Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

domenica 29 giugno 2025

FAVOLA, ULTIMO EPISODIO: E ALLA FINE ENEA DIVENTA CAVALIERE, MA COME?

La saga si conclude qui, ed Enea e i suoi compagni di viaggio diventano cavalieri... Mai pensavo di poter pubblicare questa favola con la nostalgia per valori che oggi sembrano schiacciati da prepotenze e bullismo ..."politico". Proprio per questo riaffermiamo con tutti i mezzi la nostra speranza.

MA CHI E' QUESTO BRUTTO CEFFO? 
E COSA FA ENEA LI' DIETRO CON GLI ALTRI APPRENDISTI CAVALIERI?
(E qui si vede carissimi ragazzi, come Enea finalmente diventerà cavaliere!  
I misteri si sono svelati, quasi tutti... QUASI!)


di Annamaria Gatti                                    
Illustrazione di Eleonora Moretti
fonte: Città Nuova

(Versione completa dell'ultimo episodio. Adattamento nella versione sul periodico)


I giorni scorrevano fra allenamenti, sfide e incarichi,  a volte molto particolari, in attesa della designazione a cavalieri del re.  

I quattro avevano davvero imparato a stare insieme e a collaborare: chi poteva dire se qualcuno di loro  eccelleva in tutto? 

Chi era molto abile nelle armi, come Marillo, era diventato molto saggio. 

Chi aveva grandi progetti e abile a cavalcare, come Giangiacomo, era diventato generoso. 

Chi era sapiente e agile nei tornei,  come Norberto, era diventato anche  socievole e collaborativo. 

Enea era molto apprezzato da tutti come buon amico, sincero e uomo di grande coraggio, affidabile e giusto, capace di redimere le liti fra di loro e di trovare la soluzione giusta.

 “Quanto tempo dovremo ancora attendere prima di esser nominati cavalieri?” chiese Marillo ai suoi tre compagni.

“Presto il Gran Maestro ci dirà chi ha superato le prove” lo rassicurò Norberto.

Giangiacomo precisò: “Enea certamente è stato il più capace… Noi tre abbiamo fatto parecchi errori!”

“Abbiamo affrontato prove stravaganti, che ci hanno fatto molto pensare, abbiamo imparato insieme a distinguere il bene dal male” aveva aggiunto Enea.

 Poi un giorno il Gran Maestro li convocò nella sala del trono e proclamò: “E’ giunto il momento di dirvi chi verrà nominato  cavaliere di Re Riccardo!”

All’improvviso però tutto si oscurò, le torce  si spensero, aggredite da una folata gelida, che imperversò per alcuni momenti, che parvero interminabili a tutti i presenti.

“E ti pareva che le cose potessero andare lisce almeno una volta…” borbottò Giangiacomo.

Certo che no, mio sprovveduto cavaliere!” urlò un vocione da togliere il fiato. Poi aggiunse:  “Le cose non vanno mai lisce se re Riccardo si arricchisce di cavalieri in gamba, fedeli, sinceri e puahhh! onesti.”

“Ecco mancavi tu, brutto ceffo!” commentò allarmato il Gran Maestro.

Il brutto ceffo pareva uno sgorbio di nano:  gobbo, con un naso enorme e con una voce gracchiante e profonda, sproporzionata alle sue dimensioni. Suscitava una certa inquietudine vederlo in mezzo a quel buio,  illuminato dalla sua spadina incandescente, perché non si poteva prevedere cosa avrebbe potuto combinare.

“Riaccendi le torce” ordinò il Maestro. Ma il ceffo continuò a roteare per la sala reale  distruggendo quel che trovava nel suo vagare. Poi puntò lo sguardo feroce su Norberto e Marillo. E sghignazzò  minaccioso. Stava per aggredirli.

“ Come ti chiami?” chiese Enea, con l’intento di distrarlo.

“Il mio nome è Sconosciuto, ma a voi non interessa” bonfonchiò. “Interessa solo che io non  vi permetterò di diventare cavalieri. Non supererete l’ultima decisiva prova! AH AH AH”.

“E sarebbe?” chiese deciso Norberto.

“Trovare il modo per farmi  tornare quel che ero: un cavaliere di valore! Per un accidente mi sono cacciato in un maleficio che mi ha tolto tutto:  l’onore e i talenti. E anche il mio vero nome. Ma non troverete la forza di combattermi e neppure una pozione magica.”

Mentre il ceffo ridacchiava saltellando qua e là, i quattro giovani si accordarono sul da farsi. Non servirono molte parole, avevano capito: era uno che aveva scelto male e stava pagando il suo errore.

“Hai fatto un grande errore, Sconosciuto” considerò Norberto.

“Beh sì, lo so. E cosa volete dire con questo?” gracchiò il nano.

“Diciamo che TI PERDONIAMO” scandirono insieme i giovani, alzando le loro quattro spade unite al cielo. Il Gran Maestro con un sospiro si fece attento: stava accadendo quel che era giusto! Presto avrebbe lasciato i suoi apprendisti. E questo gli dispiaceva un po’.

Le torce si riaccesero, il nano stramazzò a terra, come accade sempre quando un personaggio si trasforma: al suo posto si svegliava ora un cavaliere, in abiti preziosi, la spadina era diventata spada degna di un re. Nulla faceva ricordare il brutto ceffo di pochi istanti prima. Lo sguardo era limpido, il viso sorridente e il portamento deciso e gentile.

“Grazie cavalieri, mi avete liberato dal maleficio, ora sono tornato quel che ero” ammise stanco ma sollevato il giovane. “Nessuno aveva pensato a perdonarmi e nessuno aveva pensato che solo così avrei riacquistato tutto, anche  il mio nome. Siete stati geniali.”

Squilli di trombe invasero la sala del trono e il Gran Maestro annunciò l’arrivo del re che, entrato, si guardò attorno e capì cosa era accaduto. Il cavaliere gli corse incontro e si inginocchiò, in segno di rispetto.

“Sono molto lieto di rivederti cavalier  Carlo di Montelungo. Finalmente potrai tornare al tuo compito di difesa dei deboli, ma lo farai ora in compagnia di questi nuovi quattro cavalieri,  che meritano la nostra fiducia. Hanno faticato e imparato molto, ma sanno che  non si finisce mai di apprendere.

Si voltò verso il Gran Maestro con un cenno di gratitudine e lo invitò vicino ai suoi giovani: aveva fatto un buon lavoro, come sempre!

Stese lo scettro su di loro e li investì del titolo di CAVALIERI DEL REGNO:

“Enea di Roccabruna, Norberto di Normandia, Marillo della Marca, Giangiacomo di Val di Sole,  vi nomino miei cavalieri, con il compito di mettere in pratica tutto ciò che avete imparato,  da ultimo che conviene scegliere sempre il bene e saper perdonare.”

E così si conclude questa storia del giovane Enea, diventato cavaliere. La sua vita sarà molto intensa e lunga, sarà un cavaliere molto amato soprattutto da tanti giovani che da lui impareranno molto.

“Ehi tu dove vai?” chiedevano ai giovani allievi.

“Vado a diventare cavaliere alla guida di Enea il Saggio”

“Ah beh… allora avanti e buona fortuna!”

 Eh sì perché re Riccardo proprio ad Enea affiderà i suoi cavalieri per tanti tanti anni.


giovedì 26 giugno 2025

Favola quarto episodio in onore alle Mammenopfas e all'epocale sentenza che condanna l'inquinamento da PFAS "Quando i draghi sorridono perdono tutta la loro forza"...

 Quarto appuntamento con le avventure di Enea apprendista cavaliere




Favola dedicata alle mamme nopfas  del Veneto

che lottano da anni  per avere acqua non avvelenata per i loro figli

e che oggi, 26 giugno 2025, hanno esultato 

per la condanna giusta dei responsabili. 

Grazie Mammenopfas e tutti i cittadini attivi in questa lotta non 

violenta, ma per questo molto determinata e autorevole.


IL CAVALIERE ENEA SCONFIGGE  

IL DRAGO PIFASSS


testo di Annamaria Gatti

Illustrazione di Eleonora Moretti

fonte: Città Nuova, Roma

                        BARABABOOM!

Il boato ruppe il silenzio. Gli apprendisti cavalieri balzarono giù dalle brande e si precipitarono in sala grande. “Armatevi e partite!” urlò il Gran Maestro, “la prova che volevate è arrivata: un drago sta distruggendo tutto!”

Marillo, figlio del conte Della Marca esplose in un: “Finalmente, un vero drago da uccidere!”

Norberto, nipote di re Giulio di Fiandra aggiunse: “Sono pronto!”

Giangiacomo di Borgo Val Del Sole proclamò: “A noi due drago, ti annienterò!”

Enea, con la fidata spada ai fianchi, propose con decisione: “Andiamo, insieme lo combatteremo con forza e furbizia! Tutti per uno, uno per tutti, dicevano…”

“Non insieme” risposero, “dobbiamo superare la prova e  quindi ciascuno per sé.”

Enea scosse la testa incredulo. “I miei compagni non pensano molto. La vedremo!”

Il drago era un esemplare goffo e maldestro, con tutti gli optional: codone uncinato, testa a pera, narici sporgenti, pancione tartarugato. Era verde e rosso e stava distruggendo il bosco: sollevava con le sue zampacce gli alberi secolari. Dalle casupole gli abitanti scappavano terrorizzati.

Marillo si parò davanti al drago, che gli chiese:

“Cosa vuoi tu, formichina?”  lasciandolo a lancia sospesa per lo stupore.

“Tu…tu…” balbettò “Tu parli.”

“Certo, sono il drago PIFASSS e mi hanno dato l’incarico di rendere invivibile questo regno…AH AH AH!

Marillo  gli  lanciò la mazza chiodata sul cuore, ma fece solo il solletico al drago, che la sbriciolò e gli gridò un BUUUUUUUUUU spaventoso, mettendolo in fuga.

Stessa fine per Norberto e Giangiacomo che si trovarono senza le loro  balestre infallibili  con cui avevano cercato di fermare il drago. Prima PIFASSS dall’argine aveva scaricato tonnellate di sporcizia inquinando il corso d’acqua,  che cominciò a restituire carpe e trote morte. Poi dal monte alto aveva sparso un gas micidiale, che accecava gli animali in fuga: una vera catastrofe.

Allora Enea si nascose fra i massi e gridò con voce cavernosa contraffatta: 

Sono tutti capaci di distruggere. Non sei capace di ricostruire però. Ah, non vali molto come drago, orgoglioso PIFASSS!”

Tutto si fermò, pure il drago, che cercò chi mai avesse osato mettere in dubbio i suoi talenti. “Vieni fuori verme” borbottò seccato e minaccioso.

“No che non vengo, mi faresti fuori subito. Sei capace solo di questo tu.”

“NON E’ VERO!” tuonò PIFASSS più rosso del solito per la rabbia  “e te lo dimostrerò. Vedi questo fiume? Tornerà come prima…”

E con un soffio micidiale vomitò una colonna di fuoco che ridusse tutto in polvere. Come per incanto pian piano dalla sorgente riprese a zampillare acqua fresca e limpida. E il fiume riprese a vivere.

PIFASSS sorrise. Ma quando i draghi sorridono perdono tutta la loro forza e la loro cattiveria.

Enea sbucò dal nascondiglio fra le rocce e, brandendo la sua bellissima e pericolosa  spada, si avvicinò al drago, che piangeva. Ma erano lacrime di liberazione e sussurrava: “Non conviene proprio fare i cattivoni!”

E anche questa volta l’aspirante Enea vinse la gara per diventare cavaliere.



 pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

 

 

 


lunedì 16 giugno 2025

L'astronave perfetta, storia di amicizia e cooperazione

 

di Nicoletta Asnicar
illustratrice Chiara Spinelli
I nuovi colori del mondo
Città Nuova Editrice

Recensione di Annamaria Gatti

Libro opportunamente creato con i consueti criteri grafici e accorgimenti che agevolano la lettura, è rivolto ai piccoli lettori, ma racchiude messaggi nascosti, leggibili anche dagli adulti che sanno farsi coinvolgere.

Teo è un bambino decisamente fantasioso, ricco di idee che lo portano a una relazione interessante e lineare con i propri adulti di riferimento. 
Nulla è scontato nella sua vita semplice, tutto è motivo di curiosità, crescita e relazioni. I suoi genitori sono anche troppo presenti nella gestione dei talenti che Teo coltiva con ironia. 

Sono mamma e papà che lo avviano e lo seguono nella realizzazione di una astronave che non gli appartiene come progetto, che è invece di un amico con il quale, in compagnia di una dotata compagna di banco, riuscirà a portare a termine. 

Tutto centrato sulla straodinaria unicità di ciascuno e sulla bellezza della cooperazione fra pari, regala agli adulti del racconto il ruolo di pazienti consulenti.  Il che non è sempre scontato.

Le illustrazioni sono funzionali al testo e ricalcano le figure-bambine che troviamo spesso riprodotte nei disegni infantili, per questo vicine alla loro sensibilità.

Buona lettura quindi a tutti i capitani di astronavi, a tutte le bambine sognatrici con Teo di avventure e di progetti!



sabato 14 giugno 2025

Favola terzo episodio. Il cavaliere Enea e la scoperta della regola d’oro.

 Ecco la continuazione dell'esperienza di Enea 

che diventerà cavaliere solo se avrà saputo fare le scelte giuste. 

Dedico questa favola a Willy barbaramente ucciso 

mentre voleva difendere  un amico e portare la pace.

Willy ora è un vero cavaliere. 

Omicidio Willy, ecco i risultati dell'autopsia “ucciso per i colpi violenti  su diverse parti del corpo” 


fonte:  Città Nuova Settembre   favola di Annamaria Gatti

illustrazione di Eleonora Moretti 

Il castello degli apprendisti cavalieri era una severa  dimora, poca luce e  rumori sinistri popolavano le stanze “Avete paura del buio? Avete paura delle novità?” chiedeva il Grande Maestro.

“No” rispondevano gli apprendisti “noi sappiamo cavarcela bene. Andiamo finalmente a cacciare draghi?”

“Nulla del genere,  la prossima prova sarà liberare dalla torre il gran borbottone.”

I giovani si guardarono e scoppiarono in una sonora risata. Il  Maestro  li lasciò ridere, poi aggiunse: “Vedrete, non è un tipo piacevole, buona fortuna!”

 Un ululato acutissimo proveniente dalle scale della torre li fece rabbrividire.  Dopo un veloce “pari o dispari” stabilirono l’ordine dei tentativi. “Parto!” disse il primo un po’ titubante “sarò velocissimo”. Infatti velocissimo… ritornò contrariato: “Beh pensateci voi, è così brontolone che non lo sopporto. E poi ho il cuore in gola: c’erano ombre strane lungo la scala!”

Si sentirono ruggiti raccapriccianti e tutti si guardarono preoccupati. Comunque, anche il secondo tornò solo: “E’ insopportabile! E’ un maleducato, non gli va bene niente!”

Il terzo si fece coraggio, salì guardingo ed entrò. Gli  promise mari e monti, poi lo prese in giro pesantemente e iniziò anche a minacciarlo se non fosse partito con lui. Il borbottone si accucciò in un angolo e, spaventato, non si mosse più. Anche il giovane tornò giù tremante di paura e di rabbia.

Era il turno di Enea. Strana prova: sembrava un giochetto e invece…

Entrò nella cella della torre. Borbottone,  un omino ossuto,  vestito elegantemente, ma sgradevole a vedersi, stava lamentandosi:  “Nessuno mi  capisce, mi chiudono qui perché brontolo sempre,  questa torre è una prigione! Voglio tornare a casa, giocherò con i nipotini anche se mi tireranno la barba, prometto, non brontolerò più…”

Enea era sempre là seduto ad ascoltare.

L’omino lo guardò. Enea lo guardò.

L’omino  gli sorrise. Enea gli sorrise.

“Sei venuto a liberarmi?” gli chiese.

“Beh, se vuoi sì. Se io fossi nei tuoi panni, mi farebbe piacere che qualcuno mi ascoltasse e mi capisse.”

“Amico,  hai fatto con me quello che vorresti fosse fatto a te, quindi hai superato la prova. Ora vengo.”

La scala era ripida, ma il Borbottone la scese in fretta fino a sbattere contro il barbone del Gran Maestro.

“Ullallah! Ecco trovato il cavaliere che ha scoperto la regola d’oro.” Esclamò il Maestro, osservando curioso il borbottone.

“Me ne vado Maestro, hai trovato il tuo apprendista in gamba. Io torno a casa e… venite a trovarmi ragazzi ma non bevete tutto il mio sidro e non mangiatemi tutto il cinghiale e poi non lasciate le armi sparse nel cortile e poi… e poi…”

“Sì, sì signore… abbiamo capito!” urlarono in coro tutti. Che razza di brontolone, questo borbottone!

 E anche gli altri giovanotti impararono che è meglio fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te.                                      

pubblicato da Annamaria Gatti

illustrazione  A Willy di Kitoshi Kimmo,  da Frosinone Today.

 

 

 

 

 

 

Fine scuola 2, pagelle, voti e dintorni, per esempio Nicola Govoni.

 



Il fenomeno Nicola Govoni, classe 1993, è tutto da studiare e da accogliere con cuore libero. 

Ci farebbe e ci fa  benissimo.

Bocciato e umiliato, ha cercato la sua strada e l'ha trovata alla grande. Per chi non lo conoscesse:  

"...dopo un'adolescenza difficile e una bocciatura nel 2013 parte per un'esperienza di volontariato nel'orfanotrofio Dayavu Boy’s Home nel Tamil Nadu dopo aver conseguito il diploma di maturità classica ...  Decide poi di fermarsi in India per continuare l'attività di volontariato e proseguire gli studi iscrivendosi a un corso di laurea in giornalismo alla Symbiosis International University di Pune. Nel 2017 autopubblica l'e-book "Bianco come Dio" in cui racconta la sua esperienza di volontariato. Il libro diventa un piccolo caso editoriale, vendendo circa diecimila copie e attirando l'interesse della casa editrice Rizzoli che ne acquista i diritti per la pubblicazione. Il ricavato delle vendite viene utilizzato per la realizzazione di una biblioteca nell'orfanotrofio..." (Wikipedia recita)

Così inizia una vita tutta in salita, nel senso lettrale del termine e costellata di grandi passi che lo portano a lavorare in Palestina e  nel più grande campo profughi d'Europa e a fondare con Giulia Cicoli e sarah Ruzek l'associazione  STILL I RISE, ad aprire scuole per ragazzi e ragazze profughi. Costruisce una nuova scuola in Turchia presso il confine con la Sira con il ricavato della vendita del suo secondo libro di successo "Se fosse tuo figlio"  

Nel 2020 vince la prima edizione del premio Premio CIDU per i Diritti Umani assegnato dal Ministero degli Esteri.  A Nairobi in Kenia  segue la realizzazione della prima International School, nata con l'obiettivo di fornire istruzione di alto livello gratuitamente per i ragazzi più poveri permettendogli di ottenere il titolo di Baccellierato internazionale. 

Successivamente nel  libro fotografico "Attraverso i nostri occhi. Vivere da bambini in un campo profughi" racconta la sua esperienza a Samo.  A Bogotà  apre la  seconda scuola internazionale e nel 2023 pubblica il romanzo giallo "Altrove" per la casa editrice Still I Rise, appena fondata.  Rizzoli pubblica nel 2024 il saggio "Un mondo possibile".

Nicola Govoni, fuori/classe nella nostra scuola, riceve il Premio Internazionale per la Leadership e la Benevolenza Joaquín Navarro-Valls per le sue azioni a favore di persone bisognose. 

Meno male talvolta la scuola sbaglia, e alla grande. ma possiamo imparare sempre dagli errori e questa è la nostra forza.  Quante analoghe storie da raccontare!

Allora riconfermiamo che allearci con i nostri ragazzi è la strada vincente comunque!

pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto AGI

 

venerdì 13 giugno 2025

Fine scuola, pagelle, voti e dintorni, per esempio Sinner...

 


Parliamo di fine scuola.

Amiamo la scuola e molto. Ho vissuto nella scuola, fatta di bambini, ragazzi, famiglie, dirigenti e collaboratori e vivo tutt'ora in forme diverse, anni bellissimi (e faticosi, certo!) a cui non rinuncerei per nessun tesoro al mondo.

Ogni anno mi fermo, alla fine del periodo scolastico, sui risultati, promozioni e bocciature,  stroncature di bambini e ragazzi e implicitamente delle famiglie e dei docenti. E faccio qualche riflessione ad hoc, sempre pensando a tutti loro con simpatia e condividendo fatiche e gioie.

Concludo sempre che comunque le bocciature non hanno (quasi) mai rovinato nessuno, non sono quelle che determineranno il futuro di ciascuno. Anzi! E che la ricerca della meraviglia e dei talenti presenti in ciascuno dei ragazzi e delle ragazze, avrebbe portato "in alto" tutti. E non è semplicismo o ingenuità. Ma non è lo scopo di questo post approfondire tutta la casistica e gli aspetti specifici di tale problematica. 

Cosa c'entra Sinner, il grande tennista? (...la grande persona)

In qualunque modo si sia concluso questo anno scolastico, con le sue incongruenze, con i successi e i doni umani e culturali portati o evasi, non ho potuto fare a meno di pensare a lui, sconfitto a Parigi. E di come abbia portato questa sconfitta con onore e maturità rara, in un tempo  come il nostro,  tanto da separare il risultato dalla qualità delle relazioni, per esempio, col vincitore della lunga, pesantissima tenzone con racchetta e pallina. 

Di cosa hanno bisogno quindi i nostri ragazzi e le nostre ragazze alle prese con un insuccesso scolastico? Comunque di alleati, per capire, riprendersi, ripescare talenti e forze, che ci sono senz'altro, se qualcuno li aiuta a vederli. 

E allora mettiamo in luce i tanti Sinner che incontriamo sulla nostra strada della vita, di chi sa riconoscere, si rialza, si riprende e non si scoraggia. Ma soprattutto sa rispettare e non sopraffare. 

E' un appello a genitori e insengnati. Coltiviamo alleanza, speranza e fiducia. Facciamo tutta la nostra parte, dove siamo e possiamo.  Raccoglieremo frutti, a dispetto di questi tempi di meschinità, superficialità e  venti di guerra e di atrocità. 

Pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto da Avvenire



mercoledì 11 giugno 2025

Giornata mondiale del gioco. Maria Rita Parsi spiega.

 


Dal sito https://www.interris.it/ a cura di Lorenzo Cipolla pubblico una riflessione che sottolinea l'importanza del gioco per il bambino. E il pensiero va a tutti i bambini, a quelli defraudati, invisibili, e soprattutto a quelli che "giocano" fra macerie e violenze. 

"L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. 

Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. 

Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. 

Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. 

Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.

“Un bambino che ha potuto giocare sarà un adulto sereno”. (M.R Parsi)

La psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi ama ripetere questa espressione del padre della neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea. 

Il gioco libero come la corsa in un prato o secondo le regole, è una sperimentazione funzionale allo sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine perché consente loro di alimentare l’immaginazione, di conoscere il mondo e trovare soluzioni, di entrare in contatto con la realtà e le altre persone, di scoprire dove finiscono i confini delle proprie esigenze e cominciano i bisogni altrui, di fare scelta da cui emergono il loro carattere e la loro personalità. 

“Si cresce giocando”, spiega a Interris.it l’esperta, presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus, in precedenza membro del Comitato Onu per i diritti del fanciullo e già componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Un processo delicato, ancora di più oggi che parliamo di nativi digitali e di intelligenza artificiale, in cui le figure adulte di riferimento continuano ad avere un ruolo decisivo.

Prova generale 

Le prime esperienze di vita modellano il cervello dei bambini, con l’attivazione dei lobi prefrontali che permette di sviluppare competenze nel raggiungimento degli obiettivi e nella relazione con quello che lo circonda. “Una ‘prova generale’ della vita”, continua Parsi, che consiste nel toccare i primi giocattoli, come bambole e macchinine – “gli oggetti transizionali” –, disegnare, muoversi e correre in un prato, suonare strumenti musicali, indossare costumi e mimare scenette. 

L’esperta illustra come il gioco sia anche la modalità di incontro e apertura alla conoscenza reciproca nei bambini. “Quando giocano con gli altri emergono i loro modi di stare nei rapporti, imparano a collaborare e come a manifestare le proprie opposizioni”. Inoltre, in base alle loro scelto durante il gioco “possiamo vedere le loro tendenze di carattere e di personalità”.

Secondo le regole

Ogni gioco ha le sue regole e a queste bisogna attenersi per rispetto altrui che per il corretto svolgimento. “Dopo una prima fase di gioco libero, in cui si sperimenta, man mano che si cresce si devono accettare delle regole” – continua la psicologa – “C’è chi lo fa, chi no, chi le trasgredisce per imporne di proprie, chi accoglie i suggerimenti e chi oltre a seguirle cerca di farle rispettare agli altri”. Sottolinea Parsi: “Bollea definiva questo momento come l’arrivo della ‘legge del padre’”.

Tecnologia e ozio creativo

Il gioco è immaginazione e creatività che impegnano anche materialmente i cinque sensi, la tecnologia apre però le porte digitali del mondo virtuale, che è intangibile. L’esperta non criminalizza devices e piattaforme ma sottolinea l’importanza dell’educazione per evitare che questi strumenti causino dipendenza. “L’utilizzo del cellulare limita l’immaginazione, sono contraria che venga messo in mano ai bambini prima degli 8-9 anni, e anche in quel caso con modalità molto controllate”, dichiara. “I ragazzini di oggi sono nativi digitali e un uso virtuoso di questi prodotti può dare buoni risultati, ma nel virtuale corpo, mente e immaginario non sono integrati e anche il gioco e il rapporto con gli altri partecipanti è solitario, senza incontro”. Non bisogna neppure esporre i minori a continue attività e ripetute sollecitazioni, per la crescita è importante anche il cosiddetto ozio creativo. “Il tempo in cui non si fa niente se non stare a contatto con sé stessi e le proprie idee, per trasformarne qualcuna in realtà”, evidenzia l’esperta.

Insieme nel gioco

Nessun manuale insegna come diventare ed essere dei buoni genitori, ma l’esperienza diretta può essere accompagnata, se non preceduta, da un approccio consapevole. “Il dono più grande che gli adulti possono fare ai propri figli nel loro percorso di crescita è quello di avere loro per primi dei punti di riferimento, informare e formarsi su questi temi”, sostiene Parsi, “e conoscere sé stessi, non avere la presunzione di imitare o rovesciare quello che hanno fatto a loro i volta i loro genitori”. Così quando si gioca insieme l’adulto non deve dimenticare qual è il suo ruolo nel rapporto genitore-figlio. “Non bisogna fare le stesse cose del bambino, imitarlo, ma mettersi dentro al gioco insieme”.

Il bambino interiore

Nonostante il diritto al gioco sia riconosciuto all’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ci sono tanti contesti dov’è violato e negato. Come la guerra. “Un ulteriore delitto commesso dagli adulti, perché colpisce la loro vita, la loro psiche, e li menoma di una serie di esperienze che li renderebbero capaci di essere più flessibili e rispettosi dei bisogni altrui, capaci di tracciare i confini delle proprie esigenze”, dichiara l’esperta. “Quel bambino diventa un adulto il cui bambino interiore rimane ‘murato dentro’ perché non ho potuto vivere la propria età”. Una valutazione che riprende un pensiero della professoressa Parsi raccolto dalla casa editrice Lucarini nell’agenda della Fondazione Movimento Bambino, che recita così: “L’infanzia è attesa di eventi luminosi e lieti, eroici, santi e belli. Se l’infanzia di un bambino è stata buia, triste, grigia, spaventata, nessun drago, fantasma o mostro, all’improvviso sconfitto, nessuna luce, il bambino diventa adulto. Ma dentro di lui, quel bambino aspetta, murato nel semisonno dell’attesa. Aspetta che l’infanzia sia magica, bella e santa. Bisogna illuminare l’infanzia per farlo crescere”.


pubblicato da Annamaria Gatti

gatti54@yahoo.it

foto: disabilynews.com

martedì 3 giugno 2025

Favola secondo episodio. Saper chiedere aiuto, anche questo è diventare saggi!


ENEA CHIEDE AIUTO

Forse che sia la cosa più difficile chiedere aiuto? 
La saga del Cavaliere Enea prova a spiegarlo
In un tempo tragico come il nostro, dove vorremmo salvare lo sguardo e il cuore dei nostri bambini,  leggiamo buone storie.
Fonte Città Nuova
Favola di Annamaria Gatti
Illustrazione di Eleonora Moretti

C’era  una volta l’apprendista cavaliere Enea, giovane coraggioso e di gran cuore.
Un giorno il compito dei  futuri cavalieri era un cosetta da nulla: niente draghi o draghetti,  niente mostri o giganti orribili.

 I giovani dovevano  solo liberare il villaggio Felix dal virus DIVOC 91 che uccideva i bambini.
Ora… che volete che sia liberare un villaggio da un virus, per gente abituata a salvare principesse, paesi interi, castelli e regni?

Ma il compito era apparso arduo: chi era partito corazzato e con la spada, chi con la lancia, qualcuno con una terribile balestra… ma tutti erano tornati malconci, perchè il mostriciattolo era invisibile… e affamato di cuori buoni.
“Enea, gli altri non ci sono riusciti e tu cosa pensi di fare?” aveva chiesto il Gran  Maestro Cavaliere.
“Ora ci penso, Maestro,  poi agirò come farebbe un cavaliere.”

Enea si ritirò nelle stanze della torre a est e nel silenzio, pensando e ripensando, con calma, cercò la soluzione: CHIEDERE AIUTO ALLA PERSONA GIUSTA.
 “Gran Maestro, per sconfiggere questo mostro invisibile devo chiedere aiuto al medico cerusico del Regno di Fortebraccio, forse lui potrà indicarmi la soluzione che non trovo.” E partì.

Arrivato finalmente al castello di Fortebraccio dopo un viaggio faticoso, annunciò:  “Sono Enea, giungo a chiedere aiuto al vostro sapiente”.
Il medico arrivò con barbone, cappello stellato e ampio mantello e ascoltò Enea. Poi ordinò:  “Studiamo insieme i miei libroni e troviamo il rimedio a tanto dolore.”  Sul far della sera partirono alla ricerche delle erbe e delle pietre, utili a preparare una pozione di guarigione. Passarono due notti e due giorni nella foresta, senza dormire e senza mangiare.

Enea lottò con un orso e una gigantesca anaconda. Entrò nella grotta delle pietre accecanti e delle stalagmiti velenose, sconfisse le terrificanti volpi volanti, ma alla fine trovò tutto ciò che serviva. E la pozione fu preparata.

Quindi tornò nel suo regno e arrivò a Felix, dove subito andò dalle bambine e  dai bambini,  che presero la pozione-medicina e ascoltarono le sue avventure  a bocca aperta.

“Quale è stata l’avventura più difficile?” gli chiese una bambina affascinata.
“Chiedere aiuto ad altri!” rispose Enea sicuro.
 “Bravo!” osservò il Gran Maestro. “Per essere cavalieri occorre anche saper riconoscere di non poter risolvere tutto e cercare aiuto e poi darsi da fare!”
E questa è un’altra avventura dell’apprendista cavaliere Enea.


pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it


lunedì 2 giugno 2025

No, a 13 o 14 anni non si è pronti per “fidanzarsi”

 

adolescenti foto: l'adolescenza è il tempo dell'apertura, 
non di rapporti esclusivi disfunzionali...

Pubblico il chiaro contributo di Daniele Novara.  (Avvenire, 30 maggio 2025)

Con la tragica morte di Martina Carbonaro, abbiamo probabilmente toccato uno dei punti più bassi nella spettacolarizzazione del dolore, della crudeltà e dell’inconsapevolezza esistenziale. Un livello che lascia davvero senza fiato.

C’è da chiedersi: che bisogno c’è? Possiamo ancora parlare di informazione o siamo ormai nel regno dello spettacolo, dove per qualche clic in più si è disposti a provocare danni profondi e duraturi, superando quella “linea rossa” che separa il dovere di cronaca dal voyeurismo. Una soglia oltre la quale la tragedia viene teatralizzata, in un racconto che parla non all’intelligenza delle persone, ma ai loro strati più arcaici e primitivi.

Non pretendo che la cultura mediatica abbia una funzione educativa o pedagogica, ma da sempre il giornalismo ha seguito dei canoni etici. Ricordo, ad esempio, il caso dei lanciatori di pietre dai cavalcavia, atti che causarono persino delle vittime. In quel contesto, i media compresero il rischio di emulazione e interruppero la spettacolarizzazione degli eventi. Il fenomeno si spense. 

Oggi, invece, sembra che il clamore sia diventato l’unica bussola. Un vortice di interviste, ricostruzioni, insistenze su familiari delle vittime e degli autori di reato. Un tourbillon interminabile che finisce per impedire, salvo rare eccezioni, una vera riflessione, perché le ragioni si perdono nel mondo del disadattamento e dell’immaturità.

Da pedagogista, mi interrogo anche su un’altra questione: ha senso parlare di fidanzamenti a 13 o 14 anni? Che significato può avere una relazione esclusiva, totalizzante, in un’età in cui il cervello non è ancora strutturato per gestire la complessità relazionale? Non si tratta forse, sotto mentite spoglie, di un ritorno a un passato in cui le ragazze venivano “consegnate” a un fidanzato con prospettive di matrimonio precoce?

Questi legami precoci, carichi di gelosia e dipendenza, non sono sostenibili per adolescenti che non possiedono ancora la maturità necessaria per gestire l’intensità emotiva di una relazione. Le famiglie dovrebbero evitare di sostenere o legittimare queste “coppie” che mimano i modelli adulti senza averne i prerequisiti cognitivi ed emotivi. È un tema di sviluppo neurocelebrale, non di morale.

Come ribadisco anche nel mio libro "Mollami", ciò che è prioritario in questa fase della vita è la socialità. Stare nel gruppo, vivere la compagnia, fare esperienze allargate: lo sport, il gioco, la solidarietà, lo studio, la scoperta.

L’adolescenza è il tempo dell’apertura, non della chiusura nella dimensione esclusiva e prematura di una “vita di coppia” che non può che risultare disfunzionale. Serve una cultura che sostenga l’adolescenza e ne valorizzi le opportunità.