La faccenda è da decenni e più sul tappeto. Ma nonostante le fatiche di alcune persone lungimiranti, il ruolo materno sta ancora cercando una sua nuova fisionomia, non senza inciampi e sofferenze e se mai sarà possibile delinearne a fondo la bellezza e la novità, che passa per l'amore della coppia, il desiderio, la consapevolezza di generare altro da sè e per questo non una proprietà, nè un optional, nè una meta personale.
Il tema è scottante e vasto per cui in questa premessa vi è solo un cenno per introdurre il libro di Stefania Andreoli che abbina una madre serena e consapevole alla buona cura dei figli.
Dare la vita a un figlio: occorre fiducia, speranza, maturità e responsabilità di coppia, che va condivisa con la società tutta, che si è fatta sempre più sorda ai veri richiami in tema di maternità. Tanto che oggi siamo sul baratro di un popolo che non riesce a garantire un cambio generazionale perchè sceglie (vi è costretto) di non avere figli. Anche se meriterebbe molto il tema del campo culturale su cui queste scelte si seminano.
Ebbene, mi si fa notare da più parti: il nostro Paese non è per la famiglia e men che meno per chi vuole diventare madre. Non è una novità.
- Chi lavora si scontra ancora nonostante tutto con nessun aiuto, nessuna assistenza mirata a permettere di scegliere serenamente di sospendere il lavoro per stare con i figli piccini.
- Si realizzano nessuna o rarissime possibilità di trovare, dopo alcun anni in cui si è scelto di fare la mamma a tempo pieno con le relative scelte di rispetto per se stesse, un lavoro dignitoso e confacente con la propria professionalità, per cui ci si è formate e che si è magari esercitata prima della nascita del figlio.
- Chi voglia, o debba per necessità, proseguire il lavoro o la professione e non usufruisce di nonni disponibili (come per esempio la fortunata autrice), si carica di sgradevoli tensioni, sensi di colpa e forti costi per l'affido ai nidi.
- Tutto ruota intorno all'efficientismo e al guadagno e addirittura fanno notizia, sui giornali e sui social, imprenditori che si dimostrano sensibili e attenti alle madri in attesa assunte... quasi non fosse invece una regola in altri Paesi e una delle regole che garantiscono un lavoro che mette al centro l'umanità.
Al di là di questi pochi spunti, la faccenda di essere madri consapevoli di coltivare e amare la propria vita prima e dopo il parto, è un nodo importante, che dovrebbe riguardare la coppia tutta.
Il compagno e il padre assume qui un ruolo fondamentale, diventa il terzo anello concentrico che diventa spesso determinante nel garantire benessere e accoglienza, supporto e condivisione. Una madre non deve mai essere lasciata sola, se è necessario un villaggio per crescere un bambino, è vero che una madre deve poter contare sull'attenzione del compagno e di coloro in cui ripone la sua fiducia.
Essere madri sapendo "perchè - e per chi - fa quel che fa" (quarta di copertina) diventa allora la chiave per stare bene ed essere una madre anche sufficientemente buona, come si è visto ripetutamente in questo blog: non ci interessa la madre perfetta, nè dedita al sacrificio, anche se il sacrificio fa parte dell'avventura di due genitori! Non ci interessa farne il nodo centrale! e il mito che la madre debba essere votata al sacrificio va sfatato.
Stefania Andreoli, psicoterapeuta e non solo, con un curriculum decisamente importante, conduce il lettore (!) e la lettrice in un interessante, quanto inquietante lavoro dedicato appunto alle madri... e non solo.
Dalla presentazione editoriale Rizzoli: "...Mamme, quindi, perlopiù. Disorientate,
equilibriste, creative, volenterose, sull'orlo di una crisi di nervi, ma tutte
accomunate da un'ambizione: compiere le scelte più giuste.
Giuste, sì, ma per
chi?
Da quando si diventa madri, sembra sottinteso che l'unica ragione
accettabile per qualunque decisione quotidiana e di vita sia "lo faccio per
mio figlio".
"Lo faccio per me" è una frase che suona egoista,
indegna per una madre.
Le ragioni sono storiche, culturali, legate ai falsi
miti del sacrificio e dell'amore incondizionato e a una distorta
interpretazione del famoso istinto materno.
La pressione è forte: a lasciare il
lavoro, a trascurare interessi, amicizie e il rapporto di coppia, a sentirsi in
colpa per un paio d'ore dal parrucchiere "che sottraggono tempo alla
famiglia". Insomma, a dire addio a una parte di sé.
In questo libro
Andreoli ribalta le vecchie convinzioni e propone l'idea che l'esperienza della
maternità possa aggiungere, e non togliere, ricchezza all'identità femminile.
Soltanto "facendolo per sé", trovando ciascuna il suo personale modo
di fare la mamma - diverso dagli altri perché frutto della propria storia in
quanto persona - sarà possibile liberare la maternità, rendendola sana,
contemporanea e davvero utile per la crescita di un figlio e per il futuro
della società."
Pubblica Annamaria Gatti
Foto da Uppa
Nessun commento:
Posta un commento