Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

martedì 10 settembre 2024

Una favola di Paolina per l'inizio della scuola: la scuola è come un grande albero


Una favola per scoprire cosa è la scuola? Eccola, sempre simpatica l'orsetta Paolina che ha accompagnato per alcuni mesi i bambini a scoprire le cose importanti della vita: superare la paura, collaborare, aiutarsi, abbracciarsi, perdonarsi, donare, sorridere e pensare.

favola di Annamaria Gatti 

                                


illustrazione di Eleonora Moretti

fonte:  Città Nuova settembre 2022 

PAOLINA VA A SCUOLA

Questo è l’ultimo dei nove appuntamenti con Paolina, che ringrazia per averla seguita in tutti questi mesi e aver percorso con lei un cammino di conoscenza e di tenerezza, di fiducia e di speranza.

L’estate stava finendo, ma tutto era ancora di un bel verde brillante. Lo stagno assopito, dormicchiava cullato dalle ninfee e dai fior di loto e dai richiami di Paolina e Sandro, che si rincorrevano fra gli alberi.

“Andremo a scuola fra poco

aveva pensato a voce alta Paolina,  fermandosi di colpo.

E tu sei preoccupata? Io sì. Non so come sia …la scuola”

aveva aggiunto Sandro, fermandosi sotto una quercia maestosa. Tutti e due si erano sdraiati col naso all’insù. Da lì sotto era bello scrutare il cielo azzurro fra le foglie ricamate e le ghiande mature.

“La scuola è come un albero, dice la mamma, ma non so perché,

 comunque gli alberi mi piacciono tanto”

aveva spiegato Paolina.

“Sarebbe bello arrampicarsi e provare come siamo diventati agili

 aveva ammesso l’amico.

Hai ragione. Anche andando a scuola forse si diventa agili. Si impara e si diventa capaci. Chissà cosa si vede se ci si arrampica lassù.”

Detto fatto i due orsetti erano già a metà fusto e si raccontavano tutto quel che riuscivano a scorgere: i prati, i loro abitanti, le alture, le rocce insidiose e altri alberi imponenti. E poi più su, su… le nuvole candide ammassate sull’azzurro, in cumoli maestosi. Ma si sa che gli orsi non hanno una buona vista e bisogna allora impegnarsi di più.

“Se ci fosse la mamma qui a spiegarmi quel che vedo”

aveva sussurrato Paolina pensierosa, mentre Sandro poteva rivelare la sua scoperta.

“Ecco a cosa serve un maestro!

Ti racconta quello che conosce e poi insieme facciamo altre scoperte.”

 Gli piaceva che ci fosse un maestro ad aspettarlo, anche se nella scuola non avrebbe incontrato i fringuelli e i passeri che gli facevano festa  in quel momento tra i rami. Ma avrebbe trovato tanti altri cuccioli che si sarebbero arrampicati con lui.

Allora la scuola è davvero come un albero:

ti fa conoscere quello che non vedi se resti a terra.”

Ora Paolina ha capito che sarà contenta se potrà continuare ad imparare come vanno le cose nella vita osservando, conoscendo, fidandosi di chi le vuole bene e senza avere mai paura.

E’ così che si diventa grandi.

 BUONA SCUOLA  A TUTTI!

gatti54@yahoo.it

sabato 7 settembre 2024

Una bimba in prima classe: " E' bellissimo!!!"

la felicità - illustrazione di Sofia
 

Sono molto felice di aggiornare sulla scuola tedesca di Bolzano, oggetto di qualche dubbio, sorto dalle segnalazioni mediatiche  della formazione di una classe prima "speciale" formata da bambini  che non conoscono bene il tedesco. 

Le classi sono state "ridisegnate" quindi puntando ad una scuola inclusiva e l'anno scolastico è iniziato. 

Ebbene, mi scrivono due genitori, convinti di questa buona scelta, che la loro bambina già emozionata e con grandi aspettative,  ha inziato appunto lì la scuola  e ha commentato così questi giorni: E' BELLISSIMO! 

Allora GRAZIE! a queste insegnanti che sanno fare della scuola un' esperienza così "calda", da suscitare una reazione tanto bella. 

E le nostre scuole sono ricche di insegnanti positivi e di grande professionalità che ringraziamo, perchè ci mostrano come combattere la negatività che aleggia sulla scuola tutta. 

Grazie maestre e maestri BELLISSIMI, perchè sappiamo cosa costano le scelte migliori, ma sappiamo anche che occhi fiduciosi e splendenti di bambini e bambini rassicurati e felici danno vita nuova anche agli insegnanti.

Buon anno scolastico a tutti!


Pubblicato da Annamaria Gatti

martedì 3 settembre 2024

La Scuola va amata. Perchè e come? Forte editoriale di Elvira Zaccagnino

 

Scuola con la lettera maiuscola

Pubblico questo editoriale di grande verità della direttrice de la meridiana e la ringraziamo tutti per aver messo in parole l'anelito di tanti. Mie le segnalazioni in grassetto e le sottolineature. 

"Ci sono cose che vanno dette e le diciamo" E.Z.

"Io amo la scuola 

Forse dovremmo partire da qui, quest’anno. Dal dirci, con sincerità, che la scuola va innanzi tutto amata. E lavorarci per un intero anno scolastico tenendo la bussola orientata a questa idea da ripetere come un mantra, non per convincerci ma per dare un senso a ciò che facciamo.

Perché è la Scuola che va amata, non l’insegnamento, o gli alunni, o il mestiere del docente. Quelli sono fatica, routine, scartoffie, riunioni, compiti da correggere, lezioni da preparare, colleghi da sopportare e supportare, genitori con cui parlare, studenti da incontrare ogni giorno. Tutto questo rende la scuola pesante, un lavoro e basta: come tutti i lavori, se non li ami ti alienano. La scuola ti aliena di più.

La Scuola va amata e serve come il pane perché è una istituzione democratica di un Paese civile, presidio educativo in grado di garantire a tutti, nessuno escluso, pari opportunità. I regimi la aboliscono o la vietano alle donne, ad esempio.

Quale scuola va amata? 

Una scuola che è alla portata di tutti, che usa la modernità al servizio del suo compito, come quella che portò il maestro Manzi quando insegnò a leggere e scrivere a un popolo analfabeta nell’Italia degli anni sessanta, usando il media allora più popolare.

Una scuola rivoluzionaria perché fa una scelta politica di parte come quella che fece Lorenzo Milani tenendo in classe la Costituzione e il dizionario, per non dimenticarci che siamo uguali e che è il numero di parole che possediamo che ci fanno sudditi o cittadini.

Una scuola capovolta nelle dinamiche di insegnamento e apprendimento dove gli alunni, le alunne, gli studenti e le studentesse non sono imbuti da riempire ma talenti da scoprire e accompagnare a fiorire, come quella che fecero Mario Lodi, Gianni Rodari, Francesco Berto, Emma Castelnuovo, Maria Montessori, Grazia Honegger Fresco, Gianfranco Zavalloni.

Va amata, anche, la Scuola come valore. Come necessità per restare umani noi e far innamorare chi è affidato alle nostre cure dell’umanità di cui siamo parte, perché è ciò che di sacro dimora in noi.

Amiamo una scuola che non educa al futuro, ma all’oggi dal quale il futuro poi dipende.

 

Un atto di obiezione

 

Amare la Scuola oggi, nel nostro Paese, è un atto di obiezione verso una narrazione che colpevolizza chi insegna, chi impara, verso le regole, i programmi, gli spazi e i tempi dell’educare e dell’imparare di ognuno e ognuna. Un atto di obiezione a testa alta verso chi la declassa e la depriva spogliandola del ruolo politico che l’educare ha. Perché educare è fare politica.

Non sarà un anno facile: non comincia nel migliore dei modi. Sarà un anno dove genitori, insegnanti e ragazzi saranno di volta in volta colpevolizzati, redarguiti, censurati, usati. Per questo è l’anno giusto per un atto d’amore verso la Scuola. Un amore che libera e non costruisce relazioni tossiche. Che, anzi, ci salva da queste. Una Scuola che difendiamo e mettiamo in atto perché sappiamo che è il solo luogo, tempo e spazio dove la relazione può essere appresa e sperimentata crescendo noi e facendo crescere gli altri.

Se ognuno cresce solo se sognato, quest’anno proviamo a sognare insieme la Scuola e a farla crescere nel sogno di un Paese che l’ha gradualmente dismessa e impoverita.

Io amo la scuola: diciamolo a voce alta. Perché l’amore può cambiare e cambiarci. Farci fare follie e anche rivoluzioni. Non dormire la notte per trovare soluzioni e palpitare per ogni sguardo che riceviamo.

Io amo la Scuola e parteggio perché ce la faccia. E se ce la fa lei, ce la facciamo tutti. Oggi per il domani.

Elvira Zaccagnino

pubblicato da Annamaria Gatti

sabato 31 agosto 2024

Bambini e bambine in una prima classe speciale?

 

Da decenni mi occupo di prevenzione, benessere scolastico e in particolare di inclusione. Come insegnante e psicologa ho lavorato per aggiornarmi continuamente e formare docenti, in collaborazione con validi colleghi e dirigenti. 

Dagli anni settanta ho vissuto i cambiamenti e l'evoluzione  della società e della scuola, visti i bisogni emergenti e le  attuazioni di pensiero, di cultura, di pedagogia e di didattica. 
Con tanti colleghi ho condiviso i disagi e le difficoltà dell'insegnamento, ma abbiamo sempre insieme lavorato, studiato i maestri pionieri della buona scuola e della psicopedagogia e verificato quanto sia vincente scegliere bene e lasciarsi conquistare dalla meraviglia quotidiana di bambini e bambine pronti a fiorire e desiderosi di contare per quegli adulti che hanno scelto questa professione.

Sapere che nella bellissima città di Bolzano qualcuno possa aver pensato di creare una classe prima per bambini di famiglie migranti e bambini italiani che non conoscono la lingua tedesca, mi stupisce e mi delude. Le informazioni in merito sono poche, si comprende che si voglia garantire ai bambini di lingua tedesca una migliore possibilità di apprendimento avanzato, senza attendere chi sta imparando il tedesco, che necessita evidentemente di momenti specifici di apprendimento. E cosa si fa per gli altri? Sono stati precedentemente valutati? La classe speciale è proprio l'unico strumento applicabile penalizzando per tutti, di lingua madre tedesca o no,  altri aspetti educativi? 
Esistono studi linguistici in proposito che vale la pena conoscere ed applicare per non temere di abbassare il livello di apprendimento. Esistono inoltre anche scuole che promuovono curricoli ad hoc senza incorrere in formazioni di classi speciali, che tra l'altro non sono ammesse da disposizioni ministeriali (L.118/1971 e L.517/1977), nel rispetto dell'articolo 34 della Costituzione.

Ho fiducia negli insegnanti appassionati della professione e nei dirigenti preparati e autorevoli. E' vero, oggi capitare in una buona scuola è una fortuna, purtroppo. Molto c'è da fare per garantire a tutti i bambini una felice esperienza scolastica. Ma occorre anche segnalare quante buone prassi vengono attuate da insegnanti preparati, responsabili e sensibili.

Sono certa che nell'istituto di Bolzano il collegio docenti abbia formulato una collaudata offerta formativa per tutti e in un'ottica inclusiva e di warm cognition, sapendo appunto che per ben imparare occorre un clima caldo e accogliente, occorre presentarsi ed essere alleati dei bambini e delle bambine a loro affidati per poter far sbocciare i loro talenti e promuovere il loro benessere. Tutti insieme. Utilizzando le buone pratiche ormai diffuse e conosciute. 

Certo le classi separate/speciali non hanno mai aiutato il benessere di tutti, rischiano di  creare  distanza e opposizioni, sono foriere di disagio per entrambi i casi. Ma questo dipende dai docenti e dai dirigenti. Una scelta di questo genere crea confusione e ansia e pare non tener conto dei principi pedagogici e psicologici che dovrebbero aiutare una effettiva crescita intellettuale e socioaffettiva di ogni bambino a scuola. 

Ma soprattutto contrasta con la mente e il cuore delle bambine e dei bambini che si stanno preparando alla prima classe, un momento magico che ha bisogno di accoglienza, di benevolenza, di sentire alleati e vicini i propri insegnanti e i compagni, senza distinzioni così come quelli appena lasciati al Kindergarten (molti di loro forse hanno frequentato una scuola dell'infanzia di lingua tedesca)  o alla scuola dell'infanzia.
 
E' faticoso insegnare in una classe con diversi livelli di apprendimento e quindi diversi bisogni, magari speciali? Sì, decisamente...  ma tutte le classi sono così esigenti. Vince chi (dirigenti, insegnanti, famiglie e istituzioni, amministrazioni e media) crea un solido rapporto di alleanza per gestire la complessità. E' un impegno forte, ma si può costruire così un mondo scolastico sereno e ricco, valorizzando le diversità e mettendo in circolazione semi di solidarietà e di pace, di cui abbiamo tanto bisogno. 

Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it

lunedì 26 agosto 2024

E se venisse nella tua scuola Uffabaruffa?

 

Uffabaruffa piomba sulla spiaggia, scaraventata dalla scopa magica 
dopo l'inquietante incontro con il Gran Consiglio delle Streghe

Facciamo un castello? Ma tu sei una strega?... Perchè non fai la fata?

Inutile ripeterlo: Uffabaruffa a scuola si trova benissimo, così come in tanti altri contesti... ma certo fa di tutto per stare in compagnia dei bambini e di chi con i bambini ci vive ! Per esempio...
L'esperienza della presentazione laboratoriale on line è stata un momento divertente per tutti. Un centinaio gli iscritti (moltissimi insegnanti) con possibilità di rivederla. 
Ci siamo emozionati,  nel rivivere qualche momento della storia, ma soprattutto quando abbiamo seguito dal vivo la matita di Laura Cortini, che ha tracciato e arricchito l'immagine della nostra protagonista "strega ma fata" in diversi contesti.
Ci ha fatto piacere sentir definire post moderni il racconto e  le illustrazioni, nati nel 1996 e ora attualissimi... e forse qualcosa in più. 
Laura ed io siamo grate all'editore per aver voluto arricchire con una appendice di giochi il volume con i tre filoni di proposte:  
  • per conoscere se stessi e accrescere l’autostima,
  • per superare i pregiudizi, accogliere tutti, saper scegliere,
  • per rinforzare empatia e resilienza.

                       
Uffabaruffa non si smentisce mai STA CON I BAMBINI E FA. Non chiacchiera, ma  coinvolge lettrici e lettori nei giochi " per conoscersi e vivere felici" Perchè si può!

E ora auguriamo a Uffabaruffa come sei buffa ancora una lunga vita fra le pareti domestiche, le biblioteche e le scuole!

Già perchè una delle costanti è proprio la presenza nelle scuole, dove Uffabaruffa ha fatto in tanti anni (26!) dalla prima edizione con Città Nuova, premiata e tradotta... e trasformata in musical in Argentina...

E la direttrice Elvira Zaccagnino de "la meridiana"  ha proprio sottolineato questa presenza vincente: 

"Immagino questo libro diventare uno strumento in mano ai docenti attenti. Lo vedo entrare nelle scuole e dare vita a momenti di aggregazione, di comunicazione delle proprie emozioni e delle proprie esperienze. condividendole con gli altri bambini e bambine e insegnanti, un punto assolutamente privilegiato di osservazione e di raccolta di idee e informazioni sugli alunni, nel momento dell'entrata a scuola, dell'inserimento inclusivo e dell'ascolto e della conoscenza reciproca..."


E se venisse davvero Uffabaruffa nella tua scuola? 



sabato 24 agosto 2024

Intervista ad Annamaria Giarolo e Annamaria Gatti. Intorno al libro "Io amo la scuola Come insegnare e stare bene in classe"


Pubblicato da Annamaria Gatti


Con piacere continuo a  riscontrare che molti insegnanti (e non solo) apprezzano il contributo dato da questo libro, apprezzato in Italia in numerose presentazioni, convegni, momenti formativi e  di aggiornamento, anche in corsi on line. (Qualcuno mi ha simpaticamente  confidato che se lo tiene sul comodino per trovare supporto nei momenti difficili!😁)

Ringrazio ancora, attraverso la direttrice Elvira Zaccagnino,  l'editrice La meridiana, che lo ha ospitato nella Collana Partenze, dopo un professionale accurato lavoro di editing, che sempre caratterizza questa realtà editoriale pugliese. 

           Io amo la scuola      Come insegnare e star bene in classe,  
è un lavoro a quattro mani  svolto con  Annamaria Giarolo, che ha ne ha curato la ricca  parte teorico-tecnica.  Io ho collaborato in particolare con l' apporto narrativo, incentrato sulla figura della maestra Laura che racconta la sua esperienza professionale e conclude ogni narrazione con un tuffo in un angolo della sua vita personale, perchè:
  • persone si è sempre e  ovunque e quando insegni ed educhi la tua persona fa la differenza e la qualità delle relazioni e dell'insegnamento. 
Non manca nulla: 
  • la classe, i colleghi, le famiglie, le difficoltà e le buone prassi, gli errori, le soluzioni, le fonti, le criticità sociali, i conflitti e le risorse generazionali,  i dirigenti, la legislazione, le linee guida, metodi e strategie...
  • Un manuale quindi, 10 problemi affrontati e raccontati, 
  • un manuale consultabile agilmente nelle parti teoriche e in quelle esperienziali. 

Per conoscere meglio questo lavoro pubblico le interviste a noi autrici a suo tempo pubblicate dal Centro Ermes di San Bonifacio. Voglio ringraziare Annamaria Giarolo per aver creduto in questa avventura e per avermi invitato a condividerla.

Intervista di Adriano Lubrano ad Annamaria Gatti

Annamaria, perché hai deciso di far interpretare il tuo contributo alla maestra Laura?

Grazie per una  domanda che va al cuore della scelta un po’ insolita e che è stata da noi pensata proprio per favorire il lettore.
Un manuale autorevole potrebbe essere ancora  più convincente se corredato da esperienze, infatti nel mio percorso ho sperimentato quanto la narrazione “prenda” , incontri e solleciti la motivazione e la sensibilità di chi legge a  vari livelli, emotivi e cognitivi. Ecco perché la terza sezione di ogni capitolo racconta la scuola vista dalla maestra Laura.
La scuola è fatta di persone, di bambini e insegnanti… e non solo! E’ una costellazione che compone la vita, un tessuto  ricco di opportunità, di grandi ideali, di difficoltà e  di disagi da superare  tutti insieme. Capacità umane e sociali si fondono con le competenze e danno risultati che devono tendere alla qualità, possibilmente all’ eccellenza.  
Una di queste persone di scuola  è Laura, una maestra qualsiasi, una docente in cui si può rispecchiare qualsiasi insegnante , con le sue difficoltà e soprattutto con la sua ricerca di fare bene, che si incontra e si scontra con la realtà scolastica, spesso difficile. Intorno a lei prima di tutto  i bambini, ma non solo… sono presenti nel racconto anche gli altri insegnanti, perché insegnare lo si fa in team. Sono uomini (sì,  anche uomini in una scuola primaria!) e donne con il loro vissuto, le loro esperienze, la loro competenza, giovani e meno giovani, motivati o meno, convinti o no che questa professione sia davvero coinvolgente.
Indicazioni di lavoro, strategie e soluzioni possibili, riferite ai contenuti  tecnico-teorici,  narrate in questi episodi di vita scolastica, stimolano l’interesse alla consultazione, consolidano la convinzione a maturare le acquisizioni pedagogico-didattiche, condividendole,  studiando e prestando una grandissima attenzione al tesoro portato e comunicato dai bambini e dai ragazzi a scuola.

Quanto c’è della tua esperienza personale nella figura e nelle esperienze di Laura?

Per  ogni tema  mi sono rifatta ad esperienze scolastiche dirette , ho accompagnato Laura nella quotidianità di una professione complessa, che va vissuta superando le difficoltà per stare bene. E se stanno bene i bambini, stanno bene anche gli insegnanti.  Dagli anni settanta ad oggi la scuola ha subito molti cambiamenti e scelte di valore, che ho condiviso con molti colleghi e grazie all’entusiasmo comunicato da grandi maestri, che hanno saputo aprire le menti  a nuovi orizzonti. Il mondo scolastico si è scontrato con problemi sociali e culturali epocali che hanno segnato le innovazioni  ma anche  limitato molte  buone prassi. Non è facile fare scuola oggi. Per questo molto volentieri mi sono affiancata ad Annamaria Giarolo per contribuire, pur con un piccolo strumento, a camminare accanto agli insegnanti , per condividere la fatica e la bellezza di educare insegnando.

Uno dei capitoli del libro è dedicato ai bambini ed ha come titolo uno dei luoghi comuni più ripetuti: “Non ci sono più i bambini di una volta.” Qual è il tuo pensiero, a questo proposito?

I bambini di una volta erano amati o poco rispettati , come accade ora. I bambini hanno bisogni primari che sono sentirsi incontrati, accolti, fare esperienza del  rispetto e dell’amore per la loro crescita, la loro vita.
Questo manuale è per gli insegnanti , ma abbiamo in cuore i genitori, a cui è affidato il compito primario di  promuovere in loro una sana crescita, compito complesso di cui molti sentono il peso e l’impreparazione in una società conflittuale e liquida. Non ci sono più neppure i genitori di una volta, ma incontriamo anche genitori alla ricerca, creativi, aggiornati e per nulla illusi che sia facile, ma coraggiosi!
Ora… E’ un onore lavorare per i bambini e con  i bambini. Ieri come oggi. Ma è necessario conoscere l’infanzia e i processi dell’adolescenza, partendo proprio dalla consapevolezza che possono trovare le risorse in se stessi,  se vengono messi nelle condizioni di trovare fiducia e attenzione.
Abbiamo coscienza che sono il frutto di questa nostra società in evoluzione: possiamo esimerci dal considerare questo aspetto? Possiamo fare scuola come qualche decennio fa?  Possiamo pensare che ragazzi di oggi possano vivere, conoscere, studiare e crescere come quelli di una volta? Lo sanno bene i maestri e i professori  illuminati e anche loro alla ricerca. E dovrebbero essere tutti messi nelle condizioni di formarsi, perchè la lezione frontale non è più efficace oggi, perché l’intelligenza emotiva e quella cognitiva interagiscono strettamente… perché occorre avere strumenti idonei per mettere i bambini e i ragazzi nelle condizioni di imparare con la gioia di farlo e di condividere con i compagni di percorso le scoperte e le difficoltà.


Per concludere: cosa ti aspetti dai lettori di questo manuale?

Spero trovino questa proposta lieve e agevole, pur nella sua complessità e rigorosità.
Io posso consultare questo manuale con modalità differenti ed efficaci.
Posso scegliere il capitolo di interesse ed addentrarmi  indifferentemente fra le tre sezioni dedicate alla problematica, alla pedagogia e didattica o alla sezione applicativa con la narrazione.
Ognuna riporta alle altre due,  in una interazione  facilmente fruibile. Posso iniziare,  per esempio, anche leggendo cosa  accade nella giornata scolastica della maestra Laura e da lì comprendere poi le analisi e i rimandi strategici o legislativi, sintetizzati in schede molto accurate.
Mi aspetto in  qualche insegnante, forse stanco e sfiduciato, si risvegli il desiderio di provare a fare della professione una fonte di gioia e di fiducia nella vita. Mi aspetto che chi ha scelto di insegnare  trovi  in questo piccolo strumento un alleato nel percorso di  docente.


Intervista di Adriano Lubrano ad Annamaria Giarolo

Annamaria, perché hai deciso di scrivere questo libro?
Perché sentivo il bisogno di “smontare” dei luoghi comuni della vita quotidiana a scuola. Luoghi comuni che, spesso, sono di impedimento o di intralcio al buon andamento delle attività. Per questo, ho individuato dieci temi di fondo, cercando di delinearne i rischi ma anche le potenziali opportunità. Per esempio, “Non ci sono più i bambini di una volta” oppure “Il problema sono le famiglie!”: analizzando questi problemi/stereotipi ho proposto delle soluzioni.

Allora, la struttura dei capitoli corrisponde alla tua esperienza?
Certamente, se diamo una scorsa all’indice leggiamo, oltre ai luoghi comuni già citati: Non c’è mai tempo per fare tutto, Quest’aula è troppo piccola!, Non darò mai dieci!, Nel ciclo precedente le cose erano molto diverse, Non ho più l’età… Questi titoli rispecchiano proprio un andamento quotidiano ancorato a vecchi schemi presenti in quelle “lamentazioni degli insegnanti stressati” cui accenna il prof. Cornoldi nella prefazione. L’obiettivo del libro è superarli per trovare modalità nuove e diverse, per una vita in aula (quindi mi riferisco a insegnanti, alunni ma anche ai genitori) improntata al benessere. Più si sta bene, meglio si lavora.

Infatti, il prof. Cesare Cornoldi, nella prefazione al libro, riconosce che si tratta di “dieci problemi tipici dell’insegnante” legati alla realtà scolastica che avete vissuto, lodando poi l’equilibrio e la concretezza della trattazione. A questo proposito, come sei riuscita a svincolarti da esperienze per te coinvolgenti e a mantenere un sostanziale distacco dalla tua esperienza di lavoro?
Per me, l’insegnamento non è una missione (altro luogo comune) ma una professione altamente qualificata perché ha un obiettivo altissimo, formare i cittadini. Questa professione richiede da parte di ogni docente, una sorta di manutenzione continua, fatta di studio, approfondimento, revisione delle proprie modalità di lavoro. Per questo, ho cercato di considerare il mio lavoro da un altro punto di vista, quello della ricerca pedagogica.
Così, i capitoli scritti da Annamaria Gatti sono valsi a sceneggiare e rappresentare in una storia, quella della maestra Laura, i contenuti “da manuale” dei capitoli scritti da te?
Esattamente, sì. Un modo per riportare dentro l’aula l’approfondimento teorico. Il libro è infatti ricco di tabelle e schemi di lavoro. Il lavoro di Annamaria Gatti è servito a far sì che ogni insegnante si possa riconoscere, tramite la figura della maestra Laura, nella propria quotidianità.
Per concludere, cosa, in concreto, vorresti trasferire a chi leggerà Io amo la scuola? Cosa ti aspetti dalla lettura di questo manuale?
Mi auguro un cambiamento, certamente. Vorrei che la scuola fosse una comunità in cui star bene e prendersi cura gli uni degli altri, insegnanti, dirigenti, alunni e famiglie. Una scuola in cui insegnare e apprendere sia un piacere. Mi piacerebbe dare ai colleghi, come afferma il prof. Cornoldi, “lo stimolo per rafforzare, se già le hanno, o per recuperare, se le hanno temporaneamente perse, le emozioni positive di questa magnifica professione che è l’insegnamento”.

lunedì 19 agosto 2024

Scuola: e se mettessimo una panchina per chi si sente solo?

 

LA PANCHINA DEGLI AMICI

Ormai è prossima l'apertura della scuola (mancano una manciata di preziosissimi giorni!) e per questo condivido una semplicissima prassi scolastica, che molti conosceranno e che, fortunatamente, rischia di essere un piccolo segnale, ma di grande attenzione educativa.

Parto dalla narrazione di una mamma (piccole storie) che sui social racconta: 

"Passeggiando nel cortile della scuola di mio figlio, noto una panchina dipinta di rosso vivo. Ho chiesto a mio figlio: "È l'unico posto dove sedersi qui?" Lui ha risposto: "No, quella è la panchina degli amici. Quando qualcuno si sente solo o non ha nessuno con cui giocare, si siede lì e gli altri bambini gli chiedono di giocare." Oh, incredibile! Gli ho poi detto quanto fosse meraviglioso e gli ho chiesto se l'aveva mai usata. Lui ha detto: "Sì. Quando ero nuovo mi sono seduto lì e qualcuno è venuto a chiedermi di giocare. Mi sono sentito felice. E adesso, quando vedo dei bambini seduti lì, chiedo loro di giocare con me. Lo facciamo tutti."

L'obiettivo di far stare bene qualcuno con questo semplice escamotage è sicuramente perseguibile ed è direttamente proporzionale alla convinzione di fattibilità che si giocano gli insegnanti che la propongono. Ancora una volta non sono le parole a ottenere risultati, ma l'esempio, l'accompagnamento e il coinvolgimento degli adulti. Il saper so-stare. 

Per questo certamente occorre non improvvisare, ma scegliere una minuziosa e lungimirante preparazione e per questo provo a formulare possibili "istruzioni per l'uso", per insegnanti positivi ed empatici, certa che loro, i docenti, sono davvero una miniera di prassi interessanti da condividere: 

  1. raccontate con entusiasmo la faccenda nel vostro team, invitando i colleghi che lo desiderano ad appoggiare questa strategia e soprattutto a migliorarla nell' esecuzione e nella presentazione ai bambini.
  2. Scegliete con loro un angolo dell'aula o del cortile scolastico, del laboratorio, della biblioteca...
  3. Attrezzatelo con una panchina o comunque una seduta a misura di bambini.
  4. Chiedete ai bambini cosa potrebbe servire...
  5. Conducete la conversazione verso lo scopo: chi si sente solo (nuovi arrivi, momento difficile, incomprensioni, desiderio di nuovi amici, voglia di raccontarsi, delusioni scolastiche e dintorni...) può sedersi lì e qualcuno lo vedrà e provvederà!
  6. Non dimenticate di fare periodicamente una verifica (con tutta probabilità arriveranno  suggerimenti intriganti da bambine e bambini)
Ed ecco un altro gioco che ha avuto parecchi seguaci: il gioco dell'amico segreto


Buona avventura per questo anno scolastico. 
Non sarà facile ma insieme si può!
anche per noi adulti...
pubblica Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
foto da  Visit Lake Iseo