Lo psicologo Ezio Aceti, sulla pagina di Città Nuova on line, risponde a una mamma preoccupata, come tutti i genitori, per l'inizio della scuola. E dà motivo di riflessione e rassicurazione anche agli insegnanti, che vivono un momento complesso, dove in gioco sono la competenza pedagogica e soprattutto la capacità di accoglienza e incontro. L'empatia.
Il primo giorno di scuola è sempre stato per bambini e ragazzi un momento importante, per vari motivi dovuti soprattutto alla novità, alla curiosità e alle attese.
Infatti le emozioni che bambini e ragazzi vivono sono molteplici, a seguito di vari fattori:
- desiderio di incontrare gli amici o i nuovi compagni dopo le vacanze
- novità (soprattutto per i bambini di prima elementare, della scuola dell’infanzia e i ragazzi di prima media) per le nuove conoscenze, accompagnata da un certo timore e da varie attese.
- tensione determinata dalla paura di “fare brutta figura”, per la consapevolezza del giudizio degli altri che incomincia ad essere importante, soprattutto per i ragazzi delle medie.
- timore e curiosità rivolta alle nuove insegnanti, che comunque rimangono sempre figure adulte di riferimento verso le quali render conto.
Sappiamo che per moltissimi anni è stato così e soprattutto la pedagogia moderna è andata sempre più raffinandosi, strutturando momenti di accoglienza particolari con attenzioni pedagogiche ai bisogni dei bambini e dei ragazzi.
Ma… oggi c’è il coronavirus, questo piccolo, minuscolo nemico col quale dobbiamo fare i conti. E che conti! Assistiamo alla televisione ad un fermento, un subbuglio, un’agitazione per garantire in salute e sicurezza l’inizio dell’anno scolastico.
Tutto ciò è corretto, perché è necessario tutelare la sicurezza e la salute di tutti. Ma, chiediamoci, per i bambini e i ragazzi come sarà questo primo giorno al tempo del coronavirus? Sappiamo che la tensione è molto alta in quanto i ragazzi vengono da un periodo di assenza che ha interrotto i rapporti vidiretti. In più, il desiderio di incontrarsi è fortissimo e le aspettative molteplici, mentre le raccomandazioni dei genitori sui rischi del contagio e sulla prudenza che devono mantenere rimbombano nelle loro teste.
Per non parlare delle insegnanti che, pur con le loro caratteristiche specifiche, sono tutte alle prese con un carico d’ansia di gran lunga maggiore rispetto agli anni precedenti, dovuto a:
- Il timore del contagio
- La responsabilità nei confronti dei bambini
- La paura di portare il contagio ad altri e anche ai loro famigliari
Insomma si può ben dire che la tensione è alta, particolarmente alta. Chiediamoci: cosa fare? Cosa è giusto per i bambini e per i ragazzi? Come strutturare l’accoglienza?
È stato Konrand Lorenz (1903-1989), premio Nobel per l’etologia ad aprirci la strada sull’importanza dei primi contatti, delle prime relazioni scoprendo e studiando quel fenomeno particolare da lui chiamato imprinting.
L’imprinting è quella prima esperienza che si struttura durante l’incontro e che tende a mantenersi a lungo e a determinare gran parte del resto della relazione. Curare bene l’imprinting allora significa, nel nostro caso, curare bene questa prima relazione.
Gli studi di psicologia evolutiva inoltre ci confermano che, per quanto riguarda i bambini e i ragazzi, è importante che questo primo giorno soddisfi tre bisogni fondamentali:
- accoglienza: i bambini devono sentirsi accolti e ben-voluti. Devono sentire che, nonostante tutto, è bello stare insieme. A questo proposito è importante esporre all’interno della scuola, della classe, un cartello, un disegno, una frase accogliente e soprattutto l’appello iniziale deve durare molto, in quanto è bene che l’insegnante chieda al bambino come è andata, come sta… insomma che i ragazzi si sentano accolti nel loro vissuto.
- responsabilità: i bambini e i ragazzi hanno il diritto di sapere la verità. Sarà importante parlare del Coronavirus con parole adeguate, facendo riferimento alla scienza. È importante però che questo venga fatto una volta sola, ripeto una volta sola. Questo per evitare di aumentare la tensione e soprattutto , dire ai ragazzi che se vorranno potranno chiedere tutto quanto ritengono giusto sapere.
- motivazione: i bambini e i ragazzi devono sentire che ci si fida di loro e che loro sapranno far bene. Devono sentire che in loro c’è la capacità di impegnarsi, di raggiungere dei risultati e che, se per caso sbaglieranno, potranno sempre recuperare.
Tutto ciò dovrà essere fatto lasciando spazio alla fantasia e all’inventiva delle insegnanti. Per realizzare tutto questo, l’insegnante ha uno strumento, lo strumento più importante degli esseri umani: la parola. L’utilizzo corretto della parola è di estrema importanza per la riuscita della relazione e del rapporto. Parlare è importante perché aiuta ad elaborare l’ansia e a trovare forza e risposta dentro di se.
Il parlare allora dovrà contenere tre concetti che corrispondono ai tre bisogni dei bambini e dei ragazzi:
- l’empatia, che corrisponde all’accoglienza. Il bambino deve sentire che l’insegnante è con lui, che lo comprende. Questo lo può manifestare dicendo: sono molto contenta di cominciare con voi… e va detto anche se magari c’è un po’ di trepidazione, di tensione.
- la realtà, che corrisponde alla responsabilità. Descrivere quello che sta succedendo senza allarmismi e nella verità, ma lasciando liberi di fare domande.
- il sostegno, che corrisponde alla motivazione. È il più importante perché dimostra che l’insegnante si fida delle capacita dell’alunno e invita l’alunno ad entrare dentro di se e a scoprire le sue risorse. L’insegnante può terminare quanto sta dicendo affermando: «sono sicura che voi saprete come fare, che troverete voi il modo giusto di rapportarvi e di stare a scuola, che ve la caverete».
Se faremo così allora forse si riuscirà nell’ intento fondamentale in questo periodo: quello di non togliere la paura, ma dare la possibilità di gestirla in modo intelligente e semplice.
pubblicato da Annamaria Gatti
illustrazione Eleonora Moretti, Città Nuova, giugno 2020
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