di Paola Canna
A Padova, in occasione
dell’inaugurazione dell’ Asilo Nido intitolato a Chiara Lubich, lunedì sera il
prof. De Beni ha "raccontato" la pedagogia della maestra Silvia (così si chiamava
prima di prendere il nome di Chiara, come terziaria francescana). Eravamo in
Trentino negli anni dal 1938 al 1943.
Essere modelli di vita
come insegnanti, come genitori, è il modo in cui Chiara intendeva l’educare.
Non mettersi su un piedistallo quindi, né tanto meno sfuggire dal ruolo di
“guide” ma essere pienamente coscienti che si educa con quello che si è, più che con quello che si dice o si fa.
La maestra Silvia aveva per
ciascun allievo un senso di rispetto profondo e di fiducia.
Rispetto per le idee e le riflessioni dei bambini, tanto da partire da queste
per impostare la lezione: “Ma tu cosa ne pensi?”, “Come faresti questo?” ...
Così raccontano in un’intervista i suoi ex-allievi (oramai ultra ottantenni):
“La maestra Silvia aspettava tutti!”
Spiegava cioè la lezione e la ripeteva finchè ogni bambino riusciva ad
arrivare a comprendere, secondo i propri tempi o capacità (aspetti questi non
scontati nella didattica di allora). Proprio come una madre, questa insegnante
“speciale”, vedeva le difficoltà ma le affrontava con piena fiducia.
Puntava prima di ogni
insegnamento, al clima: la scuola era come una famiglia! Gli apprendimenti e le
regole si radicavano sull’affetto, sulla stima, sul volersi bene. Questa
maestra ai suoi alunni chiedeva di “volersi bene e di essere uniti”; atteggiamenti
che oggi potremmo tradurre in quelle tanto sperate capacità di convivenza e di
stare in relazione nel rispetto per la diversità.
Una grande lezione … di
educazione, a partire dai più piccoli!
Proviamo ad immaginarci di
attuare questi semplici, ma profondi principi alla nostra vita di educatori
(genitori, insegnanti, nonni ect.) ?
Aspettiamo che ci raccontiate sul
blog gli effetti !
(i contenuti sono stati tratti dal
libro: Essere Educatori coraggio
di una presenza, Michele De Beni ed., Città Nuova)
pubblicato da Annamaria
foto da Città Nuova
Grazie per il bel contributo alla psicologa Paola Canna!
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