Scintille di bellezza. Elia "stronca" Petrarca:
il
desiderio conta più della volontà
autore Marco Erba Avvenire 17 ottobre 2023
"Il grande poeta insiste sul ruolo del volere nel raggiungere
i propri obiettivi. «Ma non è vero Non basta sapere che una cosa in teoria è
giusta, è necessaria la passione che ci accende e spinge»
Ho sempre adorato Francesco Petrarca: mi ha conquistato fin
dalla prima volta in cui mi sono imbattuto nei suoi versi. Quel suo dissidio
interiore è il mio, quella sua tensione spirituale che fa continuamente i conti
con le sue debolezze è la mia; forse è un po’ quella di tutti noi. Per questo
in classe dedico diverse ore alla lettura dei testi di Petrarca, soprattutto
alle poesie del Canzoniere. Dedico però anche un paio di lezioni agli altri
suoi componimenti, tra cui il Secretum.
Proprio mentre presentavo il Secretum, Elia, un allievo di
terza superiore, ha distrutto Petrarca in un solo secondo. Nel Secretum
Petrarca immagina di incontrare sant’Agostino, che, seppur vissuto molti secoli
prima, l’autore considera una sua guida. Nel dialogo che si sviluppa tra i due
emerge prepotentemente la crisi spirituale di Francesco. « L’opera è divisa in
tre libri » , ho spiegato quel giorno alla classe. « Nel primo, Agostino
rimprovera Francesco per la debolezza della sua volontà, che gli impedisce di
mettere in pratica le sue aspirazioni a una vita più virtuosa. Senza volontà,
infatti, ogni proposito, seppur buono, è velleitario».
E qui, dal fondo della classe, Elia mi ha interrotto. «
Petrarca dice cazzate!> »: un’esclamazione di tre parole per spazzare via
uno dei miei autori preferiti. Ho fissato Elia “con occhi di bragia”, per
citare il Sommo Poeta (che, peraltro, a Petrarca non andava a genio, ma questa
è un’altra storia). Elia ha sostenuto il mio sguardo. “Con tutto il rispetto,
eh, prof ” ha aggiunto imbarazzato: si era reso conto benissimo che gli era
sfuggita un’espressione scomposta, per usare un eufemismo. Ho capito che non mi
stava provocando, che voleva solo dire la sua. Era un mezzo miracolo, perché,
fino a quel momento, Elia non era mai intervenuto in una lezione di Italiano.
Era un tipo simpatico, sorridente, benvoluto dai compagni,
pronto alla battuta anche con me e con gli altri insegnanti all’intervallo o
davanti a scuola. Ma, durante le lezioni, Elia si trasformava in un altro
personaggio: assumeva un’espressione di annoiata sufficienza, appoggiava la
testa improvvisamente pensante sulle mani, lottava con le palpebre che
tendevano a chiudersi. A casa studiava pochissimo e consegnava sempre elaborati
striminziti, sempre in ritardo. Insomma, era un maestro della mancanza di
volontà, almeno dal mio punto di vista. Forse per questo il rimprovero di
Agostino a Francesco lo aveva colpito tanto da spingerlo a intervenire.
Ho colto la palla al balzo: « Perché la pensi così? Cosa non
ti convince? ». « Prof, Petrarca sbaglia a far dire a sant’Agostino che per
raggiungere i propri obiettivi serve la volontà. La volontà non basta per
niente. Nessuno si attiva solo per la volontà. Io no di certo. Non accetto la
fatica solo perché so che una cosa in teoria è giusta e allora, razionalmente,
decido di volerla. Serve ben altro». « E cosa serve? » , gli ho chiesto.
Mi ha risposto senza esitare: « Il desiderio, prof. Serve il
desiderio. Uno ce la mette tutta se davvero gli si accende il desiderio per
qualcosa. Guardi me: non mi interessa studiare, lo faccio poco e male. Eppure
so razionalmente che dovrei impegnarmi di più, che potrebbe essermi utile, che
eviterei le lamentele dei miei genitori e vivrei meglio. Ma niente, non ce la faccio:
non mi si accende il desiderio, sento che quello che dovrei studiare non mi
riguarda, non tocca la mia vita. La musica, invece...».
Così Elia ha cominciato a raccontare dalla sua passione per
la musica. Poi, visto che era suonata la campanella dell’intervallo, si è
avvicinato alla cattedra e ha continuato a parlarmene. Ho scoperto un Elia
diverso, con una parlantina inattesa, con gli occhi accesi da un fuoco che non
immaginavo potesse esserci. Suonava tre strumenti. Componeva canzoni melodiche,
dolcissime, che cantava con una voce acuta molto intonata. Me ne ha fatte
ascoltare un paio: mi hanno commosso.
Quel pomeriggio ho ripensato a quanto successo in classe.
Forse Elia aveva ragione; forse anche più del mio amato Petrarca. Le cose che
danno sapore alla vita non sono astratti doveri, imperativi categorici
disincarnati, obiettivi da raggiungere perché sappiamo freddamente che è
giusto. Ciò che spinge a mettersi davvero in gioco è il desiderio, quella
parola bellissima la cui etimologia rimanda alle stelle, alla loro luce che
irresistibilmente attrae. Se un desiderio è autentico, se intuiamo che in esso
si nasconde qualcosa di grande, la passione si accende, ci rende disposti a
sopportare qualsiasi fatica. Per questo la scuola dovrebbe accendere desideri
più che imporre aridi doveri. Tra i banchi, ogni studente dovrebbe essere
stimolato a scoprire ciò che più profondamente desidera, perché il desiderio è
la via per realizzare se stessi.
Nei giorni successivi, Elia mi ha regalato ancora qualcosa.
Riprendendo il discorso sulla musica, Elia mi ha raccontato della gioia che
provava quando altre persone ascoltavano le sue canzoni e ne rimanevano
colpite. Non era una gioia narcisistica, ma la felicità di aver regalato
qualcosa di bello agli altri. Elia mi ha ricordato così che i desideri
autentici riguardano sempre gli altri, sono sempre una forma di dono, un modo per
dare il proprio contributo al mondo. Mi ha ricordato che le altre persone
contano sempre di più dei traguardi raggiunti.
È proprio quello che sostiene Laura, una meravigliosa ex
allieva ora diventata prof di Italiano alle medie. Alla fine dell’anno scolastico,
Laura mi ha scritto uno dei messaggi più belli che, da prof, abbia mai
ricevuto. Diceva così: «Vedo tra i ragazzi delle medie tali potenzialità che mi
sono buttata a capofitto nell’insegnamento. Qualche risultato si vede ed è
un’enorme soddisfazione. È prezioso pensare di poterli affiancare per un po’ in
un’età così delicata e poi, dopo la terza, vederli tornare, contenti del futuro
che si sono scelti.
Forse quando ho deciso di seguire le tue orme mettevo al
centro la materia in sé, ma adesso mi rendo conto di quanto sia la materia
umana il vero fulcro e il vero senso del nostro lavoro. Insegnare è un
privilegio, me ne rendo conto ogni giorno. Sono fiera di aver fatto questa
scelta di vita: sono felice del mio percorso, di tutti i giorni facili e di
quelli difficili. Ho promesso a me stessa di mettercela tutta: provo a
rinnovare questa promessa ogni giorno, per le classi che incontrerò».
L’insegnamento è promessa, impegno. L’insegnamento è anche
sforzo della volontà, è anche fatica. Ma è una fatica che si accetta
volentieri, se ci si appassiona prima di tutto alla materia umana, mettendosi
in gioco nelle relazioni: solo così si scopre che anche questa fatica,
paradossalmente, è un privilegio. Bisogna desiderare di essere dentro le vite
di coloro che incontriamo per accompagnarli meglio che possiamo. Bisogna,
insomma, ricordare che la materia in sé è al servizio della materia umana.
Bisogna amare la materia umana più che la materia in sé."
pubblicato da Annamaria Gatti
foto da IIC Albert Einstein
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