia dare alla luce se stesso

E che la vita sia resurrezione

Togliere le convinzioni che ci tengono chiusi dentro un sepolcro

 

Credo che non ci sia peggior peccato che non stupirsi più di niente

E che tutta la scienza, l'intelligenza e la cultura del mondo

Resti muta davanti a questo grande mistero in cui tutti siamo immersi

Al miracolo di questa vita che va avanti

Nonostante tutto non si ferma e si trasforma ogni secondo

E tutto quello che noi sappiamo è che non capiremo mai

Tutto il resto lo chiederemo agli alberi


pubblica Annamaria Gatti
foto da pixaby - free

mercoledì 14 agosto 2024

Ma nello sport bisogna davvero "essere cattivi"?

   
Daniele Garozzo, Tokyo 2020


Qualcuno si sente di dire la sua su alcune tristi posizioni e di nessun aiuto alla formazione di persone in gamba. Meglio chiarire ai giovani poche cose, ma grandi, che stanno alle spalle dello sport, degli sportivi e delle medaglie olimpiche. 

Lo ha fatto opportunamente Daniele Garozzo, che, con umiltà ma anche con l'autorevolezza di un  campione mondiale e medico, ricorda al giornalista incauto e sprovveduto quali sono i veri valori dell'agonismo sportivo. Perseguiti e da vivere.

Un esempio per i giovani e i ragazzi. E penso alla fioritura di campionesse e campioni  di queste Olimpiadi e alle loro storie di vita che mertano l'entusiasmo riservato spesso a molti calciatori (loro sì, super pagati),

"Caro Aldo Cazzullo,

Sono Daniele Garozzo, campione olimpico, mondiale ed europeo di scherma, nonché medico. Mi piace pensare di essere un bravo ragazzo, come molti altri nella nostra disciplina.

Trovo piuttosto curioso, per non dire assurdo, il messaggio sottinteso nel suo articolo: che essere "cattivi" sia una qualità essenziale per vincere.

Questa idea è non solo falsa, ma anche diseducativa.

Affermare che "essere cattivi" porti alla vittoria sminuisce i successi di tanti atleti che, come me, hanno raggiunto i più alti traguardi grazie a impegno, sacrificio e una sana competitività.

La narrativa romantica del guerriero spietato potrebbe essere affascinante nei racconti epici, ma nella realtà dello sport moderno è fuori luogo e anacronistica.

Essere bravi ragazzi non significa essere deboli o meno competitivi.

Significa avere la maturità di comprendere che il vero valore dello sport sta nel rispetto delle regole, degli avversari e di se stessi.

È attraverso questo rispetto che si costruisce una carriera duratura e un esempio positivo per le generazioni future.

Inoltre, la trasformazione culturale e sociale che hai descritto non è una debolezza, ma una forza.

Atleti istruiti, rispettosi e consapevoli sono ambasciatori migliori per il nostro sport e per i valori che esso rappresenta.

La scherma non è solo una questione di medaglie, ma di carattere e integrità.

Invito tutti a riflettere su ciò che veramente rende grande uno schermidore.

Non è la cattiveria, ma la passione, l'impegno e la capacità di ispirare gli altri con il proprio esempio positivo.

 Daniele Garozzo"

pubblicato da Annamaria Gatti

foto da Repubblica

domenica 11 agosto 2024

Come gli animali domestici promuovono lo sviluppo dei bambini

Amici a quattro zampe maestri di vita

La dottoressa Dorotea Piombo propone dalle pagine del sito web di Città Nuova una interessante riflessione sul ruolo degli animali domestici nell'interazione con i bambini. La ripropongo sul nostro blog, certa di generare un utile confronto sul tema, talvolta sottovalutato o affrontato con leggerezza, che non aiuta a farne una grande opportunità educativa. E' infatti una ricchezza pedagogica poter fare l'esperienza di accompagnare un altro essere vivente con empatia, attenzione e generosità.

Fonte: Città Nuova - 9 agosto 2024

La relazione che si instaura tra bambini e animali domestici è un legame speciale, ricco di benefici per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei più piccoli. (ndr: ma anche dei più grandicelli) Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato come la presenza di un animale in famiglia possa contribuire in modo significativo al benessere psicologico dei bambini, migliorando la loro autostima, empatia e capacità di relazione.

I fratelli Giorgio e Sofia adoravano il loro cane, un bellissimo e tenero golden retriever di nome Leo. Giocavano insieme nel giardino, lo portavano a passeggio e lo coccolavano per ore. Leo era più di un semplice animale domestico, era un membro della famiglia a tutti gli effetti. Grazie a lui, i bambini avevano imparato il valore della vita, della responsabilità e dell’amore incondizionato. Poco tempo dopo, purtroppo, un giorno Leo si ammalò e se ne andò. Giorgio e Sofia furono distrutti dal dolore, ma grazie al supporto della famiglia e all’aiuto di uno psicologo, riuscirono a superare questo difficile momento.

 Come introdurre un animale domestico nel sistema familiare? Bisognerebbe scegliere l’animale giusto considerando l’età dei bambini, lo spazio a disposizione, il tempo che puoi dedicare all’animale e le eventuali allergie. È importante coinvolgere i bambini, lasciandoli partecipare alla scelta del nome e alle piccole cure quotidiane.

 È fondamentale insegnare la responsabilità. Bisogna spiegare ai bambini l’importanza di prendersi cura dell’animale, come dargli da mangiare, portarlo a passeggio e pulire la sua cuccia. Stabilire delle regole diventa fondamentale. Definisci chiaramente le regole da seguire in presenza dell’animale, come non tirargli la coda o non disturbarlo mentre dorme. 

Ricorda di supervisionare le interazioni, sorvegliando sempre la modalità attraverso cui i bambini si relazionano con il proprio animale, soprattutto nei primi tempi. Mostra ai bambini come prendersi cura degli animali con amore e rispetto, se dovessi aver bisogno di aiuto, non esitare a rivolgerti a un veterinario, a un educatore cinofilo o ad uno psicologo.

Informarsi è importante, quindi leggi libri e articoli sull’argomento per approfondire i benefici e le responsabilità legate alla convivenza con un animale domestico. I benefici di adottare un animale domestico si possono declinare in un miglioramento dello sviluppo emotivo, in quanto, gli animali domestici offrono ai bambini un ascoltatore paziente e incondizionato, favorendo lo sviluppo dell’empatia e della capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni. Prendersi cura di un animale domestico insegna ai bambini il senso di responsabilità e li aiuta a sviluppare un’autostima più solida.

 Interagire con un animale stimola lo sviluppo delle abilità sociali, migliorando la comunicazione non verbale e la capacità di giocare e collaborare con gli altri. La presenza di un animale domestico incoraggia i bambini a fare più attività fisica, riducendo il rischio di sedentarietà e obesità. Accarezzare un animale ha un effetto calmante sul sistema nervoso, riducendo lo stress e l’ansia sia nei bambini che negli adulti.

 Per gestire l’eventuale perdita dell’animale domestico è importante parlare apertamente, con i bambini, della morte dell’animale in modo semplice e sincero, usando un linguaggio adeguato alla loro età. Ricordando i bei momenti e incoraggiando i bambini a condividere i loro ricordi positivi dell’animale, perché è normale che i bambini provino tristezza, rabbia o confusione.

Lascia che esprimano liberamente le loro emozioni. Potete creare un album con le foto dell’animale o piantare un albero in sua memoria. Si potrebbe anche considerare l’idea di un nuovo animale, e, se i bambini sono pronti, potreste pensare di adottarne un nuovo ma è necessario attendere  l’elaborazione del lutto. 

La perdita di un animale domestico può essere un’esperienza molto dolorosa, soprattutto per i bambini. È importante che i genitori offrano ai propri figli un ambiente sicuro in cui poter esprimere le proprie emozioni e elaborare il lutto. Parlare apertamente della morte di un animale, ricordare i bei momenti passati insieme e incoraggiare i bambini a condividere i loro ricordi può aiutarli a superare il dolore e a trovare un nuovo equilibrio.

 Gli animali domestici sono compagni fedeli e preziosi per i bambini. La loro presenza in famiglia può avere un impatto positivo sullo sviluppo dei più piccoli, aiutandoli a crescere sani, felici e sicuri di sé. Tuttavia, è importante ricordare che la perdita di un animale può essere un’esperienza traumatica. Offrire ai bambini il giusto supporto emotivo è fondamentale per aiutarli a superare questo difficile momento e a continuare a trarre beneficio dalla relazione con gli animali. E come diceva Charles Darwin: “La compassione e l’empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo possa ricevere in dono”.

pubblicato da Annamaria Gatti