Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

mercoledì 28 dicembre 2022

Favola - DONI A SAPERLI VEDERE 2: MONGOLFIERA




di Annamaria Gatti                       illustrazione di Eleonora Moretti 

Fonte: Città Nuova, Gennaio 2023



La principessa Lucia solcava il cielo sulle amiche nuvole, alla ricerca di compagni di gioco:

 avrebbe davvero incontrato altre  bambine e altri bambini in quel viaggio straordinario?

Immersa nel suoi pensieri  si guardava attorno ammirata. Il cielo era limpido e un vento

 buono si divertiva a spingerla di qui e di là, ma di bambini  non ne vedeva proprio!

Quando ad un tratto ecco una ventata scuote la nuvola-poltrona di Lucia e fa tremare tutto.

FSSSSSSSCCCCCCC…

“Aggrappati a me” la invita la nuvola “non avere paura, succede sempre quando passa un

 aereo o… OPS! UNA MONGOLFIERA!???”

La nuvola è in subbuglio, è la prima volta che le capita un incontro così speciale. “Uahu,

 che bella!” esclama.

Un grandissimo pallone variopinto sta salendo su…su, nel cielo, ed ora si ferma  proprio

 accanto a Lucia, che guarda giù e, dentro al cesto, sotto la grande palla gonfia di aria, vede

 un bambino.

“Ciao, io sono Carlo e questo è il mio pallone aerostatico.”

“Io sono Lucia e tu voli con il tuo strano… aerocosa?”

“Si dice aerostatico…” precisa la mongolfiera.

“Sarà strano il mio pallone, ma più bizzarro è vedere che voli su una nuvola!” sorride Carlo,

 poi aggiunge “scusami,  devo far funzionare il bruciatore, perché entrino aria calda e gas

 nella mia mongolfiera e farmi così trasportare dal vento.”

“Il vento ti ha portato qui, allora…”

“Sì e non capisco come, visto che avrebbe dovuto soffiare a ovest.”

Si scuote  il vento birichino e spiega: “Volevi trovare un compagno di viaggio? Ecco Carlo,

 hai trovato Lucia che cercava un amico.”

I due bambini sono increduli: nuvole e vento parlano quindi! E li hanno fatti incontrare per

 fare amicizia.

“Ma tu chi sei,  maestrale, bora o tramontana?” chiede curioso Carlo, che sapeva molte cose

 dei venti.

“Chiamami brezza, vengo dal mare.”

“Lucia,  salta nella mia navicella, porterò  te e Carlo a fare un giretto, finché la brezza ci

 accompagna” sussurra la mongolfiera.

Carlo osserva: “Lo sapevo che in due è più divertente!”

“Ciao nuvola, ci vediamo presto” promette Lucia, “chissà cosa scoprirò in questo viaggio.”

“Quante sorprese ti aspettano principessa Lucia” aggiunge la nuvola.

OHHHHHHHH! Partiamo!” 

E la mongolfiera riprende il suo viaggio sospinta dal vento. 

martedì 20 dicembre 2022

Il Natale di Tobia, bambino quasi cattivo, Una tenera storia per chi si sente fuori posto

 Dedico questa storia ad Angela e a  tutte le nonne 


Nel presepe Gesù Maria e Giuseppe accolgono con amore tutti, 
soprattutto  i bambini che credono di essere "cattivi"
Una storia amata  
di Annamaria Gatti 
fonte: Città Nuova


TOBIA

“Tobia, riporta le pecore! Sei sempre con la testa fra le nuvole, ma a cosa pensi?” grida il vecchio Elia. “Arrivo, nonno. Non si può proprio vivere in pace!”. Infastidito, Tobia raduna le pecore del gregge del nonno e si avvia verso il villaggio poco lontano. 

A Betlemme è quasi buio e Tobia rientra a casa, pronto per l’ennesima sgridata quotidiana. “Sei una vera disperazione. Oggi è venuta Ruth e mi ha detto che le hai rubato un cesto”. 

La mamma di Tobia piange e il bambino la guarda, poi strizza gli occhi, perché vorrebbe cancellare tutto quel dolore sul volto della sua mamma. E sente un nodo alla gola. Si siede per terra, in un angolo, dietro la macina. “Vai via! Meriteresti una bastonata, ma non c’è più tuo padre a darti la giusta lezione. Io non so più cosa fare!”  Il bambino sente che il nodo alla gola si stringe sempre di più; esce di casa e, sconsolato, va a sedersi vicino al pozzo. 

“Tobia” lo chiama Sara, una delle bambine del villaggio, “cosa fai qui?” gli chiede mentre depone per terra un otre. Poi, raccogliendo con un gesto veloce l’ampia tunica azzurra, si accovaccia vicino a lui. “Non mi riesce proprio di far bene niente. Appena progetto una marachella,  mi accorgo che l’ho già combinata, prima di poterci pensare un po’, prima di capire cosa potrebbe accadere dopo. Mi manca il tempo per riflettere e così tutti quelli del villaggio mi cacciano, perché pensano che sono un porta guai. “Lo vedi? Tu... tu sei l’unica che mi si avvicina” sospira Tobia con le lacrime agli occhi. 

Sara sa che un bambino si vergogna nel farsi vedere a piangere, così aggiunge: “Però qualche volta le combini grosse, sai? Eppure io so che non sei cattivo. Per esempio oggi hai rubato il cesto di Ruth perché ne aveva bisogno la vecchia Ester, vero?” 

“Come lo sai?” 

“Me lo ha detto Ester: stamattina non sapeva come portare al mercato i pani” Ma poi ha detto che un ragazzetto l’aveva aiutata, e quello eri tu”. Tobia sorride un po’ e si pulisce il naso gocciolante con la manica. Poi pensa che davvero in fondo al cuore non sente cattiveria ma solo, qualche volta, un po’ di paura, un vuoto, un buco nero nero, che deve riempire subito con qualcosa. Perché? E perché ogni volta che vede una fonte luminosa, gli sembra che quel buco si dissolva nel nulla? 

IL BAMBINO SUL POGGIO

"Storie, storie” pensa a voce alta Tobia”.  “Quali storie?”, chiede sorpresa Sara. 

“La storia della luce”. “Ah, vero, tu che insegui sempre una luce. L’altra notte eri tu che camminavi verso la stalla, vero? Ci sei stato?” 

“No, mi sono fermato a metà strada, ad osservare quel rudere, la stalla, voglio dire. Era una magnificenza,  piena di luce!”

“E il Bambino? Non l’hai visto allora? Oh, che peccato! Il suo nome è Gesù. È così tenero ed è così bella la sua mamma!” sospira Sara. "Vieni, andiamo a visitarlo. Guarda, ci sono dei pastori che tornano dalla stalla, sul poggio”. “No, non vengo”. “Perché no?” chiede incredula Sara. “Il Bambino è buono, il nonno dice che da grande sarà un re.  È il più buono di tutti. Quando mi vede, se non mi caccia lui, mi cacceranno suo padre o sua madre””. 

Sara ha un moto di insofferenza. “Fai come vuoi, sei il solito testardo e stai diventando insopportabile anche per me”. La bambina ha ormai perso la pazienza, si alza di scatto, getta sui piedi del pastorello una manciata di terra, si ricopre il capo con il mantellino, afferra nervosamente l’otre e se ne va. La si sente brontolare ancora quando Tobia osserva le prime stelle accendersi nel cielo e si augura che Sara torni. 

In breve l’imbrunire si trasforma in notte e neppure la mamma lo richiama in casa. Tobia sa che dovrà riportare il cesto rubato e chiedere perdono, anche alla mamma. Sta per alzarsi, quando Ruth, la vicina derubata, gli va incontro con aria minacciosa. Tobia immagina già quel che dirà e quel che farà, perciò si alza di scatto come una saetta ed è già lontano, perché considera l’idea che Ruth è troppo pesante e non avrà la forza di inseguirlo. 

Il cielo è uno scintillio e come una morbida coltre ripara il poggio su cui il Bambinello riposa. “Avrà freddo” commenta a voce alta Tobia. Il nonno aveva raccontato che un asino e un bue scaldavano la stalla. Più che una stalla era un rifugio. Però proprio lì, il giorno prima erano arrivate addirittura delle persone importanti, su cavalcature bardate a festa. “Forse sono principi” aveva detto il nonno. Tobia li aveva visti e li aveva inseguiti di nascosto, quasi fino al poggio. Uno era di colore e uno molto vecchio. Aveva anche sentito uno di loro dire, con uno strano accento straniero: "Gaspare, ecco là, credo proprio che là sia il Messia che cercavamo”. Chissà cosa voleva dire. Il Messia sì, lo attendeva anche il nonno, ma Tobia non aveva osato chiedere di più. Erano cose da grandi! 

UNA LUCE PER TOBIA 

Tra un pensiero e l’altro Tobia non si accorge di aver camminato fino alla stalla, dove ora solo una debole fiammella toglie il luogo dalla morsa del buio. Il pastorello sbircia attraverso un’asse sconnessa. Accidenti, il bue è proprio lì davanti e Tobia non vede proprio un bel niente! 

Si sporge ad una finestrella, poco più di una fessura e vede. Vede quello che gli riempie il cuore di tenerezza, perché nella penombra della stalla distingue chiaramente un papà e una mamma, chini su un fagottino bianco, e poi lo sguardo del Bambino su di lui. È uno sguardo luminoso e intenso. 

Vorrebbe scappare ma, davanti a quegli occhi, le gambe sono pesanti e non si muovono; i piedi sembrano incollati per terra. Sulle mani sente cadere delle gocce tiepide: sono lacrime.  Tobia sta piangendo. 

Si volta anche la mamma del Bambino. “Oh! Come assomiglia alla mia mamma!” pensa Tobia. Poi guarda il papà e sente per un attimo mancargli il respiro: se papà fosse lì, potrebbe proteggerlo, aiutarlo, difenderlo, come fa il papà del Bambino, che ha uno sguardo buono e forte e che adesso gli fa un cenno, per invitarlo ad avvicinarsi. 

Anche la mamma dice: “Entra, entra Tobia. Gesù ti stava aspettando”. Tobia è un po’ sorpreso. “Io non posso, forse sono un po’ cattivo”. Ma, senza accorgersene, Tobia si ritrova inginocchiato accanto al Bimbo, mentre la madre asciuga le lacrime del pastorello. 

Qualcuno sta anche accarezzandogli i capelli ricci ed arruffati. È il papà di Gesù; forse vuole proteggere anche Tobia che intanto si chiede dove sia finito il suo buco nero, quello che dava tanto dispiacere al suo cuore di bambino: non c’è più, Tobia sente anche le manine di Gesù sulla fronte, che forse tracciano un segno. La stanchezza lo prende e dolcemente, sulla paglia, accanto a Gesù, Tobia trova la sua giusta luce, mentre pensa che, da quel momento, la mamma non piangerà più per lui.


giovedì 1 dicembre 2022

Umiliazione e vita vissuta in una scuola: la garbata decisa risposta al ministro Valditara

 

L'imbarazzante lessico del ministro Valditara ha suscitato molte reazioni nel mondo educativo pedagogico e psicologico, ma soprattutto pare abbia generato nelle scuole (spero in tutte, o almeno dove vi sono insegnanti responsabili e appassionati)  un dialogo importante,  anche fra gli studenti, che potrebbe portare a dare un colore nuovo e una ricerca profonda sullo stile educativo corretto, che nulla certo a che vedere con l'umiliazione del ministeriale riferimento. 

Dal sito delle edizioni  la meridiana, ecco il contributo della docente Lucia Suriano* che risponde al ministro con la narrazione di cosa accade nella sua scuola. Alla parola risponde la vita.

https://www.edizionilameridiana.it/umiliazione-nell-educazione-lettera-aperta-al-ministro-valditara/

Caro ministro Valditara,

è una settimana speciale per la classe che seguo da tre anni: è la settimana delle giornate di sospensione dalle attività didattiche di cinque studentesse che una decina di giorni fa si sono rese protagoniste di gravi comportamenti scorretti in un’ora di lezione.

Il provvedimento disciplinare, come da regolamento di istituto, è la logica conseguenza di azioni che le alunne hanno riconosciuto come comportamenti pericolosi e scorretti durante una lunga e approfondita riflessione avvenuta in classe e con le rispettive famiglie.

Ogni provvedimento disciplinare deve avere finalità educativa, così il consiglio di classe per questa occasione ha stabilito – seguendo il principio di gradualità – che ciascuna delle ragazze dovesse trascorrere un giorno di sospensione dalle attività didattiche in presenza, approfittando dello stop per realizzare un lavoro extra scolastico da presentare all’intera classe al rientro con la finalità di insegnare qualcosa di nuovo a tutti, insegnanti inclusi. 

Questa giornata comminata come sanzione avrebbe potuto trasformarsi in una semplice giornata di vacanza autorizzata. Invece le alunne protagoniste, accompagnate da scuola e famiglia, sono state messe nella condizione di riabilitarsi agli occhi degli altri compagni, delle famiglie, dei docenti, ma soprattutto agli occhi di loro stesse.

Una piccola esperienza di “riparazione del danno” nella quale gli adulti, insegnanti e genitori, hanno realizzato concretamente il principio di alleanza scuola-famiglia, rendendo possibile il processo di crescita di cinque ragazzine che hanno commesso degli errori.

Umiliazione nell'educazione

Mentre nella mia esperienza concreta di scuola accade questo, nella stessa settimana è balzata agli onori della cronaca la Sua affermazione, in qualità di Ministro dell’Istruzione e del Merito, circa il valore dei “lavori socialmente utili” ma soprattutto del “valore educativo dell’esperienza dell’umiliazione”.

Venerdì, ultimo giorno di questa settimana tutta in salita, subito dopo aver assistito alla realizzazione del terzo dei “lavori” prodotti dalle studentesse, ho chiesto alla classe di guardare insieme il video in cui il Ministro esalta il valore dell’umiliazione. Ho lasciato ascoltare il discorso senza introdurlo e senza commentarlo. Parlava di loro ed è giusto che i ragazzi esprimano le proprie opinioni circa ciò che riguarda la loro vita, mi sono detta.

 

Inizialmente i ragazzi e le ragazze erano molto incuriositi e positivamente colpiti dalle parole del Ministro, poi, quando hanno ascoltato il passaggio sull’umiliazione, hanno iniziato ad avere reazioni.

 

«Prof, ma è uno scherzo?»

 

«Chi è questo che sta parlando e dice queste cose?»

 

Li ho calmati e ho chiesto loro di provare a dare ordine alle idee e riflessioni che questo discorso aveva generato. Ha preso la parola una delle ragazze più vivaci, nonché protagonista dell’azione che ha determinato il provvedimento disciplinare.

T. con estrema lucidità mi ha detto: «Se lei e il consiglio di classe ci aveste umiliato, io dopo la sospensione non solo avrei rifatto quello per cui ho ricevuto la sospensione, ma le garantisco che, ferita, avrei fatto molto peggio, forse cento volte di più. Invece voi professori non avete fatto questo, ci avete messo nelle condizioni di capire che avevamo esagerato e non avete mai offeso la nostra dignità di persone, anzi ci avete consentito di fare una cosa bella per noi e gli altri, sentendoci così importanti nonostante l’errore.» 

Io credo che la riflessione di cui si è fatta portavoce T. sia una meravigliosa testimonianza di quanto la parola “umiliazione” debba essere lontana dai processi educativi anche e soprattutto da quelli più complessi, poiché di solito i comportamenti aggressivi, dirompenti, lesivi e pericolosi si originano proprio in contesti umilianti.

Dunque l’umiliazione non può essere una soluzione a ciò che essa stessa genera. Non può esserlo e non lo è.

 Caro ministro Valditara, la prego di perdonarci se con umiltà, ma profonda convinzione, le diciamo che su questo tema dovrà rivedere la sua posizione, riparando il danno provocato e la certa “bocciatura” da parte dell’intero mondo scolastico che lei stesso dirige. 

Lucia Suriano

*Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di primo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Per edizioni la meridiana è autrice di Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice (2016) e Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti (2020).

Pubblica Gatti Annamaria

ill. di Charlie Mackesy