Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

domenica 30 dicembre 2018

UNA STORIA PER L'ANNO NUOVO

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Il mio augurio: alle bambine e ai bambini auguro sorrisi e gioia da tutti, un po' al giorno... quanto basta!
Ai grandi auguro che il 2019 sia gentile, paziente, ricco di bambini per ritrovarsi, ricco di affetti, di amicizia e di successi, ma quelli veri!


Anno nuovo, asinello nuovo
di Annamaria Gatti
Fonte:  "Città Nuova",  10 gennaio 2013

Nella fattoria  nessuno si sarebbe mai aspettato una novità.

Invece:

“Anno nuovo, vita nuova!” aveva esclamato Mario, il contadino, mentre rovesciava abbondanti razioni di fieno nella mangiatoia dei suoi ruminanti.

Gli occhi gli brillavano, forse perché l’aria apparentemente  immobile dell’inverno, lasciava intorno  uno strano profumo  di muschio e foglie novelle.

“Vuoi vedere…” bonfonchiò il bue Nino, “che la novità è  una stalla nuova?”

“BUM! Questa è  proprio grossa!” sbottò  la mucca Tina.

“Non dimenticare che io sono stato scelto per fare il bue nella santa capanna  del Presepe e sono diventato ancora più importante! Non come quell’asino vagabondo che mi hanno messo vicino… Merito perciò  una nuova stalla” precisò Nino il bue.

“Meno arie, sii realista: Mario non ha  possibilità di costruirci proprio niente. L’asinello invece mi ha fatto tanta pena”.

“Beh, se uno vale poco, è facile che faccia questa fine!”

Tina muggì sdegnata e si voltò verso la greppia, decisa a non ascoltare quel bue superbo, che si era montato la testa!

La notte dell’ultimo giorno dell’anno trascorse lontano da botti e confusione, immersa nel silenzio magico della campagna addormentata.

Ma la mattina seguente accadde “l’irreparabile”.

Un musetto fradicio fece capolino dal vecchio portone della stalla.

“E questo chi è?” chiese Nino allarmato.

“Sono l’asinello del Presepe. Mario mi ha detto che posso vivere con voi.”

Nino restò senza muggiti. Tina invece fece gli onori di… stalla:

“Allora sei tu la novità, vieni avanti, qui starai bene” aggiunse guardando di sottecchi il bue ammutolito.

L’asinello salutò da gran signore:

“Grazie, cari amici, sono proprio onorato di vivere con voi. E’ giunto il momento per me di trovare un rifugio stabile e Mario, il vostro padrone, è proprio una brava persona: mi ha detto che aiuterò il bue Nino.”

Nino fece finta di non aver sentito, ma riprese  a ruminare pensando: anno nuovo, amico nuovo! E si accorse di sentirsi un po’ felice.

pubblicato da Annamaria Gatti
foto da: bambini in fattoria

giovedì 27 dicembre 2018

I compiti per le vacanze natalizie. Fatti?


Oggi il tema compiti a casa imperversa. Non mi addentro nel tema che richiederebbe un trattato. Solo qualche flash.   I docenti devono valutare   con buon senso e professionalità la quantità, ma soprattutto la qualità della proposta di lavoro a casa. A tal proposito consiglio la lettura dell'articolo di Campana Lanfranchi,   "A chi servono i compiti?"  - Psicologia e Scuola - Giunti -  
https://www.giuntiscuola.it/psicologiaescuola/la-rivista-di-carta/psicologia-e-scuola/psicologia-e-scuola-nov-dic-2018-n-2/
Riporto il parere autorevole della professoressa Lucangeli, da tempo in prima linea sul fronte apprendimento.
Il punto non è se assegnare o meno i compiti – sottolinea Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Padova – ma quali e quanti assegnarne. I compiti non possono infatti sostituire l’apprendimento del tempo scuola, né tanto meno ciò può essere delegato solo alle lezioni assegnate a casa. Che sono un supporto all’ apprendimento, costituiscono una fase di consolidamento e stabilizzazione di quanto si inizia a imparare in classe”. 
Secondo le recenti ricerche in ambito cognitivo perché l’apprendimento sia davvero significativo la fase dell’insegnamento deve garantire l’intero “flusso dell’intelligere”: alla fase in cui si imparano le informazioni nuove deve infatti seguire la rielaborazione attiva dell’allievo. E la seconda fase è la più importante dell’intero processo cognitivo perché l’alunno interiorizza e rende proprie le conoscenze trasmesse dall’ insegnante e dall’ ambiente circostante attraverso una elaborazione personale”. In altri termini, l’allievo diventa capace “di pensare”, arricchito dalle informazioni apprese.
Il problema della scuola italiana, basato in larga parte su lezioni frontali (ndr. più parti si sollecita e si sperimenta l'aggiornamento del metodo di apprendimento), è di esercitare in prevalenza la prima fase dell’apprendimento, cioè l’assimilazione, e di delegare invece il momento più importante di elaborazione ai compiti a casa. Questo rischia di generare un apprendimento passivo e per lo più a breve termine, finalizzato soprattutto alla prestazione. Cosa che invece non accade se il docente accompagna lo studente nella fase della rielaborazione, identificando eventuali errori, anche di ragionamento, e adottando strategie efficaci. 
“Compito del docente deve essere quello di affrontare ogni obiettivo discutendone con i ragazzi, facendoli ragionare, offrendo strategie per apprendere sempre meglio. I metodi sono molti: dalla discussione di gruppo al cooperative learning, fino al tutorato tra pari. I compiti a casa vengono dopo, solo per consolidare quanto già appreso in classe".
E accanto alla qualità dei compiti da dare, è fondamentale calibrarne la quantità. “Un eccesso di carico – spiega Daniela Lucangeli – affatica e rallenta i processi cognitivi, oltre che diminuire la motivazione”. Nei primi due anni delle elementari  il carico di lavoro pomeridiano non dovrebbe superare i 30-45 minuti, che possono arrivare all’ora e mezza negli ultimi tre anni. Alle scuole medie e superiori, invece, non dovrebbero eccedere le due-tre ore, perché lo studente dovrebbe avere anche “tempi di vita sociale”. rielaborazione da Il BoLIve Unipd . a firma di Monica Panetto
Pubblicato da Annamaria Gatti Foto da Erickson 
gatti54@yahoo.it

martedì 25 dicembre 2018

Auguri della notte di Natale

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In questa notte di Natale il cuore di molti è ancora preso da stupore e ansia.  Molti i commenti di questi tempi, di amici e opinionisti vari:  impossibile che Dio continui ad amare l'umanità, che si fa tanto male da sola e che lo rinnega ogni istante, con le sue brutture.

Stasera vorrei che l'augurio di Buon Natale giungesse vero e profondo, là dove si continua a "stare" con la vita, a servirla fino in fondo.
E sarebbe necessario ricordare le infinite azioni di coraggiosa testimonianza, di servizio appunto, di difesa. Non solo di ciò che a che fare con la fede cattolica o altre religioni.
E voglio subito ricordare che Silvia Romano, volontaria  rapita in Kenya il 21 novembre scorso ,  non è ancora  libera.

Stanotte chiedo la carezza del Bambino per lei e per le donne che in silenzio, con determinazione e tenacia si occupano degli altri. E sono così tante... Impossibile quantificare. Nelle case, nelle famiglie, accanto a bambini e anziani, nelle scuole, negli ospedali, nelle case di cura, nelle fabbriche, negli uffici, nelle amministrazioni del bene comune...

Donne che svolgono la vita scelta o imposta dalle circostanze, le loro professioni o i loro mestieri con consapevolezza, senza fermarsi, lottando con difficoltà e talvolta con malattie, contro indifferenza, miopia politica e istituzionale, limiti  insani posti dalla società, inadempienze e lacune.

Però loro sono sempre lì, come Maria che è sempre lì, come in quella fredda notte nella capanna, consapevole della scelta fatta e stupita, in quella nascita misteriosa e profetica.  Lì nel villaggio straniero, lì nell'umile casa di falegname, lì nelle nozze di Cana, lì nella polvere del viaggio del figlio per la Palestina, lì sotto la croce e poi nella Resurrezione.

Loro le donne,  sono sempre lì, con i limiti umani e gli errori, offese forse,  ma pronte, anche se ferite, o forse trafitte,  a fare della vita qualcosa di bello per sè.
Grazie a chi le sostiene e le difende. Sostiene e difende la propria vita.
E quando qualcuno ferisce una donna, in qualsiasi modo, sa di ferire la vita, la sua vita.

Buon Natale.



pubblicato da Annamaria Gatti
immagine dal film The nativity story


sabato 22 dicembre 2018

E Natale sia. Racconto.

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Alcuni mi hanno informato che questo racconto ritorna nelle celebrazioni  natalizie, per questo lo pubblico qui per voi, dopo la nuova storia "Gesù bambino rinasce sempre" ambientata nei nostri boschi, distrutti dalla bufera di ottobre.



Il Natale di Tobia, bambino quasi cattivo
racconto di Annamaria Gatti

Tobia ha qualche problema

Tobia, riporta le pecore! 
Sei sempre con la testa fra le nuvole, ma a cosa pensi?" grida il vecchio Elia. 
"Arrivo, nonno" Non si può proprio vivere in pace!". 
Infastidito,Tobia raduna le pecore del gregge del nonno e si avvia verso il villaggio poco lontano. A Betlemme è quasi buio e Tobia rientra a casa, pronto per l'ennesima sgridata quotidiana. 

"Sei una vera disperazione" Oggi è venuta Ruth e mi ha detto che le hai rubato un cesto"". La mamma di Tobia piange e il bambino la guarda, poi strizza gli occhi, perché vorrebbe cancellare tutto quel dolore sul volto della sua mamma. E sente un nodo alla gola. Si siede per terra, in un angolo, dietro la macina. 
"Vai via! Meriteresti una bastonata, ma non c'è più tuo padre a darti la giusta lezione. Io non so più cosa fare!". 

Il bambino sente che il nodo alla gola si stringe sempre di più; esce di casa e, sconsolato, va a sedersi vicino al pozzo. 

"Tobia"" lo chiama Sara, una delle bambine del villaggio. "Cosa fai qui?", gli chiede mentre depone per terra un otre. Poi, raccogliendo con un gesto veloce l'ampia tunica azzurra, si accovaccia vicino a lui. 

"Non mi riesce proprio di far bene niente. Appena progetto una marachella" mi accorgo che l'ho già combinata, prima di poterci pensare un po', prima di capire cosa potrebbe accadere dopo" Mi manca il tempo per riflettere e così tutti quelli del villaggio mi cacciano, perché pensano che sono un porta guai. 

"Lo vedi? Tu" tu sei l'unica che mi si avvicina" sospira Tobia con le lacrime agli occhi. Sara sa che un bambino si vergogna nel farsi vedere a piangere, così aggiunge: "Però qualche volta le combini grosse, sai? Eppure io so che non sei cattivo

Per esempio oggi hai rubato il cesto di Ruth perché ne aveva bisogno la vecchia Ester, vero?". "Come lo sai?". "Me lo ha detto Ester: stamattina non sapeva come portare al mercato i pani" Ma poi ha detto che un ragazzetto l'aveva aiutata" E quello eri tu". Tobia sorride un po' e si pulisce il naso gocciolante con la manica. Poi pensa che davvero in fondo al cuore non sente cattiveria ma solo, qualche volta, un po' di paura, un vuoto, un buco nero nero, che deve riempire subito con qualcosa. Perché? E perché ogni volta che vede una fonte luminosa, gli sembra che quel buco si dissolva nel nulla?



IL BAMBINO SUL POGGIO 
"Storie, storie" pensa a voce alta Tobia". 
"Quali storie?", chiede sorpresa Sara. 
"La storia della luce"". 
"Ah, vero, tu che insegui sempre una luce" 
L'altra notte eri tu che camminavi verso la stalla, vero? Ci sei stato?"
"No, mi sono fermato a metà strada, ad osservare quel rudere, la stalla, voglio dire" Era una magnificenza" piena di luce!". 
"E il Bambino? Non l'hai visto allora?". "No". 
"Oh, che peccato" Il suo nome è Gesù. È così tenero ed è così bella la sua mamma!" - sospira Sara -.Vieni, andiamo a visitarlo. Guarda, ci sono dei pastori che tornano dalla stalla, sul poggio". 
"No, non vengo". "Perché no?" chiede incredula Sara. 
"Il Bambino è buono, il nonno dice che da grande sarà un re" È il più buono di tutti. Quando mi vede, se non mi caccia lui, mi cacceranno suo padre o sua madre"". 
Sara ha un moto di insofferenza. "Fai come vuoi, sei il solito testardo e stai diventando insopportabile anche a me"". 
La bambina ha ormai perso la pazienza, si alza di scatto, getta sui piedi del pastorello una manciata di terra, si ricopre il capo con il mantellino, afferra nervosamente l'otre e se ne va. 
La si sente brontolare ancora quando Tobia osserva le prime stelle accendersi nel cielo e si augura che Sara torni. In breve l'imbrunire si trasforma in notte e neppure la mamma lo richiama in casa. 
Tobia sa che dovrà riportare il cesto rubato e chiedere perdono, anche alla mamma. Sta per alzarsi, quando Ruth, la vicina derubata, gli va incontro con aria minacciosa. Tobia immagina già quel che dirà e quel che farà, perciò si alza di scatto come una saetta ed è già lontano, perché considera l'idea che Ruth è troppo grassa e non avrà la forza di inseguirlo. 
Il cielo è uno scintillio e come una morbida coltre ripara il poggio su cui il Bambinello riposa. 
"Avrà freddo" commenta a voce alta Tobia. Il nonno aveva raccontato che un asino e un bue scaldavano la stalla. Più che una stalla era un rifugio. 
Però proprio lì, il giorno prima erano arrivate addirittura delle persone importanti, su cavalcature bardate a festa. "Forse sono principi" aveva detto il nonno. 
Tobia li aveva visti e li aveva inseguiti di nascosto, quasi fino al poggio. Uno era di colore e uno molto vecchio.Aveva anche sentito uno di loro dire, con uno strano accento straniero:"Gaspare, ecco là, credo proprio che là sia il Messia che cercavamo"". Chissà cosa voleva dire. Il Messia sì, lo attendeva anche il nonno, ma Tobia non aveva osato chiedere di più. Erano cose da grandi!


UNA LUCE PER TOBIA
Tra un pensiero e l'altro Tobia non si accorge di aver camminato fino alla stalla, dove ora solo una debole fiammella toglie il luogo dalla morsa del buio. Il pastorello sbircia attraverso un'asse sconnessa. 
Accidenti, il bue è proprio lì davanti e Tobia non vede proprio un bel niente! Si sporge ad una finestrella, poco più di una fessura e vede. Vede quello che gli riempie il cuore di tenerezza, perché nella penombra della stalla distingue chiaramente un papà e una mamma, chini su un fagottino bianco, e poi lo sguardo del Bambino su di lui. È uno sguardo luminoso e intenso. 
Vorrebbe scappare ma, davanti a quegli occhi, le gambe sono pesanti e non si muovono; i piedi sembrano incollati per terra. Sulle mani sente cadere delle gocce tiepide: sono lacrime.Tobia sta piangendo.
 Si volta anche la mamma del Bambino. "Oh! Come assomiglia alla mia mamma!" pensa Tobia. 

Poi guarda il papà e sente per un attimo mancargli il respiro: se papà fosse lì, potrebbe proteggerlo, aiutarlo, difenderlo, come fa il papà del Bambino, che ha uno sguardo buono e forte e che adesso gli fa un cenno, per invitarlo ad avvicinarsi. 
Anche la mamma dice: "Entra, entra Tobia. Gesù ti stava aspettando". Tobia è un po' sorpreso. "Io" non posso, forse sono un po' cattivo". Ma, senza accorgersene, Tobia si ritrova inginocchiato accanto al Bimbo, mentre la madre asciuga le lacrime del pastorello. 
Qualcuno sta anche accarezzandogli i capelli ricci ed arruffati. È il papà di Gesù; forse vuole proteggere anche Tobia che intanto si chiede dove sia finito il suo buco nero, quello che dava tanto dispiacere al suo cuore di bambino: non c'è più" Tobia sente anche le manine di Gesù sulla fronte, che forse tracciano un segno.

 La stanchezza lo prende e dolcemente, sulla paglia, accanto a Gesù, Tobia trova la sua giusta luce, mentre pensa che, da quel momento, la mamma non piangerà più per lui. 

fonte Città Nuova, 2010

pubblicato da Annamaria Gatti
foto dal film Nativity


giovedì 6 dicembre 2018

Favola di Natale abbastanza vera nel bosco distrutto.




Si ricomincia sempre se c'è amore. Rassicuriamo i nostri bambini.
Un racconto dedicato a Mario Rigoni Stern, indimenticabile  illustre scrittore dell'Altopiano, che ha narrato anche gli amati boschi.  Mario è il protagonista, in suo onore.


Gesù Bambino rinasce sempre

di Annamaria Gatti
Illustrazione di Eleonora Moretti

fonte: Città Nuova - Dicembre 2018

Sull’Altopiano di Asiago era sceso l’inverno molto prima quest’anno. Il vento rabbioso e la pioggia battente avevano portato via il bosco. Mario,  stretto al papà,   li aveva visti  i suoi abeti sollevare la terra e  il sottobosco con le radici, mentre il vento li scuoteva con forza e aveva provato sgomento e paura. I suoi alberi non volevano andarsene, non volevano lasciarlo e sospiravano frusciando disperati al cielo.
Ma poi la bufera aveva vinto e si erano accasciati al suolo, uno sull’altro.

Mario era un bambino amante del bosco e dei suoi animali: dove se ne erano andati? 
“Peggio che durante la guerra” aveva commentato il nonno Toni.

E ora  a Mario sembrava non avesse più senso aspettare il Natale, la neve e la gioia bella di vedere scintillare l’abete di casa. Non c’ era più nulla lì attorno. Per giorni non avevano avuto né luce, né acqua. Gli aiuti erano arrivati. Papà e mamma si erano dati da fare, con coraggio. Come tutti. 
Ma degli animali amici neppure l’ombra, solo un falco aveva solcato il cielo e le civette avevano preso a commentare la sera. Mario però sperava di veder  volare ancora  il suo ciuffolotto.

Poi, a poche settimane dal disastro,  era giunta l’ora di preparare il Presepe.
“Ecco le tue statuine, Mario!”
“Nonno,  quest’anno dobbiamo farlo il Presepe? Il bosco non c’è più!” si era lamentato il nipote.
“Bambino mio, il sole è sorto anche oggi?”
“Ma certo, e allora?”
“ E allora ecco perché faremo il Presepe, per far rinascere il bosco e la speranza, ricordati, tu vedrai rinascere il bosco e potrai raccontarlo.”

Non aveva capito molto Mario, ma aveva compreso che nonno Toni doveva aver ragione. Così era rinato il grande presepe di casa.
“Non c’è Gesù Bambino, nonno, non lo trovo!” aveva protestato il nipote.
“Beh… non è ancora Natale, vedrai che lo troveremo per quella notte.”
E la cosa era morta lì.
Ma il bambino non smetteva di cercare Gesù. Possibile non ci fosse? Lo aveva messo via lui nella cassa di abete, avvolgendolo con  cura nel panno di lana grezza.

I giorni passarono e arrivò la vigilia di Natale.
In casa erano tutti pensierosi: era un Natale difficile. Ma nessuno aveva perso il sorriso. E se mamma e papà sorridevano, vuol dire che tutto si sarebbe aggiustato.
Ma Gesù dove era? La statuina era necessaria per completare il Presepe, tutti guardavano Mario, che puntò gli occhi neri negli occhi azzurrissimi del vecchio: aiutami nonno!

Toni aveva sorriso, mostrandogli qualcosa e Mario era scoppiato a piangere e si era gettato fra le sue braccia, mentre gli porgeva  Gesù, neonato e paffutello, intagliato nel legno, che aveva raccolto dopo la bufera. Era una statuina tenera e ben fatta!
“Nonno,  lo hai intagliato tu questo Bambino! Grazie, è proprio Gesù come l’ho disegnato io.”
Ora il Presepe era completo, il Natale era arrivato. 

Si poteva continuare a sperare.

pubblicato da Annamaria Gatti