Un articolo realistico e inquietante di Daniele Novara. Oggi su CPP.
Il metodo di Maria Montessori è pratico e operativo
Nel giorno che ricorda i 150 anni della nascita di Maria Montessori, occorre chiedersi perché il nostro paese ha sempre avuto un rapporto difficile con la più grande pedagogista mai esistita.
Il metodo di Maria Montessori è pratico e operativo: i bambini non mettono crocette su delle schede, ma operano concretamente, a livello sensoriale, con dei materiali, con i quali imparano anche a leggere e scrivere, in linea con le sue indicazioni di far lavorare i bambini liberamente e in maniera attiva.
Niente di più lontano dalla metodologia di Maria Montessori è l’idea che a scuola si vada per ascoltare l’insegnante. Questo è il cardine della pedagogia cosiddetta idealistica tradizionale che, basata sulla magistralità, pretende che ci sia questa infusione di sapere dal maestro, dall’ insegnante o dal professore ai suoi alunni o allievi, in un passaggio che non ha nulla né di reciproco né di concreto e pratico.
Nella tradizione scolastica italiana l’insegnante sta al centro dell’attenzione, tutti gli sguardi convergono su di lui, come se dovesse tenere sempre, ossessivamente il controllo sui suoi alunni.
Esattamente il contrario di quella libertà operativa, autodisciplinata, di cui hanno goduto e godono i bambini della Montessori e che anch’io porto avanti nella logica del mio metodo, che ho definito maieutico proprio in virtù del dare il protagonismo ai bambini, per poter vivere esperienze concrete basate sulle loro capacità, le loro risorse e specialmente su una valutazione non più incentrata sulla ricerca dei loro sbagli e dei loro errori, ma su una valutazione focalizzata sulla valorizzazione e sul riconoscimento dei loro progressi.
Non sarebbe stato e non è complicato diffondere il metodo montessoriano nelle scuole italiane. In particolare da circa vent’anni a questa parte, grazie al Regolamento sull’Autonomia Organizzativa e Didattica delle Istituzioni Scolastiche, per avere nelle scuole pubbliche delle classi montessoriane occorre che il collegio docenti approvi tale possibilità e la deliberi.
Nella realtà, purtroppo, risulta terribilmente complicato ottenere sezioni montessoriane: difficoltà burocratiche e motivazionali mortificano questa possibilità.
Sono assolutamente dell’idea che la pedagogia non sia quel corpus di concetti e teorie filosofiche, o addirittura spiritualistiche, che hanno abbondantemente insegnato, e ancora insegnano, in tante facoltà (da un paio di anni si parla di dipartimenti), ma che sia come l’architettura o la medicina: una disciplina di scienza pratica, che per essere efficace deve raccogliere altre discipline scientifiche, come possono essere l’antropologia, la psicologia o la sociologia, e anche, oggi più che mai, le neuroscienze, per riuscire a realizzare interventi concreti che abbiano un sufficiente valore scientifico.
La scuola italiana si è allontanata da questo indispensabile connubio e oggi si trova orfana di un impianto scientifico.
Mi auguro che tutto il legittimo e autorevole profluvio di ricordi e commemorazioni della grande Maria Montessori segni un’inversione di tendenza, per restituire la scuola italiana alla pedagogia di qualità e la pedagogia di qualità alla scuola italiana.
Articolo di Daniele Novara, pedagogista e direttore CPP, pubblicato in occasione dei 150 anni della nascita di Maria Montessori.
pubblicato da Annamaria Gatti
foto di MMCG
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