Per esempio: "Elezioni europee alle porte: ma c’è qualcuno di noi adulti che coscientemente può dirsi informato su cosa e su chi andrà a votare? Una società urlante la nostra, ma troppo poco riflessiva."
Il professor Michele De Beni lancia un ennesimo appello sulla necessità di valorizzare e qualificare la scuola e il suo ruolo. I giovani meritano di essere al centro di scelte di qualità
"Un po' di tutto. Un bel niente.
Della qualità della nostra scuola si parla molto, e spesso
in termini negativi. A proposito di diritto
allo studio si parla tanto di didattica inclusiva. Il fatto
è, se si guarda alla realtà, che in pratica si
escludono i nostri studenti dal vero nucleo del sapere e,
quindi, dal vero degli accadimenti, degli
indirizzi, delle scelte, insomma da quell'unitario approccio
allo studio che sta a fondamento del
sapere stesso.
Siamo di fronte a una tal frammentazione dei modi e dei contenuti d’insegnamento che il rischio sta nell’esclusione di massa dalla cultura e da quella voglia di imparare che ne è condizione generatrice. Si sa che ogni Istituto scolastico deve indicare determinati obiettivi minimi che tutti gli alunni dovrebbero raggiungere.
Questa è la teoria. La pratica è che lezioni e
interrogazioni ruotano su pezzettini sparsi di programma.
Manca spesso quell’organica e complessiva verifica di ciò che gli studenti hanno imparato e così accertare veramente la loro preparazione in una determinata materia. Come succede in molti casi, gli
alunni studiano solo singoli pezzettini su cui devono essere
interrogati: come realisticamente annota
il giovane storico Antonio Gurrado, “qualcuno sa di Dante, qualcuno di Boccaccio, qualcuno altro di Manzoni, altri di Leopardi, di Svevo o Pirandello, ma quasi nessuno sa tutti gli obiettivi minimi e quasi tutti non sanno un bel niente”.
Il fatto sconcertante è che tutti noi adulti siamo pronti a scandalizzarci per la superficialità con cui si affrontano oggi le conoscenze. In barba al prossimo presunto sorpasso e supremazia dell'intelligenza artificiale, ci intestardiamo a metter mano a grandi Riforme sui Programmi scolastici trascurando il fatto che, poi, chi fa il programma sono l’insegnante e quel team di docenti-di classe- a cui affidiamo fiduciosi adogni inizio d’anno i nostri figli.
Ma chi insegna oggi ai ragazzi a collegare, a strutturare, a rimodellare,a creare il loro sapere? In pratica, a insegnare a imparare e a pensare in modo critico e costruttivo?
Elezioni europee alle porte: ma c’è qualcuno di noi adulti
che coscientemente può dirsi informato su
cosa e su chi andrà a votare? Una società urlante la nostra,
ma troppo poco riflessiva. Se la nostra
Comunità adulti accetta così supinamente di “non sapere”,
come possiamo pretendere poi di
“sapere riformare” la nostra scuola? Includere non significa
solo accogliere ma garantire a tutti quei
“saperi minimi” che permetteranno loro di esser persone e
cittadini attivi, adulti generatori e
generatrici di civiltà, di quell’umano di cui oggi più che mai avvertiamo tanta nostalgia.
A meno che, già come rischiamo di fare, non si accetti passivamente di esser colonizzati da altri, da nuovi poteri o regimi, da nuovi umanoidi."
Pubblicato da Annamaria Gatti
Foto da; romasette.it
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