Benvenuti ai genitori...e ai bambini!
martedì 8 aprile 2025
Amicizia in favola a primavera: Riccio Lino svegliati!
giovedì 3 aprile 2025
Ancora Scuola: Perchè insegno? Un libro per crederci davvero e fare la differenza.
Ancora in difesa della buona scuola: non possiamo non dar voce a chi la scuola la fa ogni giorno e ci crede davvero. Questo libro, a cui sono onorata di aver contribuito e di cui pubblico un cenno introduttivo, anticipa un evento creato con competenza e paziente lungimiranza per i giovani insegnanti, in particolare, una SUMMER SCHOOL di cui racconterò a breve.
Dall'introduzione del prof. Michele De Beni, che ha creduto in questa raccolta di testimonianze di alto profilo e che continua a curare percorsi e inziative affiancandosi a docenti e studenti in formazione per l'insegnamento. Un professionista che crede fortemente nell'impegno a promuovere una scuola migliore e a sostenere progetti che mettono al centro la formazione di docenti appassionati e preparati. Pedagogista-psicoterapeuta. Esperto in Processi formativigià
Professore di Docimologia e di Pedagogia all'Università di Verona, professore
di Programmazione e Valutazione dei processi formativi, Istituto Universitario
Sophia, Loppiano (FI).Coordinatore di ricerca per l’Italia, Progetto
internazionale Co.R.T (Cognitive Research Thinking) diretto da Edward de
Bono.Membro del Centro Studi Interculturali, Università di Verona. Condirettore
della collana "Fondamenti e Percorsi dell'educare" Editrice Città
Nuova.I suoi interessi di ricerca sono rivolti principalmente allo studio dei
processi del pensiero strategico, del comportamento prosociale e delle
dinamiche familiari.
A cosa serve conoscere?
Si comprende, allora, come nonostante i nostri continui richiami all’intelligenza, forse oggi è il tempo di occuparsi anche della saggezza. Perché, se ci si preoccupa di diventare saggi, non è così difficile poi diventare anche intelligenti. Se si comincia invece dal voler essere intelligenti si hanno poche speranze di diventare saggi, perché è facilissimo cadere nella trappola dell’intelligenza.
È questo, in fondo, anche il semplice ma profondo messaggio dei racconti di buone pratiche scolastiche riportate nel libro. In questi ambienti dove si sperimenta un nuovo senso di sé e di reciproca appartenenza, di alta motivazione all’impegno e alla responsabilità, e si punta alla formazione dell’eccellenza morale, gli studenti raggiungono anche straordinari gradi di successo scolastico. Nella sua disarmante semplicità si cerca, allora, di dimostrare, che se si insegna ai ragazzi ad esser “bravi”, si può anche imparare ad esser “grandi”, “nel senso ampio e più autentico del termine, eccellenti nello studio, cittadini partecipi e onesti: un’alta finalità educativa che potremmo sinteticamente racchiudere nella frase “Pensare bene per fare il bene”, sguardo profetico di un’educazione dinamicamente orientata allo sviluppo di un vero ben-essere della persona e della comunità.
Educare, quindi a scuola non solo è possibile ma, nel flusso continuo dei cambiamenti, assume oggi carattere di priorità. “Istruire per educare”: è questo, in fondo, il semplice ma radicale messaggio di buone pratiche scolastiche qui riportate. In ambienti dove si sperimenta un positivo senso di sé e di reciproca appartenenza, e si punta alla formazione di uno spirito critico-costruttivo e di una mente aperta gli studenti raggiungono anche straordinari gradi di successo scolastico. Una “scuola buona”, questa, che ci dice quanto intelligenza e saggezza, studio e pratica dei valori, siano inscindibili.
Come raccomanda il famoso Rapporto UNESCO sull’educazione per il XXI secolo[1], non basta “conoscere” e “fare”, ma occorre saper “essere”. Può accadere anche che a scuola ci si accontenti di qualche idea generale e astratta, magari di un bel “programma” educativo, ma che nella pratica poi non venga applicato. Le teorie possono diventare cattive compagne se ci allontanano dall'esistenza per confinare l’essere umano in categorie astratte. Solo nel cuore dell'umanità di quel bambino, di quel ragazzo, la cui intelligenza tende a fondere parola e vita, teoria e pratica, si può puntare alla verità ed educare alla vera saggezza.
È anche il messaggio più profondo che questo libro vuole indirizzare a quanti dell’istruzione intendono farne palestra di educazione. Occorre, quindi, dare maggior visibilità a queste “buone pratiche”, perché - riconosciamolo - sulla scuola incombe un pessimismo diffuso. Abbiamo difficoltà ad assumerci le nostre responsabilità di adulti. Il merito di questo libro è di aver messo in evidenza la passione e la dedizione, la creatività e l’incessante arte di ricominciare che animano ancora tanti educatori, non semplici competenze da trasmettere e da esercitare, ma fulcro di vita da cui immaginare strade nuove per l’educazione.
[1] J. Delors (a cura di),
Nell'educazione: un tesoro ( rapporto
della Commissione Internazionale all'UNESCO sull'Educazione per il XXI
secolo), Armando, Roma 1997.
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
martedì 1 aprile 2025
La Scuola va amata. Perchè e come? Forte editoriale di Elvira Zaccagnino
Pubblico questo editoriale (di qualche mese fa, ma così attuale!) di grande verità della direttrice de "la meridiana" e la ringraziamo tutti per aver messo in parole l'anelito di tanti. Mie le segnalazioni in grassetto e le sottolineature. Per l'editrice "la meridiana" in anni recenti Annamaria Giarolo ed io abbiamo pubblicato il libro "Io amo la scuola", che tanto racconta di come gli insegnanti possano davvero fare la differenza e vadano aiutati realmente in questa scelta. Non sono tempi facili questi, ma occorre il coraggio di condividere ciò che ci sta a cuore per il benessere delle giovani generazioni e di chi di loro si occupa.
"Ci sono cose che vanno dette e le diciamo"
di Elvira Zaccagnino
"Io amo la scuola"
Forse dovremmo partire da qui, quest’anno. Dal dirci, con
sincerità, che la scuola va innanzi tutto amata. E lavorarci per un intero anno
scolastico tenendo la bussola orientata a questa idea da ripetere come un
mantra, non per convincerci ma per dare un senso a ciò che facciamo.
Perché è la Scuola che va amata, non l’insegnamento, o gli
alunni, o il mestiere del docente. Quelli sono fatica, routine, scartoffie,
riunioni, compiti da correggere, lezioni da preparare, colleghi da sopportare e
supportare, genitori con cui parlare, studenti da incontrare ogni giorno. Tutto
questo rende la scuola pesante, un lavoro e basta: come tutti i lavori, se non
li ami ti alienano. La scuola ti aliena di più.
La Scuola va amata e serve come il pane perché è una istituzione democratica di un Paese civile, presidio educativo in grado di garantire a tutti, nessuno escluso, pari opportunità. I regimi la aboliscono o la vietano alle donne, ad esempio.
Quale scuola va amata?
Una scuola che è alla portata di tutti, che usa la modernità
al servizio del suo compito, come quella che portò il maestro Manzi quando
insegnò a leggere e scrivere a un popolo analfabeta nell’Italia degli anni
sessanta, usando il media allora più popolare.
Una scuola rivoluzionaria perché fa una scelta politica di
parte come quella che fece Lorenzo Milani tenendo in classe la Costituzione e
il dizionario, per non dimenticarci che siamo uguali e che è il numero di
parole che possediamo che ci fanno sudditi o cittadini.
Una scuola capovolta nelle dinamiche di insegnamento e
apprendimento dove gli alunni, le alunne, gli studenti e le studentesse non
sono imbuti da riempire ma talenti da scoprire e accompagnare a fiorire, come
quella che fecero Mario Lodi, Gianni Rodari, Francesco Berto, Emma Castelnuovo,
Maria Montessori, Grazia Honegger Fresco, Gianfranco Zavalloni.
Va amata, anche, la Scuola come valore. Come necessità per
restare umani noi e far innamorare chi è affidato alle nostre cure dell’umanità
di cui siamo parte, perché è ciò che di sacro dimora in noi.
Amiamo una scuola che non educa al futuro, ma all’oggi dal
quale il futuro poi dipende.
Un atto di obiezione
Amare la Scuola oggi, nel nostro Paese, è un atto di
obiezione verso una narrazione che colpevolizza chi insegna, chi impara, verso
le regole, i programmi, gli spazi e i tempi dell’educare e dell’imparare di
ognuno e ognuna. Un atto di obiezione a testa alta verso chi la declassa e la
depriva spogliandola del ruolo politico che l’educare ha. Perché educare è fare
politica.
Non sarà un anno facile: non comincia nel migliore dei modi.
Sarà un anno dove genitori, insegnanti e ragazzi saranno di volta in volta colpevolizzati,
redarguiti, censurati, usati. Per questo è l’anno giusto per un atto d’amore
verso la Scuola. Un amore che libera e non costruisce relazioni tossiche. Che,
anzi, ci salva da queste. Una Scuola che difendiamo e mettiamo in atto perché
sappiamo che è il solo luogo, tempo e spazio dove la relazione può essere
appresa e sperimentata crescendo noi e facendo crescere gli altri.
Se ognuno cresce solo se sognato, quest’anno proviamo a
sognare insieme la Scuola e a farla crescere nel sogno di un Paese che l’ha
gradualmente dismessa e impoverita.
Io amo la scuola: diciamolo a voce alta. Perché l’amore può
cambiare e cambiarci. Farci fare follie e anche rivoluzioni. Non dormire la
notte per trovare soluzioni e palpitare per ogni sguardo che riceviamo.
Io amo la Scuola e parteggio perché ce la faccia. E se ce la fa lei, ce la facciamo tutti. Oggi per il domani.
Elvira Zaccagnino
pubblicato da Annamaria Gatti
sabato 15 marzo 2025
Un'altra favola di Paolina per raccontare la speranza e la bellezza: Paolina primavera
PAOLINA PRIMAVERA
di Annamaria Gatti
Illustrazione di Eleonora Moretti
Fonte: Città Nuova Marzo 2022
dedicata a Sofia
Paolina era stata in letargo nella sua tana e ora si stava svegliando.
“Oh,
che dormita. Chissà cosa farà ora Sandro…” stava pensando, proprio mentre la
voce dell’orsetto l’aveva invitata.
“Paolina
esci, ho una fame! Facciamo colazione?”
L’orsacchiotta
aveva afferrato l’inseparabile peluche orsobimbo e si era precipitata fuori.
Si
era stropicciata gli occhi perché il sole era già alto e splendente.
“Cavolo! Orsobimbo, guarda com’è diventato magro Sandro
e il bosco non è più rosso e giallo come nel mio bel disegno! Ci sono
foglioline nuove sui rami dei larici e l’abete ha gli aghi verde chiaro!”
“Il
bosco è diverso, ma cosa è accaduto?” aveva chiesto Sandro.
“Ops!
Sono inciampata in una zolla fiorita… Sono primule. E ohi, stavo per schiacciare una bellissima farfalla gialla!
”
“Queste
sono margheritine, ma chi ce le ha messe? E le formiche hanno ripreso a fare
lunghe file per procurarsi qualche seme” aveva aggiunto Sandro stupito.
“Dobbiamo
scoprire chi ha fatto queste bellissime cose.” Paolina era decisa e voleva
capire. Intanto si stiracchiava e pensava alla colazione: il pancino suo e di
Sandro brontolavano. Solo orsobimbo era pacifico come sempre, chissà perché.
Fu
allora che un fringuello sfiorò Paolina con un frullio d’ali: “Paolina, ben
svegliata! PISTAAAAAA, devo preparare il nido per i miei piccolini.”
“Oh
bella, ma che succede?” Ma l’uccellino era già volato via.
“Non
vedi orsetta? E’ arrivata la primavera!” aveva spiegato una capinera di
passaggio.
“Prima-cosa?!”era
sbottato Sandro.
“P - R - I - M -A- V -E -R -A, Sandro. Quella
cosa che c’è più luce e calore e…”
“…E
scoiattolo Rossino si risveglia e ricomincia ad arrampicarsi e a borbottare?”
“Ecco
proprio così, ma non so chi combina tutto questo. Vieni, facciamo colazione da
nonno Gianni così chiediamo a lui.”
Si
incamminarono verso la dimora di nonno Gianni e quando furono lì, finalmente il
mistero fu…quasi svelato.
“Cari
orsacchiotti, cara nipotina, è l’amore il responsabile di tutta la primavera.
La natura obbedisce all’amore che l’aiuta a mettere nuovi frutti, foglie e
nuove creature. Non è meraviglioso?”
Aveva
un sguardo birichino e dolce il nonno, da dietro le lenti degli occhiali posati
sul suo nasone di vecchio orso. Quante cose sanno i nonni!
Paolina e Sandro restarono a bocca aperta increduli. Poi orsobimbo partì alla ricerca dell’amore per ringraziarlo di quella bellezza.
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
martedì 11 marzo 2025
L'educazione in pericolo
Le parole sono parole.
Può un pedagogista disinteressarsi di politica? Certamente no, soprattutto quando è in grande pericolo l’educazione, minati i cervelli e le coscienze dei più piccoli.
Ne dà motivo l’umiliazione russo-americana scatenata contro il presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj. Qualsiasi opinione si abbia sulla guerra di resistenza con cui egli difende la libertà del suo popolo, questo disumano uso delle parole porta in sé qualcosa di inquietante.
Per questo, come educatore, sento il dovere di esprimere indignazione per il clima di odio che ci infesta.Le sprezzanti parole rilanciate dai media non possono passare sotto silenzio. I giovani ce ne chiederanno conto.
Ciò che succede oggi è quanto puntualmente precede ogni guerra: parole come proiettili per provocare, intimorire, ridurre al silenzio. Senza entrare nel merito di come oggi si sta “promuovendo” la pace, non si può nascondere il gioco perverso di spartizione delle spoglie ucraine da parte della Casa Bianca e del Cremlino. Indipendentemente da una possibile fine della guerra (dopo la quale però non è facile ora immaginare una vera pace) non possiamo voltare la testa indifferenti di fronte a parole come “bastardino nazista, cane infestato di pulci…pazzo e pericoloso...meglio sopprimerlo in silenzio, senza sofferenza”.
Ma ben altre e più raccapriccianti sono le espressioni usate quotidianamente ad ogni tentativo della vittima di rialzare la testa e chiedere rispetto, umanità, libertà. Quello che sorprende è l’indifferenza di fronte a questa invasione semantica, al significato perverso delle parole.
Non dimentichiamo che la mancanza di rispetto è il primo grande crimine dell’umanità, da cui discendono altri crimini. Discredito, disinformazione, aggressività verbale, facce da combattimento. La guerra è già finita prima ancora di vincerla: parole svendute come bombe sul mercato di una pace azzoppata che cammina con la forza della disperazione. Non sa se sarà vera pace. Non è discutere di geopolitica il compito primario di chi vive ogni giorno tra i giovani. Ma siccome i giovani ci guardano e ci sentono, ognuno che si occupi di educazione (non solo in famiglia e a scuola, ma nel proprio modo di comportarsi) dovrebbe aver a cuore l’uso che si fa delle parole.
Con esse si può dare la vita ma anche decretare la morte: parole come ali, se usate per promuovere; parole come pietre se scagliate per distruggere. Proprio ieri ero all’inaugurazione dell’anno accademico nel mio piccolo ma coraggioso Istituto Universitario Sophia. La lectio magistralis del prof. Fabio Petito, professore di Relazioni internazionali all’Università del Sussex, e gli interventi di altri Relatori hanno più volte sottolineato il ruolo determinante, pur a lungo termine, svolto dall’educazione. L’Educazione all’uso di parole di pace dovrebbe esser il primo obiettivo di un vero leader, di ogni Educatore che in quanto tale è leader agli occhi dei più piccoli. Come hanno fatto i grandi sognatori di un’umanità giusta e fraterna, quali Gandhi, Martin Luther King…o i visionari fondatori di un'Europa Unita come Schumann o De Gasperi…
Parole per comprendere la complessità di contesti e punti di vista diversi, per mediare, sostenere, unire. È compito della famiglia, della scuola, dell'intera comunità percorrere insieme ai giovani sentieri di pace, ogni giorno, esercitati a seguirne le tracce e a ripassarle più volte per segnare la via. Senza comprensione e lunghi esercizi applicativi non si formano abitudini. Se si fa fatica perfino a mantener in ordine la propria stanza, figurarsi la perseveranza che serve per imparare la pace. Come ci si può facilmente abituare al male, allo stesso modo ma con più determinazione prender dimestichezza con il bene. La guerra non è nel nostro retaggio evoluzionistico. Come ci siamo più volte arresi all’inevitabile destino della guerra allo stesso ci possiamo testardamente armare per la pace: sentieri su cui spesso si perdono le tracce, da percorrere e ripercorrere più volte per non perderne la memoria. Per questo occorrerebbe nei telegiornali e nei salotti confrontarci di più del “come" allenarci alla pace.
Educatori, Scuola e Famiglia, ogni forma di aggregazione civile, associazioni giovanili e adulte non possono stare alla finestra mentre, fuori, disinformazione e urla disumane la fan da padroni e occupano le vie. Bisogna con pazienza e lungamente abituarci ad usare parole buone.
La pace avrà il mio volto e le mie mani, le mie parole.
Michele De Beni docente Università Sophia
Pubblicato da Annamaria Gatti
gatti54@yahoo.it
Illustrazione da C. Mackesy "Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo"
sabato 22 febbraio 2025
Vicini a Papa Francesco
Non è facile in questi giorni di martirio nel mondo per la violenza e le guerre che colpiscono tanti popoli, aggiungere una ulteriore grande preoccupazione per la salute di Papa Francesco.
A chi lo ha incontrato e apprezzato, a chi lo ascolta e segue l'evoluzione della sua malattia, resta nel cuore il vivo desiderio di rivederlo presto ristabilito.
Cari auguri Papa Francesco! direbbero i bambini. Ti pensiamo, preghiamo per te e siamo sempre con te che ci vuoi bene.
E la preghiera dei bambini sappiamo vale molto molto di più.
mercoledì 19 febbraio 2025
Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo. Un libro splendido dagli otto ai cento anni
- Dedica alla mamma dolce e gentile - Ecco dove nasce tutto...
- La premessa è un messaggio per il lettore, qualsiasi lettore e sono quattro paginette scritte in corsivo, come tutto il libro, in cui saluta, in cui il talento è essenzialmente umiltà, desiderio di aiutare l'altro a essere sereno, ma anche felice.
- Il libro inizia con un CIAO. Che pare voglia dire: ci sono per te, tu sei lì per me, eccoci, proseguiamo insieme...
- Le prime pagine riaffiorano dalle radici del senso di questo libro: l'incontro vero fra tre animali e un bambino che cerca. Cerca le risposte alle sue domande.
- Qualche volta gliele fanno; "Cosa vuoi fare da grande?" "Essere gentile" disse il bambino. Ecco qui sta tutto.
- Poi il libro prosegue nell'incontro con una volpe, ops scusate la volpe, e il cavallo, forse il maestro. Certo, affascinante guida nella tempesta, nella solitudine, nell'errore, nella vita.