In questo blog sono stati illustrati in precedenza alcuni aspetti del funzionamento che caratterizza bambini con plusdotazione. In questo appuntamento si riporta un’esperienza che sottolinea l’importanza delle scelte dei genitori.
Rispondere sempre
Notte fonda. Francesco, tre anni, si sveglia e chiede: “Mamma, come si scrive il mio nome?”
“E’ notte Francesco, lo
facciamo domani.”
“Vorrei tanto vedere il
mio nome scritto adesso.”
Mamma Laura risponde sempre alle domande di suo figlio, solitamente
non rimanda, sa che Francesco apprezza questo interesse e quindi anche quella
notte scende in cucina e su un foglio scrive il nome. Gli spiega come avviene il
miracolo della lettura e della scrittura di quelle nove lettere, in modo semplice. Francesco è soddisfatto e si
rimette a dormire. A tre anni sa leggere, senza che nessuno l’abbia stimolato.
La maestra della materna esprimerà il suo disappunto, perché, sostiene,
Francesco si annoierà alla scuola elementare, la stessa cosa che alcuni
insegnanti ripetono dal secolo scorso. Non
tutti gli insegnanti.
E’ uno dei tanti aneddoti che mamma Laura racconta per
tracciare una storia bellissima, quanto difficile, quando ricorda gli anni
della scuola, dalla materna, alla secondaria di primo grado.
La plusdotazione va a
scuola, o no?
Francesco è uno dei numerosissimi ragazzi plusdotati che la
nostra scuola spesso spegne o stigmatizza, a causa di una formazione che non
viene offerta o, se succede, talvolta non viene applicata da insegnanti inadeguati
o che si ritengono non all’altezza. Non è un’accusa, ma una constatazione, a
fronte invece di avvincenti esperienze di docenti illuminati ed entusiasti, che
sanno ben gestire questo bisogno educativo speciale… specialissimo.
Si racconta qui di Francesco per sottolineare quanto lo stile
educativo sia fondamentale, quanto facciano la differenza l’attenzione, la determinazione e spesso il
coraggio di genitori responsabili. Francesco quest’anno frequenta un liceo che risponde alle sue
richieste, con un team insegnante capace di farne una risorsa per tutti, ma la
storia narra di fatiche e di delusioni profonde.
La scuola primaria e la scuola secondaria hanno spento
Francesco, la sua vitalità e il desiderio di conoscere e di giocarsi nel
condividere scoperte e curiosità. Il bambino gioioso consegnato alla scuola, è
tornato a casa senza colore. Allora mamma Laura comincia a cercare di conoscere
perché questo figlio splendido non funziona per questa scuola, anzi perché la
scuola non funziona per lui e come si possa ottimizzare la prassi didattica per
rendere Francesco operativo, partecipe,
felice…
Consapevolezza del
proprio funzionamento ad alto potenziale
I genitori approdano in luoghi dedicati, anche lontani da
casa ma, per andare oltre a questo innaturale situazione, non si fermano certo. Propongono anche una
formazione mirata al preside per i docenti del figlio, con la necessaria
umiltà, ma anche con la certezza di fare un servizio per altri studenti. Le cose non vanno come avevano sperato, il
team docente non accetta aiuti, ma intanto il passo importante è stato fatto,
la consapevolezza è diventata una compagna della famiglia e anche di Francesco,
che dopo la valutazione diagnostica comincia a conoscersi meglio, fa i conti con dubbi e delusioni scolastiche, e ora sa
come funziona e perché.
Non è una meta il riconoscimento delle proprie
caratteristiche, ma un trampolino di lancio per imparare a capirsi e a
relazionarsi correttamente con i desideri e gli interessi, per scegliere
appunto consapevolmente, valutando e scoprendo gradualmente punti di forza e di
debolezza in sé, ma anche nella scuola.
Un capolavoro
A questo traguardo intermedio Francesco non sarebbe giunto
senza la determinazione e la cura di due genitori attenti, capaci soprattutto
di accoglienza, di sguardo vero e di rispetto verso l’alterità di un figlio. Mamma
Laura è sempre preoccupata che questo figlio sbocci e cerca conferme: vuol
capire se ha fatto proprio tutto quel che doveva fare. E la conferma arriva da
Francesco che intercetta l’ansia materna: “Mamma,
tu non preoccuparti, perché la mia diversità per me non è un problema. Tu mi hai
accompagnato fin qui, adesso devo trovare io il mio percorso.” Un
capolavoro.
Ai genitori da questo blog
giunga un incoraggiamento a conoscere e a non fermarsi di fronte alle
necessità dei figli che mostrano caratteristiche di plusdotazione o alto
potenziale, così vario nelle manifestazioni, ma che mantiene sempre alta
l’attenzione sugli aspetti affettivi e psicologici. Bambini che non si sentono
riconosciuti nei loro talenti e soffrono per questo infatti sviluppano
comportamenti che rischiano di essere classificati e diagnosticati erroneamente
come patologie del comportamento, mentre hanno solo la necessità di avviare interventi
adeguati e già sperimentati. Basta aggiornarsi, agire propriamente, mettersi in ascolto e
dialogare.
Alla scuola un appello, come da più parti viene inoltrato, alla formazione, allo studio e alla serietà e
alla correttezza intellettuale e professionale. Conoscere gli aspetti molteplici
dell’alto potenziale e delle buone pratiche didattiche e pedagogiche, renderà
anche i docenti più competenti e più realizzati nella loro professione e i
bambini e i ragazzi diventeranno grandi risorse per tutti. E questa è inclusione
vera.
pubblicato da Annamaria Gatti
Foto: greenworld.it
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