Cari genitori, ecco il nono step, che sfiora un tema molto sentito, quello del male e della sofferenza che colpisce in misura diversa i nostri figli e che quindi condividiamo. Ma come è utile farlo? Quali tranelli tende al genitore questa inevitabile esperienza? Anche in questo contributo riproponiamo l'iter già sperimentato:
- breve riflessione
- esperimento
- commenti, libere condivisioni o domande, a cui la dottoressa Paola Canna ed io risponderemo individualmente.
Buona lettura!
9° STEP: TI DIFENDERO' DA OGNI MALE di Annamaria Gatti
"Se è vero che il pensiero nasce dallo stupore, è altrettanto vero che scaturisce anche dal dolore, uno smarrimento che, come la meraviglia, obbliga a fermarsi e rispondere al suo appello..." (da "Algofobia" Alessandro D'Avenia Corrire della Sera, 4 ottobre 2021)
"Eppure il dolore oggi sembra privo di senso, come mostra lo spaesamento interiore causato dalla pandemia. Per questo il filosofo Byung-Chul Han, in La società senza dolore, definisce la nostra cultura «algofobica»: terrorizzata dal dolore, fino alla paralisi. ... Ma il dolore, da una piccola ferita a un lutto, è invece ciò che fa fare «esperienza della vita», impariamo a «sentirla» e «curarla»: quando soffriamo, infatti, scopriamo non solo di avere ma di essere un corpo. ...nella mia vita sono stati i momenti di sofferenza, mia e altrui, a rivelarmi chi sono e in cosa credo.
...Il dolore è vita che vuole guarire, non sofferenza
insensata: come la perla è la cicatrice della ferita inferta all’ostrica da un
predatore, il dolore è una verità che chiede attenzione e cura. Quando un
bambino si ferisce, il genitore accarezza la parte dolente e gli racconta una
storia. Il dolore invoca legami e parole: non è solo «da contare», come abbiamo
fatto nella pandemia con i dati dei contagi, bensì «da raccontare», cioè fonte
di senso e azione.
Per leggere l'articolo di Alessandro D'Avenia:
Ora, come di consueto, tentiamo un ESPERIMENTO
Per accogliere il dolore del figlio sapendo rispettare il suo cammino e il suo desiderio di conoscerlo e di trafficarlo, trasformandolo in un talento, bisogna che lo sappiamo vivere noi adulti nelle nostre esperienze di vita. Una figlia o un figlio ha bisogno di sentire che il genitore sa sostare con lui, sa ascoltare e prendersi il proprio ruolo di compagno autorevole, di spalla discreta, che non si spaventa, ma che sa condividere e che si fida, per leggere insieme lo spartito su cui la vita sta componendo la sinfonia esistenziale, anche attraverso momenti difficili.
Quindi proviamo a sperimentare questo atteggiamento da abbracciare con attenzione e pazienza verso noi stessi in primis.
Quando si presenta un dolore per una figlia o un figlio, affiancatevi a lei o a lui e applicate queste prassi:
- troviamo tempo da dedicargli e so-stare con lui
- programmiamo un momento insieme
- mettiamoci in ascolto, evitiamo di dire la nostra
- rinunciamo di veder riconosciuta la nostra "sapienza", per calarci empaticamente nella sua esperienza con il suo sguardo
- manifestiamo comunque una grande capacità di accoglienza
- manifestiamo comunque una grande fiducia nelle sue possibilità di gestione e ripresa
- teniamo un atteggiamento di accoglienza di quella sofferenza
- troviamo il modo poi nella verità, peraltro già testimoniata nella nostra vita, che quel dolore va accolto e può diventare l'opportunità ricercata per costruire ...
- Poi appuntatevi le emozioni provate nella condivisione vissuta con il figlio. All'inizio può essere complicato partire, ma... scrivere, lo ripeteremo in futuro, è una tecnica utile e da riscoprire!
Come sempre scriveteci in privato vostre esperienze, chiarimenti, osservazioni e richieste.
drssa.paolacanna@gmail.com
gatti54@yahoo.it
instagram: @the_life_therapy
@infanzia.icare
FB Annamaria Gatti
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