Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

venerdì 25 febbraio 2022

Come e quando parlare della guerra ai bambini?

un'altra tempesta sui nostri bambini

Daniele Novara: da leggere. Qualche riflessione del pedagogista Daniele Novara può aiutare a dirigere le nostre parole e le nostre attenzioni, in un tempo ancora una volta difficile per i nostri bambini. Tocca ancora agli adulti fare scelte.

Da Redattore Sociale:

Innanzitutto, da che età è opportuno parlare di guerra con i bambini? E fino a quando, invece, è meglio proteggerli dalle notizie e le immagini dei conflitti?
La guerra è un fenomeno molto lontano sul piano cognitivo dal mondo dei bambini. Ci sono contenuti sostenibili su piano neurocognitivo e neuroemotivo, altri non sostenibili. In linea di massima, direi che almeno fino a 7-8 anni sia meglio proteggere: a quell'età, il bambino non ha il senso della distanza. Ricordo che, quando cadevano missili su Bagdad, i più piccoli domandavano quando sarebbero caduti sulle nostre teste. Dai 9-10 anni si può iniziare a parlarne, tenendo lontane le immagini di distruzione e di morte. Non abbiamo nessun vantaggio nel creare il panico nei nostri bambini. Anche nel caso della pandemia, abbiamo avuto prova che se l'ambiente è ansiogeno, i bambini diventano ansiosi, possono fare confusione, pensare di essere in pericolo. E quando un bambino pensa di essere in pericolo, dal punto di vista emotivo si attivano corti circuiti non indifferenti, che possono impedire di vivere normalmente: entra in uno stato di contrazione emotiva, che produce anche uno stato di contrazione psicologica e cognitiva. Potrebbe iniziare a dormire male e avere attacchi di aggressività. Non dimentichiamo che lo stesso bambino è già molto provato dalla pandemia, che lo ha sottoposto alle più gravi restrizioni, tuttora in vigore. Se ora aggiungiamo la guerra in Ucraina, raccoglieremo i nostri figli e nipoti col cucchiaino! I bambini hanno bisogno di leggerezza. A me sembra che, in generale, abbiamo perso, come società adulta, la cognizione di quale sia la percezione della vita e della realtà di un bambino. Tendiamo troppo e troppo male a pensare che i bambini siano come gli adulti, ma ovviamente non è così: dovremmo avere molto più rispetto. Ora, come società adulta, dobbiamo impedire a tutti i costi che la guerra entri nel nostro immaginario. Questo è un gravissimo incidente di percorso, visto che nell'ambito della Comunità europea guerre non ci sono più state: l'Europa è un'altra cosa, ma quando si costruiscono troppe armi, il bisogno di usarle diventa quasi insopprimibile. C'è un apparato militare e industriale che ogni tanto deve scatenare una ragione di esistere.

E a scuola? Come dovrebbe essere affrontato il tema della guerra? E quali errori rischiano di commettere gli insegnanti?
C'è un messaggio molto chiaro, che anche i bambini possono capire e sono quelli della nostra Costituzione: l'Italia ripudia la guerra. Inviterei tutti gli insegnanti a far dipingere dai loro alunni l'articolo 11, così che ogni scuola diventi un monumento parlante di questa scelta di pace. Quello che invece deve essere assolutamente evitato è un errore in cui cadono alcuni insegnanti: mettere in relazione la guerra con i litigi tra bambini. “E' come quando tu litighi con i tuoi compagni” è una frase sbagliata, è terrorismo educativo. La guerra è violenza, distruzione totale, non c'entra niente coi litigi dei bambini, coi conflitti tra ragazzi. Anzi, come io insegno da sempre, più bambini e ragazzi imparano a litigare bene, più avremo persone contro la guerra. È imparando a gestire i conflitti, che si riduce la violenza.

I social, come la tv, sono pieni di immagini di guerra, sempre più nitide, con volti e armi in primo piano. Questa esposizione può danneggiare i bambini e i ragazzi?
Da tempo i ragazzi sono a contatto con immagini di guerra tramite i social e gli schermi. Pensiamo alla Siria e all'Afghanistan: in quel caso, i nostri ragazzi hanno potuto vedere i tagliatori di teste! Da sempre, come pedagogisti, diciamo ai genitori di non cenare con la televisione e con l'informazione. Questa guerra presenta grosse inquietudini e novità, ma le immagini di distruzione e di morte sono diventate di casa già da tempo, sia con l'invasione dei social, sia tramite i tanti canali televisivi. Genitori e insegnanti hanno la responsabilità di non lasciarsi loro stessi travolgere, di non diventare vittime a loro volta di quello che è uno dei primi scopi della guerra: creare paura e una sensazione di impotenza.

I videogiochi, in particolare Fortnite, hanno in un certo senso “sdrammatizzato” e “deumanizzato” la guerra. C'è il rischio che i bambini lo vivano come “un gioco” e quindi senza empatia?
Non abbiamo prove scientifiche di questo. Certo, sappiamo che i videogiochi portano il cervello dei bambini e dei ragazzi in uno stato di torpore, di annichilimento cognitivo. Non abbiamo riscontri, però, di un automatismo tra contenuto di guerra del videogioco e tolleranza alla guerra reale. Ma il vero antidoto a guerra e violenza è la capacità di gestire bene i conflitti, che va educata fin da piccoli. In seconda analisi, penso sia centrale il tema della memoria: l'attuale generazione di giovani in Europa non vive una guerra da due generazioni. In Europa si muore più di covid che di guerra e questa è una novità storica. I ragazzi hanno dunque una memoria senza guerra e non sono disposti a praticare qualcosa che ormai è uscito dall'immaginario genealogico. Nel 2000 andai ad aiutare i bambini in Kosovo: per loro la memoria genealogica della guerra era molto forte e questo creava, a livello mentale e psicologico, delle disponibilità neurocerebrali: come dire, 'lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo'. Non è questo il caso della Comunità europea, dove la memoria della guerra si è spenta, creando al suo posto una memoria positiva dei vantaggi della pace. Più complessa è la situazione in Russia, dove guerre ci sono state anche recentemente ed esiste dunque come un'attitudine, che crea un immaginario di un certo tipo. La guerra, fortunatamente, non è nel nostro immaginario: dobbiamo respingere ogni possibilità che torni a essere presente nel nostro immaginario.


da: https://www.redattoresociale.it

L'orrore della guerra negli occhi dei bambini che vedono arrivare i carri armati

Abbiamo visto piangere i bambini e le madri che sanno i loro figli chiamati alla guerra.

Con il cuore in subbuglio abbiamo visto i loro sguardi smarriti e abbiamo ascoltato i nostri ragazzi chiedere: MA NON HANNO ANCORA  IMPARATO  CHE LA GUERRA FA SOLO DANNI A TUTTI? CHE E' UN ORRORE?

                 Elvira Zaccagnino, direttrice de La Meridiana, ha scritto:

Un pensiero.

A salire sugli aerei da guerra sono uomini (non donne e bambini).
A guidare i carri armati sono uomini (non donne e bambini).
Nella guerra a usare le armi sono uomini nel senso di maschi.

In questa guerra che ha tanto di antico nella pretesa di legittimità a farla, che invoca sogni di potere imperiale, che sovrappone carte geografiche ormai archiviate a quelle più recenti, che non ha paura di sfidare chiunque in nome di un delirio di onnipotenza che nasconde interessi e antiche rivalse, ogni immagine, fotogramma dell'avanzata dell'esercito consegna maschi di ogni età diventati soldati, militari obbedienti.

Eppure sono anche loro padri, figli, compagni, mariti.
Ogni volta che lasciano andare una bomba colpiranno i figli, le mogli, le compagne di altri maschi che nel gioco della guerra uccideranno  figli,  mogli, compagne, madri ...

Perchè nessuno di quei maschi che fanno i soldati prima di obbedire all'ordine ricevuto non pensano che uccideranno bambini, mogli, madri, compagne?

L'orrore della guerra non si vede nelle immagini dei carri armati che avanzano, ma negli occhi dei bambini che li vedono arrivare...

                                                                              Elvira Zaccagnino 

pubblicato da Annamaria Gatti
foto da: Corriere

giovedì 17 febbraio 2022

Storia di carnevale: La lacrima di Pierrot

 


fonte Città Nuova, Roma 
autrice Annamaria Gatti
illustrazione di Eleonora Moretti

C’era una volta un Pierrot, mio amico. 

Di solito i Pierrot hanno una maschera triste e delicata, con una bella lacrima disegnata sul volto. Ma non tutti i Pierrot sono uguali. Quello che conosco io non voleva saperne di quella cosina triste disegnata là. Non si sentiva per niente così infelice. 

Nel suo abito vaporoso era amico di tutti, faceva compagnia a bambini e a vecchietti, preferiva il gelato alla fragola e giocava a nascondino con le farfalle. Dovete anche sapere che il mio amico abitava in un casa meravigliosa, veramente speciale, che si poteva vedere dopo un temporale, se non si ha troppa fretta: Pierrot abitava sull’arcobaleno e andava e veniva dalla Terra su una nuvola sempre pronta. Insomma, si capisce perché non poteva fare a meno di pensare che quella lacrima sul viso era proprio una nota stonata. 

Così, una mattina di carnevale particolarmente serena, Pierrot si alzò festoso e gridò a tutte le altre maschere: “Oggi mi laverò via la lacrima!”. Raggiunse la fontana del parco, ma per quanto si fregasse, la lacrima era sempre lì, non se ne andava. “Forse potrei tentare con la gomma con cui si cancellano gli errori sui quaderni o con qualche detersivo, di quelli potenti”. Ma non risolse il suo problema: frega, frega non successe niente. 

Tornando verso casa un po’ deluso, incontrò Fatina, un’altra famosa maschera, che gli chiese:

 “Posso aiutarti? Mi sembri così a terra!” Pierrot le spiegò il suo desiderio di cancellare quel segno di tristezza, che portava grigiore intorno a sé. 

“Caro Pierrot – spiegò Fatina -, non è semplice esaudire questo tuo desiderio… Vi riuscirai solo se farai scomparire la tristezza dal volto di qualche essere umano. Pensaci, non sarà facile!”

Pierrot pensò e ripensò, ma non sapeva proprio come affrontare la situazione: doveva far piangere qualcuno? Doveva forse accordarsi con qualche anima triste? Sbuffò rumorosamente, salì sulla prima nuvola di passaggio e poi scese verso terra, a divertirsi nel parco che di solito a quell’ora era pieno di bambini. …E invece era deserto! 

Tutti infatti erano alla festa del carnevale. Solo un ragazzino vagava lungo il vialetto lì davanti e Pierrot incuriosito lo raggiunse e lo salutò: “Ciao!”. 

“Ciao” ricambiò Tonino con gli occhi lucidi. Si vedeva che aveva pianto. “Piangi?”. “No”. “Però hai pianto”. “Sì”. “Perché?” “Tutti i miei amici hanno avuto una bella maschera per questo carnevale. Io invece no, perché ho dovuto aiutare il papà fino a tardi e non ho potuto procurarmela. In piazza ormai la festa è cominciata”. 

Pierrot sospirò. Poi con un balzo improvviso si affiancò a Tonino e si incamminò con lui. Saltellandogli intorno gentilmente, gli chiese: “Ti andrebbe un costume da Pierrot?” “Siiii! Sarebbe bellissimo, ma dove lo trovi?” “Sull’arcobaleno, è là che io abito” “Sull’arcobaleno?” “Se ti fidi di me ti porto a casa mia in un moment,  chiudi gli occhi e dammi la mano”

Tonino chiuse gli occhi e gli sembrò di sognare, di essere entrato in una favola. Con un balzo Pierrot lo condusse sulla prima nuvola di passaggio, fino all’arcobaleno. Poi in un lampo furono di ritorno. Tonino riaprendo gli occhi, si guardò e quasi non si riconosceva neppure nel nuovo costume da Pierrot. Abbracciò festoso quell’amico un po’ magico e corse alla festa, mentre Pierrot pensava che sarebbe stato bello partecipare alla sfilata, se non fosse stato per quella lacrima...

 Commentando fra sé e sé il fatto, si sporse sullo specchio della fontana ed esclamò: “Ohhhhh!”. Disse solo “ohhh”, perché rimase senza parole: la lacrima non c’era più, al suo posto invece luccicava una stellina. Pierrot sorrise, era proprio bella e come si sentiva felice e commosso per quel regalo! 

Il suo desiderio si era avverato, come aveva detto Fatina. …E una lacrimona di gioia scivolò giù, lungo il viso di Pierrot e cantò nell’acqua, creando tanti cerchi concentrici che avevano proprio il colore dell’arcobaleno.



A cento anni dalla nascita di Mario Lodi: il bellissimo mestiere di maestro

 


A cento anni dalla nascita ricordare Mario Lodi è affermare  la bellezza di una scelta grande e importante: fare i maestri. 

Mario Lodi, maestro per passione e per quindi per scelta di camminare a fianco delle bambine e dei bambini con empatia con alcuni punti fermi sempre da scoprire nei suoi diari, veri capolavori di ricerca e di pedagogia. Una figlia, Cosetta Lodi, che ha preso in consegna l'eredità del padre nella " Casa delle arti e del gioco" di Drizzona, nel cremonese, titolo che dice tutta la pedagogia che ha portato Lodi ad essere così amato e adottato come faro da tanti maestri e maestre, fin dagli anni cinquanta. 

Pilastri restano la pedagogia dell'ascolto, della cura e dell'attenzione ad ogni bambino il rispetto dei tempi-bambini, la cura della creatività, la fiducia nei bambini,  ma soprattutto oggi sentiamo vero il richiamo alla gentilezza, alla fiducia nel pensiero dei bambini e dell'umano che va oltre le difficoltà, nella scienza...

Lodi con grande apertura ci ricorda ancora oggi  che "...Se si può fare nel piccolo,  si può fare ovunque..."  

Oggi i maestri stanno facendo e possono fare  un gran lavoro per il bene del mondo, avanti quindi e grazie a Mario Lodi, senza di lui avremmo fatto scuola in modo diverso.

Studiamo e amiamo i suoi libri,  scrigni di saggezza, gentilezza e di umanità.

UN GRAZIE A TUTTE LE MAESTRE E I MAESTRI APPASSIONATI E CHE SI APPASSIONERANNO

A questo link, breve intervista del 2012

https://www.youtube.com/watch?v=sPnm6TrutrY



foto da Mondo alla rovescia

mercoledì 16 febbraio 2022

Come aiutare Paolino che si arrabbia?


Risultati immagini per immagini mare mosso

Nel post precedente Paolino era proprio in sofferenza, ma anche la  sua mamma. Si era descritto l'ennesimo fattaccio in cui la rabbia di Paolino era esplosa, lasciando la mamma stupita e addolorata, preoccupata e disorientata. Mamma e papà avevano  ignorato e gestito, avevano provato anche a castigare Paolino, senza risultati apprezzabili.

Infatti non serve fingere che nulla sia accaduto, è una disconferma del bambino.  Ce lo ricorda Francesca Broccoli in un titolo consolante  "Lascia che si arrabbi" - Sperling e Kupfer.

Non serve reprimere, ma si trovano modalità diverse da quella verbale, per manifestarla.
Paolino deve descrivere cosa gli succede, deve poterlo fare usando linguaggi diversi,  per esprimere,  dare un nome a ciò che vive prima , durante e dopo la reazione di rabbia,  che è sempre un  dolore, spesso celato a lungo. E deve poter scaricare  questo stato emotivo, in modo sicuro e non dannoso.


Inoltre... Punire un bambino che tende ad arrabbiarsi  perchè non si sente apprezzato, ci ricorda Margot Sunderland, abbassa i livelli di serotonina,  alza quelli di noradrenalina e lo rende più incline all'impulsività e alla scarica motoria. Invece  bambini appagati e felici,  che si sentono amati e coccolati, tendono meno  a manifestare impulsi aggressivi.

In fondo la rabbia è un' emozione fondamentale per l'uomo e di difficile gestione, certo!
Ma occorre imparare a regolare i propri stati d'animo e i relativi comportamenti e l'adulto deve sostenere le capacità di regolazione delle emozioni nei bambini,  per consentire fin dalla nascita di avere gli strumenti per modularle e renderle proficue.

Un cammino quindi, quello di Paolino e dei suoi genitori, di conoscenza, di dialogo, di osservazione e di  condivisione, di esercizio di coerenza e attenzione da parte degli adulti e di possibilità di fare esperienze significative e adeguate. Perchè... occorre so-stare con i bambini, per aiutarli a crescere bene.


pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
Foto da: fotocommunity

sabato 12 febbraio 2022

La rabbia di Paolino






Paolino fa i conti con la rabbia, anzi i conti li perde proprio. Non sa perchè gli succede e lo lascia così sofferente, che ne farebbe volentieri a meno. Della rabbia, dico.

Anche oggi è andata male. A scuola aveva dovuto sorbirsi l'ennesimo rifiuto: "No, non puoi dipingere ora, devi fare quel che fanno tutti... E non fare i capricci..."
"Paolino fa i capricci..." gli aveva sussurrato nell'orecchio il solito provocatore, capace di non farsi sentire dalla maestra, ma di protestare "Maestra, Paolino mi ha spinto!" se provava a difendersi.
Qualcosa nella sua testa si bloccava, fluttuava poi e non si fermava mai.

All'uscita da scuola poi mamma non aveva potuto mantenere la promessa fatta quella mattina: "Andiamo al parco oggi dopo la scuola!"
Il parco è il luogo degli amici ritrovati. La piazza in cui giocare a perdifiato. Dove sporcarsi con sabbia e acqua senza problemi.
Invece no. L'auto ha svoltato a sinistra,  mentre mamma gli diceva che no, non ci sarebbero andati al parco, perchè....

Il "perchè" Paolino neppure lo ha ascoltato. E' partito un urlo e un pianto disperato.
E basta: tutto è diventato rosso, poi nero, poi la mamma spaventata ha fermato l'auto e, con gli occhi inquieti e  minacciosi lo ha affiancato sul sedile dell'auto, mentre Paolino si dimenava sul seggiolino dell'auto, scalciando furiosamente.

A nulla erano valsi rimproveri, urlate della mamma, sguardi di passanti smarriti o duri. "Ci vorrebbero due sculacciate come si deve, che bambino  disobbediente e  violento..." aveva bonfonchiato qualcuno.
Il più smarrito invece era lui, era Paolino.

Era stato un momento così difficile, come tanti altri in quel periodo! Intanto gli occhi di mamma, muti, lo fissavano e si erano smarriti nel cielo di quel pomeriggio autunnale.

Quando finalmente si era calmato, dopo ...troppo tempo, il bambino era sfinito e deluso. La mamma, con un brutto livido sulle braccia,  aveva ripreso a guidare per scappare a casa.

"Rabbia" aveva vinto. Purtroppo.
O forse no... o forse poteva essere conosciuta e addomesticata?

E  influiscono i  livelli di ossitocina , dopamina,  serotonina ed endorfine, prodotte dal cervello,  sulla gestione della rabbia?

Al prossimo post : Come aiutare Paolino. E la sua mamma.



pubblicato da Annamaria Gatti
Illustrazione da : Mireille d'Allancè  - Che rabbia! -  Babalibri














lunedì 7 febbraio 2022

Intervista RAI 3. Cosa dice Papa Francesco ai genitori?


Una intervista su cui tutti hanno detto tanto. 
Non serve quindi ribadire gli elogi per la bellezza di espressioni di una profondità e di una verità luminose, quanto vicine all'umanità che soffre e combatte. 
Così Dio è vicino alle famiglie, ai genitori, all'infanzia e ai giovani, così cari anche a Papa Francesco.

E Papa Francesco ancora una volta è chiaro e lapidario: i genitori devono essere attenti, vicini, devono essere complici dei figli e crescere così con loro. La società chiede molto. E i genitori non riescono a garantire un tempo significativo. 

          

E va oltre, quando un Fazio,  più che il giornalista conduttore, fa il padre e  chiede come rispondere ai perchè dei figli... E Papa Francesco con sguardo amorevole fa notare che il figlio non attende proprio quella spiegazione, a lui basta che il papà lo guardi, lo incontri, stia lì con lui.
                                       

                                           Poi ci ricorda quanto sia terapeutico il buonumore! 
                                                                I bambini ringraziano!

 
pubblicato da Annamaria Gatti
foto adnkronos.com
        città nuova
        AdoleScienza,it
        nostrofiglio,it

venerdì 4 febbraio 2022

Una favola per riprendere fiducia: PAOLINA "NONCIRIESCO"

fonte: CITTA' NUOVA, gennaio 2022
racconto di Annamaria Gatti
illustrazione di Eleonora Moretti

PAOLINA ...NONCIRIESCO!

Paolina oggi pare proprio nei guai e neppure il suo orsobimbo di peluche riesce a consolarla: sta realizzando un disegno su un grande foglio disposto sul prato e qualcosa non va.

“NON CI RIESCO!” sbotta l’orsetta lanciando lontano una matita colorata.

La matita finisce fra le zampe di Sandro che sta correndo verso di lei, tutto festoso, perché vuole invitarla a giocare a nascondino.

“Ehi, che ti succede Paolina?” chiede stupito.

“Devo disegnare il bosco,  ma NON CI RIESCO. Mi sento proprio una gocciolina persa nel mare.”

“Ehhh ti capisco, ti senti anche come una nuvoletta sola nel cielo?”

Orsobimbo annuisce. “ Vedi? Anche lui sta male come me” chiarisce   Paolina.

Sandro osserva orsobimbo, ma lo trova in ottima forma, per essere un peluche malato o triste.

“Mi dispiace Paolina che tu ti senta incapace.”

Questo sembrerebbe già un buon inizio, ma lei ribatte:

“Non sono incapace solo NON CI RIESCO!”

Sandro così prende in braccio l’orsobimbo e lo accarezza.

“Piccolo amico, come possiamo aiutarla a RIUSCIRE?”

Sandro è proprio furbetto. Bisbiglia qualcosa ad orsobimbo e poi si rivolge all’amica:

“Lui dice che se ti portiamo a passeggio per il bosco subito, tu scoprirai tante cose da disegnare e poi ti aiuteremo noi a fare il tuo capolavoro.”

Sandro è stato convincente: Paolina riprende coraggio e si rasserena.

“Andiamo orsobimbo” dice sottovoce, “una passeggiata ci piace e riprenderemo dopo a disegnare il bosco. Non è che tu sei incapace, solo anche tu hai bisogno di un po’ di coraggio e di fiducia…”

E il bosco non era mai stato così invitante, prima del letargo. 

Ora Paolina sarà in letargo, ma il suo disegno è là,  appeso nella tana, per ricordarle che non serve scoraggiarsi se non si riesce. 

Meglio scovare occasioni per  ricominciare sempre, magari in compagnia di  qualche amico, fratello... maestra... nonno...  

pubblicato da Annamaria Gatti
 

martedì 1 febbraio 2022

Alfabeto per l'Italia, un appello nell'editoriale di Aurora Nicosia

 

Un editoriale di alto profilo di Aurora Nicosia, direttrice del periodico Città Nuova,  scrive, nero su bianco,  tutto ciò che hanno in cuore la gran parte dei cittadini, della gente per bene, della gente comune che vivono questi giorni complessi. 

Un alfabeto... una lettera per elencare ciò che andrà portato sulle spalle di un grande Presidente. Con una certezza: non sarà solo. 

Vogliamo esserci e fare la nostra parte là dove siamo, magari come sempre. magari con più determinazione e coraggio. 

Magari con tanta speranza e fiducia. Nonostante tutto e tutti. 

I giovani e i bambini sfiniti... ringraziano. Il Presidente è sempre stato molto attento a loro in questi anni. 

 A loro guardiamo con trepidazione ogni qual volta diventano trasparenti, invisibili e solo le parole di molti politici riempiono i progetti. Ora e sempre occorrono più fatti, vanno ascoltate le voci di chi richiama alla cura dei più deboli. Anche loro.

Non sarete soli politici che avete a cuore la cura di questa Italia bellissima e delle persone... persone... che la fanno camminare e respirare. Un monito questa rielezione. 

https://www.cittanuova.it/alfabeto-per-litalia/?ms=003&se=020

pubblicato da Annamaria Gatti

foto da Città Nuova

Tagesmutter, l'asilo nido a casa: l'esempio virtuoso della Calabria

           


"Cinque paia di pantofoline colorate sistemate all’ingresso. I riscaldamenti accesi già da qualche ora. In cucina il profumo buono di una ciambella appena sfornata. Comincia così, molto presto, la giornata di lavoro di Erminia: madre single, due figli appena adolescenti, professione tagesmutter. Letteralmente “mamma di giorno”, ma la definizione non chiarisce il complesso mosaico di compiti e competenze di queste professioniste riconosciute dal Ministero dello Sviluppo economico..."

Comincia così un articolo che mi ha riportato indietro negli anni, quando a Cosenza sono stata per alcuni incontri di formazione per genitori e per ...TAGESMUTTER  e lì ho incontrato proprio  Erminia, ma anche Margherita, pedagogista e formatrice, anime delle tagesmutter calabresi, riunite e coordinate in una cooperativa, le Tagesmutter Domus della cooperativa “La Terra”.

Gli incontri mi hanno entusiasmato: persone attente ed entusiaste, con progetti a cui dare passione e preparazione seria. E' bello trovare chi investe in relazioni, in attenzione educativa e che si pone molte domande a cui trovare insieme le risposte più corrette e rispettose, alla luce delle guide del calibro di Montessori o di Pikler.  L'aria poi che ho respirato era proprio quella dell' apertura, della complicità, per lavorare al meglio con quello che di più prezioso abbiamo: l'infanzia.

Per queste donne, che ho avuto modo di apprezzare e... sì, di ammirare per la determinazione nel perseguire i loro obiettivi e il loro inserimento nel mondo educativo, e quindi per la professionalità sempre in divenire, prendere un aereo e seguire al nord i momenti preparatori di questo progetto di offerta di un servizio molto importante, è stato naturale negli anni.

E negli anni si sono delineati i binari sui quali far scorrere il treno dell'innovazione nel servizio di qualità pedagogica, fino al riconoscimento. Questo articolo è interessante perchè credo vada conosciuto e valorizzato proprio questo sforzo, questo contributo che i genitori apprezzano e che non risponde appieno, purtroppo, nell'offerta alle  numerose domande. Infatti

"...All’albo nazionale delle tagesmutter in tempi di Covid molte famiglie hanno cercato una soluzione alternativa alle strutture pubbliche ma i micronidi delle tagesmutter sono ancora molto pochi al sud, questo nonostante la Calabria sia un esempio virtuoso in Italia. La Regione è infatti l’unica ad aver disciplinato le tagesmutter"

A questo link sarà possibile accedere alle informazioni su questa realtà,

https://icalabresi.it/fatti/tagesmutter-asilo-nido-casa-calabria-sold-out/

Pubblicato da Annamaria Gatti

Foto da I Calabresi

Tagesmutter, l'asilo nido a casa