Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

domenica 9 novembre 2025

Ragazzi, chi cerca la perfezione si allontana dalla felicità. Di Marco Erba, prof e scrittore

 


Ragazzi, chi cerca la perfezione si allontana dalla felicità

di Marco Erba, insegnante e scrittore

fonte: Avvenire -  8 novembre 2025

Quando si parla di problemi adolescenziali o devianza giovanile vengono in mente bullismo e trasgressioni. Ma anche l’ossessione per l’eccellenza è una forma di dipendenza.

Luciana studia tantissimo, padroneggia ogni dettaglio. Ottiene voti impressionanti in tutte le materie, con una costanza mai vista. Riempie quaderni su quaderni di appunti, le pagine dei libri di note. Non si concede una sbavatura. In classe è sempre attentissima. Ma è anche sempre imbronciata. Diffida di tutto, crede che le amiche le parlino alle spalle, è angosciata da ciò che i compagni pensano, o potrebbero pensare, di lei. Teme il giudizio altrui e, allo stesso tempo, ne è dipendente. Chiude le relazioni, non accetta errori dagli altri, come non ne accetta da sé. Non tollera quella dose di ambiguità, di falsità, di caduta che chiede misericordia presente in ogni rapporto umano. Non devono esistere sbavature né in lei, né intorno a lei.

Una volta si offre per farsi interrogare. Ha studiato tutto nel dettaglio, come sempre. Padroneggia ogni aspetto della materia, si è formata una sua opinione su ogni argomento e sa sostenerla, ha una proprietà di linguaggio strabiliante. Alla fine le faccio i complimenti, le do dieci. Torna al posto mantenendo quel suo solito broncio fino alla fine dell’ora. Mentre spiego, mi guarda storto. Mi sale la tensione: cosa sta succedendo? Cosa c’è che non va? Alla fine della lezione mi ferma, mi chiede di parlare: «Prof» mi dice, prendendomi in disparte, «lo ammetta: lei mi ha dato dieci solo perché le sono simpatica. Non è un voto meritato, è regalato. Io lo so.» Cado dalle nuvole. Mi spavento. Come può avere una percezione della realtà così distorta, così falsata? Le dico che non è vero, le motivo il voto, le spiego che era preparatissima e che quel dieci è del tutto meritato. Non mi crede: se ne va sbuffando, ostile. Luciana non è felice.

Qual è il contrario di felicità? Quando lo chiedo alle mie classi, quasi tutti mi rispondono che il contrario di felicità è infelicità. Qualcuno allarga la prospettiva, prova con altro: tristezza, insoddisfazione. Tutto vero, ma c’è qualcosa di ancora più distruttivo, di ancora più opposto alla felicità, di ancora più antitetico. Il contrario di felicità è perfezione. Luciana è infelice perché vuole essere perfetta, perché vuole un mondo perfetto. E quando vuoi essere perfetta, niente è mai abbastanza, perché sei tu a non sentirti mai abbastanza. Nessun voto, nessun trofeo, nessun risultato potrà mai soddisfarti, potrà riempire il vuoto che hai dentro, potrà spegnere quella fame vorace che tutto ingoia.

 Silvia ha una sfilza di voti impressionanti, in tutte le materia. Apro il registro, li guardo: nove e mezzo, dieci, dieci, dieci, nove, nove e mezzo, nove e mezzo, dieci, dieci. Poi guado le presenze a scuola: d’un tratto, il registro si fa tutto rosso: assente, assente, assente… Da quel punto, di voti non ce ne sono più, ci sono solo assenze. Perché Silvia, la migliore della classe, a metà anno smette di venire a scuola, si chiude in camera sua,

E quando vuoi essere perfetta, niente è mai abbastanza, perché sei tu a non sentirti mai abbastanza. Nessun voto, nessun trofeo, nessun risultato potrà mai soddisfarti, potrà riempire il vuoto che hai dentro, potrà spegnere quella fame vorace che tutto ingoia. Silvia ha una sfilza di voti impressionanti, in tutte le materia. Apro il registro, li guardo: nove e mezzo, dieci, dieci, dieci, nove, nove e mezzo, nove e mezzo, dieci, dieci. Poi guado le presenze a scuola: d’un tratto, il registro si fa tutto rosso: assente, assente, assente… Da quel punto, di voti non ce ne sono più, ci sono solo assenze. Perché Silvia, la migliore della classe, a metà anno smette di venire a scuola, si chiude in camera sua, non vuole uscire. Silvia inizia a farsi del male per punirsi di colpe che non ha, per colpe che ci sono solo nella sua testa. Silvia rifiuta un mondo che le mette troppa pressione, una pressione a cui si ribella chiudendosi e distruggendosi. Silvia scappa da una realtà che è convinta le chieda di essere perfetta, anche se non è così. La realtà non chiede perfezione, chiede amore.

La perfezione è il contrario della felicità. Quando si parla di devianza giovanile, di problematiche adolescenziali, vengono in mente soprattutto comportamenti legati al bullismo, alle dipendenze, alla trasgressione; pensiamo magari ai cosiddetti «maranza», mai agli allievi modello. Ma anche l’ossessione per la perfezione è una devianza, anche la ricerca dell’eccellenza a ogni costo è una forma di dipendenza. La perfezione è il contrario della felicità. Sono convinto che ciascuno di noi, nel nostro ruolo di genitore, educatore, docente, debba averlo bene in mente. Solo così, attraverso il nostro stile educativo, potremo creare un clima sereno, nel quale si chiede impegno, ma si accetta anche l’errore come insostituibile strumento di crescita, come preziosa occasione e non come fallimento personale.

L’Eneide di Virgilio, il grande poema sul troiano progenitore dei Romani, uno dei capolavori più straordinari di ogni epoca, non sarebbe arrivata fino a noi, se avesse prevalso l’esigenza di perfezione. Virgilio, l’autore, chiese infatti nel suo testamento di distruggere l’opera, che, a suo dire, non era ancora stata sottoposta a un adeguato lavoro di labor limae e conteneva alcune sbavature. La volontà dell’autore, per fortuna di noi tutti, non fu rispettata: pare sia stato l’imperatore Augusto in persona a chiedere agli amici di Virgilio di diffondere comunque l’Eneide. Si dice infatti, anche se non c’è alcuna certezza al proposito, che Augusto avesse udito declamare in anteprima alcune parti dell’opera, commuovendosi profondamente. Anche oggi, leggendo l’Eneide, si è travolti dall’emozione. Enea è un eroe umanissimo, disposto al sacrificio di sé per i suoi, capace di sentimenti profondi. È un personaggio a tutto tondo, non un perfetto eroe senza macchia e senza tentennamenti. E, giunti al finale dell’opera, un finale che resta aperto, all’inizio si è un po’ sconcertati da questa incompiutezza, poi se ne resta affascinati.

Secoli dopo Virgilio, nel Medioevo, anche Francesco Petrarca, strepitoso poeta, cercò la perfezione nei suoi versi. Era certo che avrebbe ottenuto fama immortale dalle sue opere in latino, la lingua di cultura dell’epoca. Tra queste opere, però, ne compose un’altra: un’opera, a suo avviso, di minor valore, tanto che la chiamò «Rerum vulgarium fragmenta», cioè «frammenti di cose volgari». Si trattava di una raccolta di poesie in volgare, una lingua che per Petrarca era troppo popolare per essere utilizzata nella vera letteratura. Nella raccolta in volgare il poeta mette a nudo il proprio io con una lucidità e una modernità sconvolgente: racconta il suo travagliato amore per Laura, la sua tensione verso ciò che è assoluto, ma anche le sue cadute, la sua schiavitù a ciò che è mondano. Oggi, se Petrarca è conosciuto e studiato in tutto il mondo, è grazie alla sua opera che giudicava minore, i Rerum vulgarium fragmenta, meglio noti come il Canzoniere. Petrarca è divenuto immortale grazie all’opera che giudicava imperfetta, perché scritta in una lingua imperfetta, inadatta ai veri intellettuali. E le sue opere latine? Non è andata come il poeta si aspettava: sono oggetto di studio quasi solo per gli specialisti.

Tutti noi siamo un po’ l’Eneide e il Canzoniere.

 Noi e i nostri studenti, noi e i nostri figli.

La nostra bellezza, il nostro essere capolavori, passa dall’imperfezione, quell’imperfezione che è crepa capace di far trapelare la luce. Quell’imperfezione che è l’unico varco dal quale possono passare i desideri più autentici, ciò in cui crediamo, ciò che pensiamo, ciò che davvero siamo. Quell’imperfezione che chiede accoglienza e insegna ad accogliere davvero.


in foto: opera  di S.P. 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento