giovedì 29 settembre 2016

La mia vita con un fratello autistico


l'immagine del profilo di Diego Pelizza

La parola a Diego  Pelizza che traccia  in un libro i segmenti di una vita con un fratello autistico. 
Vola più in alto


Fonte: Città Nuova on line, 20 settembre 2016.
Recensione di Annamaria Gatti. 


Come vive, cosa sente, cosa respira un ragazzo in una famiglia che quotidianamente fa i conti con l’autismo del fratello minore e con una conseguente dose quotidiana di amore grande?
Ci prova a raccontarlo il giovane Diego Pelizzanel suo romanzo d’esordio “Vola più in alto”, per cui si serve di un accattivante stile narrativo  che, soprattutto inizialmente,  ha il sapore di una sceneggiatura.  E infatti come Davide, il protagonista, Diego è un cultore di cinema e ama scrivere da sempre. Anche la passione per la musica, che permea la vita del protagonista, fa da colonna sonora ai momenti clou del film… ops! del romanzo…

Davide dunque è un giovane universitario e prova a raccontarsi in un diario-romanzo che scorre sul filo teso e fragile di questa realtà familiare incentrata sulla gestione del figlio autistico, Edo, ma con un’attenzione di valore e di condivisione esistenziale verso il figlio maggiore a cui la madre chiede in più riprese di “volare alto”, sopra la sofferenza, la sconfitta, la mediocrità, cogliendo l’opportunità dei talenti e della diversità come valore comunque.
Dominante nelle pagine è il giovane studente, con i suoi pensieri, timori, delusioni, sensazioni ed emozioni… Anche gli altri personaggi sono ben presenti, anche se volutamente sfumati, nelle descrizioni e nella lettura dei loro sentimenti.

Il diario del primo anno di università, alla ricerca di relazioni dialoganti e di conferme, di equilibri e di risposte, si affianca ad una delicata panoramica sulla vita problematica del fratello.
Lo sguardo è buono, ma non buonista, l’empatia domina e suscita partecipazione e benevolenza.  Davide contesta, ma si riconosce nella sua famiglia e vorrebbe proteggere i suoi componenti e lo fa amandoli per quel che sono: una lezione? Sì.
Dubbi e perplessità, non senza un salutare discernimento valoriale, accompagnano le amicizie, lacondivisione delle esperienze e la scoperta dell’interesse suscitato in una compagna di studi, Laura, che gli restituisce il coraggio e la fiducia in se stesso, l’amore per le cose importanti, prima di tutto la buona comunicazione…
 «Le parlo di mio fratello, del trapianto, dell'ospedale. Le parlo di mia madre, di mio padre, della mia infanzia complicata. Le parlo delle crisi di Edo, delle comunità in cui è stato, dei problemi che stiamo cercando di superare. Le parlo della dottoressa, delle mie insicurezze e della loro origine. Le parlo della difficoltà di parlare.  Per tutto il tempo, lei non risponde. Si limita a guardarmi in silenzio, con un'espressione seria, attenta, comprensiva. Non dice una parola, perché non c'è niente che possa dire. Deve solo ascoltare e lei lo sa fare».

Diego Pelizza, padovano, ha presentato con soddisfazione il suo libro in diverse occasioni ottenendo l’interesse per il tema e precisa che alcune delle circostanze della narrazione lo interessano in prima persona.  Vive infatti anch’egli la realtà universitaria, con la sua impalpabile e talvolta plumbea novità, condivide con il protagonista un fratello minore autistico, che  egli sa vedere con occhi disincantati, ma anche attenti, alla ricerca di punti di contatto e di conoscenza.
L’autore commenta: «Non è stato facile per me far leggere il libro ai miei familiari e dopo la lettura non è stato facile per loro parlarmene, però penso che questo libro sia stato importante per loro tanto quanto lo è stato per me. L’intero progetto è ispirato a un'esperienza personale e dolorosa, quindi direi che tutta la storia è stata difficile da raccontare, ma riuscire a raccontarla è stato anche molto liberatorio».

L’importante quindi è riuscire a parlarne, è sentirsi affiancati, ed è l’obiettivo di questo libro:  parlare ai tanti fratelli e sorelle di ragazzi con disabilità, farsi vicini e trascinarli nel racconto di quella vita che è anche un pezzo della loro. Anche se pensato per i coetanei, la lettura del volume edito da Cleup è un sipario aperto su un aspetto un po’ nuovo del mondo giovanile a cui ci introduce con studiato garbo l’autore, alla ricerca della sua dimensione fraterna ed umana.
                                                                         Annamaria Gatti

martedì 13 settembre 2016

Dall'ultimo libro di Annamaria Gatti

Annamaria Gatti - Dall’altra parte del mondo Storia di Vera e Trysa

Come promesso condivido con voi  un momento centrale del romanzo breve:

Dall'altra parte del mondo
 Storia di Vera e Trysa 
di Annamaria Gatti
Ed. Aletti
Collana Gli Emersi 2016

pagina 47:

E Trysa va dall’altra parte del mondo

E’ trascorso un anno da quel giorno. 
Trysa, io e i ragazzi abbiamo vissuto allegramente questo tempo, fra studio e angosce da concerti ed esami. Naturalmente la presenza del Vento del Crepuscolo ha consolidato  l’amicizia fra tutti noi, che stiamo concludendo gli studi di un altro anno al conservatorio. 
Io non ho parlato della mia cotta al Marini, ma sono un paio di settimane che suoniamo insieme una galeotta sonata di Brahms.  E lui mi dice sempre alla fine che sono proprio una brava interprete, che suono con molta sensibilità e che sarei perfetta per accompagnarlo al concerto finale! E io vorrei urlargli che lo accompagnerei in cima al mondo, se me lo chiedesse! Non so come finirà questa storia! Non l'ho mai scritto: il Marini si chiama Massimo, anche se io lo chiamo sempre “il Marini”. Mi sento però decisa,  vaccinata e pronta alla delusione: probabilmente lui pensa ad altro, anzi ad un'altra!

Poi in un  giorno speciale,  il giorno del concerto dei primavera, è accaduto tutto.
Trysa mi ha dato uno strano appuntamento in pizzeria, non in piazza, dicendomi che doveva  parlarmi di una faccenda seria.
Quando sono entrata in pizzeria ho notato subito un gruppo rumoroso di ragazzini e, in fondo alla sala,  lei che mi ha fatto un cenno di richiamo:
“Che faccia stravolta! Che ti succede?” le ho chiesto e ho pensato: non sarà colpa di Carlos!?
“Devo partire e non tornerò più.”
“Ehi, che scherzo è questo?” ho chiesto  allarmata. “E dove andrai?”
“Dall’altra parte del mondo. Più lontano di così non si può.”
Non avevamo più parole. Anche il Vento si  era accucciato, mogio mogio ai nostri piedi ed era così triste da non trovare neppure un soffio per chiedere o replicare.

“Ti scriverò” ha promesso Trysa.
“Anch’io” ho detto.
“Suonerò per te.”
“Suonerò anch’io La Campanella” ho aggiunto io.
“Adesso però ti offro una pizza” ha detto affranta.

Non ho osato aprir bocca, per dirle che poteva ordinare invece tutto il gelato che voleva, perché altrimenti mi si sarebbe sciolto il nodo che avevo in gola. E credo avrei pianto tutte le mie lacrime, quelle che da tempo mi tenevo dentro, pensando al Marini e all'anno che stava per finire. Ma chi poteva pensare di separarsi da lei, la mia migliore amica? Non riuscivo a concepire la realtà: avere un’amica e perderla dall'altra parte del mondo!
Eppure sarebbe stato così: Trysa sarebbe  partita tra pochi giorni.
Ha già salutato tutti. Solo il Marini  riusciva trovare le battute giuste per farci ridere un po'.  Ma solo un po’.

Anche la piazza bianca piangeva, sotto una pioggerella di fine aprile, sottile sottile. La chiesa rosa era lucida di pioggia e di pianto.

Anche il Vento musicista portava solo lamenti sottili, flebili, per non disturbare, per rispetto dell’angoscia palese nelle nostre poche parole. 
A nessuno sembrava interessare più il concerto di primavera. A dire il vero sembrava una giornata d’autunno e Carlos pareva un albero che ha perso con la sua chioma verde, anche  la speranza.
Brr, che giornataccia, da dimenticare!

http://www.alettieditore.it/emersi/2016/gatti.html



mercoledì 7 settembre 2016

Sei una maestra? Ascoltami...



Maestra ti dico che il primo giorno di scuola si avvicina e io sento il cuore che mi batte forte forte...
Forse anche a te.
Non so leggere e scrivere, ma mi dicono che tu  m' insegnerai a farlo con entusiasmo.
Vorrei  solo chiederti di sorridermi, sorridermi spesso, perchè la mia vita non è facile e forse neppure la tua, ma che se insieme ci aiuteremo, sarà bello vivere insieme queste ore e potremo dimenticare le difficoltà e trovare soluzioni insieme.

Aiutami a sentirmi sicuro di te e della tua accoglienza, sostienimi con la tua fiducia, dimmi che  tutto si sistema e si supera,che non ci sono errori che non si possono correggere.
Ti regalerò tutto il mio cuore.
Parlami con voce pacata, ti capirò quando perderai per un attimo la pazienza e penserò per te l'arcobaleno che vorrei dipingessimo insieme.

Vorrei portarti il mio fiore preferito, speriamo che la pioggia non se lo porti via prima del primo giorno di scuola!
Mamma mi suggerisce di portarti anche il vasetto per mettercelo dentro con l'acqua: a volte nelle scuole non ci sono i vasi per i fiori..

pubblicato da annamaria gatti
gatti54@yahoo.it
illustrazione di Nicoletta Costa