Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

mercoledì 26 febbraio 2020

Daniela Lucangeli - 2: gli interruttori emozionali.


Cinque lezioni leggere sull'emozione di apprendere - Libri - Erickson

Dal libro precedentemente presentato, raccolgo,  dal capitolo  "La scuola dell'abbraccio",  il geniale  riferimento agli interruttori emozionali.

"...Per sperimentare queste emozioni (ndr: conforto, alleanza, amcizia, gioia) ci vogliono degli interruttori: per avere luce devo premere l'interruttore, non riesco a farlo con il pensiero.
Qual è l'interruttore del conforto? E dell'allegria? Della gioia, dell'alleanza? Se aveste la possibilità di abbracciare qualcuno per trenta secondi, lo avreste trovato.
...
Quindi, quando siamo stressati, tanto in ansia, tanto in pena, che cosa  cerchiamo? Non certo chi ci valuta e ci giudica: noi cerchiamo un abbraccio non solo fisico, ma anche psicologico, simbolico...  Basti pensare che lo sguardo può "abbracciare", la voce.. il gesto... Tali abbracci dicono che "Io Io" diventa "Noi": attraverso l'ossitocina, ci aiutano a creare un rapporto di fiducia con l'altro e riducono le emozioni di timore, ci fanno percepire l'alleanza e ci trasmettono conforto.
Questo rende evidente che, se un insegnante vuole creare alleanza con un bimbo, non ci riuscirà con una nota sul diario o facendogli ripetere 20 volte l'esercizio che ha sbagliato, ma passandogli accanto, mettendogli un braccio intorno alle spalle e dicendo: "Teniamolo lì, quell'errore: domani lo combatteremo assieme".



Grande!


martedì 25 febbraio 2020

Daniela Lucangeli per insegnanti e genitori: CINQUE LEZIONI LEGGERE SULL'EMOZIONE DI APPRENDERE

Cinque lezioni leggere sull'emozione di apprendere - Libri - Erickson

Se un bambino impara con gioia, 
la lezione si inciderà nella mente insieme alla gioia. 
Nella sua memoria resterà traccia dell'emozione positiva che gli dirà:  “Ti fa bene, continua a cercare!”»

Daniela Lucangeli, psicologa esperta di disturbi dell'apprendimento, è seguitissima sui social e nelle sue conferenze per la sua idea rivoluzionaria di insegnamento, basata sulle emozioni positive, e per il suo stile comunicativo coinvolgente.
In questo libro sono raccolte cinque sue lezioni imperdibili. 
Pagine che affrontano il ruolo delle emozioni nell’apprendimento, dell’errore che diventa risorsa, della motivazione che guarda al futuro, di come dare ai nostri bambini la possibilità di stare bene a scuola, per concludere spiegando come aiutarli a districarsi nella foresta dei numeri. 
Cinque lezioni che parlano agli insegnanti e ai genitori con un linguaggio diretto, imbevuto di energia e passione, ma che affondano le radici più profonde in un terreno solido e scientificamente rigoroso." (dalla presentazione Erickson)

Mi affascina sempre l'approccio  della professoressa Lucangeli alle difficoltà di apprendimento e ai bambini soprattutto e voglio condividere,  in alcuni post,  alcune espressioni.
...
Se gli errori che i bambini compiono a scuola causano dolore, perchè accompagnati da emozioni sgradite, l'alert che si stabilisce nella loro memoria è "SCAPPA", non è "AFFRONTA L'ERRORE E MODIFICALO".
... Dunque un sistema di apprendimento basato sull'avere paura degli errori, dell'insegnante o della verifica produce un cortocircuito.
... L'antagonista della paura e della colpa è il diritto di sbagliare: il bimbo e l'adulto in questo caso sono alleati contro l'errore, lavorano insieme nella stessa direzione, con l' allievo che viene aiutato dal maestro.
pubblicato da Annamaria Gatti

lunedì 24 febbraio 2020

Cosa dire ai bambini delle zone interessate che restano a casa in questi giorni?

Risultato immagini per immagini giochi bosco

Scuole chiuse per evitare il contagio. 
Spiegazioni ai bambini. Essenziali, secondo l'età. 
Serve invece stare con loro. 

Condivido volentieri questo intervento pacato e  autorevole 
del pedagogista  Daniele Novara Pedagogista, autore e direttore CPP, Avvenire 24 febbraio 2020


Molte scuole del Nord Italia nei prossimi giorni resteranno chiuse e i bambini costretti a restare a casa con i genitori che devono necessariamente organizzarsi.
La situazione è strana, difficile e particolare.
Cosa fare? Cosa dire? Che atteggiamento tenere?
I genitori si pongono domande e non è sempre facile avere risposte scientifiche e comunque attendibili. È facile cadere nell’enfasi emotiva che non aiuta i più piccoli a vivere in questa inedita situazione.
Essere bambini vuol dire, a differenza dell’essere adolescenti, dipendere quasi totalmente dai genitori. È una condizione particolare che nel corso della vita non si ripeterà più. Pertanto la prima evidenza è che per qualsiasi vicenda i bambini e le bambine vivono gli stati emotivi dei loro genitori, sono estremamente permeabili alle loro ansie e paure, alle loro inquietudini.
Allo stesso tempo la presenza dei genitori è un elemento rassicurante; valgono ancora i famosi studi di Donal Winnicott: durante i bombardamenti tedeschi su Londra nella seconda Guerra Mondiale, quando i bambini meno traumatizzati furono quelli che restarono nei rifugi con i genitori piuttosto che quelli che furono allontanati dai genitori per andare in speciali strutture lontano dalla città.
Il genitore educativo è quello che mantiene una presenza senza che questa presenza assuma contorni allarmanti e ansiogeni.
I bambini vivono il restare in casa come un’esperienza ludica di vacanza. È importante che i genitori non li coinvolgano in discorsi fuori dalla loro portata o li espongano a informazioni televisive o digitali che sono di difficile gestione anche per gli stessi adulti specialmente quando compare il tema della morte (che a partire dal quinto anno di vita il bambino è in grado di cogliere e di comprendere come perdita definitiva).
Qualche genitore e insegnante, incautamente come già capitato per il Giorno della Memoria con bambini di 7, 8 e 9 anni, pretende di coinvolgerli come se fosse possibile a un soggetto con capacità cognitive e un pensiero reversibile molto scarso di cogliere la complessità della situazione. Si rischia solo di creare angoscia che poi i figli piccoli non sono in grado di rielaborare sul piano psicologico e cognitivo.
Fino a 6, 7 anni si può tranquillamente dire che per alcuni giorni i bambini non andranno a scuola, non è necessario spiegare in maniera dettagliata i motivi.
Per quelli più grandi, a partire dagli 8 anni quando il pensiero è un po’ più formato, si può segnalare la presenza di una malattia che dobbiamo evitare e quindi ognuno resta a casa sua.
Infine occorre fare attenzione anche all’eccesso di rassicurazioni, esiste una comunicazione diretta e una comunicazione subliminale. Spesso gli adulti finiscono col trasmettere le loro preoccupazioni quasi che tranquillizzare i bambini diventasse un modo per tranquillizzare se stessi.
Le comunicazioni dovrebbero essere molto asciutte e limitate, qual tanto che basta per dire ai più piccoli come sarà la loro vita: non andranno a scuola, staranno in casa, potranno fare dei giochi, fare un po’ di compiti, leggere ed eventualmente incontrare in casa altri bambini.
Insomma, in educazione è sempre meglio comunicare ai figli ciò che faranno o devono fare piuttosto che dare “spiegoni” eccessivi.
I bambini come sempre sono quelli che ce la fanno meglio di tutti.

pubblicato da Annamaria Gatti
foto da Terra Nuova

mercoledì 19 febbraio 2020

Un mese senza social. Un romanzo

Copertina di 'Liberamente Veronica'

LIBERAMENTE VERONICA 
i miei 30 giorni senza social

di Fernando  Muraca

Città Nuova

Recensione di Annamaria Gatti

Fra le pubblicazioni interessanti e ben curate della collana Narratori di Città Nuova, il lavoro di Fernando Muraca “Liberamente Veronica i miei 30 giorni senza i social” è particolarmente coinvolgente  non solo  per genitori, insegnanti o nonni, ma per qualsiasi adulto che voglia, senza troppe ricerche,  riflettere su un tema greve, che riguarda davvero tutti.

Mi piacerebbe  rivolgere queste impressioni ai ragazzi, perché il romanzo è ben scritto e va diretto al cuore e alla mente di un quindicenne o giù di lì, anche se un dodicenne, soprattutto  al femminile, ci si immergerebbe subito con grande facilità.

E’ talmente credibile  che  non pare proprio  scritto da un serioso e definito “puntiglioso” padre di famiglia. Come fa un “uomo"  a immedesimarsi con una quindicenne e raccontare così bene la faccenda?  Perché poi la storia è inquietante: Veronica davvero si fa un mese senza social. Pazzesco, direte voi!  Poi in terza di copertina si legge che Muraca è scrittore, appassionato della questione social e  autore di film.
La cosa quindi prende una sua fisionomia, soprattutto quando scopriamo alcune variazioni sul tema adolescenti: se Luigi e  Daniele, figli dell’autore, hanno acconsentito a metterci del loro, con due “postfazioni”  significa che  ne valeva la pena.

Noi adulti siamo presi da  un forte senso di colpa, quando vediamo i nostri ragazzi farsi parabola sui loro mini schermi, appendici della loro esistenza, e questo libro ci aiuta a trovare le parole per dirlo, questo dolore. Dire che  così non è giusto, che la bellezza di questi nostri figli o nipoti non può essere soffocata da artigli prepotenti e invisibili. 

Scoprire il coperchio che tiene a mollo forzato creatività e tempo, sonno e relazioni vere, ci darebbe una grande soddisfazione e ci piacerebbe che in tutti i collegi docenti  ci fossero una ventina di prof tipo La Balena Bianca (soprannome curioso).  Bella questa prof che  si appassiona, difende i suoi studenti, li rispetta nella libertà, caparbiamente sosta con le loro criticità,  condivide e viene ricompensata. E la scuola nel libro ci fa proprio una bella e onorevole figura, grazie a lei, mentre  l'invito  alle scolaresche a digiunare di social, balza prepotentemente ovvio e intrigante da queste pagine.

Veronica, giovane studentessa, si racconta in prima persona quando viene sfidata a misurarsi coraggiosamente, e inizialmente in solitudine, con l’assenza del cellulare e dei suoi annessi e connessi. Sarà così che Veronica  VEDE… scopre  la REALTA’ delle cose intorno, dell’altro, del tempo, della bellezza, della vera amicizia, della condivisione che toglie la benda dallo sguardo per comprendere, capire e amarsi e giocarsi nella relazione e nella scrittura di un diario di bordo, che invia quotidianamente alla prof, diario che diventa un manuale di salvezza esistenziale.

Piace questa ragazza autonoma, decisa, con i suoi limiti e i suoi talenti. E’ una bella protagonista, attraverso cui l’autore passa molte informazioni autorevoli, documentate nella bibliografia, che a noi servono davvero in sintesi, per trovare al bisogno quelle parole.
La voglia di spegnere tutto viene, a leggere di Veronica, ma se non sempre è possibile  praticamente, il romanzo ci fa da semaforo, da campanello d’allarme, ci convince che è possibile gestire con intelligenza questo strumento, perché sia strumento davvero e non padrone della vita.


mercoledì 12 febbraio 2020

Favola sulla gratuità e le abilità sociali

UN AMICO D'INVERNO
di Annamaria Gatti
illustrazione di Eleonora Moretti
fonte: Città Nuova, febbraio 2020

Lo scoiattolo del pino alto era irrequieto e pieno di voglia di correre. Dormire? Sì, quel poco che basta!
«Pelorosso, è tempo di letargo, potresti non disturbare?», lo invitava la mamma. «Uffachenoia! – sbottava Pelorosso – Nessuno gioca con me?».

Gli scoiattoli in inverno dormono, ma si risvegliano ogni tanto per cercare cibo. Con la neve o il gelo non è facile trovare qualcosa, se non hai già la tua scorta.
Quel giorno mamma aveva detto: «L’hai visto il bosco? Ti pare sia un bel momento per andarci a giocare?». Pelorosso sbirciò di fuori: beh, sì, era proprio un bel momento: c’era un soffice manto di neve. Poteva restare lì nella tana ad aspettare che quella meraviglia si sciogliesse? Così si era catapultato giù: capriole, tuffi, giochi con la folta coda che spazzava la neve e un pensiero alle noci che lo aspettavano al ritorno. Le aveva raccolte proprio lui, con nocciole e funghi, facendo la spola fra il sottobosco e la tana.

Ad un tratto Pelorosso si era fermato curioso: sulla neve c’erano impronte di scoiattolo. Si illuminò: un altro come lui stava disertando il letargo, ma chi? Lo sguardo aveva incrociato gli occhi di uno scoiattolo. «Ciao, cosa cerchi?», chiese Pelorosso.
«Cibo, fratellino, le scorte sono finite». «Hai il pelo grigio e non sei di questo bosco, se vuoi facciamo una corsa sul mio pino a prenderle! Io sono Pelorosso, e tu?». «Grigetto… per gli amici Grey. Abito sull’acero all’inizio del bosco».

Pelorosso e  Grey si rincorsero finché le pancine presero a protestare: era il segnale. Salirono nella tana sul pino, raccolsero noci e nocciole della riserva e le portarono sull’acero, dove i fratelli di Grey, lo aspettavano insonnoliti.
«Chi dorme sempre non piglia pesci, diceva mio nonno…». «Pesci? Quali pesci?»"Volevo dire noci". Scoppiarono a ridere, incrociando le code vaporose. Pelorosso sentiva una gran voglia di nanna. Salutò e tornò verso casa. 

Era stato bello condividere: tuffi, corse e noci. Le sue. Erano state un dono, come l’amicizia di Grey.

pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it


martedì 11 febbraio 2020

"Come ali di gabbiano" Anna Frank e il suo diario, per conoscere e non dimenticare


       

COME ALI DI GABBIANO
di Lorenza Farina
illustrazioni di Anna Pedron
Edizioni Paoline

 Recensione di Annamaria Gatti
(versione integrale)

fonte da: Città Nuova, mensile, Roma,  febbraio 2020

“Come ali di gabbiano” è un libro meditato e curato, nei  particolari narrativi e figurativi , da Lorenza Farina e Anna Pedron, un binomio vincente nel mondo dei libri  per ragazzi, che presenta una postfazione autorevole, che   documenta  la vicenda della protagonista,  Anna Frank.

Ai ragazzi, ma anche a noi adulti,  si rivolge l'autrice in  questa  nuova opera, dalla copertina emozionante, che dalla dedica in poi è un evidente impegno a non dimenticare quanto è accaduto e potrebbe accadere a ignorare la brutalità, “l’inferno” della guerra e della violenza, il sacrificio di tanti  e il sogno della libertà.

L' intento educativo caratterizza da sempre  Lorenza Farina, che affida al libro un messaggio:  una volta vissuta e posseduta, la libertà andrebbe continuamente difesa, costruita, ma per questo  occorre essere consapevoli del grande dono. Agli adulti il compito di testimoniare  e coltivare questo valore indispensabile per la società tutta. 

E’ quello che traccia la narrazione,  che si fonde con la poesia dell’illustrazione, esplicitamente dura a tratti, realisticamente convincente. Ritroviamo una Anna Frank che racconta l’incontro con IL DIARIO prediletto, che sarà amico fidato e testimone. Dal buio dell’appartamento segreto e “murato” Anna racconta e vede… Vede  i segni della libertà che il pensiero si prende e che la fa volare alto. Un’ intuizione magistrale dell’autrice, da scoprire.

Anna Pedron prende per mano il racconto e lo interpreta con immagini che sono allegorie:  il nido, per  la certezza di cura, il pesce rosso  per la condizione di rifugiata, l’aquilone, che permette al diario-Anna di volare alto con “ali di gabbiano”, appunto! Ma questo  geniale quaderno a quadrotti rossi è anche coperta per ripararla dalla paura, fino all’irruzione militare che infrange i sogni-piuma, ma non la speranza:  “Non piangere, io vivrò!” la rassicura sommesso il DIARIO, quando Anna viene condotta al campo di morte.

E le pagine sciolte, scritte con “calligrafia elegante”,  si trasformano volando sui tetti di Amsterdam, oltre quel cielo,  oltre il tempo, oltre i confini umani.

L’ultima illustrazione del libro, ma non l’ultima sorpresa, è la commovente espressione di un  bimbo, che indica con la mano un gabbiano bianco,  che volando simula le pagine di un quaderno… A lui e a tutti i bambini affidiamo, con Lorenza ed Anna,  il messaggio di pace e di libertà che Anna Frank ha voluto lasciare con il suo DIARIO:  si parli di  quanto può accadere. Si chieda  a loro di crescere con un sogno da realizzare: pace per tutti ovunque e sempre.

sabato 1 febbraio 2020

Bambini e virus "cinese"

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Siamo i bambini. Non c'è molto posto per noi  in questi tempi.
Moriamo in fondo al mare. 
Qualcuno ci mette in gabbia togliendoci ai nostri genitori.
Qualcuno nega che siamo morti a migliaia  a causa del razzismo o della religione.

Pare che in questi giorni in tanti siano preoccupati di tante cose. 

Per esempio se c'è un virus che preoccupa un bel po' in Cina...
Tutti si spaventano. Molti lavorano per capire e salvare. 
Altri fanno anche cose senza senso e cattive. Tranne che informarsi veramente per fare le cose giuste. 

Ma noi bambini capiamo come l'inquinamento sia ancora più grave perchè ci porta via la salute. 

E che è più grave se mamma e papà sono costretti a non potersi occupare di noi, per lavorare sempre e senza aiuti. Senza poter accompagnarci quando c'è bisogno.
La gente non ci vuole e qualche volta rifiuta un figlio perchè poco si fa per aiutare le famiglie. Non è una buona ragione, ma... perchè non si fa meglio e di più?

Così non ci piace proprio.
Non è un mondo bello e giusto.
Pensateci.  Pensiamoci.
Grazie per tutti quelli che cercano di aiutarci. Di aiutare mamma e papà. In fondo di aiutare se stessi. 

Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto da Emmetv