da: Permettere al bambino
di diventare
ciò che davvero è...
di Annamaria Gatti
in ETICA DELLE PROFESSIONI
Fondazione Lanza - Padova
Dossier "Cura dei minori"
pubblicazione agosto 2014
...
Quando apro la porta di una classe,
il mondo mi viene incontro. E’ un insieme misterioso di visi, occhi,
espressioni, voci e rumori, timori e gioie. Sempre si propone come un mondo di diversità e di analogie di grande
impatto emotivo e intellettuale, che esige di risvegliare la parte migliore della
sensibilità e della volontà dell’insegnante. Anima l’atto educativo la
determinazione a “farsi uno” con ciascuno di loro e ad accogliere i loro punti
di forza come quelli di debolezza. Ma soprattutto a mettersi in
comunicazione con loro, presentando la propria persona innanzitutto, allora il
proprio ruolo sì, ma filtrato dal
proprio essere umanità in cammino con loro, disposta a mettersi prima di
tutto in ascolto, in attesa, in osservazione, per conoscere ciò che senz’altro
è diverso.
In classe i bambini ci conducono
e ci si lascia accompagnare da eventi famigliari, delusioni, gioie, interrogativi, paure e successi.
La giornata inizia con un “ti racconto
che…” dal sapore un po’ antico e qualche volta un po’ trasgressivo, pronto a
trasformarsi nel programma di lavoro della giornata, da condividere e da
organizzare insieme.
Oggi per esempio lezione di storia:
l’uomo primitivo risolve i suoi problemi di sopravvivenza.
E dietro a quegli occhi, intriganti
e amabili, si profilano i disagi.
Laura è pesantemente distratta e
scostante provoca: altro si muove nel
cuore e deve raccontare alla maestra cosa sta accadendo in famiglia che
la preoccupa tanto e viene tranquillizzata: le viene promesso un tempo
speciale tutto per lei al primo break della mattinata. Poi gli insegnanti
incontreranno i genitori e con loro definiranno le misure utili e la
collaborazione per sostenere Laura in questo momento delicato.
Paolo invece ha fatto partire il
suo turbo-motore, come lo chiama il maestro Mario, e non riesce già più a stare
fermo, capacità attentiva neutralizzata… Il setting del banco,
primo input per iniziare con soddisfazione la giornata, ha già subito notevoli scombinate
variazioni sul tema… Paolo necessita
quindi di accoglienza del suo naturale funzionamento, ma anche di
tutoraggio e di conduzione graduale dei comportamenti efficaci. Il team
pedagogico in un incontro con i genitori e con gli specialisti verificherà le
strategie utilizzate ed aggiornerà le prassi relative al disturbo di attenzione
e iperattività.
L’insegnante intanto “fa
scuola” e propone la lezione, prevede proposte didattiche organizzate
in prassi di collaboratività fra i bambini.
Ma il clima si accende, l’insegnante deve subito fare una scelta attenta
e non facile. L’ occhio ha dovuto allenarsi per
leggere fra le righe gli effetti manifestati da altri bambini che si portano appresso evidenti
criticità che mettono alla prova le loro capacità di soluzione dei problemi,
di apprendimento, di approccio relazionale al gruppo e all’attività, alunni con
bisogni educativi speciali.
Hafiz guarda interrogativamente,
e con occhi sinistramente lucidi, la maestra: è appena arrivato dal Bangladesh
e nella sua “full immersion” linguistica freme, osservando quelle immagini sul
libro che lo incuriosiscono, ma di cui evidentemente ignora il lessico
primario. E non sa dire neppure quel “non capisco” “cos’è questo?” che gli
permetterebbero almeno di comunicare tutta l’ansia che lo prende in questo
nuovo Paese a contatto con tante novità ancora innominabili. La maestra sa che
sta affrontando il momento importante del silenzio, sta immagazzinando le
strutture linguistiche, deve ascoltare ed è felice di trasmettergli la
calma necessaria e la sicurezza che imparerà con la presenza di un mediatore
per alcune ore a scuola che aiuterà tutti i compagni a capire il nuovo amico.
Il giorno dopo, con un mediatore, sono convocati i genitori che conosceranno i
docenti del figlio, l’ambiente e le regole scolastiche, il piano didattico
personalizzato del bambino che prevede l’apprendimento dell’Italiano
innanzitutto e a cui chiederanno un’ efficace collaborazione.
Intanto oggi, alle prese con la
preistoria, lo aiuta Valerio che, con un disturbo specifico di apprendimento, ha imparato a rappresentare la parola e ha
fra le mani una bellissima pagina illustrata sul tema e con pochissime parole
chiave che anche Hafiz , che conosce solo un po’ di alfabeto latino, può
cominciare a capire. Sono le misure compensative che Valerio usa
solitamente come previsto dal suo piano didattico personalizzato e
concordate con i genitori in un documento stilato con i docenti e su
indicazione degli specialisti
Ma c’è una’altra difficoltà che fa capolino subito: Ana è
insofferente di tutte quelle attenzioni per il nuovo arrivato. Anche lei era
una novità e al centro della scena appena giunta dal Ghana e i genitori adottivi,
con il fratellino, erano intervenuti a scuola a raccontare ai suoi compagni il
viaggio della sua fragile vita, suscitando tante domande-bambine e tanti scambi
di sorprese. Anche Ana ha bisogno di
prendere coscienza del suo bisogno e viene rassicurata: ora è lei in
grado di capire il nuovo compagno e di insegnargli i primi strumenti
linguistici per giocare insieme. Le viene affidato un compito che potrà eseguire
sicuramente e ampliare così un obiettivo importante del suo piano educativo
individualizzato. Gli insegnanti
sono in stretto contatto con i genitori e potranno comunicare loro questo nuovo
item di lavoro per la loro bambina.
Per esempio Ivan fatica a portare
a termine il lavoro assegnatogli nel gruppo e si arrabbia con veemenza, aggredisce
i compagni di gruppo, mettendo a dura prova, come spesso accade, la pazienza
della maestra e di qualche compagno che protesta. Risolvere il litigio,
dare gli strumenti per leggere la difficoltà è anche compito dei bambini, come
da protocollo. L’insegnante supervisiona e interviene su richiesta. Dirige se
necessario e valuta incoraggiando. Ma registra questa difficoltà sempre più
evidente in questo bambino che pare riproporre schemi violenti di reazione
alla frustrazione. Con i colleghi di italiano e matematica del team
pedagogico dovrà esaminare anche questo problema comportamentale ed
esaminare le soluzioni di aiuto.
Ma questa maestra quanti occhi
e quante orecchie e quante mani dovrebbe avere in una classe di ventisei
bambini? E quanta pazienza e coraggio per affrontare ogni giorno quello che
qualche genitore (dicendo: io non
riuscirei proprio a starci) chiama “la fossa dei leoni”?
Non chiedete all’insegnante
perchè torna sfinita a casa. Sfinita per il lavoro svolto, gratificata talvolta
dal sorriso e dall’abbraccio di un bambino e dal saluto fiducioso dei genitori
all’uscita. Qualche volta è invece amareggiata
e sconfitta, ma consapevole che i bambini hanno i loro tempi e lei i suoi punti
di debolezza con cui fare i conti ogni giorno. Senza drammi. Processo di
resilienza non facile per gli insegnanti, spesso così poco riconosciuti nella loro
professione.
....
Solo ciò che si conosce poi si
può incontrare davvero, solo colui che non sentendosi trasparente, come di
vetro…si manifesta e a cui è permesso di manifestarsi e che si sente
riconosciuto, potrà interagire con l’educatore, con la persona che è il
docente.
Potrà mai una meraviglia come un
tramonto esplosivo sulla campagna o un’alba tenera e chiara sul mare essere da noi mutata? Il bambino è
innanzitutto ciò che deve essere, nella sua meravigliosa, appunto,
manifestazione.
Nel frattempo attingerà
dall’insegnante tutto ciò che il docente gli permetterà di condividere, nella
scienza e soprattutto nell’anima. Perché non è possibile comunque essere
insegnanti senza essere in divenire
uomini e donne formati, capaci di forte
testimonianza, di onestà intellettuale e di esercizio quotidiano di
prosocialità.
Un augurio colmo di simpatia
perciò a tutti i docenti, perché comunque scoprano la profondità e la bellezza
della loro professione, soprattutto nei momenti duri e meno gratificanti,
avendo lo sguardo rivolto ai valori e alle vigorose luci che illuminano la
professione.
illustr. di Nicoletta Costa
Eh, meno male che ci sono le maestre!.
RispondiEliminasinforosa