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domenica 6 ottobre 2024

Convegno nazionale dispersione scolastica: intervento conclusivo del Prof. Michele De Beni.


Il maestro Alberto Manzi, una storia speciale di buone pratiche, una eccellenza

5 ottobre: Giornata dell'insegnante 

Una delle professioni più penalizzata fra tante. Eppure quella  che costruisce la qualità una società. L'interesse che si muove attorno ai bambini e all'educazione  dà la dimensione della saggezza di una società e il valore della sua cultura: la nostra società misura se stessa investendo in altro. E' l'ora della massima lucidità e tenacia per veder riconosciuto l'insegnamento per quel che è "UN MAESTRO VALE UN REGNO" ci viene ricordato...

Pubblico, con il suo consenso, l'intervento conclusivo del prof. De Beni al Convegno Nazionale: dispersione scolastica. Dai dati alle buone pratiche, 3 ottobre,  Sala degli Atti Parlamentari, Biblioteca del Senato(vedi post precedente), ricco di convergenze trasversali e di proposte di chiare scelte valoriali e  politiche per la scuola

Ogni fine è un inizio

Alla conclusione di questo incontro rilanciare qualche spunto unitario non è facile. Ma, come affermava Hanna Arendt, “siamo nati per incominciare”. Ogni fine è anche un inizio! Da qui la coscienza che non si cammina bene se non si cammina insieme: come l’etologia insegna, sopravvivono e si sviluppano le specie che sanno collaborare.

C’è un principio d’unità che lega scuola e società, istruzione ed educazione, studenti-insegnanti-genitori; e non può esser tradito da noi adulti per primi. Ciascuno, persona, associazione, partito o movimento, e noi insieme siamo segni che tracciano un cammino. Perché, come ci ricorda il fisico Federico Faggin, “noi tutti siamo parte dell’Uno”. Per questo, vogliamo qui credere che non saremo noi a dichiaraci guerra; e non sarà la scuola tema di scontro, anche se una grande scossa va data, perché la scuola è volàno primario di cultura e ascensione sociale.

Certo, il rischio “dispersione” è maggiore e drammatico in certe aree più deboli della società, ma sono intere generazione giovanili che stiamo perdendo. Per questo, non possiamo esser altrove, assorbiti da burocrazie e particolarismi, ma affrontare con maggior determinazione e mezzi le problematicità che i tanti “in trincea” curano: ferite, povertà, abbandoni, ansie e sfiducia che attraversano la scuola e il mondo giovanile.

 Capitale umano, chi lo alimenta?

Siamo tutti convinti che non c’è cultura senza formazione e scuola: non c’è futuro! È per questo che all’educazione dobbiamo offrire senza alcuna riserva il primo posto che le appartiene di diritto, “anche quando si tratta di effettuare scelte tra altri pur urgenti problemi, come quelli politici, economico-finanziarie”. Non sono parole mie, ma di Jacques Delors. È la strada tracciata lungo la storia dai grandi maestri. E l’incontro con un maestro vero può davvero cambiare la vita. Perchè “l’io nasce da un incontro” e “un maestro vale un regno”. L’incontro con uno sguardo che oggi i giovani cercano, ma non trovano.

Se siamo quello che siamo, con i valori in cui crediamo, è perché c’è chi ha testimoniato con coraggio prima di noi vie di nuova umanità: Socrate, Gesù, Comenio, Giovanni Bosco, John Dewej, Maria Montessori, Lorenzo Milani, Bruno Ciari, Danilo Dolci, Luigi Giussani, Mario Lodi, Chiara Lubich...e tantissimi altri che hanno creduto e oggi credono nell’educazione. Coerenza tra pensiero e azione, tra parola e vita. Una lezione urgente oggi per una società adulta “altrove”. Sì, indichiamo con forza la priorità delle priorità: cercansi maestri. 

Da dove ripartire?

Come si è detto -e sembrerebbe ovvio- se un vero maestro vale un regno bisognerà ben preparare i maestri, una sfida da non improvvisare. Non ci siamo mai chiesti quanto pesa una bassa qualità dell’istruzione sul fenomeno della dispersione e della povertà educativa? Certo, non la sola causa, ma è da qui che si dovrebbe “mordere” di più il problema.

In particolare, la rifondazione:

-della centralità della funzione-docente, della qualità dell’insegnamento e della dirigenza ai suoi vari livelli

-del diritto-dovere degli studenti ad essere costruttori d’apprendimento, che è intrinsecamente legato alla qualità delle relazioni educative e dell’insegnamento.

-del ruolo co-partecipe della comunità  e delle famiglie, sostenute a livello sociale nella loro funzione educativa e, pur nella distinzione di ruoli, nel dialogo con la scuola.

 

Ben consapevoli che non si può metter mano a un singolo pezzo di questo aggrovigliato puzzle e che c'è quasi un sistema che va riformato, proporrei due strategici punti di riflessione, partendo da una premessa: uscire dalla perenne logica chirurgica d’emergenza. Urgente è tutto, ma oggi c’è bisogno di metter mano a un ben delineato Quadro di sistema, non solo con gli specialisti, ma con la società civile.

Come punti nodali prioritari:

-superamento della logica di precariato, rifondazione della formazione iniziale e di reclutamento del personale docente e dirigente (percorsi teorico-pratici, dove il pratico non è relegato o subalterno al teorico)

- formazione continua degli insegnanti e verifica degli effetti sulla prassi educativo-didattica e di sistema (è un tema centrale dell’agenda politica di questi mesi, ma con molte questioni aperte sulle quali occorre maggiormente coinvolgere l’associazionismo professionale, chi opera nelle scuole e nelle università).

-garanzia di confronto interno-esterno della qualità dell’istruzione (forme partecipative, non verticistiche, ben ponderate e comparabili che mentre tutelano la libertà d’insegnamento garantiscano la qualità dell’apprendimento e della valutazione degli studenti).

Un punto focale

Centralità della figura e del ruolo dell’insegnante, quindi. Da troppo tempo la passione, la dignità stessa dell’istruire e dell’educare sono state mortificate. Da qui un grande bisogno di valorizzazione della professionalità degli insegnanti, a cui dovrebbe corrispondere un adeguato riconoscimento economico e sociale, anche se consapevoli che un cambiamento chiede altri importanti investimenti di sviluppo delle professionalità.

Alla fine di questo dialogo mi sembra che le domande da cui dovremmo ripartire insieme: “Perché insegno?”, “Perché faccio politica?”, “Perché vado a scuola?”, “Perché educo?”. In un recente libro è riportata una disarmante quanto coraggiosa risposta di un insegnante a questa domanda: “Perché insegno? Perché ci credo”. Pur nei differenti ruoli politici e associativi, facciamo tra noi un patto: che la scuola e gli insegnanti, le famiglie, i dirigenti, possano esser messi nella miglior condizione di poter credere ancora all’educazione.

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