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martedì 20 novembre 2018

Intervista ad Annamaria Gatti e Annamaria Giarolo. Intorno al libro "Io amo la scuola Come insegnare e stare bene in classe"


Pubblicato da Annamaria Gatti


Nel post precedente ho presentato il libro
                                                        Io amo la scuola 
Come insegnare e star bene in classe, 
un lavoro a quattro mani  svolto con  Annamaria Giarolo, che ha ne ha curato la ricca  parte teorico-tecnica.  Io ho collaborato in particolare con l' apporto narrativo, incentrato sulla figura della maestra Laura che racconta la sua esperienza professionale e conclude ogni narrazione con un tuffo in un angolo della sua vita personale, perchè:
persone si è sempre e  ovunque e quando insegni ed educhi la tua persona fa la differenza e la qualità delle relazioni e dell'insegnamento. 
Non manca nulla: la classe, i colleghi, le famiglie, le difficoltà e le buone prassi, gli errori, le soluzioni, le fonti, le criticità sociali, i conflitti e le risorse generazionali,  i dirigenti, la legislazione, le linee guida, metodi e strategie...
Un manuale quindi, 10 problemi affrontati e raccontati, un manuale consultabile agilmente nelle parti teoriche e in quelle esperienziali. 

Per conoscere meglio questo lavoro pubblico le interviste a noi autrici. Voglio ringraziare Annamaria Giarolo per aver creduto in questa avventura e per avermi invitato a condividerla.

Intervista ad Annamaria Gatti  di Adriano Lubrano 
del Centro Ermes di San Bonifacio- Verona

Annamaria, perché hai deciso di far interpretare il tuo contributo alla maestra Laura?

Grazie per una  domanda che va al cuore della scelta un po’ insolita e che è stata da noi pensata proprio per favorire il lettore.
Un manuale autorevole potrebbe essere ancora  più convincente se corredato da esperienze, infatti nel mio percorso ho sperimentato quanto la narrazione “prenda” , incontri e solleciti la motivazione e la sensibilità di chi legge a  vari livelli, emotivi e cognitivi. Ecco perché la terza sezione di ogni capitolo racconta la scuola vista dalla maestra Laura.
La scuola è fatta di persone, di bambini e insegnanti… e non solo! E’ una costellazione che compone la vita, un tessuto  ricco di opportunità, di grandi ideali, di difficoltà e  di disagi da superare  tutti insieme. Capacità umane e sociali si fondono con le competenze e danno risultati che devono tendere alla qualità, possibilmente all’ eccellenza.  
Una di queste persone di scuola  è Laura, una maestra qualsiasi, una docente in cui si può rispecchiare qualsiasi insegnante , con le sue difficoltà e soprattutto con la sua ricerca di fare bene, che si incontra e si scontra con la realtà scolastica, spesso difficile. Intorno a lei prima di tutto  i bambini, ma non solo… sono presenti nel racconto anche gli altri insegnanti, perché insegnare lo si fa in team. Sono uomini (sì,  anche uomini in una scuola primaria!) e donne con il loro vissuto, le loro esperienze, la loro competenza, giovani e meno giovani, motivati o meno, convinti o no che questa professione sia davvero coinvolgente.
Indicazioni di lavoro, strategie e soluzioni possibili, riferite ai contenuti  tecnico-teorici,  narrate in questi episodi di vita scolastica, stimolano l’interesse alla consultazione, consolidano la convinzione a maturare le acquisizioni pedagogico-didattiche, condividendole,  studiando e prestando una grandissima attenzione al tesoro portato e comunicato dai bambini e dai ragazzi a scuola.

Quanto c’è della tua esperienza personale nella figura e nelle esperienze di Laura?

Per  ogni tema  mi sono rifatta ad esperienze scolastiche dirette , ho accompagnato Laura nella quotidianità di una professione complessa, che va vissuta superando le difficoltà per stare bene. E se stanno bene i bambini, stanno bene anche gli insegnanti.  Dagli anni settanta ad oggi la scuola ha subito molti cambiamenti e scelte di valore, che ho condiviso con molti colleghi e grazie all’entusiasmo comunicato da grandi maestri, che hanno saputo aprire le menti  a nuovi orizzonti. Il mondo scolastico si è scontrato con problemi sociali e culturali epocali che hanno segnato le innovazioni  ma anche  limitato molte  buone prassi. Non è facile fare scuola oggi. Per questo molto volentieri mi sono affiancata ad Annamaria Giarolo per contribuire, pur con un piccolo strumento, a camminare accanto agli insegnanti , per condividere la fatica e la bellezza di educare insegnando.

Uno dei capitoli del libro è dedicato ai bambini ed ha come titolo uno dei luoghi comuni più ripetuti: “Non ci sono più i bambini di una volta.” Qual è il tuo pensiero, a questo proposito?

I bambini di una volta erano amati o poco rispettati , come accade ora. I bambini hanno bisogni primari che sono sentirsi incontrati, accolti, fare esperienza del  rispetto e dell’amore per la loro crescita, la loro vita.
Questo manuale è per gli insegnanti , ma abbiamo in cuore i genitori, a cui è affidato il compito primario di  promuovere in loro una sana crescita, compito complesso di cui molti sentono il peso e l’impreparazione in una società conflittuale e liquida. Non ci sono più neppure i genitori di una volta, ma incontriamo anche genitori alla ricerca, creativi, aggiornati e per nulla illusi che sia facile, ma coraggiosi!
Ora… E’ un onore lavorare per i bambini e con  i bambini. Ieri come oggi. Ma è necessario conoscere l’infanzia e i processi dell’adolescenza, partendo proprio dalla consapevolezza che possono trovare le risorse in se stessi,  se vengono messi nelle condizioni di trovare fiducia e attenzione.
Abbiamo coscienza che sono il frutto di questa nostra società in evoluzione: possiamo esimerci dal considerare questo aspetto? Possiamo fare scuola come qualche decennio fa?  Possiamo pensare che ragazzi di oggi possano vivere, conoscere, studiare e crescere come quelli di una volta? Lo sanno bene i maestri e i professori  illuminati e anche loro alla ricerca. E dovrebbero essere tutti messi nelle condizioni di formarsi, perchè la lezione frontale non è più efficace oggi, perché l’intelligenza emotiva e quella cognitiva interagiscono strettamente… perché occorre avere strumenti idonei per mettere i bambini e i ragazzi nelle condizioni di imparare con la gioia di farlo e di condividere con i compagni di percorso le scoperte e le difficoltà.


Per concludere: cosa ti aspetti dai lettori di questo manuale?

Spero trovino questa proposta lieve e agevole, pur nella sua complessità e rigorosità.
Io posso consultare questo manuale con modalità differenti ed efficaci.
Posso scegliere il capitolo di interesse ed addentrarmi  indifferentemente fra le tre sezioni dedicate alla problematica, alla pedagogia e didattica o alla sezione applicativa con la narrazione.
Ognuna riporta alle altre due,  in una interazione  facilmente fruibile. Posso iniziare,  per esempio, anche leggendo cosa  accade nella giornata scolastica della maestra Laura e da lì comprendere poi le analisi e i rimandi strategici o legislativi, sintetizzati in schede molto accurate.
Mi aspetto in  qualche insegnante, forse stanco e sfiduciato, si risvegli il desiderio di provare a fare della professione una fonte di gioia e di fiducia nella vita. Mi aspetto che chi ha scelto di insegnare  trovi  in questo piccolo strumento un alleato nel percorso di  docente.


Intervista di Adriano Lubrano ad Annamaria Giarolo


Annamaria, perché hai deciso di scrivere questo libro?
Perché sentivo il bisogno di “smontare” dei luoghi comuni della vita quotidiana a scuola. Luoghi comuni che, spesso, sono di impedimento o di intralcio al buon andamento delle attività. Per questo, ho individuato dieci temi di fondo, cercando di delinearne i rischi ma anche le potenziali opportunità. Per esempio, “Non ci sono più i bambini di una volta” oppure “Il problema sono le famiglie!”: analizzando questi problemi/stereotipi ho proposto delle soluzioni.

Allora, la struttura dei capitoli corrisponde alla tua esperienza?
Certamente, se diamo una scorsa all’indice leggiamo, oltre ai luoghi comuni già citati: Non c’è mai tempo per fare tutto, Quest’aula è troppo piccola!, Non darò mai dieci!, Nel ciclo precedente le cose erano molto diverse, Non ho più l’età… Questi titoli rispecchiano proprio un andamento quotidiano ancorato a vecchi schemi presenti in quelle “lamentazioni degli insegnanti stressati” cui accenna il prof. Cornoldi nella prefazione. L’obiettivo del libro è superarli per trovare modalità nuove e diverse, per una vita in aula (quindi mi riferisco a insegnanti, alunni ma anche ai genitori) improntata al benessere. Più si sta bene, meglio si lavora.
Infatti, il prof. Cesare Cornoldi, nella prefazione al libro, riconosce che si tratta di “dieci problemi tipici dell’insegnante” legati alla realtà scolastica che avete vissuto, lodando poi l’equilibrio e la concretezza della trattazione. A questo proposito, come sei riuscita a svincolarti da esperienze per te coinvolgenti e a mantenere un sostanziale distacco dalla tua esperienza di lavoro?
Per me, l’insegnamento non è una missione (altro luogo comune) ma una professione altamente qualificata perché ha un obiettivo altissimo, formare i cittadini. Questa professione richiede da parte di ogni docente, una sorta di manutenzione continua, fatta di studio, approfondimento, revisione delle proprie modalità di lavoro. Per questo, ho cercato di considerare il mio lavoro da un altro punto di vista, quello della ricerca pedagogica.
Così, i capitoli scritti da Annamaria Gatti sono valsi a sceneggiare e rappresentare in una storia, quella della maestra Laura, i contenuti “da manuale” dei capitoli scritti da te?
Esattamente, sì. Un modo per riportare dentro l’aula l’approfondimento teorico. Il libro è infatti ricco di tabelle e schemi di lavoro. Il lavoro di Annamaria Gatti è servito a far sì che ogni insegnante si possa riconoscere, tramite la figura della maestra Laura, nella propria quotidianità.

Per concludere, cosa, in concreto, vorresti trasferire a chi leggerà Io amo la scuola? Cosa ti aspetti dalla lettura di questo manuale?
Mi auguro un cambiamento, certamente. Vorrei che la scuola fosse una comunità in cui star bene e prendersi cura gli uni degli altri, insegnanti, dirigenti, alunni e famiglie. Una scuola in cui insegnare e apprendere sia un piacere. Mi piacerebbe dare ai colleghi, come afferma il prof. Cornoldi, “lo stimolo per rafforzare, se già le hanno, o per recuperare, se le hanno temporaneamente perse, le emozioni positive di questa magnifica professione che è l’insegnamento”.

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